XII Domenica dopo Pentecoste
15 agosto 2010

Matteo 23, 37 - 24, 2
Riferimenti: Secondo Libro dei Re 25, 1-17 - Salmo 77 -Romani 2, 1-10

La mia voce sale a Dio e grido aiuto; la mia voce sale a Dio, finché mi ascolti. Nel giorno dell'angoscia io cerco ilSignore, tutta la notte la mia mano è tesa e non si stanca; io rifiuto ogni conforto. Mi ricordo di Dio e gemo, medito e viene meno il mio spirito. Tu trattieni dal sonno i miei occhi, sono turbato e senza parole. Ripenso ai giorni passati, ricordo gli anni lontani. Un canto nella notte mi ritorna nel cuore: rifletto e il mio spirito si va interrogando. Forse Dio ci respingerà per sempre, non sarà più benevolo con noi? È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre? Può Dio aver dimenticato la misericordia, aver chiuso nell'ira il suo cuore? E ho detto: "Questo è il mio tormento: è mutata la destra dell'Altissimo". Ricordo le gesta del Signore, ricordo le tue meraviglie di un tempo. Mi vado ripetendo le tue opere, considero tutte le tue gesta. O Dio, santa è la tua via; quale dio è grande come il nostro Dio? Tu sei il Dio che opera meraviglie, manifesti la tua forza fra le genti. È il tuo braccio che ha salvato il tuo popolo, i figli di Giacobbe e di Giuseppe.

Secondo Libro dei Re 25, 1-17

Nell’anno nono del suo regno, nel decimo mese, il dieci del mese, Nabucodònosor, re di Babilonia, con tutto il suo esercito arrivò a Gerusalemme, si accampò contro di essa e vi costruirono intorno opere d'assedio. La città rimase assediata fino all’undicesimo anno del re Sedecìa. Al quarto mese, il nove del mese, quando la fame dominava la città e non c’era più pane per il popolo della terra, fu aperta una breccia nella città. Allora tutti i soldati fuggirono di notte per la via della porta tra le due mura, presso il giardino del re, e, mentre i Caldei erano intorno alla città, presero la via dell'Araba. I soldati dei Caldei inseguirono il re e lo raggiunsero nelle steppe di Gerico, mentre tutto il suo esercito si disperse, allontanandosi da lui. Presero il re e lo condussero dal re di Babilonia a Ribla; si pronunciò la sentenza su di lui. I figli di Sedecìa furono ammazzati davanti ai suoi occhi; Nabucodònosor fece cavare gli occhi a Sedecìa, lo fece mettere in catene e lo condusse a Babilonia. Il settimo giorno del quinto mese – era l’anno diciannovesimo del re Nabucodònosor, re di Babilonia – Nabuzaradàn, capo delle guardie, ufficiale del re di Babilonia, entrò in Gerusalemme. Egli incendiò il tempio del Signore e la reggia e tutte le case di Gerusalemme; diede alle fiamme anche tutte le case dei nobili. Tutto l’esercito dei Caldei, che era con il capo delle guardie, demolì le mura intorno a Gerusalemme. Nabuzaradàn, capo delle guardie, deportò il resto del popolo che era rimasto in città, i disertori che erano passati al re di Babilonia e il resto della moltitudine. Il capo delle guardie lasciò parte dei poveri della terra come vignaioli e come agricoltori. I Caldei fecero a pezzi le colonne di bronzo che erano nel tempio del Signore, i carrelli e il Mare di bronzo che erano nel tempio del Signore, e ne portarono il bronzo a Babilonia. Essi presero anche i recipienti, le palette, i coltelli, le coppe e tutti gli oggetti di bronzo che servivano al culto. Il capo delle guardie prese anche i bracieri e i vasi per l’aspersione, quanto era d’oro e d’argento. Quanto alle due colonne, all’unico Mare e ai carrelli, che aveva fatto Salomone per il tempio del Signore, non si poteva calcolare quale fosse il peso del bronzo di tutti questi oggetti. L’altezza di una colonna era di diciotto cubiti, il capitello sopra di essa era di bronzo, e l’altezza del capitello era di cinque cubiti; tutto intorno al capitello c’erano un reticolo e melagrane, e il tutto era di bronzo. Così pure era l’altra colonna.

