II Domenica di Pasqua
11 aprile 2010

Giovanni 20, 19-31
Riferimenti :
Atti degli Apostoli. 4, 8-24a - Salmo 117 - Colossesi 2, 8-15
Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte, nazioni, dategli gloria; perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno.
Atti degli Apostoli. 4, 8-24a

In quei giorni. Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati». Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto. L’uomo infatti nel quale era avvenuto questo miracolo della guarigione aveva più di quarant’anni. Rimessi in libertà, Pietro e Giovanni andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto loro i capi dei sacerdoti e gli anziani. Quando udirono questo, tutti insieme innalzarono la loro voce a Dio.

La Comunità cristiana continua l’abitudini, che già aveva maturato con Gesù, di salire al tempio a pregare e a partecipare alle liturgie ebraiche che i sacerdoti vi svolgevano. Il racconto che costituisce l'antefatto del breve primo processo che viene celebrato con gli apostoli, è costituito da un miracolo che Pietro e Giovanni hanno compiuto su uno storpio che stava raccogliendo le elemosine (3,1-10). Egli aspettava danaro, ma Pietro gli offrì un dono diverso: "Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina". Sono le tre del pomeriggio: si offriva l'incenso all'interno del tempio, nel Santo, mentre fuori, all'altare dei sacrifici veniva immolato un agnello di un anno. A questo punto lo storpio a cui prima era preclusa ogni entrata nel tempio perché, essendo ammalato, era considerato impuro, "entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio". Poiché Pietro di Giovanni incominciavano a spiegare che tutto era avvenuto per la forza di Gesù risorto, furono arrestati e tenuti in carcere fino al giorno dopo. Vennero quindi interrogati davanti ai capi: anziani, scribi, il sommo sacerdote Anna, Caifa. "Con quale potere avete fatto questo?". Pietro, davanti al sinedrio, richiamò l'annuncio pasquale cristiano, fondandolo sulle Scritture: in questo caso citò il salmo 118,22 con grande libertà e franchezza. Un termine usato per identificare il loro atteggiamento è "parresia": ci riconduce ad una persona serena, sicura, e libera: "Gesù è la pietra angolare... in nessun altro c'è salvezza". Riconoscendoli come persone semplici e senza istruzione, i capi e i giudici si sentirono a disagio, ma non sapevano trovare motivi per condannarli. Tanto più che, vicino a loro, l'uomo, che tutti conoscevano perché noto alla porta del tempio, stava in piedi, risanato. La preoccupazione più grande era che queste voci e questa esperienza non si diffondessero in Gerusalemme per cui, unica conclusione, i capi accusatori comandarono loro di tacere. Ma con la stessa franchezza risposero che non potevano tacere "quello che abbiamo visto e ascoltato". C’è una sfida alla loro fede. Essi continuarono: "Se sia giusto obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi stessi". Il testo ricorda il ritorno nella comunità cristiana in cui prima di tutto si raccontarono e si riferirono ciò che i sommi sacerdoti e gli anziani avevano ordinato. Quindi si iniziò la preghiera di ringraziamento al Signore. Gli apostoli non tornarono a dire quello che avevano detto, sarebbe stata una rivincita, ma ripeterono quello che avevano detto i sommi sacerdoti ed i capi. E, per onestà, avvisarono sulla pericolosità di essere cristiani e quindi suggerirono l’impegno di chiarirsi nella propria fede, di rendere responsabile la propria libertà e di chiedere la forza dello Spirito.

Colossesi 2, 8-15

Fratelli, fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato daimorti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo.

Il pericolo sempre presente in una comunità è quello di intravvedere e quindi di sentirsi suggestionati da false dottrine (2,4), suggestive e accattivanti, ragionevoli e, in più, cariche di elementi tradizionali. Spesso la tradizione, o presunta tale, diventa qualità fondamentale per accettare il nuovo. E tuttavia queste dottrine vogliono inquinare la fede su Gesù, non accettandolo più al centro della fede. Paolo allora propone il primato di Gesù, fondamento e causa della nuova condizione dei cristiani. Non viene detto, comunque, in modo chiaro, quali siano questi pericoli. Ma Paolo incoraggia ad essere guardinghi perché c'è il pericolo di "essere fatti schiavi" di falsità. E’ in gioco, infatti, la verità sulla rivelazione di Gesù che viene rimescolata a elementi del mondo e legata ad una tradizione umana. Già in questa lettera è stato riportato, precedentemente, uno splendido inno (1,15-20) dove Gesù è presentato come "immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura… ed è piaciuto a Dio che abiti in lui (Cristo) tutta la pienezza (1,19)": pienezza in rapporto alla creazione e in rapporto alla Chiesa. E se non si è ancora ricordato il senso di questa pienezza, qui tale pienezza viene specificata: “È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità”. - “In Cristo abita tutta la pienezza di Dio corporalmente”, e quel “corporalmente”, riferito alla vita quotidiana di Gesù, può continuare ad essere riferito al corpo di Cristo glorioso e quindi alla sua Chiesa, per cui ogni cristiano è "riempito di Lui". - L’immersione in Gesù risorto avviene attraverso il simbolo dell'immersione nell’acqua del battesimo (“Con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio”). - Il legame con Gesù, che muore e che risorge, si manifesta e si compie pienamente nel battesimo. Per significare la salvezza che Gesù porta, viene usata l'immagine del “documento scritto e inchiodato alla croce” in cui sono certificati e denunciati i peccati dell'uomo, oppure, secondo altre interpretazioni, è trascritta la legge mosaica con tutti i suoi precetti. Il debitore certificava e sottoscriveva, di proprio pugno, il debito contratto, impegnandosi ad onorarlo altrimenti sottoscriveva la propria condanna. - Quel documento inchiodato alla croce è stato distrutto dall’amore e dalla morte di Gesù. Così Gesù vince il male anche per noi. Paolo immagina il risorto sul carro del vincitore, con il corteo dei vinti trascinati (in questo caso sono i precetti umani e la venerazione di altre potenze). - I cristiani, finalmente, sanno di poter seguire un solo vincitore che non vince gli uomini, ma vince il male nell’uomo: il Salvatore Gesù, crocifisso e risorto.

