
Domenica di Pasqua
4 aprile 2010
Giovanni 20, 11-18
Riferimenti :
Atti degli Apostoli. 1, 1-8a - Salmo 117-
Corinzi 15, 3-10
Lodate il Signore, popoli tutti, voi
tutte, nazioni, dategli gloria; perché forte è il suo amore per
noi e la fedeltà del Signore dura in eterno.
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Atti degli Apostoli. 1, 1-8a
Nel primo racconto, o Teòfilo,
ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi
fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato
disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello
Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione,
con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e
parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si
trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da
Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del
Padre, “quella - disse - che voi avete udito da me: Giovanni
battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete
battezzati in Spirito Santo”. Quelli dunque che erano con lui
gli domandavano: “Signore, è questo il tempo nel quale
ricostituirai il regno per Israele?”. Ma egli rispose: “Non
spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato
al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che
scenderà su di voi”.Nel libro
degli Atti degli Apostoli S. Luca inizia il racconto della prima
Comunità cristiana, presentando Gesù vivo come garanzia e
fondamento della testimonianza della vita piena. Gli Atti degli
Apostoli sono la seconda parte di un’unica opera, scritta da S.
Luca, di cui il Vangelo ne è la prima. - Nel Vangelo si inizia
il racconto della vicenda di Gesù con un’apparizione, nel
tempio, di un angelo che porta un messaggio ad un sacerdote
anziano, incredulo, Zaccaria, che poi sarà padre di Giovanni
Battista. Il Battista provocherà, con il suo messaggio, un
movimento travolgente per incontrare e testimoniare Gesù:
presenza del Divino nel cuore della terra promessa. Il vangelo
di Luca comincia e finisce nel Tempio. - Negli Atti, Gesù
risorto continua questo movimento incontenibile di popolo che
testimonia la risurrezione, cominciando da un banchetto in una
casa. Siamo sempre a Gerusalemme, c’è il ricordo di Giovanni che
ha battezzato nell’acqua, ma ci sono il comando insieme con la
prospettiva di attendere il dono dello Spirito e il progetto di
annunciare Gesù in pienezza in tutto il mondo conosciuto. Il
Signore si presenta per 40 giorni, vivo, con molte prove. E’ un
tempo importante per scoprire il significato vero della
risurrezione e per abituare il proprio cuore e la propria vita
alla novità di Dio. Ormai tutto va ripensato in termini di
amore, di vittoria, di speranza. I discepoli, ancora dopo gli
avvenimenti drammatici e gloriosi, non hanno capito il senso
della presenza di Gesù. Essi pensano quello che pensavano e
speravano tutti, amici e nemici, prima della morte in croce.
“Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, è
questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?»”
(1,6). “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti …, ma
avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi
sarete testimoni…”. Viene negata la prevaricazione del potere,
della gloria, dell’accaparramento di Dio e della sua forza: sono
le tentazioni di tutti, anche della Chiesa. “Non spetta a voi”
non solo organizzare ma sapere i tempi. Sono assicurate la gioia
e la speranza per tutti, nella linea della testimonianza. “Non
contatevi, non accumulate, non cercate vittorie, non pretendete,
non comandate, non costringete, non ricattate” Si può continuare
sulla riflessione del Regno che suggestiona sempre.
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Corinzi 15, 3-10
Fratelli, a voi ho trasmesso,
anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì
per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che
è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a
Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento
fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive
ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e
quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me
come a un aborto. Io, infatti, sono il più piccolo tra gli
apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho
perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono
quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana.
