 II Domenica dopo Pentecoste
6 giugno 2021
Luca12, 22-31
Riferiementi : Sir 16, 24-30 - Sal 148 - Rm 1, 16-21 |
Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto
dei cieli. Lodatelo, voi tutti, suoi angeli, lodatelo, voi
tutte, sue schiere.Lodatelo, sole e luna, lodatelo, voi tutte,
fulgide stelle. |
Sir 16, 24-30 Ascoltami, figlio,
e impara la scienza, e nel tuo cuore tieni conto
delle mie parole. Manifesterò con ponderazione
la dottrina, con cura annuncerò la scienza.
Quando il Signore da principio creò le sue
opere, dopo averle fatte ne distinse le parti.
Ordinò per sempre le sue opere e il loro dominio
per le generazioni future. Non soffrono né fame
né stanchezza e non interrompono il loro lavoro.
Nessuna di loro urta la sua vicina, mai
disubbidiranno alla sua parola. Dopo ciò il
Signore guardò alla terra e la riempì dei suoi
beni. Ne coprì la superficie con ogni specie di
viventi e questi ad essa faranno ritorno.
Siracide16, 24-30 Il libro del Siracide,
detto anche "Sapienza di Sirach" e, fino a poco
tempo fa, detto anche Ecclesiastico, fu
inizialmente scritto in ebraico da Ben Sira, (il
nome greco è Siracide) verso il 180 a. C. Il
nipote tradusse questo scritto in greco attorno
al 130 a.C., lasciandone testimonianza nel
prologo nel libro stesso. È composto da 51
capitoli con vari detti di genere sapienziale,
sintesi della religione ebraica tradizionale e
della sapienza comune. Nell'ultimo capitolo
(51,1-,30) si può leggere una breve
autobiografia dell'autore stesso. In Israele sta
penetrando nella cultura ebraica anche la
cultura greca, riletta con le sue pericolose
novità e il Siracide, attraverso la sua opera,
vuole porre una diga morale per i suoi, per
aiutare a riprendere la Sapienza delle proprie
tradizioni. Coraggioso e infervorato dalla
Sapienza e del culto ebraico, insiste che non ci
si deve vergognare della propria ricchezza
morale e della legge. Quando il mondo ebraico
stabilì il Canone (elenco ufficiale dei libri
della Scrittura attorno il 90 d.C,) non si
considerò adatto questo testo, probabilmente
perché la sua diffusione era avvenuta
prevalentemente nel testo greco. E' rimasto
invece come testo sacro ispirato nei testi
ufficiali del Canone cattolico. Perciò non è
elencato nella Bibbia ebraica (22 libri), né nel
Canone del mondo protestante ( che segue, per
l'A.T., il criterio ebraico). Nelle bibbie,
perciò, è elencato come Deuterocanonico. E' un
libro che non ha una struttura definitiva e
organica. Per questo gli viene dato il nome di
"Raccolta di sentenze". Si possono intravvedere,
tuttavia, al suo interno, piccoli trattati su
argomenti particolari.
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Rm 1, 16-21 Fratelli, io non mi
vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di
chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso
infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta
scritto: «Il giusto per fede vivrà». Infatti l’ira di Dio si
rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di
uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che
di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha
manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia
la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese
dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute.
Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo
conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come
Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro
mente ottusa si è ottenebrata. Romani. 1, 16-21
La riflessione sulla fiducia, nell'abbandono al Signore,
prosegue e si articola con questo bellissimo testo di
testimonianza di Paolo. L'apostolo afferma con lucidità, carico
dell'esperienza e della consapevolezza della forza di Gesù, che
è necessario "confessare il Vangelo". Gesù, attraverso la croce,
porta alla salvezza. Paolo è cosciente della grandezza di questa
comunione con Gesù e non ha timore di proclamarsi seguace di un
condannato ad una morte da schiavo. Ha scoperto che in Gesù si
nasconde la potenza di Dio, unica possibilità di riscatto. La
salvezza è liberazione dal peccato e dalle sue conseguenze,
attesa fiduciosa nella conclusione della storia, consapevolezza
di essere stati chiamati e voluti liberi da Dio. Perciò noi
stessi siamo fiduciosi nel giudizio di Dio. La fede ci
mette in contatto con il Signore e quindi con la sua giustizia
che recupera il mondo e lo conduce all'armonia iniziale. "Da
fede a fede" l'apostolo pone nel ritmo del tempo la fedeltà e la
costanza di credere e di affidarsi a Dio. Tutti gli uomini sono
sotto l'ira di Dio perché non hanno realizzato una giustizia".
