Domenica dell'Incarnazione
20 dicembre 2020
Lc 1, 26-38a
Riferimenti : Is 62, 10 – 63, 3b - Sal 71 - Fil 4, 4-9
 Rallègrati, popolo santo; viene il tuo Salvatore. Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia. Ai poveri del popolo renda giustizia, salvi i figli del misero e abbatta l’oppressore.

Is 62, 10 – 63, 3b
In quei giorni. Isaia disse: «Passate, passate per le porte, sgombrate la via al popolo, spianate, spianate la strada, liberatela dalle pietre, innalzate un vessillo per i popoli». Ecco ciò che il Signore fa sentire all’estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede”. Li chiameranno “Popolo santo”, “Redenti del Signore”. E tu sarai chiamata Ricercata, “Città non abbandonata”». «Chi è costui che viene da Edom, da Bosra con le vesti tinte di rosso, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza?». «Sono io, che parlo con giustizia, e sono grande nel salvare». «Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel torchio?». «Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me».

Isaia 62, 10 - 63, 3b
Tutto il capitolo 62 è il canto dello sposo e della sposa. Lo sposo è il Signore mentre la sposa è Gerusalemme. Il profeta vede rifiorire la sua città e ne interpreta la sua forza e la sua bellezza come il dono di Dio. "Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio" (Is 62,3). "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, e la tua terra Devastata, perché sarai Mia Gioia, terra Sposata. Il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo" (62,4). Nel linguaggio biblico il matrimonio è il massimo dell'accoglienza, è la garanzia di diventare preziosa agli occhi dello sposo, è la pienezza della propria vocazione di donna che è amata e desiderata.
Tutto il capitolo rilegge il rinascere di Gerusalemme come l'essere della presenza e della benevolenza di Dio. Gerusalemme è il suo popolo, più che una struttura muraria. E la sposa è la comunità d'Israele che ritorna. E' il "popolo santo", costituito dai "redenti del signore" e perciò è il "popolo ricercato e non abbandonato". E' un popolo che cresce, che continua a bussare alle porte della città. "Sulle tue mura, Gerusalemme, ho posto sentinelle; per tutto il giorno e tutta la notte non taceranno mai"(62,6) perché gli eletti del Signore continueranno ad entrare. E chi è già arrivato deve preoccuparsi di accogliere: "Passate, passate per le porte, sgombrate la via al popolo, spianate, spianate la strada, liberatela dalle pietre, innalzate un vessillo per i popoli" (62,10).
L'immagine ed il linguaggio si trasformano improvvisamente e il profeta riprende una visione proposta qualche capitolo precedente: "Egli si è rivestito di giustizia come di una corazza, e sul suo capo ha posto l'elmo della salvezza. Ha indossato le vesti della vendetta, si è avvolto di zelo come di un manto" (59,17) poiché ha intravisto menzogna, inganno e sopruso. E nessuno si muoveva a lottare e nessuno operava nella giustizia.

