
V Domenica dopo Pentecoste
27 giugno 2021
Gv 12, 35-50
Riferimenti : Gen 17, 1b-16 - Sal 104 - Rm 4, 3-12 |
Cercate sempre il volto del Signore. Ricordate
le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della
sua bocca, voi, stirpe di Abramo, suo servo, figli di Giacobbe,
suo eletto. È lui il Signore, nostro Dio: su tutta la terra i
suoi giudizi. |
Gen 17, 1b-16 n quei giorni. Il
Signore apparve ad Abram e gli disse: «Io sono
Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii
integro. Porrò la mia alleanza tra me e te e ti
renderò molto, molto numeroso». Subito Abram si
prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui:
«Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te:
diventerai padre di una moltitudine di nazioni.
Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai
Abramo, perché padre di una moltitudine di
nazioni ti renderò. E ti renderò molto, molto
fecondo; ti farò diventare nazioni e da te
usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con
te e con la tua discendenza dopo di te, di
generazione in generazione, come alleanza
perenne, per essere il Dio tuo e della tua
discendenza dopo di te. La terra dove sei
forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in
possesso per sempre a te e alla tua discendenza
dopo di te; sarò il loro Dio». Disse Dio ad
Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia
alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di
generazione in generazione. Questa è la mia
alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e
voi e la tua discendenza dopo di te: sia
circonciso tra voi ogni maschio. Vi lascerete
circoncidere la carne del vostro prepuzio e ciò
sarà il segno dell’alleanza tra me e voi. Quando
avrà otto giorni, sarà circonciso tra voi ogni
maschio di generazione in generazione, sia
quello nato in casa sia quello comprato con
denaro da qualunque straniero che non sia della
tua stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in
casa e chi viene comprato con denaro; così la
mia alleanza sussisterà nella vostra carne come
alleanza perenne. Il maschio non circonciso, di
cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del
prepuzio, sia eliminato dal suo popolo: ha
violato la mia alleanza». Dio aggiunse ad
Abramo: «Quanto a Sarài tua moglie, non la
chiamerai più Sarài, ma Sara. Io la benedirò e
anche da lei ti darò un figlio; la benedirò e
diventerà nazioni, e re di popoli nasceranno da
lei». Genesi. 17, 1b-16 Il
Signore appare ad Abramo perché desidera fare
con lui e la sua discendenza un patto di
Alleanza. I Patriarchi, prima di Mosè, chiamano
Dio "El Shaddai, il Dio della montagna",
immagine diffusa nel mondo antico. Anche i greci
pensavano gli Dei sull'Olimpo e i Babilonesi, in
mancanza di montagne, costruivano dei giardini o
torri pensili con il tempio del Dio in cima. Lo
stesso tempio di Gerusalemme è sul monte Sion,
poiché la montagna è la realtà più alta che può
raggiungere il cielo. Dio è oltre il nostro
orizzonte, altissimo e trascendente. Ma Dio è
anche "la roccia" che sostiene e garantisce chi
si fida di Lui (Deut32,4). Nel brano
letterario, non tutto letto oggi, ricorrono 7
temi: v 1°. Dio appare come protettore. vv
1b-8. Dio offre un patto: è un dono ma richiede
alcuni impegni morali. E se qui sono sfumati,
restano nella linea de: "le 10 parole di vita o
comandamenti"" che Mosè consegnerà al popolo di
Dio liberato. Di fronte alla responsabilità del
"cammina alla mia presenza e sii integro" Dio si
dona ad Abramo e alla sua discendenza come "il
tuo Eloim familiare, il Dio tuo e della tua
discendenza", e non più solo il "Dio della
montagna". Da non dimenticare che Eloim è un
plurale, ma per gli ebrei, che credono in un Dio
solo, corrisponde alla "pienezza della
divinità". Per identificare un'appartenenza e,
nello stesso tempo, un destino ed una speranza
luminosa, Dio cambia i nome ad Abram e a Sarai.
vv 9-11. La circoncisione è un uso antico per
richiamare l'appartenenza del popolo al Dio
dell'Alleanza. Questo legame dev'essere presente
anche nella carne. vv12-13. Patto di servitù.
