 I Domenica dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore
5 settembre 2021
Gv 3, 25-36
Riferimenti : Is 29, 13-21- Sal 84 -Eb 12, 18-25 |
Mostraci, Signore, la tua misericordia e
donaci la tua salvezza. Sei stato buono, Signore, con la tua
terra, hai perdonato la colpa del tuo popolo. Ascolterò che
cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo
popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con fiducia. |
Is 29, 13-21 Dice il Signore:
«Poiché questo popolo si avvicina a me solo con
la sua bocca e mi onora con le sue labbra,
mentre il suo cuore è lontano da me e la
venerazione che ha verso di me è un imparaticcio
di precetti umani, perciò, eccomi, continuerò a
operare meraviglie e prodigi con questo popolo;
perirà la sapienza dei suoi sapienti e si
eclisserà l’intelligenza dei suoi intelligenti».
Guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del
Signore per dissimulare i loro piani, a coloro
che agiscono nelle tenebre, dicendo: «Chi ci
vede? Chi ci conosce?». Che perversità! Forse
che il vasaio è stimato pari alla creta? Un
oggetto può dire del suo autore: «Non mi ha
fatto lui»? E un vaso può dire del vasaio: «Non
capisce»? Certo, ancora un po’ e il Libano si
cambierà in un frutteto e il frutteto sarà
considerato una selva. Udranno in quel giorno i
sordi le parole del libro; liberati
dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei
ciechi vedranno. Gli umili si rallegreranno di
nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel
Santo d’Israele. Perché il tiranno non sarà più,
sparirà l’arrogante, saranno eliminati quanti
tramano iniquità, quanti con la parola rendono
colpevoli gli altri, quanti alla porta tendono
tranelli al giudice e rovinano il giusto per un
nulla.
Isaia 29, 13-21 Il re Ezechia,
sovrano del piccolo regno di Giuda, figlio del
re Acaz che ha sempre rivendicato la sua
idolatria, associato al trono già dal 728, regna
tra il 716 e il 687, ed è particolarmente
importante per la riforma religiosa che si
impegna a sviluppare. Nella Scrittura si
parla molto bene di questo sovrano poiché ha
messo mano ad una intelligente e coerente
revisione del culto e della religione ebraica.
La riforma sembra essere stata particolarmente
impegnativa nella restaurazione del culto di
YHWH, eliminando il culto cananeo e i luoghi
sacri pagani. Il re s'impegna sulla centralità
del tempio di Gerusalemme, aiutato dall'azione
di alcuni profeti che lo incoraggiano nel
coordinare gli impegni del cambiamento.
Avendo, di riflesso, assistito al crollo del
regno d'Israele (il regno del nord o di Samaria)
nel 721, ad opera degli assiri, il piccolo regno
di Giuda è rimasto come un cuscinetto tra le
conquiste assire e il mondo egiziano. Il re di
Giuda paga certo le tasse al regno assiro, ma è
indipendente, anzi si rafforza, conquistando
popolazioni e città vicine, e si allarga
territorialmente, pretendendo addirittura di
contrastare il regno assiro. I preparativi
per la guerra, segretamente alleandosi con gli
egiziani, devono dare una spallata al mondo
assiro. Il tutto è molto contrastato da Isaia
che vede l'operazione come una pazzia. Di fatto,
nel 701 il re assiro Sennacherib scende verso la
costa, nella regione dei filistei, abbatte tutte
le fortezze e invita Gerusalemme ad arrendersi.
Quindi, superando le incertezze, di fatto
assedia la città e vi rinchiude la popolazione.
Ma, improvvisamente, e non si sa veramente
perché, da un giorno all'altro viene tolto
l'assedio, forse per una epidemia, o per un
aiuto consistente degli egiziani, o per motivi
politici interni al mondo assiro, o addirittura
per un atto di sottomissione del re che,
comunque, invia grande quantità di oro e argento
a Ninive come tributo. I fatti storici
precedenti aiutano a cogliere il senso delle
parole di Isaia, Il profeta, che è vigile
custode del rapporto di fiducia nell'Alleanza
con il Signore, individua, nella religiosità che
si pratica in Giudea, un pericolo sempre
esistente che qui acquista caratteri molto
evidenti: diffusa superficialità, un forte
formalismo nella pratica del culto, tenace
attaccamento ai gesti, scrupolo per assolvere
precetti, parole di preghiera ripetute con le
labbra, senza una consapevolezza ed una adesione
di cuore. Ma Dio vuole il cuore, poiché è
proprio il cuore che si allontana da Dio oppure
lo ama, lo cerca, si fida. Il cuore, nel mondo
ebraico, esprime tutta l'interiorità della
persona. Più che incontrare il Signore, ci si
accontenta di gesti, di parole e di un miscuglio
di poche regole. E dal momento che la gloria
di Dio è ricordata con stupore per i suoi
interventi prodigiosi a salvezza del popolo,
bisogna stare attenti - dice il profeta- che la
stessa potenza di prodigio non possa addirittura
rivoltarsi contro il popolo indegno. E i prodigi
potrebbero diventare avvenimenti disastrosi e
terribili. Nel suo duro rimprovero, il profeta
richiama le furbizie nascoste dei sapienti che
credono che le loro trame sfuggano agli occhi di
Dio e ai suoi profeti, da Lui illuminati.