Nell’anno nono del suo regno, nel decimo mese, il dieci del mese, Nabucodònosor, re di Babilonia, con tutto il suo esercito arrivò a Gerusalemme, si accampò contro di essa e vi costruirono intorno opere d'assedio. La città rimase assediata fino all’undicesimo anno del re Sedecìa. Al quarto mese, il nove del mese, quando la fame dominava la città e non c’era più pane per il popolo della terra, fu aperta una breccia nella città. Allora tutti i soldati fuggirono di notte per la via della porta tra le due mura, presso il giardino del re, e, mentre i Caldei erano intorno alla città, presero la via dell'Araba. I soldati dei Caldei inseguirono il re e lo raggiunsero nelle steppe di Gerico, mentre tutto il suo esercito si disperse, allontanandosi da lui. Presero il re e lo condussero dal re di Babilonia a Ribla; si pronunciò la sentenza su di lui. I figli di Sedecìa furono ammazzati davanti ai suoi occhi; Nabucodònosor fece cavare gli occhi a Sedecìa, lo fece mettere in catene e lo condusse a Babilonia. Il settimo giorno del quinto mese – era l’anno diciannovesimo del re Nabucodònosor, re di Babilonia – Nabuzaradàn, capo delle guardie, ufficiale del re di Babilonia, entrò in Gerusalemme. Egli incendiò il tempio del Signore e la reggia e tutte le case di Gerusalemme; diede alle fiamme anche tutte le case dei nobili. Tutto l’esercito dei Caldei, che era con il capo delle guardie, demolì le mura intorno a Gerusalemme. Nabuzaradàn, capo delle guardie, deportò il resto del popolo che era rimasto in città, i disertori che erano passati al re di Babilonia e il resto della moltitudine. Il capo delle guardie lasciò parte dei poveri della terra come vignaioli e come agricoltori. I Caldei fecero a pezzi le colonne di bronzo che erano nel tempio del Signore, i carrelli e il Mare di bronzo che erano nel tempio del Signore, e ne portarono il bronzo a Babilonia. Essi presero anche i recipienti, le palette, i coltelli, le coppe e tutti gli oggetti di bronzo che servivano al culto. Il capo delle guardie prese anche i bracieri e i vasi per l’aspersione, quanto era d’oro e d’argento. Quanto alle due colonne, all’unico Mare e ai carrelli, che aveva fatto Salomone per il tempio del Signore, non si poteva calcolare quale fosse il peso del bronzo di tutti questi oggetti. L’altezza di una colonna era di diciotto cubiti, il capitello sopra di essa era di bronzo, e l’altezza del capitello era di cinque cubiti; tutto intorno al capitello c’erano un reticolo e melagrane, e il tutto era di bronzo. Così pure era l’altra colonna.

Romani 2, 1-10

Perciò chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose. Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio contro giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, pensi forse di sfuggire al giudizio di Dio? O disprezzi la ricchezza della sua bontà, della sua clemenza e della sua magnanimità, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però, con il tuo cuore duro e ostinato, accumuli collera su di te per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che, perseverando nelle opere di bene, cercano gloria, onore, incorruttibilità; ira e sdegno contro coloro che, per ribellione, disobbediscono alla verità e obbediscono all’ingiustizia. Tribolazione e angoscia su ogni uomo che opera il male, sul Giudeo, prima, come sul Greco; gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo, prima, come per il Greco.