Anche i servi, nati in casa o comprati, entrano
a far parte del popolo che Dio si è scelto. E'
un atto di onore e di rispetto. V 14. Il
peccato contro il patto. Anche tra i popoli
vicini che esercitano la circoncisione, il
peccato contro il patto, per es. rifiutando la
circoncisione, recide dal popolo consacrato.
Vv15-19. Il patto di figliolanza. Dio garantisce
la nascita di un figlio ad Abramo che ha 99 anni
(v1a) e a Sara che ha 90 anni. vv 20-22.
Abramo, interpretando la promessa di una
discendenza, che Dio ha garantito, ma senza
offrire modalità e previsioni particolari,
immaginando che Dio volesse una sua iniziativa,
ha generato Ismaele dalla schiava Agar che Sara
stessa gli aveva offerto per avere un erede. La
legge glielo permetteva e Abramo si rendeva
conto di invecchiare senza soluzioni e senza
eredi. Dio dice che benedirà anche Ismaele.
"Genererà anch'egli 12 capi" (il 12 è il
richiamo di un popolo). "Ma la mia Alleanza sarà
mantenuta con Isacco" (v 21). |
Rm 4, 3-12 Fratelli, che cosa
dice la Scrittura? «Abramo credette a Dio e ciò gli fu
accreditato come giustizia». A chi lavora, il salario non viene
calcolato come dono, ma come debito; a chi invece non lavora, ma
crede in Colui che giustifica l’empio, la sua fede gli viene
accreditata come giustizia. Così anche Davide proclama beato
l’uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle
opere: «Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate e i
peccati sono stati ricoperti; beato l’uomo al quale il Signore
non mette in conto il peccato!». Ora, questa beatitudine
riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso? Noi
diciamo infatti che la fede fu accreditata ad Abramo come
giustizia. Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso
o quando non lo era? Non dopo la circoncisione, ma prima.
Infatti egli ricevette il segno della circoncisione come sigillo
della giustizia, derivante dalla fede, già ottenuta quando non
era ancora circonciso. In tal modo egli divenne padre di tutti i
non circoncisi che credono, cosicché anche a loro venisse
accreditata la giustizia ed egli fosse padre anche dei
circoncisi, di quelli che non solo provengono dalla
circoncisione ma camminano anche sulle orme della fede del
nostro padre Abramo prima della sua circoncisione.
Romani. 4, 3-12 Ricordato da Paolo il principio che noi siamo
giustificati dalla fede e non dalle opere (cap 3,28: "Noi
riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede,
indipendentemente dalle opere della Legge"), il capitolo 3
ritorna continuamente sulla consapevolezza che le opere, prima
di tutto, non giustificano. E' la fede che ci fa entrare nel
mondo di Dio. E la fede è quell'atto con cui ognuno di noi
confessa la sua radicale insufficienza. La salvezza viene
interamente da Dio che ci sceglie, ci accoglie e ci giustifica.
Con il cap. 4 Paolo vuole dimostrare ciò che ha affermato: non
sono le opere che ci salvano in Dio ma, prima di tutto, la
fiducia in Lui. E questo è avvenuto anche nel Primo Testamento,
dice Paolo che, così, rilegge la Scrittura e la vicenda di
Abramo, ritrovandovi la stessa consapevolezza. Poiché per gli
ebrei Abramo non è solo il capostipite, ma anche il modello e il
giusto per eccellenza, proprio la vicenda di Abramo ci aiuta a
cogliere il significato della fede, che vien prima delle opere.
