
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo
7 novembre 2021
Lc 23, 36-43
Riferimenti : Is 49, 1-7 - Sal 21 - Fil 2, 5-11 |
Dal legno della croce regna il Signore. Lodate
il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza
di Giacobbe, perché egli non ha disprezzato né disdegnato
l’afflizione del povero, il proprio volto non gli ha nascosto ma
ha ascoltato il suo grido di aiuto. |
Is 49, 1-7 Ascoltatemi, o isole,
udite attentamente, nazioni lontane; il Signore
dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo
di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso
la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto
all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia
appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi
ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale
manifesterò la mia gloria». Io ho risposto:
«Invano ho faticato, per nulla e invano ho
consumato le mie forze. Ma, certo, il mio
diritto è presso il Signore, la mia ricompensa
presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore,
che mi ha plasmato suo servo dal seno materno
per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire
Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e
Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È
troppo poco che tu sia mio servo per restaurare
le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti
d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni,
perché porti la mia salvezza fino all’estremità
della terra». Così dice il Signore, il redentore
d’Israele, il suo Santo, a colui che è
disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo
dei potenti: «I re vedranno e si alzeranno in
piedi, i prìncipi si prostreranno, a causa del
Signore che è fedele, del Santo d’Israele che ti
ha scelto». Isaia 49,1-7 La
speranza d'Israele poggia sulla forza di Dio e
sulla sua fedeltà, ma l'intervento di Dio è
posto sulle spalle di suoi "servi" che sono
stati mandati: fedeli, coraggiosi, tenaci,
consapevoli di ubbidire a Dio e di vivere nella
sua volontà poiché questo è stato il progetto
della loro vita: "Dal seno di mia madre mi hai
chiamato" e servi di Dio sono stati Mosè,
Samuele, Davide, i profeti e molti che si sono
messi a servizio del Signore. Ma poi il profeta
introduce un personaggio misterioso, detto
proprio "Servo di Jhwh", a cui ha consegnato una
parola forte, coraggiosa, tagliente e lo ha
scelto per raggiungere obiettivi di vita e di
gloria. L'esperienza, tuttavia, ha portato ad
un insuccesso. E' crollato ogni tentativo, si
sono esauriti tutti i progetti e tutte le
energie. Si è salvata solo la fiducia del Servo
di Dio e la fedeltà alla sua attesa. Il progetto
doveva unificare "i superstiti d'Israele",
coinvolgerli in un popolo fedele e coraggioso
che sapesse riconoscersi nella fedeltà al
Signore. E' stato tutto inutile. Eppure i
Signore non si è scoraggiato e ha richiamato il
suo servo a diventare "luce delle nazioni".
Tutto il mondo creato ha bisogno della speranza
e della salvezza che viene da Dio poiché tutto
il mondo è stato creato dal Signore e quindi
Egli sa di che cosa gli uomini e le donne hanno
bisogno. Questo è il messaggio che viene
riproposto "a colui che è disprezzato, rifiutato
dalle nazioni, schiavo dei potenti". Non
sappiamo che cosa l'autore biblico pensi quando
ha detto ed ha scritto questi testi (un profeta
anonimo che passa sotto il nome di "secondo
Isaia"). Poteva riferirsi ad un profeta
perseguitato che il Signore libera o poteva
richiamarsi ad Israele che, finalmente, si
orienta nella fedeltà dell'Alleanza, anche e
nonostante le persecuzioni e le oppressioni
subite. Certamente i cristiani, che rileggono
la Scrittura, vedono in questo testo una
profezia bellissima sul Messia Gesù e
ritraducono la fedeltà di Dio per mezzo suo e la
fedeltà di Gesù verso il Padre che ha amato e
ubbidito fino ad offrire la sua esistenza.
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Fil 2, 5-11 Fratelli, abbiate in
voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo
nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come
Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come
uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a
una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni
ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni
lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio
Padre. Filippesi 2, 5-11 Paolo sta
sperimentando un cammino impensabile solo pochi decenni prima:
egli sta operando nel nome di Gesù una convergenza di popoli
nella umanità intera. Giudei e pagani (detti "gentili" da "le
Genti") si ritrovano insieme, riconciliati in Gesù e quindi in
pace tra loro, con la stessa dignità e la stessa figliolanza con
Dio. Per un segno nella carne (la circoncisione: l'espressione
dell'Alleanza) che non hanno, i Gentili sono stati esclusi dalla
cittadinanza di Israele e dalle promesse dell'Alleanza stessa. E
questo ha tolto loro l'accesso ai doni di Dio e quindi alla
salvezza. Tra i due popoli non c'era comunicazione, tanto che
anche solo un semplice passaggio di cortili del tempio,
superando il muro di separazione che divideva i circoncisi dai
pagani, sarebbe stato punito con la morte. "Eravate senza
Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele, estranei ai patti
della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo". Si parla
di cittadinanza e di patti della promessa. - La cittadinanza
era un privilegio politico molto importante: essa oltrepassava i
confini territoriali e Roma offriva, per meriti particolari,
cittadinanza romana anche a degli stranieri. Paolo era un
custode fiero e geloso della sua cittadinanza romana che lo
salvò molte volte da processi, linciaggi e prigioni. E sapeva
molto bene il valore di sentirsi, insieme, cittadini di un
popolo. - "I patti della promessa" si richiamano a fatti
operati dai Patriarchi e dal Popolo condotto da Mosè, escludendo
i pagani che sono cittadini di un mondo senza Dio, con idoli
muti che non comunicano la loro volontà né la loro salvezza.