Fil 4, 4-9
Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

Filippesi 4, 4-9
Paolo ha una forte simpatia per la comunità dei Filippesi e scrive loro, attorno al 57 d.C., fidandosi delle buone basi che ha posto nel suo secondo viaggio missionario (49-52 d. C.). Probabilmente è prigioniero ad Efeso, dopo una rivolta degli argentieri perché, a causa del successo della nuova predicazione di Paolo, era calato lo smercio dei tempietti in argento della dea Artemide, molto venerata ad Efeso (Atti 19, 23-41). Ricordando il suo soggiorno in questa città, Paolo parla di una permanenza "tra lacrime e tribolazioni" (Atti 20,19). Egli, che pure sente vicina la morte, garantisce di provare gioia e chiede di condividerla con lui. "Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sull'offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo, anche voi godetene e rallegratevi con me". (2,17-18). Il testo si suddivide in tre parti:
- "Siate sempre lieti" e il motivo non va trovato nelle soluzioni dei problemi diversi e molteplici che Paolo affronta e la stessa comunità sente di doversi accollare. Il motivo sta nella vicinanza con il Signore. Egli sostiene e garantisce la nostra debolezza ma ci rende anche forti e capaci di operare secondo la volontà del Padre. (4,4-5). Paolo ha già delineato, prima, lo stile del credente: "Comportatevi dunque in modo degno...: state saldi in un solo spirito e unanimi per la fede del Vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari" (1,27-28). Ma l'atteggiamento è quello della gentilezza, della magnanimità, della affidabilità, forti e consapevoli senza tentennamenti. Per Paolo la gioia ha il compito di aprire al mondo una testimonianza rivelatrice dei valori più alti del Signore.
- Anche la seconda parte, (4,6-7) ci ripropone la vicinanza di Dio che avviene attraverso il nostro interpellarlo nella preghiera fiduciosa e insistente. Essa apre la propria vita sul mondo di Dio attraverso una comunicazione profonda di ringraziamento, di suppliche e di invocazioni.
- La terza parte (4, 8-9) invita a fidarci del Dio della pace che si pone nel nostro cuore per costruire un mondo di pace.


 

      Lc 1, 26-38a
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».

Luca 1, 26-38a
Luca racconta l'inizio dell'avventura dell'umanità che accoglie il suo Signore, ospite umano tra gli umani, realtà attesa e sconcertante, presenza assolutamente inimmaginabile che Dio ha strutturato passo passo, compagno di strada di ogni uomo ed ogni donna. E' atteso da secoli uno mandato da Dio, liberatore e consolatore di un piccolo popolo che ha accolto il messaggio di speranza, ma che, lungo i secoli, ha sopportato sconfitte e sottomissioni. Eppure la speranza e la garanzia ci sono.
Luca racconta l'incontro tra l'angelo Gabriele e la Madonna, e i pittori ci hanno abituato a vedere dei personaggi precisi: un angelo con le ali e Maria. Ma quello che è avvenuto viene raccontato con schemi e linguaggi propri dell'Antico Testamento. Tutto il racconto non può essere letto come cronaca, ma come racconto teologico. In particolare Maria è presentata come l'Arca dell'Alleanza, luogo della presenza di Dio nel suo popolo nel deserto. Per questo il messaggio pronunciato dice che "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio" (v 35). E tutto il racconto è costruito in un contesto inusuale di povertà e di disagio: non c'è nulla di glorioso, di regale, di fastoso degno di grandezza. L'evangelista non vuole risponde agli interrogativi che ci sorgono ma vuole presentare Gesù ai suoi contemporanei, garantendo che è avvenuto per la forza di Dio.
Il paese di Nazareth è sconosciuto nella Bibbia perché insignificante; e tuttavia qui avviene l'inizio della presenza del Figlio di Dio tra noi. Nazareth è in Galilea, una regione infedele e semipagana, lontana dalla pratica della Giudea. Maria, "l'eccelsa, elevata in alto" è detta vergine. Ma per il mondo ebraico la verginità è apprezzata solo prima del matrimonio, ma una donna sempre vergine, e quindi senza figli, è un disonore.
Gerusalemme sconfitta viene chiamata "la vergine Sion": in lei non c'è la vita. E qui Dio feconda la verginità "poiché nulla è impossibile a Dio". Si capisce allora nel cantico: "Magnificat" di Maria con Elisabetta: "Dio ha guardato alla povertà della sua serva" (v 48). Ma anche l'inizio del tempo nuovo, con la nascita di Giovanni Battista, Dio feconda una anziana sterile: Elisabetta. E qui c'è un saluto che non equivale a "Salve, Ave, Shalom" come per gli ebrei ma ci sono echi di profeti. Corrisponde a "Rallegrati, piena di Grazia". Ma un angelo che sta al cospetto di Dio non può salutare una ragazza. In questo tempo i giudei non salutano una donna in nessun modo.