E poiché proprio la tradizione dei rabbini dice che Abramo sia
stato giustificato mediante le opere, ubbidendo alla legge di
Dio, Paolo vuole sfatare questa consapevolezza come leggenda. Se
Abramo avesse avuto riconoscimento per le opere, poteva
appoggiarsi su qualcosa per glorificarsi davanti a Dio. Ma egli
non ebbe valore salvo che per la sua fede. E la sua fede fu
quella di credere alle promesse di Dio (Gen12,2ss; 13,14-17;
15,1ss). Il gesto eroico che Abramo era disposto a fare nel
sacrificare il figlio Isacco (Gen 22,1 ss) e l'accettazione
dell'alleanza (17,2) vennero dopo la scelta e l'Alleanza di Dio
stesso. Certamente Abramo visse fidandosi di Dio e quindi
seguendo la sua legge. Ma Abramo ha vissuto ed è stato accolto
da Dio, non perché egli abbia acquisito dei diritti, come chi fa
un lavoro ed ha diritto ad un salario, ma perché si è fidato di
Dio e "questa fede gli è contata come giustizia" Paolo vuole
insistere sulla fede perché, nella sua ricerca e meditazione, lo
ha intuito da Dio, riflettendo sull'avventura di Gesù. Dio
gratuitamente offre, Dio è generoso (mentre chi paga un salario
rispetta solo regole di ingaggio). Il Salmo di Davide ( 32,1-2)
sottolinea questa disponibilità gioiosa e generosa di Dio.
Poiché nelle discussioni che Paolo fa con i rabbini sorge una
obiezione: "Abramo, almeno di una opera, ha merito: l'ubbidienza
della circoncisione", l'apostolo risponde: Abramo è stato
giustificato prima della circoncisione. Questa arrivò più tardi
e non è che un sigillo per una santità e una giustificazione già
in atto. Abramo, allora, per strade diverse, è padre dei
credenti, di quelli che, accolti da Dio, hanno formato il popolo
dei circoncisi e Padre di quelli che non si fondano sulla
circoncisione ma, seguendo le orme di Abramo stesso, hanno
ricevuto la fede e l'accoglienza di Dio e l'hanno accettata.
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Gv 12, 35-50 In quel tempo. Il Signore Gesù disse alla folla:
«Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce,
perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove
va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della
luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro. Sebbene
avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui,
perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia: «Signore, chi ha
creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?».
Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: «Ha reso ciechi i
loro occhi e duro il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non
comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!». Questo
disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i
capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano,
per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini
più che la gloria di Dio. Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in
me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato.
Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga
nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo
condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il
mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la
parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho
parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di
che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita
eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a
me». Giovanni. 12, 35-50 Il capitolo 12, che leggiamo
oggi, fa da cerniera tra la grande presenza di Gesù che ha proposto la Parola
e sviluppato i sette segni della potenza di Dio per la speranza dell'umanità
e il capitolo 13 dove Giovanni comincia il racconto delle parole e dei gesti
conclusivi di Gesù nell'ultima cena, prima della sua morte. Anzi l'ultimo
segno, alla tomba di Lazzaro (Gv 11), esprime la vittoria sulla morte stessa.
Gesù apre l'ingresso nel mondo di Dio a Lazzaro, anticipo di ciò che sarebbe
avvenuto tra alcuni giorni a Lui stesso, e garantisce che la fede, in questa
lotta contro la morte dell'amico Lazzaro, svela la novità più luminosa dei
segni di Gesù. Il cap 12 ricorda vari avvenimenti che precedono il testo
di oggi: la cena in casa di Lazzaro, l'incontro della folla che a Gerusalemme
accoglie Gesù trionfalmente, agitando le palme, mentre egli sale al tempio
sull'asinello, il tentativo di dialogo di alcuni greci che interpellano Gesù
attraverso i discepoli: Andrea e Filippo; e infine la manifestazione della
volontà del Padre che passa attraverso una fedeltà fino alla morte: una morte
che dà frutto come il grano che muore nel campo. "L'anima mia è turbata"
(27-33), afferma Gesù e si delinea il turbamento dell'orto degli ulivi,
raccontato dagli altri Vangeli. Ma nessuno può aver capito qualcosa nelle
parole di Gesù, se non dopo la risurrezione perché Gesù parla degli sviluppi
degli avvenimenti e del significato che Egli attribuisce alla sua morte:
"essere innalzato, attirare tutti a me". Le domande si rincorrono l'un
l'altra. Ma quella dominante è: "Chi è il Figlio dell'uomo?". Invece di
mettersi a discutere, Gesù ammonisce: "Ora avete ancora un po' di luce.
