 XI Domenica dopo Pentecoste
8 Agosto 2021
Mt 21, 33-46
Riferimenti : Re 18,16b-40a -Sal 15 - Rm 11, 1-15 |
Sei tu, Signore, l’unico mio bene. Proteggimi, o
Dio: in te mi rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei
tu, solo in te è il mio bene». |
Re 18,16b-40a In quei giorni.
Acab si diresse verso Elia. Appena lo vide, Acab
disse a Elia: «Sei tu colui che manda in rovina
Israele? ». Egli rispose: «Non io mando in
rovina Israele, ma piuttosto tu e la tua casa,
perché avete abbandonato i comandi del Signore e
tu hai seguito i Baal. Perciò fa’ radunare tutto
Israele presso di me sul monte Carmelo, insieme
con i quattrocentocinquanta profeti di Baal e
con i quattrocento profeti di Asera, che
mangiano alla tavola di Gezabele». Acab convocò
tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte
Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e
disse: «Fino a quando salterete da una parte
all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se
invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non
gli rispose nulla. Elia disse ancora al popolo:
«Io sono rimasto solo, come profeta del Signore,
mentre i profeti di Baal sono
quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due
giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino
e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il
fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò
sulla legna senza appiccarvi il fuoco.
Invocherete il nome del vostro dio e io
invocherò il nome del Signore. Il dio che
risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo
rispose: «La proposta è buona!». Elia disse ai
profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate
voi per primi, perché voi siete più numerosi.
Invocate il nome del vostro dio, ma senza
appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco
che spettava loro, lo prepararono e invocarono
il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno,
gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu
voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a
saltellare da una parte all’altra intorno
all’altare che avevano eretto. Venuto
mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro
dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio!
È occupato, è in affari o è in viaggio; forse
dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e
si fecero incisioni, secondo il loro costume,
con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di
sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora
agirono da profeti fino al momento dell’offerta
del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta
né un segno d’attenzione. Elia disse a tutto il
popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si
avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore
che era stato demolito. Elia prese dodici
pietre, secondo il numero delle tribù dei figli
di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa
parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome».
Con le pietre eresse un altare nel nome del
Signore; scavò intorno all’altare un canaletto,
della capacità di circa due sea di seme. Dispose
la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla
legna. Quindi disse: «Riempite quattro anfore
d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla
legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo
di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse
ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero
per la terza volta. L’acqua scorreva intorno
all’altare; anche il canaletto si riempì
d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio
si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore,
Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si
sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono
tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla
tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e
questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio
e che converti il loro cuore!». Cadde il fuoco
del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le
pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del
canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde
con la faccia a terra e disse: «Il Signore è
Dio! Il Signore è Dio!». Elia disse loro:
«Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi
neppure uno!». Re 18,16b-40a
Il Signore manda alcuni messaggi ad Elia che è
rimasto solo in Israele ad onorare pubblicamente
il Dio d'Israele mentre, se non è scomparsa la
fede nel popolo, tutti sono impauriti per la
persecuzione pesante che il re e la regina
sviluppano e per l'uccisione dei profeti che
onorano Dio. Tra coloro che ancora fattivamente
adorano Dio c'è Abdia, il maggiordomo del re
Acab, che "teme il Signore". Poiché è un uomo di
molte risorse, è riuscito a nascondere in alcune
grotte almeno 100 profeti di fede genuina e li
alimenta in incognito, con pane ed acqua, in un
periodo in cui una grande siccità sta divorando
il lavoro ed i magri raccolti da almeno da tre
anni. Tutta questa sofferenza e questa miseria,
che si moltiplicano, mettono in grande crisi il
territorio e rendono furiosa l'autorità poiché
si è sparsa la certezza che tale siccità viene
da Dio ed Elia ne è responsabile. Finora Elia è
fuggito, pur inseguito dalle forze militari del
re che non l'hanno saputo incontrare. Ora Elia
stesso, attraverso Abdia, si fa annunciare ad
Acab e propone quello che poi sarebbe stato
detto un "giudizio di Dio". Così la sfida
davanti al popolo, pure impaurito, dà però al
profeta coraggioso il salvacondotto per poter
svolgere la prova. Sono previsti, in pratica, i
due sacrifici fondamentali che si celebrano in
Israele. Quello del mattino viene desiderato dai
sacerdoti di Baal. E tutta l'impetrazione si
allunga ben oltre il mezzogiorno. L'offerta del
pomeriggio viene lasciata ad Elia. Il testo è
gustoso e la provocazione è accompagnata anche
dal sarcasmo del profeta verso gli "idoli muti o
addormentati". I sacerdoti danzano, gridano,
pregano, in attesa che un fuoco dai loro dei
incenerisca l'offerta. Ma invano. Elia è sicuro
nella propria fede e quindi utilizza l'ironia
sulle attese e speranze pagane, risollevando
l'atteggiamento di alcuni convinti e di molti
rassegnati. Nel momento della prova, in un
silenzio drammatico, Dio viene invocato con le
stesse parole con cui Dio si manifestò a Mosé.
"Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d'Israele,
oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che
io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste
cose sulla tua parola" (v 36). Perciò ciò che
serve in questo momento è che "questo popolo
sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti
il loro cuore!" (v 37). Tutto il seguito è una
rivincita sovrabbondante: il fuoco brucia tutto,
anche le pietre dell'altare e le suppellettili.
Il risultato è un trionfo del Dio d'Israele e
tale viene percepito dalla gente, prima
impaurita e sfiduciata. Così il profeta ha
raggiunto il suo scopo, ma ritiene che, dopo la
verifica, si debbano distruggere coloro che
credono negli idoli e, in particolare, i
sacerdoti officianti. Ma questo il Signore non
l'ha chiesto ad Elia: è solo una interpretazione
religiosa di Elia. Egli suppone che Dio sia
vendicativo, che quindi l'onore di Dio debba
essere salvato e riscattato, e che debbano
essere, perciò, eliminati i suoi oppositori. La
pretesa di voler vendicare Dio è un grande
pericolo delle religioni. E davvero le
religioni, lungo la storia, facilmente non
dimostrano di aver maturato il senso della
misericordia della divinità, vero attributo di
Dio. E' davvero necessario che il Signore ci
aiuti a capire che la vera dignità è nel perdono
e nella pace, non nella violenza e nella morte.
Il seguito della fuga di Elia nel deserto, fino
all'incontro con il Signore, lo persuaderà che
la violenza non è la scelta di Dio.
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Rm 11, 1-15 Fratelli, io domando:
Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io
infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù
di Beniamino. «Dio non ha ripudiato il suo popolo», che egli ha
scelto fin da principio. Non sapete ciò che dice la Scrittura,
nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele? Signore,
«hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi altari,
sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita». Che cosa gli
risponde però la voce divina? «Mi sono riservato settemila
uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal». Così
anche nel tempo presente vi è un resto, secondo una scelta fatta
per grazia. E se lo è per grazia, non lo è per le opere;
altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. Che dire dunque?
Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto
invece gli eletti. Gli altri invece sono stati resi ostinati,
come sta scritto: «Dio ha dato loro uno spirito di torpore,
occhi per non vedere e orecchi per non sentire, fino al giorno
d’oggi». E Davide dice: «Diventi la loro mensa un laccio, un
tranello, un inciampo e un giusto castigo! Siano accecati i loro
occhi in modo che non vedano e fa’ loro curvare la schiena per
sempre!». Ora io dico: forse inciamparono per cadere per sempre?
Certamente no. Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta
alle genti, per suscitare la loro gelosia. Se la loro caduta è
stata ricchezza per il mondo e il loro fallimento ricchezza per
le genti, quanto più la loro totalità! A voi, genti, ecco che
cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio
ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del
mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere
rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà
la loro riammissione se non una vita dai morti?
