 VI Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
10 ottobre 2021
Mt 20, 1-16
riferimenti : Is 45, 20-24a -
Sal 64 - Ef 2, 5c-13 |
Mostraci, Signore, la tua misericordia. Per te
il silenzio è lode, o Dio, in Sion, a te si sciolgono i voti. A
te, che ascolti la preghiera, viene ogni mortale. |
Is 45, 20-24a Così dice il
Signore Dio: «Radunatevi e venite, avvicinatevi
tutti insieme, superstiti delle nazioni! Non
comprendono quelli che portano un loro idolo di
legno e pregano un dio che non può salvare.
Raccontate, presentate le prove, consigliatevi
pure insieme! Chi ha fatto sentire ciò da molto
tempo e chi l’ha raccontato fin da allora? Non
sono forse io, il Signore? Fuori di me non c’è
altro dio; un dio giusto e salvatore non c’è
all’infuori di me. Volgetevi a me e sarete
salvi, voi tutti confini della terra, perché io
sono Dio, non ce n’è altri. Lo giuro su me
stesso, dalla mia bocca esce la giustizia, una
parola che non torna indietro: davanti a me si
piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni
lingua. Si dirà: “Solo nel Signore si trovano
giustizia e potenza!”». Isaia
45, 20-24a Tutto il capitolo 45 esprime la
fede di Israele nel Signore che dirige la
storia, supera i confini d'Israele stesso e
raggiunge l'umanità ( ci sono accenni alla
creazione del mondo). Al centro del cammino, in
cui Dio porta la salvezza, c'è un re, Ciro, che
pure non conosce il Dio d'Israele, e che
tuttavia ha la funzione di essere strumento del
Signore stesso per la pace e la sicurezza del
popolo. Nel Medio Oriente sono avvenuti
sconvolgimenti e sono sorte realtà nuove. Dio
nasconde la sua operosità nella storia del
mondo, ma, al credente, deve restare la
consapevolezza che è il Dio d'Israele l'autore
della novità. Anche nel nascondimento, Dio
conduce la sua opera e l'attuazione del suo
disegno. Ai sopravvissuti delle lotte e delle
tragedie ("i superstiti delle nazioni") viene
rivolto l'invito che non è solo per "il resto
d'Israele" ma per tutti popoli che,
precedentemente, hanno creduto negli idoli: il
Signore si rivolge loro chiedendo una
testimonianza ed una requisitoria contro gli
idoli che non possono salvare. Chiede loro di
riflettere sulla storia e di scoprire che: "Solo
nel Signore si trovano giustizia e potenza". Il
termine "giusto-giustizia" si trova 3 volte: la
prima richiama la fedeltà all'impegno preso, le
altre due corrispondono alla Salvezza. Questo
testo ha una grande apertura universalistica che
spesso si ritrova nei testi di Isaia
(soprattutto dopo il capitolo 40: i testi del
Secondo e del Terzo Isaia). Così anche noi siamo
tutti invitati a ripensare con intelligenza agli
avvenimenti dei nostri tempi: come credenti,
siamo invitati a fare mature analisi sulla
storia, sulla crisi, sul cammino del nostro
mondo sempre più globalizzato. Quali sono i
segni di Dio e verso quali orientamenti siamo
invitati ad incamminarci? Come valutiamo e
prendiamo posizione contro le guerre, la fame
nel mondo, gli egoismi dei paesi ricchi, le
chiusura nel benessere, la scoperta che nessuno
di noi è autosufficiente? E ognuno di noi ha
bisogno della solidarietà, dell'alleanza, delle
competenze, delle materie prime, dei progetti,
della forza dell'altro per costruire insieme la
pace! Ma allora quali sono gli idoli e quale la
giustizia?"
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Ef 2, 5c-13 Fratelli, per grazia
siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto
sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri
la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua
bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete
salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di
Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.
Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere
buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo. Perciò
ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non
circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali
nella carne per mano d’uomo, ricordatevi che in quel tempo
eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele,
estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel
mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate
lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Efesini. 2, 5c-13 Paolo ha abitato molto tempo ad Efeso e
quindi ricorda questo territorio e questa comunità con molta
fiducia. Scrive per i cristiani di Efeso e dei villaggi
vicini mentre si trova in carcere a Roma, negli anni 61-63, in
attesa di giudizio per essersi appellato a Cesare. Paolo,
dopo i saluti, inizia la lettera, richiamando l'azione del
Padre, del Figlio e dello Spirito per la salvezza degli uomini,
indicando l'esemplare comunione Trinitaria già prima della
creazione e garantendo che essa è dono alla comunità dei
credenti nel tempo della salvezza di Gesù. Il Signore, già
prima della creazione, aveva scelto gli uomini affinché
vivessero nella carità come santi e immacolati, facendo sì che -
abitando in questo mondo - diventassero tutti figli adottivi per
mezzo di Gesù Cristo. La supremazia di Gesù, fondamentale per
la fede dei credenti, offre "uno Spirito di sapienza e di
rivelazione" (v 17). Così ci può essere consapevolezza che il
Signore ha fatto un popolo nuovo poiché egli è " morto per le
colpe ed i peccati " (v 1.5.) e il Padre " ci ha fatti rivivere
con Cristo " (v 5). Quello che ci ha salvato, perciò, non sono
state le opere, o i meriti, guadagnati di conseguenza, ma ci
hanno conquistato l'amore e la grazia, quindi la gratuità di Dio
che hanno fatto il miracolo di questa salvezza che continua nel
cuore dei credenti. Nella grazia (ripetuta 3 volte) noi
riceviamo la vita nuova (la risurrezione) e la dignità. E sempre
per questa gratuità possiamo sedere nei cieli per giudicare
tempi, opere e persone (immagine di potere). "Per la grazia
(dono di Dio) nella fede (nostra partecipazione) siete stati
salvati" e non per le opere., "perché nessuno possa vantarsene "
(v 9). Sul dono, sull'amore di Gesù, sulla pienezza e la
gratuità S. Paolo continua la sua ricerca e il suo insegnamento.