L'immagine interessante e concreta del vasaio,
in una società contadina dove si ha
particolarmente bisogno del suo lavoro, illustra
il rapporto di libertà tra Dio e il suo popolo.
E non a caso questa immagine è privilegiata
poiché nella Scrittura si parla dell'uomo, fatto
con la polvere della terra, con gesti propri del
vasaio. Poi, di colpo, dal versetto 17,
cambia il messaggio che diventa portatore della
salvezza di Dio, manifestandosi nell'abbondanza
dei prodotti agricoli e nel ricupero della piena
autonomia della persona, in particolare dei
sordi e dei ciechi che sono così in grado di
cogliere in pienezza il mondo. Così
l'intervento, a tutto campo, è significato anche
dal numero 4 (l'orizzonte umano): Libano,
frutteto, ciechi e sordi. I risultati sono la
pienezza della fiducia, il trionfo della
giustizia, la pace. L'elenco ci riserva un bel
numero: il 7 che è la completezza, la bellezza e
la grandezza del cielo e della terra. Il
messaggio di Isaia, al di là della collocazione
e gli avvenimenti storici, ricorda che una
società si costruisce nella giustizia e nella
coscienza profonda di un dialogo con Dio
nell'esistenza quotidiana. La religione diventa
insignificante e addirittura pericolosa quando
si riduce a formalità. Essa illude le persone di
correttezza, semplicemente perché si rispettano
le regole del culto. |
Eb 12, 18-25 Fratelli, voi non vi
siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente
né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a
suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio
di non rivolgere più a loro la parola. Non potevano infatti
sopportare quest’ordine: «Se anche una bestia toccherà il monte,
sarà lapidata». Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante
che Mosè disse: «Ho paura e tremo». Voi invece vi siete
accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla
Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa
e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei
cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi
perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue
purificatore, che è più eloquente di quello di Abele. Perciò
guardatevi bene dal rifiutare Colui che parla, perché, se quelli
non trovarono scampo per aver rifiutato colui che proferiva
oracoli sulla terra, a maggior ragione non troveremo scampo noi,
se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli.
Ebrei. 12, 18-25 Verificandosi diverse provenienze dei
cristiani dal paganesimo o dall'ebraismo, nella Comunità
cristiana sorgono facilmente nostalgie, ma anche di
recriminazione per la cultura in cui si è cresciuti e che
influenza, spesso, ancora molto, i pensieri e le linee di
comportamento. Bisogna saper fare una seria distinzione, a
partire dalle scelte che si sono fatte, ed è necessario un tempo
di verifica e di riflessione per rimettere a posto e coordinare
il cammino che si è scelto un tempo, ma che continua ad essere
messo a rischio da sentimenti, ricordi, nostalgie, complessi di
colpa. Qui l'autore biblico sente l'esigenza di contrapporre
due immagini di montagne che sono anche luoghi dove Dio si è
fatto presente: il Sinai e Sion. Il Sinai, al tempo della
liberazione dall'Egitto, fondamento della storia religiosa e
della consistenza sociale del popolo d'Israele, è il luogo dove
sono avvenuti fenomeni grandiosi, richiamo di dominio e di
terrore, come spesso appaiono i fenomeni naturali: lingue di
fuoco, tuoni, oscurità e tempesta. La rivelazione del Sinai
si svolge su una montagna avvolta di fuoco, di tempesta e di
oscurità, tra squilli di tromba e parole terrificanti. Il
popolo, impaurito, scongiura Dio che gli parli attraverso Mosé.
In realtà, lo angoscia, insieme, la possibile lontananza da Dio
e il terribile comando di dover perfino lapidare un animale che
avesse toccato il monte su cui Dio appare (vv19-20). Mose
stesso, di fronte a questa grandezza terribile, si sente
tormentato e tremante. Così dominante è la paura. La nuova
montagna, Sion, la montagna di Gerusalemme, è il luogo della
festa, l'assemblea di uomini liberi e giusti in compagnia degli
angeli. E' stata resa tale da Gesù che svela il volto di Dio
Padre, del Dio creatore innamorato della nostra libertà, del Dio
amico (noi, infatti, siamo diventati amici di Gesù e non servi:
Gv 15,15). E se nell'Antico Testamento ci sono stati molti i
mediatori tra il Signore e il suo popolo, oggi c'è un solo
mediatore, Gesù. E se la mediazione, in particolare, viene
ricordata, per l'antichità, con il significato del sangue delle
offerte, uccise in onore a Dio e per il sangue di Abele, il
giusto, che grida giustizia (Gen 4,10), qui il sangue di Gesù,
da sé solo, ha la potenza e la pienezza di introdurci nel tempio
di Dio (10,19).
