 Domenica dopo l'Ascensione
16 maggio 2021
Gv 17, 11-19
Riferimenti : At 1, 15-26 - Sal 138 - 1Tm 3, 14-16 |
Signore, tu conosci tutte le mie vie.Signore, tu
mi scruti e mi conosci, ti sono note tutte le mie vie.mSei tu
che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia
madre. |
At 1, 15-26 In quei giorni Pietro
si alzò in mezzo ai fratelli – il numero delle
persone radunate era di circa centoventi – e
disse: «Fratelli, era necessario che si compisse
ciò che nella Scrittura fu predetto dallo
Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a
Giuda, diventato la guida di quelli che
arrestarono Gesù. Egli infatti era stato del
nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso
nostro ministero. Giuda dunque comprò un campo
con il prezzo del suo delitto e poi,
precipitando, si squarciò e si sparsero tutte le
sue viscere. La cosa è divenuta nota a tutti gli
abitanti di Gerusalemme, e così quel campo,
nella loro lingua, è stato chiamato Akeldamà,
cioè “Campo del sangue”. Sta scritto infatti nel
libro dei Salmi: “La sua dimora diventi deserta
e nessuno vi abiti, e il suo incarico lo prenda
un altro”. Bisogna dunque che, tra coloro che
sono stati con noi per tutto il tempo nel quale
il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando
dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui
è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno
divenga testimone, insieme a noi, della sua
risurrezione». Ne proposero due: Giuseppe, detto
Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi
pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il
cuore di tutti, mostra quale di questi due tu
hai scelto per prendere il posto in questo
ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato
per andarsene al posto che gli spettava».
Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su
Mattia, che fu associato agli undici apostoli.
Atti degli Apostoli. 1, 15-26 Luca racconta
il clima e gli avvenimenti che si sono
sviluppati nei 10 giorni tra l'ascensione e la
Pentecoste. Sono giorni di attesa e di
perplessità, perché gli apostoli non hanno
delineato un loro futuro e continuano a sentirsi
deboli e incapaci di qualunque progetto. E
tuttavia restano fedeli a ciò che Gesù aveva
loro chiesto: quello di attendere. La loro è
un'attesa vivace, coerente, fiduciosa. E' un
tempo che trascorre nella preghiera con Maria e
nella riflessione sui fatti e sulle parole di
Gesù. Il testo che abbiamo letto si divide in
due parti, concatenate tra loro, poiché lo scopo
è quello di ricostituire il gruppo dei dodici.
Si parla, prima, della morte di Giuda per poi
procedere alla sua sostituzione. E l'iniziativa
è nelle mani di Pietro che viene riconosciuto,
senza nessuna perplessità, come il responsabile
del gruppo degli apostoli. Il numero di
credenti, 120 persone, possono essere il
richiamo per avere la garanzia di un sinedrio
locale o possono riferirsi al fatto che, per
costituire una comunità di preghiera, bisogna
che ci siano almeno 10 uomini. In questo caso i
10 uomini sono moltiplicati per 12 cosicché ogni
apostolo può ricostituire un luogo di preghiera.
Ma Paolo parla di almeno 500 persone che hanno
visto insieme Gesù in Galilea. (1Cor 15,6).
Può voler dire che a Gerusalemme non ci sono
tutti i credenti in Gesù ma molti sono in
Galilea e che probabilmente si è costituita una
sinagoga a parte un seno al giudaismo nella
stessa Gerusalemme. Si parla qui di una
compravendita che Giuda avrebbe fatto del campo
in cui si è impiccato mentre Matteo (27,3)
ricorda, ed è più probabile, che la
compravendita sia stata fatta dal sinedrio, in
un secondo tempo, con i trenta danari del
tradimento, e che quindi il campo è diventato
cimitero degli empi. La differenza può dipendere
proprio dal richiamo del salmo 69,26: "La sua
dimora diventi deserta". E alcuni particolari
raccapriccianti (v18) si ricollegano alla
credenza di allora che il ventre degli empi
diventa la casa dei demoni.
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1Tm 3, 14-16 Carissimo, ti scrivo
tutto questo nella speranza di venire presto da te; ma se
dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella
casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno
della verità. Non vi è alcun dubbio che grande è il mistero
della vera religiosità: egli fu manifestato in carne umana e
riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto dagli angeli e
annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed elevato nella
gloria. Prima lettera a Timoteo 3, 14-16
Timoteo entra in gioco nel secondo viaggio missionario di Paolo
a Listra. Convertitosi, acquista un suo ruolo di particolare
importanza nella collaborazione con Paolo ed è, insieme a lui,
alla fondazione delle chiese di Filippi e di Tessalonica mentre
è inviato in missione per pacificare gli animi in alcune
comunità in difficoltà. Ad Efeso è responsabile della comunità
cristiana. Il breve testo che leggiamo oggi, tratto dalla
lettera a lui indirizzata, è una sintesi di particolare rilievo
sul compito della Chiesa. Viene chiamato con termine greco
(Ecclesia) che, per sé, identifica un'assemblea civile.
