
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
31 gennaio 2021
Festa del Signore
Lc 2, 41-52
Riferimenti : Lc 2, 41-52s 45, 14-17 - Sal 83 - Eb 2, 11-17 |
Beato chi abita la tua casa, Signore. L’anima
mia anela e desidera gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia
carne esultano nel Dio vivente. |
Is 45, 14-17 Così dice il
Signore: «Le ricchezze d’Egitto e le merci
dell’Etiopia e i Sebei dall’alta statura
passeranno a te, saranno tuoi; ti seguiranno in
catene, si prostreranno davanti a te, ti diranno
supplicanti: “Solo in te è Dio; non ce n’è
altri, non esistono altri dèi”». Veramente tu
sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore.
Saranno confusi e svergognati quanti s’infuriano
contro di lui; se ne andranno con vergogna
quelli che fabbricano idoli. Israele sarà
salvato dal Signore con salvezza eterna. Non
sarete confusi né svergognati nei secoli, per
sempre. Isaia 45, 14-17 Il
profeta vuole consolare e garantire un popolo
che soffre la propria lontananza da Gerusalemme.
Il contesto di questo brano fa riferimento alle
vittorie che Ciro, il Grande, compirà contro
Babilonia, dice il profeta, poiché Ciro è
divenuto eletto del Signore, e quindi il
liberatore di Israele. "Io l'ho preso per la
destra, per abbattere davanti a lui le
nazioni... e davanti a lui nessun portone
rimarrà chiuso" (45,1). All'interno di questo
progetto, l'autore biblico ripensa al cammino
verso Gerusalemme. Nella città santa giungeranno
"le ricchezze d'Egitto e le merci d'Etiopia" e i
popoli, poderosi nella guerra, verranno vinti e
supplicanti. Essi si prostreranno poiché il
Signore, che è l'unico Signore, resterà con il
suo popolo per averlo scelto. Qui però si
inserisce una particolare riflessione sulla
storia che stanno vivendo gli israeliti e sul
loro rapporto e conoscenza del Signore. "Tu sei
un Dio nascosto (o misterioso)". Se finora Dio
era riconosciuto presente direttamente nella
storia del popolo, ora emerge la consapevolezza
che il Signore, pur presente dietro i propri
avvenimenti, diventa sempre più indecifrabile
nei suoi comportamenti. Israele è coinvolto
nella storia, ma non sono sufficienti più i
criteri interpretativi del giusto e
dell'ingiusto per cogliere l'intervento di Dio.
La storia di Israele è inserita in una dinamica
dove Dio continua ad essere presente e
Salvatore, non è certo assente. E tuttavia è
nascosto e spesso incomprensibile. Resta la
fiducia, comunque, di un popolo che ha
sperimentato in passato la misericordia di Dio
ed è sicuro di sperimentarla in futuro. Compito
d'Israele è, nel frattempo, di combattere
l'idolatria, sostituirla con altri progetti, con
altre prospettive e con altre speranze. Coloro
che restano fedeli, non saranno "confusi né
svergognati nei secoli per sempre". Camminare
verso Gerusalemme, perciò, significa ripetere
questa speranza nella propria vita e maturare
sempre più questa garanzia di Dio.