Egli vuole che passi dentro di noi questa consapevolezza che
diventa anche novità e struttura fondamentale del vivere, della
pace, del cammino della giustizia. Solo tale consapevolezza
della piena gratuità rimette in discussione i criteri di
individualismo, di chiusura e quindi di difesa e di paura.
Paolo non vuole certo far mancare l'aspetto di responsabilità
legato all'impegno, la dimensione etica che è affidata alla
nostra coscienza e libertà. Perciò " siamo opera sua (di Dio),
creati in Cristo Gesù " e impegnati ad operare nel mondo gesti e
comportamenti buoni, che diventano criteri nuovi di vita. Non
sono certo una nostra invenzione; ma il corredo di generosità e
di bontà lo organizza il Signore che ci fa attenti: questi sono
essi stessi doni, coerenze, prospettive che sorgono in
conseguenza: noi siamo stati "creati per le opere buone che Dio
ha predisposto perché noi le praticassimo " v 10).
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Mt 20, 1-16 In quel tempo.
Il Signore Gesù disse: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che
uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò
con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso
le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e
disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”.
Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece
altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano
lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”.
Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro:
“Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse
al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli
ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero
ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero
ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo,
però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato
un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso
della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse:
“Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un
denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo
quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei
invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi,
ultimi». Mt 20, 1-16 La vigna è il campo più amato,
quello in cui l'agricoltore investe più lavoro e passione, fatica e poesia.
Senza poesia, infatti, anche il sorso di vino è sterile. Vigna di Dio siamo
noi, sua coltivazione che non ha prezzo. Lo racconta la parabola del
proprietario terriero che esce di casa all'alba, che già dalla prima luce del
giorno gira per il villaggio in cerca di braccianti. E vi ritornerà per altre
quattro volte, ogni due ore, fino a che c'è luce. A
questo punto però qualcosa non torna: che senso ha per un imprenditore
reclutare dei giornalieri quando manca un'ora soltanto al tramonto? Il tempo
di arrivare alla vigna, di prendere gli ordini dal fattore, e sarà subito
sera. Allora nasce il sospetto che ci sia dell'altro, che quel cercatore di
braccia perdute si interessi più degli uomini, e della loro dignità, che
della sua vigna, più delle persone che del profitto. Ma arriviamo al cuore
della parabola, la paga. Primo gesto spiazzante: cominciare da quelli che
hanno lavorato di meno. Secondo gesto illogico: pagare un'ora di lavoro
quanto dodici ore. E capiamo che non è una paga, ma un regalo. Quelli che
hanno portato il peso del caldo e della fatica si aspettano, giustamente, un
supplemento alla paga. Come dargli torto? Ed eccoci spiazzati ancora: No,
amico, non ti faccio torto. Il padrone non toglie nulla ai primi, aggiunge
agli altri. Non è ingiusto, ma generoso. E crea una vertigine dentro il
nostro modo mercantile di concepire la vita: mette l'uomo prima del mercato,
la dignità della persona prima delle ore lavorate. E
ci lancia tutti in un'avventura sconosciuta: quella di una economia solidale,
economia del dono, della solidarietà, della cura dell'anello debole, perché
la catena non si spezzi. L'avventura della bontà: il padrone avvolge di
carità la giustizia, e la profuma. Mi commuove il Dio
presentato da Gesù, un Dio che con quel denaro, che giunge insperato e
benedetto a quattro quinti dei lavoratori intende immettere vita nelle vite
dei più precari tra loro. La giustizia umana è dare a ciascuno il suo, quella
di Dio è dare a ciascuno il meglio. Nessun imprenditore farebbe così. Ma Dio
non lo è; non un imprenditore, non il contabile dei meriti, lui è il
Donatore, che non sa far di conto, ma che sa saziarci di sorprese. Nessun
vantaggio, allora, a essere operai della prima ora? Solo più fatica? Un vanto
c'è, umile e potente, quello di aver reso più bella la vigna della storia, di
aver lasciato più vita dietro di te.
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