Romani 11,1-15 Il rifiuto d'Israele è il dramma che pesa sul
cuore di Paolo e sulla coscienza della prima Comunità cristiana,
poiché la lontananza, globalmente presa, del popolo d'Israele
sembra smentire l'opera e la promessa di Dio. E tuttavia la
separazione non è totale ma temporanea. Dio resta fedele sempre
ed ha riservato a sé un "resto" (vv 2b-4). Così il Signore
garantisce che sta continuando il suo piano di salvezza. Esso,
però, dovrà essere colto come dono e non come il risultato di
uno sforzo da parte degli interessati. Chi segue Gesù è stato
scelto con amore, per grazia, e non certo per le sue opere. E
Paolo tiene a ripetere che la sequela di Gesù ci porta a Dio,
perché è Gesù che ha posto in noi questa vocazione. E se la
cultura ed il linguaggio ebraici traducono lo sviluppo di questa
opposizione del popolo ebraico a Cristo come opera di Dio "che
ha indurito e reso sclerotico il loro cuore, duro come un callo
attraverso cui non passa la verità", la riflessione successiva
si ammorbidisce, ricordando che Dio accetta pure di essere
rifiutato là dove la persona ha rinunciato a Dio. La ricerca di
Dio assomiglia ad una corsa. Molti inciampano e sono caduti. Non
si tratta, tuttavia, di un castigo definitivo. Dio si riserva
l'avvenire. Se rifiuta ciò che lo ha rifiutato, tuttavia non
dimentica ciò che ha amato. Se i popoli pagani hanno
approfittato del rifiuto degli ebrei per sostituirsi a loro e
sono così entrati nelle scelte di Dio, questo susciterà gelosia
e quindi reazione per saper ripensare e ritrovare i varchi
sempre aperti che il Signore lascia a tutti, ma ancor più al suo
popolo d'Israele. Tale lontananza ha permesso al mondo pagano di
entrare nella conoscenza del vero Dio. Si verificherà un
avvenimento ancora più grande, quando tutto il mondo sarà
riconciliato con il Signore. L'ingresso dei pagani è allora solo
una tappa, non la sanzione di una maledizione. Il Signore sa
aspettare e sa riprendere. Il Signore non abbandona. Il Signore
continua ad amare. Ed anche Paolo svela le sue intenzioni. Egli
è andato ai pagani con la segreta e certa speranza di poter
aiutare e ricuperare il suo popolo Paolo è sicuro delle
intenzioni di Dio: coraggiose e pazienti. Egli non è impaurito
del tempo che passa, non scoraggiato della fragilità e della
chiusura. La conclusione non sarà solo una conversione ma una
piena risurrezione dei morti. Paolo ci aiuta a rileggere il
cammino della fede, proprio nel tempo in cui ci sembra sia
diventata più fragile e meno consistente. A noi spetta seguire
il Signore con fiducia e con amore e avere la nostalgia di un
mondo di uomini e donne, ricco di pace e di amore.
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Mt 21, 33-46 In quel tempo. Il Signore Gesù disse:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi
piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio
e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò
lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi
dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo
bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo
altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da
ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio
figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è
l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo
cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone
della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi,
li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che
gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai
letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è
diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una
meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di
Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Chi cadrà sopra questa
pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato». Udite
queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di
loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo
considerava un profeta. Matteo 21,33-46
Gesù è nel
tempio (v 21,23) e sta insegnando. Arrivano anche i sommi sacerdoti, gli
anziani del popolo, le autorità religiose. Ritengono di avere il diritto di
interpellare Gesù poiché custodi della legge. E Gesù sta insegnando nel
tempio, come un maestro della legge. "Con quale autorità fai questo?". Gesù
non rifiuta di rispondere. Chiede solo a loro che prima essi diano un
giudizio sul battesimo di Giovanni il Battista. In fondo Gesù ha posto questa
domanda poiché la loro risposta vuole essere una verifica della loro serietà
di ricerca. Anche le autorità religiose intuiscono il significato della
domanda di Gesù e rifiutano. Proprio i responsabili della legge
rispondono:"Non lo sappiamo". Gesù, di rimando: "Neanche io vi dico con quale
autorità faccio queste cose". Ma Gesù aggiunge due parabole, ambedue legate
all'immagine della vigna, che coinvolge insieme la loro e la sua posizione.