Cristo ha fatto un popolo solo con il suo sangue e si è
sottoposto nella sua umanità ai precetti di quella medesima
legge fino a subirne la maledizione: "Cristo ci ha riscattati
dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione
per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno,
perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai
pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello
Spirito (Gal3,13-14)". Così Gesù ha distrutto ogni inimicizia
tra Dio e gli uomini e negli uomini tra loro.

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Lc 23, 36-43 In quel tempo. Anche i soldati deridevano il Signore
Gesù, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il
re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta:
«Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo
insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo
rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato
alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo
meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E
disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose:
«In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» Luca
23, 36-43 Luca, nel suo racconto sul Calvario e la crocifissione,
sintetizza alcuni elementi fondamentali che, a suo parere, sviluppano tutti i
messaggi di novità e di rivoluzione che Gesù porta nei momenti conclusivi
della sua vita terrena. Al centro della scena c'è una scritta: "Costui è
il re dei giudei" (v 38). E' la sintesi della sentenza, dell'umiliazione e
del sarcasmo. E' l'infamia che rimanda alla frode, all'inganno, alla
negazione e alla derisione della vita di Gesù. E' il suo fallimento ed è la
giusta condanna che gli vogliono infliggere. "Il popolo stava a vedere" (v
35), frastornato ed estraneo, poiché ciò che sta avvenendo è terribile e
assurdo, senza alcun significato comprensibile. Il popolo è disarmato poiché
è colpito nei suoi sentimenti più profondi e le sue sicurezze vacillano.
Quest'uomo lo hanno incontrato sulla propria strada. Lo hanno giudicato
giusto, uno che ha potere, colui che ha affrontato tutti, disarmato e lucido.
Proprio quest'uomo non può subire una tale sorte. Così ciò che avviene è come
un sogno brutale e impensabile. Ci sono i capi che deridono il crocifisso.
Questi sanno invece il valore di questi momenti. Erano stati scandalizzati
dal Dio misericordioso di Gesù, lo avevano contrastato in ogni modo. Ora
hanno messo alla prova questo suo Dio con un atto terribile ed un giudizio di
condanna. Se Cristo ha operato con giustizia, Dio non sopporta un delitto
così mostruoso. In fondo la loro lotta è con Dio. Ed hanno vinto. Ne sono
sicuri. "Non è il Cristo di Dio, l'eletto" se non sa sottrarsi al giudizio,
se non sa salvarsi, se Dio non viene a salvarlo. I soldati sono carne da
macello, impegnati in un mestiere violento, lontani dalle loro famiglie per
guadagnarsi una paga per campare, buttati in una realtà assolutamente diversa
dal loro mondo, diversa per cultura, tradizioni, religione e rispetto.
L'unica loro garanzia sono il vivere la violenza e incutere paura. In questo
caso è scattato un criterio che li coinvolge: quello di avere per le mani un
re. Di potere e di regalità se ne intendono. Così si divertono e deridono
Gesù mentre gli danno dell'aceto. Lo dissetano con quella schifosa bevanda
che spesso bevono anche loro. Di regale non c'è nulla poiché questo re non ha
un seguito, un esercito o almeno un drappello di guardie e tutti gli sono
contro. Il cartello della regalità è una solenne menzogna che li diverte: non
è mai capitato a loro un tale processo, un tale imputato, un tale
delinquente, un tale poveraccio, un tale credente. In contrapposizione a
tutto questo, non c'è nessuno che prenda le difese. Risuona solo una parola
che è preghiera fiduciosa e filiale. "Gesù diceva: «Padre, perdona loro
perché non sanno quello che fanno»". Nel caos e nella tragedia è chiamato
Dio come Padre per perdonare. Così il condannato non prega per essere salvato
ma chiede al Padre che i suoi crocifissori siano salvati. Assurdità e pazzia.
Ma la parola di Gesù è l'unica preghiera al Padre che si alza da questo luogo
di maledizione e rimane come una sentenza di misericordia nel mondo.
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