Paolo si presenta subito come mittente della sua lettera che viene composta in un momento particolare della sua vita. Ha completato la missione nell'area nord orientale del Mediterraneo (15,19. 23). Prima di intraprendere un itinerario che lo porterà in Spagna, come egli spera, Paolo si fa precedere da questa sua presentazione (15,14-24), e scrive ai cristiani della capitale dell'impero perché vorrebbe incontrarli in vista di futuri viaggi apostolici. La lettera può essere stata scritta verso il 57-58 o anche 55-56 d.C. e il luogo di composizione sembra possa essere stato Corinto, dove Paolo, nel corso della sua terza visita (2 Corinti 12,14; 13,1), si ferma per tre mesi (Atti 20,3). Sta sviluppando il tema della salvezza che viene mediante la fede (1,18-4,25). Tutta l'umanità è bisognosa di salvezza: ne hanno bisogno i pagani e ne hanno bisogno i Giudei. Perciò, in un primo momento, Paolo traccia a grandi linee la situazione del mondo pagano (1,18-32) e quindi parla del mondo giudaico (2,1-3,8). In questo caso Paolo non si pone tanto nelle vesti del moralista, quanto piuttosto nella prospettiva del teologo che, guardando con occhi chiari e nello stesso tempo con misericordia, mostra quanto ci sia bisogno della salvezza di Dio. Così, nel testo di oggi, Paolo, dopo aver descritto l'immoralità del mondo pagano, si rivolge ai Giudei che si fanno giudici, forti della propria posizione di privilegio come popolo di Dio. Ma se ci si verifica davvero, molte colpe che noi giudichiamo immorali negli altri, poi, sono le stesse nostre colpe. Si può avere l'illusione dell’impunità perché Dio non interviene immediatamente nel castigo e quindi si rischia di disprezzare la bontà paziente di Dio. Ma Paolo dice che il giorno dell'ira è per tutti, così come il giorno del riconoscimento e della speranza per chi è fedele. Dio, con il suo giusto giudizio, renderà a ciascuno secondo le sue opere: vita eterna per chi persevera nelle opere di bene, ira e sdegno per chi disobbedisce alla verità (vv. 6-8). E questo avverrà "sul giudeo prima, come sul greco" (vv.9-10). L'appartenenza all'una o all'altra categoria non incide sul giudizio finale di Dio, anche se il giudeo ha avuto per primo la legge e l'alleanza.

 

Matteo 23, 37 - 24, 2

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: ”Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più, fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!». Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta».

Il testo su Gerusalemme, da Matteo, è trascritto alla fine di una lunga discussione con i capi religiosi: " scribi e farisei" che hanno sviluppato con Gesù e ancor più svilupperanno un lungo conflitto, successivamente, causando molte tensioni tra la prima comunità cristiana e la comunità giudaica. L'intento di Matteo non è tanto una aggressione contro i Giudei per una specie di antisemitismo quanto piuttosto il tentativo di affrontare il problema religioso in una più matura spiritualità, senza fermarsi alle situazioni, per quanto difficili, formali. Nella frase: "quante volte..." si può cogliere un'allusione alle visite fatte da Gesù alla città di Gerusalemme, che però troviamo ricordate in Giovanni, ma non nei vangeli sinottici. Gesù parla della distruzione di Gerusalemme e del tempio, della lacerazione che avverrà in un futuro prossimo, dell’abbandono di Dio e della sua presenza (la Shekhinà). Si risente una frase di Geremia: "Ma se non ascolterete queste parole, io lo giuro per me stesso - parola del Signore - questa casa diventerà una rovina" (Geremia 22,5). Di fatto Gesù esce dal tempio (24,1) per non farvi più ritorno. Israele vedrà nuovamente Gesù quando tornerà nella gloria, e lo riconoscerà come suo signore e suo giudice. Viene citato qui il Salmo 118,26 (23,39) e quindi vengono ricordate le acclamazioni che la gente fece a Gesù a Gerusalemme, il giorno delle palme (21,9), mentre lo accompagnava verso il tempio. Si parla qui del tempio di Gerusalemme che era stato consacrato nell'anno 18 a.C. nella sua nuova ricostruzione voluta da Erode il Grande, la cui lavorazione si protrasse almeno per circa 80 anni. E’ una costruzione splendida e superba di cui tutti ne andavano fieri, un capolavoro di ingegneria ricordato da Giuseppe Flavio tra le sette meraviglie del mondo e concluso alla vigilia dell'assedio che i romani posero a Gerusalemme, e che si dilungò dal 66 al 70 d.C., in un susseguirsi terribile di fatti angosciosi. Tutto fu travolto. In conclusione si può dire: - Dio si fa alleato con noi e accetta di vivere tra noi se manteniamo la fedeltà, l’alleanza sancita con Lui. - Il cammino faticoso ci porta a scoprire che tutti abbiamo bisogno della sua misericordia. - La storia ci obbliga a riscoprire, di volta in volta, il cammino di un Dio che si fa piccolo e mendicante ma che ci indica, sempre nuova, la strada verso il Signore. Non sono i segni esterni che ci garantiscono, ma la fedeltà umile del cuore.