La prima parabola (non riportata in questa liturgia) parla di due figli a cui
il padre chiede di andare a lavorare nella vigna. Uno risponde di si, e non
ci va; l'altro risponde di no e poi ci va. Gesù pone la domanda: "Chi ha
compiuto la volontà del padre?" e non: "Chi è stato rispettoso con il padre?
La seconda parabola si rifà ad un celebre canto della vigna del profeta Isaia
(5,1-7). Il profeta ricorda che c'è un grave conflitto tra la vigna che
rifiuta di dare un frutto dolce e maturo, e il padrone che, personalmente, ha
sviluppato un lavoro coscienzioso per lungo tempo: "(Il padrone) aspettò che
producesse uva, ma essa fece uva selvatica". Il Padrone è Dio e la vigna è il
popolo d'Israele. Qui Gesù cambia gl'interlocutori del processo. Non è più la
vigna che deve giustificarsi ma sono i lavoratori che si rifiutano di rendere
conto del lavoro fatto. Possono essere ingordi, possono aver sperperato
tutto, possono non aver lavorato. Non si fa un problema del valore del
prodotto, ma del riconoscere il diritto del padrone sulla sua vigna. Al tempo
della vendemmia il padrone manda i suoi servi (i profeti) in due invii
successivi (potrebbero identificarsi quelli viventi prima e dopo l'esilio di
Babilonia). Alla fine il padrone manda il figlio suo perché continua a
sperare nel recupero di queste persone che ha sempre amato e onorato. E
mostra di sperare in una soluzione positiva. Ma, alla vista del figlio, i
vignaioli ribelli non solo continuano nella rivolta, ma sviluppano ancor di
più l'ostinazione di voler diventare i padroni, senza dover più rendere conto
a nessuno. Così anche il figlio viene rifiutato anzi, portato fuori dalla
vigna, e ucciso. E qui chiaramente Matteo, in trasparenza, ci fa scoprire il
Signore che ha affidato la sua vigna ai lavoratori. Prima, nella parabola di
Isaia, ( e qui il riferimento al tempo nell'Antica Alleanza) Dio stesso ha
sviluppato tanto amore poiché si è curato personalmente di tutto ciò che può
portare buon frutto. E, piantate le viti, ha circondato di una siepe la
vigna: (rappresenta la Legge che il Signore ha rivelato per proteggere il suo
popolo dai nemici e dalla distruzione del male). Qui siamo nel tempo nuovo
dell'Alleanza, quella del Figlio. I lavoratori sono le guide religiose e
politiche. Per tutti i frutti sono le opere buone e la giustizia sociale per
rendere sereno il popolo di Dio che il Signore ama. Il tempo della vendemmia
è il giorno del rendiconto, della giustizia. Gesù chiede che cosa il padrone
dovrebbe fare. La risposta è altrettanto violenta. "Questi malvagi dovrebbero
morire miseramente". Ma Gesù rilegge i fatti in altro modo. Non ci deve
essere vendetta e neppure la finzione che il male non sia stato commesso. Il
male c'è e la morte, fuori della città, del figlio corrisponde al rifiuto del
figlio considerato bestemmiatore e delinquente. Ma Dio lo riscatta, lo
glorifica come la migliore pietra da costruzione e ricomincia, affidando il
suo patrimonio ad altri. Così Gesù ha risposto sulla sua autorità, ha
richiamato il suo futuro, ha delineato il compito nuovo della Chiesa per
tutti coloro che lo ascoltano e lo v
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