
V Domenica di Avvento
13 dicembre 2020
Gv 1, 19-27a. 15c. 27b-28
Riferimenti : Is 11, 1-10 -
Sal 97 - Eb 7, 14-17. 22. 25 |
Vieni, Signore, a giudicare il mondo. Cantate
inni al Signore con la cetra, con la cetra e al suono di
strumenti a corde; con le trombe e al suono del cornoacclamate
davanti al re, il Signore. |
Is 11, 1-10 In quei giorni. Isaia
disse: «Un germoglio spunterà dal tronco di
Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di
consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e
di timore del Signore. Si compiacerà del timore
del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire; ma
giudicherà con giustizia i miseri e prenderà
decisioni eque per gli umili della terra.
Percuoterà il violento con la verga della sua
bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà
l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi
e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo
dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si
sdraierà accanto al capretto; il vitello e il
leoncello pascoleranno insieme e un piccolo
fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa
pascoleranno insieme; i loro piccoli si
sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di
paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà
sulla buca della vipera; il bambino metterà la
mano nel covo del serpente velenoso. Non
agiranno più iniquamente né saccheggeranno in
tutto il mio santo monte, perché la conoscenza
del Signore riempirà la terra come le acque
ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la
radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli.
Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua
dimora sarà gloriosa». Isaia
11,1-10: il germoglio che salva Il profeta
Isaia sente insieme la povertà del suo popolo
che si è sviluppata sempre più e la pietà per
questo disfacimento palese. Questo popolo era
nello splendore e nella potenza al tempo di
Davide che germogliò come un virgulto da una
radice povera e sconosciuta, il pastore di
Betlemme Iesse, ed era diventata forte come i
cedri del Libano. Ma ormai sono venuti i
boscaioli ed hanno tagliato, bruciato, aggredito
questo grande popolo benedetto da Dio un tempo,
ma ora lasciato in balia del male che aggredisce
e che corrode per il peccato di abbandono di Dio
e per il rifiuto della sua legge. Ma mentre lo
scoraggiamento serpeggia di fronte agli attacchi
delle grandi potenze come quella degli Assiri
(siamo nel tempo della espansione di questi
eserciti di invasori e razziatori che travolgono
tutto e che sottometteranno il regno del Nord:
le 10 tribù d'Israele nel 721 a.C.), Il profeta
sente il suo compito che riceve da Dio con
urgenza e impegno: il popolo deve essere aiutato
alla speranza. E' la responsabilità che ogni
fedele, amico di Dio, deve vivere con fiducia.
"Se sei fedele a Dio devi portare speranza ai
fratelli ed alle sorelle". E Isaia incoraggia il
suo popolo del Sud: la Giudea e Gerusalemme,
tracciando l'identità di un nuovo re, nel "libro
dell'Emanuele" (parte iniziale del libro). C'è
il profilo della vita nuova: il capitolo 7 ne
annuncia il concepimento, il c.9 ne canta la
nascita regale, il c.11 ne descrive il regno. E
dal ceppo ormai sterile e abbandonato, da quelle
radici nasce un virgulto e sarà ricco delle
Spirito del Signore. E' lo Spirito ricordato 4
volte per indicare l'universalità, l'abbondanza
e la pienezza che nascono dai quattro punti
cardinali della terra e spira come all'inizio
della creazione (Gn1,2). |
Eb 7, 14-17. 22. 25 Fratelli, è
noto che il Signore nostro è germogliato dalla tribù di Giuda, e
di essa Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio. Ciò risulta
ancora più evidente dal momento che sorge, a somiglianza di
Melchìsedek, un sacerdote differente, il quale non è diventato
tale secondo una legge prescritta dagli uomini, ma per la
potenza di una vita indistruttibile. Gli è resa infatti questa
testimonianza: «Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di
Melchìsedek». Per questo Gesù è diventato garante di un’alleanza
migliore. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo
di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per
intercedere a loro favore. Ebrei 7, 14-17. 22.