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Eb 2, 11-17 Fratelli, colui che
santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una
stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli
fratelli, dicendo: «Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in
mezzo all’assemblea canterò le tue lodi»; e ancora: «Io metterò
la mia fiducia in lui»; e inoltre: «Eccomi, io e i figli che Dio
mi ha dato». Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e
la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe,
per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della
morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che,
per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la
vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della
stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto
simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote
misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio,
allo scopo di espiare i peccati del popolo. Ebrei
2, 11-17 L'autore della "Lettera agli ebrei" vuole presentare
la figura di Gesù, sacerdote della Nuova Alleanza, fratello di
ogni uomo e speranza di ciascuno. E se, nel salmo 8, si dice:
"Dio ha fatto l'uomo di poco inferiore agli angeli ed ha posto
ogni cosa sotto i suoi piedi" ( 2,7-8), questa supremazia, prima
di Gesù, non si è ancora avverata. L'umanità, infatti, ha
sognato l'uomo nuovo, l'uomo vero, pienamente in comunione con
Dio e capace di riscattarci. Ma ora quest'uomo c'è, con
sorpresa, è nella nostra umanità con la nostra carne ed ha
condiviso con noi la nostra realtà. Egli è Gesù, il quale ha
addirittura sperimentato la morte "a vantaggio di tutti". Così
"colui che santifica e coloro che sono santificati" fanno parte
della stessa realtà umana. Egli ci ha riconosciuti fratelli:
Gesù e gli uomini. Abbiamo "in comune il sangue e la carne"
(2,14). E poiché la piena realtà della nostra umanità comporta
la fragilità e la morte, Gesù ha accettato di sperimentare anche
quelle e, in tal modo, esprime la sua piena solidarietà non solo
diventando un uomo come noi, ma accettando anche la morte. Così
Gesù, passandovi attraverso, riduce all'impotenza il diavolo che
ha in potere la morte e libera gli uomini che erano tenuti sotto
soggezione per il timore della morte stessa. Gesù si prende
cura di noi più che degli angeli (v 16) e, per questo, è il vero
sommo sacerdote che ci mette in comunicazione con Dio in
pienezza. Ha pagato con la propria vita il prezzo del riscatto
dell'umanità, ci ha liberato dalla schiavitù nel male, facendosi
uomo come noi e quindi è in grado, veramente, nella sua
comunione con Dio, "di espiare i peccati del popolo". In tal
modo egli costituisce l'assemblea santa dei figli di Dio, che è
comunità di fratelli con lui, tutti figli dello stesso Padre.
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Lc 2, 41-52 In quel tempo. I genitori del Signore Gesù
si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe
dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i
giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a
Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse
nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra
i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a
Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai
maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano
erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo
restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto
questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose
loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del
Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque
con loro e venne a Nàzare e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte
queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti
a Dio e agli uomini. Luca 2, 41-52 Il Vangelo di Luca, a
conclusione dei capitoli dell'infanzia, riporta il difficile testo di Gesù
che si ferma nel tempio, a 12 anni, senza avvisare nessuno della sua
famiglia, risultando perciò disperso. Per intendere il testo, vanno riletti
gli elementi proposti, sapendo che sono stati scritti a distanza di circa
settant'anni, e dopo una enorme maturazione e riflessione sulla figura di
Gesù. Non è perciò un fatto di cronaca che viene raccontato, ma un richiamo,
all'inizio della vita adulta di Gesù, che sintetizza tutta la vicenda della
sua vita e della sua morte. È infatti, come spesso avviene nei Vangeli, un
testo carico di richiami simbolici e teologici. Gesù, infatti, è condotto a
Gerusalemme secondo l'usanza del tempo che, per sé, prevedeva tre incontri
nell'anno per ogni ebreo maschio. Per coloro, però, che erano lontani, per i
più devoti, era uso andare a Gerusalemme almeno una volta all'anno,
normalmente nel periodo della Pasqua. Luca ricorda che, in questa occasione,
Gesù ha 12 anni, e, a 12 anni, un ragazzo era ormai prossimo a quella festa
in cui il ragazzo ebreo compie la cerimonia del "Bar miswah" (lett. "figlio
del precetto") che identifica l'ingresso nella maggior età religiosa. Così, a
13 anni, ogni ebreo diventa religiosamente adulto ed è obbligato
all‘osservanza integrale dei precetti. Diventa così "figlio del
comandamento", direttamente, senza aver più bisogno della mediazione dei
genitori. Il testo è diviso in tre parti: - Io smarrimento e il
ritrovamento di Gesù (2,41-47) durante il pellegrinaggio. Il 12 tuttavia
richiama anche il numero del popolo. - il dialogo tra Maria e Gesù nel tempio
(2,48-50) apre allo stupore di un ritrovamento, ma anche alla scoperta di una
saggezza imprevista. Nelle parole di Maria c'è però anche un logico
rimprovero: si riferisce alla violazione di una norma che prescriveva, a chi
non era ancora maggiorenne, di vivere nella casa paterna. Gesù invece rivela
che, stando nel tempio, non viola la legge, ma la osserva nel suo più
profondo significato: il tempio, ritenuto la casa di Dio, è la vera casa
paterna di Gesù, figlio di Dio. Giuseppe e Maria non capiscono ma accettano
in silenzio questo mistero che si svelerà via via. - la conclusione
dell'episodio e dell'infanzia di Gesù (2,51-52). Il tema di fondo, tuttavia,
è dato dalla frase dì Gesù "Non sapete che debbo essere presso il Padre mio?"
(traduzione che sembra più aderente al testo). |