 

 

Giovanni 20, 19-31
In quel tempo. La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita

Giovanni racconta (20,19-31) due apparizioni nel cenacolo a distanza di 8 giorni l'una dall'altra ambientandole nella realtà di morte che si è costituita per paura, in una stanza senza aperture e senza passaggi. Gesù porta finalmente la vita e la gioia. Il testo è diviso in tre parti: * vv. 19-23: prima apparizione. Al gruppo degli apostoli viene offerta la pace e consegnata la missione ampia di andare nel mondo come Gesù, portatori di pace (qui la pace non è data come augurio ma come dono) e portatori di perdono perché ricchi dello Spirito di Gesù che è capace di perdono e di rigenerazione; * vv. 24-29: su protesta e perplessità di Tommaso la comunità inizia a testimoniare la risurrezione. Tommaso non si fida e sceglie, come misura della propria consapevolezza, un nesso concreto tra “vedere e credere". Già altri hanno preteso tale connessione: Nicodemo, la Samaritana, lo stesso Giovanni (20,8), gli apostoli. Gesù non si scandalizza, ma scende sul piano delle attese per poi pronunciare la beatitudine: "Beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (v 29). L'incontro con Gesù è esperienza divina: egli è la nostra speranza e la nostra forza. * vv. 30-31: prima conclusione del Vangelo. Gesù ha operato molti "segni": sono i miracoli che fanno da indicatori per orientare alla sua persona. Nel suo Vangelo Giovanni ne ha riportati solo 7, ma il 7 indica la completezza. La finale del vangelo esprime il motivo della scrittura del Vangelo stesso: esso è per la salvezza che viene donata solo attraverso Cristo ("nel suo nome"). Giovanni racconta un breve tempo di comunione tra Gesù e i discepoli, dopo la risurrezione. Gli annunci delle donne, l’apparizione a Maria, le verifiche dei discepoli non avevano portato segni di fiducia, ma avevano suscitato paure e tensioni per una probabile rappresaglia dei giudei. Essi, di sera, vedono lo stesso Gesù (v 19) che conoscevano, ma nella condizione di “Signore” (ha la forza di Dio poiché “salito al cielo”, perciò è carico di un potere nuovo e diverso: passa attraverso le porte). Egli ha ancora i segni della crocifissione che lo identificano in Colui che ha offerto la vita e in Colui che ha scelto questo passaggio nella sofferenza per garantire un’esistenza e una creazione nuova. La gioia dei discepoli finalmente prende il posto della paura e del dolore. Gesù continua con loro il movimento discendente: Dio manda al mondo il Verbo divino che scende ad abitare tra noi ed Egli manda i discepoli. “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. La missione degli apostoli non si può separare da quella di Gesù. Anzi proprio essa, fondandosi sull’agire di Gesù, permette al mondo l’accesso all’opera di Dio. Così gli uomini trovano la vera vita (vv 30.31). Gesù alita su loro non per offrire loro un potere, ma per trasmettere la vita (Gen. 2,7). Il dono di Gesù si apre sui discepoli che ricevono lo Spirito e la capacità di rimettere i peccati. E’ lo Spirito che rende possibile la trasmissione del Vangelo fino a noi ed il perdono. Tommaso è chiamato a vivere l’esperienza delle generazioni successive: deve credere ai testimoni e tuttavia sarà testimone. Gesù si mostra anche a lui. Giovanni presenta l’irripetibilità dell’esperienza degli apostoli. Non si potrà riprodurre nella generazione successiva. Ma questo dice che essenziale non è vedere Cristo risorto, ma aver fede nel Figlio di Dio. Egli ci unisce a Lui, ci arricchisce dello Spirito e ci apre alla pace. Il Vangelo di Giovanni inizia, nel Prologo, con l’annuncio della venuta della Parola di Dio nel mondo e finisce con l’esortazione a credere rivolta a Tommaso. Quello che conta è la fatica di camminare su quella strada aperta che porta alla Comunione con il Vivente.