Il che vuol dire che non hanno vissuto la fede "(v17).
Certamente a Paolo non sfugge il problema della impossibilità di
una veloce evangelizzazione: egli è consapevole che l'umanità,
per lo più, è pagana. Paolo dice: "Però avevano la possibilità
di accettare di conoscere Dio che, di fatto, hanno conosciuto
(v19)." Certamente, ma tale conoscenza non è diventata
riconoscimento. "Potenza e divinità" non sono state percepite.
Anzi sono state deturpate, confuse, rimescolate a vaneggiamenti
e ottenebramenti ( 21). Così non hanno saputo dare "gloria .e
grazie". La riflessione si sposta più in là. Se non hanno
conosciuto Cristo, se non hanno intravisto lo splendore di Dio
riconoscendolo, tutta l'umanità, comunque, non può dirsi
dannata, ma chiamata alla giustizia. Tutta l'umanità, dice più
avanti, chiamata per vocazione al rapporto con Dio, è
interpellata perché "metta in pratica la legge". Poiché non
basta l'ascolto. All'interno di questa esigenza fondamentale per
ogni persona, viene rimessa in circolo la speranza. I pagani
hanno, come tutta l'umanità, "per loro natura la legge".
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Luca12, 22-31 In quel
tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: non
preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di
quello che indosserete. La vita infatti vale più del cibo e il corpo più del
vestito. Guardate i corvi: non séminano e non mietono, non hanno dispensa né
granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi! Chi di
voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? Se
non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto?
Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico:
neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Se
dunque Dio veste così bene l’erba nel campo, che oggi c’è e domani si getta
nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. E voi, non state a
domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: di tutte
queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa
che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi
saranno date in aggiunta».
Il
capitolo 12 è un insegnamento che Luca organizza in un capitolo abbastanza
complesso e che può avere come titolo: "Gesù incoraggia i suoi ad essere
presenti nel mondo con stile nuovo". Accenno ai quattro momenti del
capitolo: noi oggi stiamo leggendo il terzo. 1. "parlare senza timore"
(12,1-12); 2. "La parabola del ricco stolto" (12,13-21); 3. "la fiducia
nella Provvidenza" (12,22-34); 4. " L'attesa del ritorno del Figlio
dell'uomo" (12,35-48). Tutti questi richiami orientano ad una presenza
credente e coraggiosa nel mondo, consapevoli della parola di Gesù, forti per
criteri diversi di vita che iniziano da una presa di coscienza cristiana e da
una determinazione precisa. Gesù, in questo testo, vuole coinvolgere
tutti, anche quelli che verranno, pur sapendo che costituiscono "un piccolo
gregge" (12,32). Gesù ci propone scelte di pensiero e di stile: - Non
bisogna ossessionarsi di fronte ai problemi quotidiani fino a perdere la
pace, - Non mettere al primo posto la ricerca del mangiare e del bere.
"Così fanno i pagani" (v30), - Rifiuta l'ansia, - Rifiuta la paura.
In Israele era facile soffrire la fame perché spesso i raccolti non erano
abbondanti e sovente ci sono state lunghe stagioni di siccità. È'
importante non perdere un equilibrio per non lasciarsi prendere dall'angoscia
o dalla insignificanza. E' vero che il gregge è piccolo ma lo regge la forza
di Dio, il pastore di Israele. Gesù, che ama le parabole, invita a vedere
il creato come una grande parabola. Nella realtà trovano soluzione persino i
corvi, considerati animali immondi e inutili (Lv 11,15). In più, si diceva, i
corvi, abbandonano molto presto i loro piccoli nel nido. Per cui è proprio
Dio che li nutre. Se non si è capaci di allungare di un'ora la vita,
perché preoccuparsi del resto? Nella realtà sono bellissimi i "gigli del
campo", probabilmente, anemoni purpurei, diffusissimi nei campi della
Galilea.
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