 IV Domenica di Avvento
6 dicembre 2020
Mc 11, 1-11
Riferimenti :
Is 16, 1-5 - Sal 149 - 1Ts 3, 11 – 4, 2 |
Cantino al loro re i figli di Sion.
Cantate al Signore un canto nuovo; la sua lode nell’assemblea
dei fedeli. Gioisca Israele nel suo creatore, esultino nel
loro re i figli di Sion.
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Is 16, 1-5 In quei giorni. Isaia disse:
«Mandate l’agnello al signore della regione, da
Sela del deserto al monte della figlia di Sion.
Come un uccello fuggitivo, come una nidiata
dispersa saranno le figlie di Moab ai guadi
dell’Arnon. Dacci un consiglio, prendi una
decisione! Rendi come la notte la tua ombra in
pieno mezzogiorno; nascondi i dispersi, non
tradire i fuggiaschi. Siano tuoi ospiti i
dispersi di Moab; sii loro rifugio di fronte al
devastatore. Quando sarà estinto il tiranno e
finita la devastazione, scomparso il distruttore
della regione, allora sarà stabilito un trono
sulla mansuetudine, vi siederà con tutta
fedeltà, nella tenda di Davide, un giudice
sollecito del diritto e pronto alla giustizia».
Isaia16, 1-5 Nel capitolo immediatamente
precedente (ca.15) del testo di Isaia, si parla
di una minaccia pronunciata sul popolo di Moab,
un regno, confinante ad Israele e
tradizionalmente suo nemico. E tuttavia, nella
memoria, i Moabiti vengono fatti risalire alla
discendenza di Lot, nipote di Abramo. Isaia
preannuncia tragedie di guerre e distruzioni.
Già un tempo Moab inviava al re d'Israele
100.000 agnelli e la lana di 100.000 pecore,
come segno di sottomissione (2 Re 3,4). Ora si
incoraggia questo popolo a cercare rifugio nel
territorio di Giuda e, nello stesso tempo, si
invitano i Moabiti a riconoscere la sovranità
del "Tempio" di Gerusalemme. Debbono però
dichiarare la propria dipendenza in tempi
ridotti. Si parla infatti dell'attesa di donne
in fuga, spaventate, che aspettano una risposta
di accoglienza ai guadi di Arnon, alle porte del
paese degli ebrei. Si chiede di essere "ospiti
protetti", mentre il profeta garantisce,
guardando il futuro, che scomparirà il tiranno e
si concluderà la devastazione. In futuro ilo
profeta prevede un sovrano giusto, garantito
dalla parola di Dio sulla discendenza di Davide,
"sollecito del diritto e pronto alla giustizia".
Questa lettura del giudice misericordioso apre
gli orizzonti verso il Messia. Una simile
tragedia si svolge continuamente nella storia, e
quindi ancor oggi: popoli poveri che vengono
travolti, sottomessi e depredati, popoli che
fanno valere il loro potere per mostrare la
propria potenza, popoli sicuri di sconfiggere e
di sottomettere. Ciò avviene a livello politico,
a livello economico, a livello culturale mentre
vengono depredate le materie prime, vengono
obbligati i paesi poveri a pagare tributi
spaventosamente alti. Soggiacciono così alla
fame e alla miseria e, nello stesso tempo,
debbono far emigrare la parte migliore della
popolazione.