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Gv 3, 25-36 In quel tempo. Nacque una discussione
tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale.
Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra
parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e
tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se
non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho
detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo
sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è
presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia
gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire». Chi viene dall’alto
è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e
parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli
attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua
testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero.
Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà
lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede
nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita,
ma l’ira di Dio rimane su di lui. Giovanni. 3, 25-36
Giovanni Evangelista vuole sviluppare, in questo capitolo, la conoscenza di
Gesù attraverso due testimonianze: quella di Nicodemo e quella di Giovanni il
Battista. Nicodemo interpella il significato dell'azione di Gesù con il
valore dei suoi segni e Giovanni Battista, interrogato da persone del suo
gruppo e da discepoli, dice la sua testimonianza come la persona più
qualificata a svelare il mistero di Gesù, per quanto possibile, poiché ormai
a lui riconoscono il ruolo di profeta. E' la prima e unica volta che
troviamo nel Vangelo il ricordo di Gesù che battezza egli stesso, dopo essere
stato battezzato da Giovanni il Battista. (ma subito dopo, nel suo vangelo,
Giovanni evangelista rettifica dicendo che sono i discepoli e non lui che
battezzano: v 4,1). Proprio questa iniziativa disorienta nella cerchia del
Battista. Gesù dovrebbe essere sottomesso a Giovanni, dovrebbe non
sostituirlo nel compiere I gesti della purificazione, non dovrebbe
strappargli le folle che adesso si riversano da Lui. Tutti questi pensieri
vengono, più o meno chiaramente, riportati a Giovanni con un miscuglio di
risentimento e di gelosia, ritenendo così di fargli piacere. Insieme, questa
specie di concorrenza senza neppure aver avvisato Giovanni sa, almeno, di
poco rispetto. Giovanni spiega con molta umiltà e coerenza, valorizzando
Gesù e dandogli una grande testimonianza. Non lascia nulla in sospeso, non
restano malintesi né rammarichi. Giovanni richiama il suo ruolo e la sua
vocazione. Afferma di essere semplicemente "mandato innanzi a lui" e ricorda
loro la propria testimonianza quando era stato ufficialmente interpellato:
"Non sono io il Cristo". Essi stessi ne sono stati testimoni. Questo
Giovanni lo dice mentre, probabilmente, tutti ricordano che Gesù era stato
con loro discepolo di Giovanni ill Battista. Giovanni gli dà testimonianza e
proclama: "Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me"
(Gv1,15)." (E qualcuno interpreta:"Viene dopo di me" con il compito del
discepolo di seguire il maestro) Qui vengono introdotte le due immagini della
sposa e dello sposo e quella dell'amico dello sposo. Ma Giovanni non
intende, prima di tutto, fermarsi al riconoscimento di Gesù. Anche per lui è
un mistero da scoprire. Quindi si ferma sulla soglia. Ha capito che Gesù è
più grande. Ma tiene a voler chiarire la sua posizione, che è quella di
essere l'amico che prepara le nozze, che prepara la sposa all'incontro. E la
sposa è il popolo di Dio che si è purificato attraverso la predicazione di
Giovanni. Il Battista ha tutto preparato perché l'incontro sia splendido,
gioioso, pieno. Si risentono le profezie sull'Alleanza di Osea, di Isaia, di
Geremia. Giovanni parla della sua gioia piena poiché la sposa è pronta e lo
sposo è arrivato. Ora egli deve "diminuire fino a scomparire" perché il suo
compito è finito. Il testo successivo non è di Giovanni il Battista ma
dell'evangelista che ha profondamente partecipato, anche commosso, alla
testimonianza del Battista, mentre scrive, e desidera continuare a dire ciò
che il Battista non poteva ancora capire. Gesù viene dall'alto, è al di
sopra di tutti. Gesù rivela ciò che ha visto e udito, anche se nessuno
accetta la sua testimonianza. Ma Dio è veritiero e la sua parola è la prova
vivente che Dio è fedele nella storia, anche se la fedeltà di Dio è spesso
ricercata su altre strade. Gesù, annunciando la Parola di Dio, offre lo
Spirito senza misura. Tutto il mondo è nelle sue mani, tutto quel mondo
che Dio ha creato. Perciò, conclude l'evangelista, chi crede nel Figlio
riceve la pienezza, la vita eterna, tutta la novità che Dio sa offrire. Chi
non ubbidisce al Figlio è lontano dalla vita piena e non coglie nessuna
bellezza: "l'ira di Dio incombe su di lui". Ma la situazione più drammatica
che ci può capitare è voler allontanare Dio La discussione tra i discepoli
è un paradigma di ciò che avviene nella vita. Vogliamo che si rispettino
alcuni schemi, normalmente legati ai nostri diritti, ai riguardi di rispetto
e di anzianità, al fatto di essere primi o secondi, misurandoci su nostri
criteri non verificati. |