Probabilmente per questo si aggiunge la specificazione: "Chiesa
del Dio vivente" e a questa va collegata la denominazione
"l'assemblea del Signore" (espressione molto vicina alla
tradizione ebraica). E si utilizza il termine "casa" che, nello
stesso tempo, richiama il tempio, e una struttura spirituale, ma
anche "famiglia" e "società" in cui i credenti in Gesù si
radunano e si sentono uniti in fraternità. Poiché la città di
riferimento sembra essere Efeso, Paolo deve avere ancora nelle
orecchie le grida dei pagani di Efeso nella rivolta contro di
lui: "Grande Artemide degli Efesini" (atti 19,28). E qui si dice
che la formula cristiana è il " grande è il mistero della vera
religiosità" cioè di segno di Dio, prima nascosto ora rivelato,
che Cristo è Salvatore di ogni uomo e donna. Paolo sintetizza
la verità rivelata da Dio, "sostenuta dalla Chiesa di Dio,
colonna e sostegno della verità". E la verità è Gesù stesso,
soggetto di sei brevi versi, probabilmente richiamo di un antico
inno cristiano, in parallelo di due; - carne- spirito: Gesù
si è manifestato nella carne ma è giustificato nella Forza di
Dio nella risurrezione; - angeli-genti: Gesù appare agli
angeli quando si scioglie dai legacci della morte e sale al
cielo mentre sulla terra è predicato alle genti dalla comunità
che porta il suo messaggio; - mondo-gloria: Gesù è accolto
nel mondo e dal Padre; glorificato attraverso la predicazione e
la fede e accolto dal Padre, Signore alla sua destra.
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Gv 17, 11-19 In quel tempo.
Il Signore Gesù disse: «Padre, io non sono più nel mondo; essi invece sono
nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello
che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io
li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e
nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché
si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel
mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato
loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo,
come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li
custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel
mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso,
perché siano anch’essi consacrati nella verità». Giovanni.
17, 11-19 Giovanni, alla fine dell'ultima cena, nel suo Vangelo, ci offre
"La preghiera sacerdotale" in cui Gesù esprime il significato del suo
cammino, il valore della sua offerta mentre chiede la custodia dei suoi
amici. L'interlocutore è il Padre, a cui Gesù si rivolge, ma è un pregare ad
alta voce per cui interlocutori sono anche i discepoli. Così questa preghiera
è, nello stesso tempo, coinvolgimento e catechesi, comunione col Padre e
scoperta della vita di Gesù e della propria vocazione.. E se tutti hanno
atteso l'intervento di Dio che schiodasse Gesù dalla croce, per poter così
riconoscere che davvero le parole di Gesù erano le parole di un giusto, Gesù
sa che deve consumare fino in fondo la sua umiliazione e accettare l'equivoco
delle attese che tutti, anche i discepoli, si portano dentro. Gesù sa che
solo così viene dimostrata la garanzia dell'amore fedele di Dio e suo, per
cui nulla e nessuno più, nella storia, potranno farlo retrocedere. E
l'opera del Figlio è quella di offrire la propria vita per tutti coloro che
il Padre gli ha affidato. Glorificazione è riconoscimento, è richiesta di
intervento nonostante la maledizione che il Calvario e la croce comportano
per sé e per la propria opera. La gloria è garanzia, è riconoscimento
totale delle scelte di Dio, è intervento nuovo e impensabile che però passa
attraverso la croce, esplodendo nella risurrezione (17,1-5). A questo punto
il dialogo con il Padre si apre sulla scelta e sulla protezione degli "uomini
che mi hai dato dal mondo". Gesù ha accettato il suo ruolo, li ha accolti
dalle mani del Padre, e quindi prega per loro. Gesù prega il Padre per i
credenti, cioè coloro che hanno avuto il dono di riconoscere in lui il
Figlio. Così essi fanno parte della famiglia del Padre, e quindi ad essi è
affidata la continuazione dell'opera iniziata nella glorificazione del Padre
e del Figlio. Gesù visibilmente esce dall'orizzonte umano e nel mondo
visibile resta la sua comunità. Perciò è affidata al Padre suo e all'amore
che ha custodito Gesù che, a sua volta, ha custodito i 12 nel mondo. Egli non
ha perso nessuno ma li ha sorretti tutti. Si è solo smarrito "il figlio della
perdizione". La preghiera, che Gesù esprime, chiede per i suoi la gioia
piena, nonostante l'odio che troveranno nel mondo, ma avranno in sé la sua
Parola. Gesù non si è confuso con il mondo. Ed anche i suoi non debbono
confondersi con il mondo, poiché sono consacrati nella verità. Questa verità,
finora, l'hanno custodita come dono del Padre, nella parola di Gesù, come un
progetto nuovo. Ma è una verità che va vissuta nel mondo. Che si possa
raggiungere la verità è molto difficile e quando Gesù stesso pronuncia queste
parole a Pilato, (Gv 18, 37) si sente rispondere: "Che cosa è la verità?"
(Gv18,38). La verità non esiste, e comunque è irrilevante poiché ognuno si
crea le proprie verità. Ma Gesù stava affermando che la verità è sulla sua
strada ed è la sua vita. Egli si propone di essere la traccia su cui aiutare
a camminare per indicare, passo passo, i segni e le mete. La verità sta nelle
mani di Gesù e nella sua vita, sopravanza ogni nostro pensiero, che però può
mettersi sulle sue tracce, è sempre più avanti del nostro coraggio, sempre
più grande delle nostre attese, e sempre più vicino a ciascuno di quello che
noi immaginiamo. La verità suppone un'attenzione continua, una tensione
aperta, un cercare fiducioso, accettando Gesù. La verità non è una formula,
una ricetta, uno scontrino, poiché è Cristo: "Via, Verità e Vita" (Gv 14,6).
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