Betfage. il piccolo villaggio tra Betania e
Gerusalemme, sul monte degli ulivi, ove Gesù
mandò a prendere l'asino e il puledro. |
1Ts 3, 11 – 4, 2
Fratelli, voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro
Gesù guidare il nostro cammino verso di voi! Il Signore vi
faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso
tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i
vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e
Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i
suoi santi. Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo
nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di
comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –,
possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di
vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Prima lettera
ai Tessalonicesi. 3, 11 - 4, 2 Secondo quello che raccontano
gli Atti degli Apostoli, Paolo, Silvano e Timoteo hanno
raggiunto Tessalonica, durante il secondo viaggio missionario di
Paolo, probabilmente attorno agli anni 50, espulsi da Filippi
(At 16,16-40). Paolo è ospite presso la casa di Giasone e
predica per tre settimane nella sinagoga. Ha successo, ma, per
gelosia e paura, viene provocata una rivolta della popolazione
ebraica per cui Paolo e Silvano fuggono e si rifugiano ad Atene
(At 17,10-15). Tuttavia Paolo, preoccupato per la comunità di
persone che non ha potuto conoscere e aiutare lungamente, manda
Timoteo con una lettera, non potendo egli personalmente
ritornarvi. Paolo abita, ora, a Corinto e aspetta con
trepidazione (siamo probabilmente tra la primavera del 51 e la
primavera del 52 d.C.), mentre teme le infiltrazioni di falsi
fratelli (cristiani giudaizzanti che combattono Paolo) e le
persecuzioni a cui sono soggetti i cristiani. Quando
finalmente Paolo riceve buone notizie, si rincuora, garantendo:
"siamo stati amorevoli, con voi come una
madre che ha
cura dei propri figli... come un padre abbiamo esortato ciascuno
di voi" (2,7. 11). Gli resta un grande desiderio di poter
incontrare questi giovani cristiani (3,11), e così scrive questa
lettera per comunicare la sua gioia e iniziare a risolvere
alcuni problemi di questa comunità che gli sono stati riferiti.
Questo scritto è il primo, in assoluto, dei testi del Nuovo
Testamento che ci sono giunti. Abbiamo così, in questa
lettera, il senso e la missione della vita di una comunità
cristiana, costituita in gran parte da persone che provengono
dal mondo pagano, fondamentalmente greco (Tessalonica è
l'attuale Salonicco, nella Macedonia). Ci vengono così anche
rivelati i sentimenti fondamentali che devono reggere una
comunità credente.

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Mc 11, 1-11 In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme, verso
Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei
suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito,
entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora
salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate
questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui
subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori
sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché
slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li
lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro
mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla
strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano
e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel
nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!». Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo
aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici
verso Betània. Marco 11, 1-11 Tutti conosciamo il testo del Vangelo che
tratta dell'entrata di Gesù in Gerusalemme all'inizio della sua settimana di
passione. Oggi mi colpiscono soprattutto gli ultimi versetti del brano
proposto: "Ed entrò a Gerusalemme nel tempio. Dopo aver guardato ogni cosa
attorno, essendo ormai l'ora tarda, uscì con i 12 verso Betania. (Marco
11,11). Il cuore di Gerusalemme è il tempio e Gesù vi si reca
immediatamente: quel tempio. fatto costruire e abbellire magnificamente da
Erode, splendido di marmi, di oro e di pietre preziose, che spiccava in alto
e da lontano come un faro luminoso. Altrove, nei Vangeli, veniva raccontato
che cosa Gesù fa nel tempio. Qui Marco dice che Gesù, "dopo aver osservato
intorno tutte le cose" se ne va e torna a Betania. Che cosa guarda Gesù?
Certo lo splendore del tempio pensando anche alla sproporzione tra la
magnificenza estetica e il significato che il tempio aveva avuto e dovrebbe
avere per il popolo d'Israele. Ma c'è un'esteriorità che non corrisponde, c'è
una mondanità, c'è un sovvertimento di valori, si respira un'idea idolatrica
di Dio, si avverte un presagio di distruzione, un'atmosfera di morte.
Perciò Gesù, senza dire niente, se ne torna a Britannia, il luogo
dell'amicizia, dell'ospitalità fraterna, dell'accoglienza nella normale
umanità, dove la casa ha i volti delle persone e gli amici hanno un nome
caro, amato: Marta, Maria, Lazzaro. Infatti il vero incontro con il
Signore è là dove si vive con amicizia, con affetto, con la gratuità di gesti
immensi (unzione di Maria) vissuti nella semplicità di una cena condivisa.
Guardarsi intorno e non lasciarsi affascinare dalla grandiosità e dalla
ostentazione di un potere, anche se sacro, ma riconoscer e e riaccogliere la
presenza di Dio nel profumo di una amicizia che sa di pane, che sa di casa,
dell'umile scambio di gesti consueti pregnanti di amore.
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