Con i greci (qui siamo a Corinto), c’era molta difficoltà a
parlare di risurrezione e quindi di fede. Essi preferivano
fondare la loro conoscenza sulla filosofia, sul pensiero, sulla
retorica, sul bel parlare. Il corpo imprigiona l’anima. Ci si
deve liberare dal corpo. La “buona novella” si appoggia su fatti
fondamentali: la morte, la sepoltura, la testimonianza dei tanti
discepoli che hanno visto Gesù risorto ed hanno parlato con lui;
e insieme hanno mangiato e udito e discusso. La “lieta notizia”
è ricchissima di speranza, ma va accettata così come ci è stata
offerta. Non si può manipolare secondo i propri criteri o le
mode o la mentalità corrente, più brillante, più razionale, più
dotta. La Parola di Dio ci dà riferimenti diversi per ricuperare
speranza e consapevolezza di poter lottare contro il male. Vale
il coraggio di credere che il Signore vince la morte e il male e
quindi il coraggio di restare sulla linea e sulla fede in Gesù.
Lo hanno visto in tanti, dice Paolo, sia discepoli sia credenti
comuni e molti sono ancora vivi: la loro testimonianza fa fede
per poter accettare questo capovolgimento di significati e di
avvenimenti. La morte è vinta sia per Gesù che per noi, credenti
sulla sua Parola, che la Chiesa trasmette. Anche Paolo ha avuto
un’esperienza della risurrezione che lo ha rigenerato, strappato
violentemente dal grembo del Giudaismo (“come un aborto” 15,8).
Ha ricevuto doni e grazie da Dio che lo ha reso missionario.
Così può dire senza orgoglio che ”la grazia di Dio non è stata
vana nella sua vita”. · L’annuncio della risurrezione è compito
della Chiesa e quindi di ogni cristiano adulto poiché ritrova,
in questa, la garanzia di ogni valore che Gesù gli ha
manifestato, di ogni parola di vita che la Chiesa gli ha
trasmesso e che a sua volta trasmette. Credere nella
risurrezione e manifestarla come convinzione rimettono, però, in
discussione le nostre mentalità che manipolano la stessa fede.
E’ in questi tempi che si comincia a parlare di non-violenza e
Gesù l’ha vissuta al massimo livello, dall’inizio della sua vita
fino alla morte. · Ma non violenza suppone che si smetta la
volontà di prevalere, di sopraffare, perfino nel senso della
competizione. Bisogna smettere di usare la parola: “Vittoria”.
Gesù non ha mai vinto nessuno, ha vinto la morte. · Certamente
dentro di noi gioca l’istinto del prevalere, dell’emergere. Esso
ha un significato importante. Ma prevalere deve contare su ciò
che siamo e ciò che desideriamo essere, non tanto nel voler
superare uno o l’altro. Perfino lo sportivo dovrebbe coltivare
la soddisfazione di aver superato se stesso, piuttosto che aver
superato l’altro. E nella Chiesa spero si sia smesso il
linguaggio, in caso di conversione di qualcuno, che si possa
raccontare: “L’ho convertito, gli ho dimostrato e quindi l’ho
vinto”. E’ il Signore che aiuta a camminare. Nospetta a noi
vincere, ma a noi spetta di testimoniare. · Siamo anzi, con la
risurrezione, chiamati a non aver paura e quindi chiamati alla
solidarietà, come amore alla vita di tutti, a cominciare dalla
nostra e proseguendo con quelli che ci stanno vicino. E
solidarietà non passa prevalentemente attraverso il danaro, ma
attraverso l’attenzione di camminare insieme, accorgendoci dei
problemi che emergono nella vita e cercando di risolverli
insieme, vivendo particolarmente la preoccupazione che l’altro
diventi libero e autonomo, trovando la forza di una soluzione,
la chiarezza di una dignità riconquistata. Oggi la solidarietà
si orienta verso la ricerca di posti di lavoro soprattutto per
le persone fragili, per i giovani, per i disoccupati di lungo
periodo, per le donne, per gli extracomunitari. |
Giovanni. 20, 11-18
In
quel tempo. Maria di Màgdala stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva.
Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti,
seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il
corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno
portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. Detto questo, si voltò
indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù:
“Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del
giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e
io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in
ebraico: “Rabbunì!” - che significa: “Maestro!”. Gesù le disse: “Non mi
trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e
di’ loro: Salgo alPadre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Maria di
Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e ciò che le
aveva detto.