25 il Sommo Sacerdote che intercede Nel mondo degli ebrei
convertiti ritorna la nostalgia del mondo sacerdotale che
serviva il tempio nel fasto di grandi liturgie di offerte,
sacrifici, presenze significative e personaggi famosi. Non
ultimo, manca, a questi ebrei convertiti, la soddisfazione di
poter offrire a Dio costosi animali. L'offerta restituiva la
soddisfazione di essere graditi a Dio e di fare qualcosa per
Lui. Tanto da meritare il suo intervento. Nel Nuovo
Testamento, solo nella lettera agli Ebrei di parla di sacerdozio
per limitarsi al "Sommo sacerdote" che è Gesù, e in relazione
della sua morte in croce e la sua Pasqua. Per i ministri della
Comunità cristiana si usano altri nomi che vengono dal mondo
laico greco: "episcopi, presbiteri e diaconi". Con il secolo
terzo si inizia a chiamare sacerdote il "vescovo" e solo più
tardi si usa la parola "sacerdote" anche per i presbiteri. Anzi
si arriva a ritenere equivalenti il sacerdozio ed il
presbiterato. Ordinati con il sacramento dell'Ordine, i
sacerdoti nella Comunità cristiana si dedicano con il loro
ministero ad un particolare servizio a Cristo ed alla Chiesa.
Questa lettera confronta l'antico sacerdozio levitico del
tempio, fatto di uomini peccatori e il perfetto e unico
sacerdozio di Cristo. Tale sacerdozio di Gesù non si misura,
dice l'autore, con il sacerdozio levitico, ma con la figura di
Melchisedek, re di Salem (Gerusalemme), citato in due passi
biblici: Gen14,17-20 e Salmo 110,4. Gen14,17-20: "Quando Abram
fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaòmer e dei re che
erano con lui, Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era
sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della
terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano
i tuoi nemici». Ed egli (Abramo) diede a lui la decima di
tutto".

Betania di Transgiordania |
Gv 1, 19-27a. 15c. 27b-28 In quel tempo. Questa è la
testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme
sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò.
Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei
tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli
dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci
hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno
che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il
profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo
interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il
Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo
nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene
dopo di me, ed era prima di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio
del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni
stava battezzando. Gv1,19-27°. 15c.27b-28 La voce Una
domanda si rincorre nella 1ª parte del Vangelo di oggi: "Tu, chi sei?". "Chi
sei, dunque?". "Che cosa dici di te stesso?". È una domanda rivolta a
Giovanni, il Battista; questo personaggio umile e gigantesco che annuncia il
Messia nel quadro di una giustizia da recuperare e di una dignità umana
disprezzata nelle pieghe della corruzione e dell'indifferenza dilaganti. È
necessaria una conversione radicale, un modo diverso e autentico di pensare a
Dio e l'umanità. Ci vuole una preparazione ad accogliere Gesù che si
presenterà nel modo più impensabile come manifestazione di Dio. Ma è una
domanda rivolta anche a ciascuno di noi: "Tu, chi sei? Che cosa dici di te
stesso?". E ci troviamo impreparati a rispondere: è un invito a guardarci
dentro senza veli e senza risposte preconfezionate, lasciandoci svelare da
lui e ricondurre alla condizione di figli amati, di persone chiamate a
salvezza. Salvezza da noi stessi e da quanto ci fa scivolare nell'ombra
della morte. Sarebbe bello poter dire anche noi di essere "voce", cioè
capaci di comunicare qualcosa di importante e di vero, desiderosi di aprire e
di spianare le vie del Signore. Di far nascere relazioni vive. Un'altra
riflessione riguarda l'ultima parte di questo Vangelo, dove viene detto: "In
mezzo a voi sta uno che non conoscete", che ci rimanda alla constatazione che
normalmente non ci accorgiamo del Signore che sta in mezzo a noi e che perciò
non dobbiamo mai smettere di cercarlo e di lasciarci condurre là dove abita
per capire che l'incontro con Lui è irripetibile e incancellabile, nonostante
tutte le nostre defezioni e allontanamenti. "In mezzo a voi sta uno che
non conoscete"; uno che sarà, che è Colui che libera, che cammina con noi,
che non ci abbandona e che desidera salvarci sempre e consolarci. |