Approfittatene". E suggerisce la risposta: "Io sono la luce.... Diventate
figli della luce". Incoraggiando ad essere docili alla luce di Dio, Gesù
invita a cogliere gli istanti. Ma improvvisamente la discussione si smorza
qui. "Gesù se ne andò e si nascose a loro ( 36). Giovanni pone qui il
problema della ostinazione e fa ricorso al profeta Isaia (53,1-2). Il profeta
già aveva predetto che gli uomini non avrebbero accettato di credere: il
messaggio che stava rivelando sul "servo sofferente" deve rivelare un
paradosso: "Il braccio del Signore, potente (contro i nemici e contro gli
Egiziani nell'Esodo) si rivela ignominiosamente nella morte del suo Messia".
E questo non lo vuole credere nessuno, nemmeno i suoi discepoli. Sono tutti
incapaci di capire nonostante i molti miracoli, fatti in loro presenza,
racconta Giovanni. Allora la citazione di Isaia: " Dio ha accecato i loro
occhi" non vuole attribuire a Dio, direttamente, la responsabilità della
cecità: il linguaggio ebraico attribuisce a Dio, direttamente, quello che
Egli preannuncia. Ma richiama questa cecità, causata dalla mancanza di
fiducia e di amore verso Dio. L'evangelista presenta due tipi di reazioni
diverse: le reazioni di coloro che hanno rifiutato Gesù e le reazioni di
coloro che hanno creduto ma che sono timorosi di manifestarsi. Si esprime
qui anche l'atteggiamento e le perplessità delle prime comunità cristiane che
non sanno capacitarsi che la presenza di Gesù nella storia d'Israele non
abbia sollecitato questo popolo ad una riflessione seria e ad un cambiamento
radicale. Ma sperimentano anche persone che hanno condiviso e hanno accettato
il messaggio di Gesù, ma ne hanno vergogna a manifestarlo in pubblico, al di
là dei pericoli che può portare ad una espressione palese della fede
cristiana. Ma il problema si pone anche oggi, allo stesso modo. Il
testo conclusivo (vv 44-50) potrebbe essere la sintesi che ricapitola e
conclude tutta la prima parte del Vangelo di Giovanni (Capp 1-12). E' un
testo sganciato da riferimenti particolari di tempi e luoghi ed ha un'unica
drammatica caratteristica significativa: "Gesù gridò" (invece di esclamò) e
ci rimanda all'inizio del Vangelo di Giovanni (il Prologo). Vengono usate le
stesse parole e immagini, quasi un collegamento ideale tra l'inizio della
vicenda umana di Gesù e la sua conclusione: "lucetenebra, vita, Padre,
parola, mondo." I Versetti 44-45 rimandano ai vv 49-50: Gesù è l'inviato
del Padre e il suo rivelatore. Il brano 46-48 rivela il tema centrale
della rivelazione che ha, come conseguenza, un giudizio di condanna per
coloro che non l'accolgono, anche se chiaramente Gesù afferma: "Non sono
venuto a condannare il mondo ma a salvare il mondo. Ma se qualcuno mi
rifiuta, si prende da sé la condanna." .L'adesione a Gesù è totalmente
gratuita: richiede però una disponibilità libera e responsabile. E l'offerta
che Gesù offre è garantita dal Padre. La discriminazione è compiuta da
noi, misurandoci sulle parole di Gesù e scoprendo la nostra incapacità a
realizzarci nella nostra dignità di persone umane. Il nuovo viene da Dio e
non dai nostri rifiuti, dalle nostre paure, dalla prepotenza o dai nostri
schemi di potere. La verità che ciascuno di noi cerca sta nella
rivelazione di Gesù. Egli esprime il volto di Dio che ha conosciuto e porta
la vita eterna nella stessa pienezza che il Padre ha offerto a Lui. Tutti
e tre i brani, nella linea di Abramo, ci offrono la gratuità di Dio, la
vocazione ad essere suoi figli, l'incontro amoroso e totale di Dio che ci
cerca e ci circonda.
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