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| plastico di toma ebraicavista di fronte ed in sezione. Si noti la
pietro di forma circolare |
Il racconto della risurrezione incomincia nell’angoscia più totale e
l’evangelista Giovanni lo organizza richiamando solo alcuni fatti che sappiano
indicare la novità fondamentale che Gesù porta. Accanto alla sua risurrezione,
si deve cambiare modo di vedere il maestro, scoprire che i testimoni possono
essere molti e diversi, che il punto centrale della fede sarà la morte e
risurrezione di Gesù attraverso cui filtreranno tutte le ricerche. S. Giovanni
inizia il capitolo 20, mettendo al centro la meno indicata per una
testimonianza: una donna, e in particolare Maria di Magdala. E’ lei quella che
deve portare il messaggio della risurrezione ai discepoli. Anche gli altri
evangelisti insistono sull’apparizione alle donne, considerate ultime e senza
credibilità nel mondo ebraico. Di fatto l’apparizione alle donne non viene
ricordata negli elenchi delle apparizioni che si utilizzavano come sintesi della
fede per la catechesi (un esempio è il testo appena letto della seconda lettura
1 Cor 15, 3-10). Maria di Magdala, arrivata ancora di notte alla tomba, la trova
vuota e pensa subito ad uno sfregio, ad una profanazione: dramma nel dramma
(20,1-10). Corre, allora, ad avvisare due discepoli. Pietro e Giovanni
constatano i fatti e concludono a certezze diverse. Pietro teme veramente ad uno
sfregio, Giovanni, “dai teli posati ed il sudario, vide e credette” (20,8).
Ritornano a casa. Ma poi Maria è ritornata, ancora angosciata dalla tomba vuota
e nessuno la può aiutare a scoprire una verità diversa dalla morte, neppure gli
angeli, i segni di Dio che, nel bianco delle loro vesti, manifestano la novità e
la festa. Quando si è angosciati, spesso non si sanno vedere segni diversi dalla
distruzione. “Che cosa cerchi?” La domanda è fatta per accorgersi, per
ripensare, per capirsi. Corrisponde alle domande che Gesù faceva ai malati:
“Vuoi vedere, vuoi camminare?”. La risposta è una
domanda
sulla morte. “Dov’è il corpo di Gesù?” Nessuno la può aiutare: né gli angeli né
il giardiniere. E’ solo Gesù che, finalmente, la risveglia chiamandola per nome.
Essa, di colpo, suppone di essere entrata nella profondità dello spirito del
Maestro; ma, lo scoprirà dopo, era entrata nella profondità di Dio. La fede,
infatti, inizia da un incontro particolare con il Signore che richiama alla vita
e non si esaurisce in contenuti intellettuali, in generici valori, in abitudini
“religiose”. Mentre Maria interpreta la presenza nuova e inaspettata come un
ritorno alla vita terrena precedente, a quella del “Maestro”, Gesù chiede di non
trattenerlo e pone uno stacco con il tempo prima della Pasqua. La risurrezione
si unisce con l’ascensione e il rapporto nuovo tra Cristo e discepolo non è più
quello di stare con Gesù per imparare. Ora deve annunciare la novità di Gesù che
ci ha toccato e che tocca tutti coloro che credono in Lui. I discepoli sono
ormai partecipi della stessa famiglia di Dio. Essi lo hanno conosciuto, intuite
le novità, scoperto l’amore e la non violenza. Ora il cammino si dovrà
sviluppare interpretando la storia facendo memoria nel tempo e chiedendo lo
Spirito (Lc11,13). La Chiesa, la comunità dei credenti in Gesù, non fa più la
fila per visitare nuovi messia e nuovi rivelatori (Mt 24,4-5). Con tutte le
debolezze che porterà e le revisioni che continuamente dovrà fare, la Chiesa ha
il ruolo di essere portatrice di speranza attraverso stili, segni nuovi,
moralità nuova, letizia e libertà. |