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V Domenica di Avvento
13 dicembre 2009
Giovanni 3, 23-32a
Riferimenti: Isaia 30, 18 - Salmo 145-26b - Corinzi 4, 1-6
O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre. Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Grande è il Signore e degno di ogni lode,
la sua grandezza non si può misurare. Una generazione narra all'altra le tue opere, annunzia le tue meraviglie. Proclamano lo splendore della tua gloria e raccontano i tuoi prodigi. Dicono la stupenda tua potenza e parlano della tua grandezza. Diffondono il ricordo della tua bontà immensa, acclamano la tua giustizia. Paziente e misericordioso è il Signore, lento all'ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza, per manifestare agli uomini i tuoi prodigi e la splendida gloria del tuo regno. Il tuo regno è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione. Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto. ] Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente. Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere. Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero. Appaga il desiderio di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva. Il Signore protegge quanti lo amano, ma disperde tutti gli empi. Canti la mia bocca la lode del Signore e ogni vivente benedica il suo nome santo, in eterno e sempre.
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Isaia 30, 18-26b
In quei giorni. Isaia disse: “ il Signore aspetta con fiducia per farvi grazia, per questo sorge per avere pietà di voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati coloro che sperano in lui. Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più piangere. A un tuo grido di supplica ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta. Anche se il Signore ti darà il pane dell’afflizione e l’acqua della tribolazione, non si terrà più nascosto il tuo maestro; i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: «Questa è la strada, percorretela», caso mai andiate a destra o a sinistra. Considererai cose immonde le tue immagini ricoperte d’argento; i tuoi idoli rivestiti d’oro getterai via come un oggetto immondo. «Fuori!», tu dirai loro. Allora egli concederà la pioggia per il seme che avrai seminato nel terreno, e anche il pane, prodotto della terra, sarà abbondante e sostanzioso; in quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un vasto prato. I buoi e gli asini che lavorano la terra mangeranno biada saporita, ventilata con la pala e con il vaglio. Su ogni monte e su ogni colle elevato scorreranno canali e torrenti d’acqua nel giorno della grande strage, quando cadranno le torri. La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte di più, come la luce di sette giorni, quando il Signore curerà la piaga del suo popolo”.
Il capitolo 30 sviluppa, nella sua prima parte, la minaccia del giudizio di Dio (vv 1-17). Nella seconda parte (è il testo che leggiamo oggi) Dio annuncia la sua salvezza futura che seguirà, ponendo fine ad ogni potere oppressivo. Nel primo versetto (18) si suppongono la fatica e la sofferenza dell'esilio, ma, mentre il tempo della solitudine sembra senza soluzioni, esistono due attese: quella di Dio e quella fiduciosa del popolo. Quindi la promessa che apre al futuro il cammino di un popolo si compirà certamente nella luce dell'amore misericordioso di Dio. Il Signore "aspetta per farvi grazia". Questa è l'interpretazione che viene data a quel tempo di fatica e di sofferenza in cui sembra che Dio sia lontano e che non si ricordi delle sue promesse. Egli attende di essere propizio con il suo popolo ma vuole operare la speranza, accogliendolo nella sua tenerezza e lo purifica. E Dio viene. Chiamato "il Dio giusto" perché fedele alle promesse, realizza la salvezza che aveva garantito ai padri, a Mosé e al popolo: salvezza, pur attesa e non ancora operante. Questa sicura fiducia costituisce, nel frattempo, nel cuore dei credenti, la beatitudine che si svilupperà poi nella sua realizzazione. I vv. 19-24 fanno riferimento ad una comunità che prega nel tempio di Gerusalemme. Dio non tarderà, ascolterà le suppliche e farà grazia. Dio non si nasconderà più. Egli sarà il maestro. Egli indicherà i gesti di valore, incoraggerà a liberarsi di ciò che è immondo: "Le tue immagini ricoperte d'argento, i tuoi idoli rivestiti d'oro". Si intravvede qui l'annuncio che farà poi Geremia (31,31 34) quando parlerà della nuova Alleanza e garantirà che tutti "conosceranno" il Signore. La purificazione del cuore e delle abitudini porterà la ricchezza: la pioggia per il seme, il pane abbondante e sostanzioso. Perfino gli animali godranno di questo benessere perché la biada sarà saporita e ventilata. Le grandi opere murarie militari, che erano sempre servite per la difesa (le torri), cadranno e saranno sostituite da grandi opere di irrigazione sui monti e sui colli. Gli ultimi versetti utilizzano immagini caratteristiche della profezia degli ultimi tempi: "uno splendore moltiplicato per sette mentre il Signore cura la piaga del suo popolo.
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Corinzi 4, 1-6
Fratelli, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo. Al contrario, abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio. E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: 4in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio. Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.
Paolo sta rivendicando la sua franchezza nell'annunciare il Vangelo e riprende perciò una riflessione che aveva troncato alcuni versetti prima: "Forti di tale speranza ci comportiamo con molta franchezza" (3,12). A questo punto Paolo aveva fatto una digressione sul velo di Mosé il quale, dopo aver parlato con Dio, mostrava sì un volto luminoso che inizialmente abbagliava i suoi ascoltatori. Ma poi, dice Paolo, quella luminosità veniva meno e Mosé continuava a tenere il velo perché non ci si accorgesse che quella luce era "effimera". Consapevole della ministerialità che Dio gli ha affidato perché obbedisse alla parola di Gesù e la offrisse alla Comunità cristiana, Paolo rivendica di essere stato sincero, senza astuzia e senza falsificazioni. La sua luce non è effimera. E’ quella che Gesù sa offrire ad ogni credente in Lui. Accettando di rispondere ad ogni coscienza e a Dio stesso che lo aveva inviato, rivendica il suo apostolato. Si rende conto che alcuni avversari hanno reagito con diffidenza, negandogli fiducia. Paolo dice che il dio di questo mondo li ha accecati e non sanno vedere "lo splendore del Vangelo glorioso di Cristo che è immagine di Dio". Il mondo di cui parla Paolo ha le stesse sfumature, secondo la tradizione del giudaismo che contrapponeva il mondo presente, animato dal peccato e quindi da Satana, e il mondo futuro che Dio realizza, dove i giusti trionferanno. Colui che annuncia non si assume un altro compito se non quello di far rifulgere il volto di Cristo. Esso fa riflettere la conoscenza della gloria di Dio. In un certo senso ci si riporta all'immagine degli specchi: sul volto di Gesù si rispecchia la gloria di Dio, e sul volto dell'apostolo (Paolo si sente servitore della comunità di Corinto per amore di Gesù (4,5), si rispecchia il profilo di Gesù. E di Gesù offre la sua confessione di fede: "Cristo Gesù Signore" (prima Corinti 4,1) . La luce di Gesù è iniziata a splendere nel cuore degli apostoli e di Paolo. Il loro compito è quello di far splendere, a loro volta, la luce di Gesù nel mondo, portata dalla testimonianza della fede di chi ha vissuto con Gesù e ha condiviso con lui il cammino. |
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Giovanni 3, 23-32a
In quel tempo. Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!». In quel tempo. Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione. Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire». Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito.
Dopo un primo periodo che Gesù ha vissuto in Galilea, Giovanni Evangelista racconta il cammino di Gesù verso Gerusalemme (2,13) e quindi la sosta e la missione nella città santa (2,13-3,21), poi in Giudea (3,22-36). Quindi, tornando al Nord, c'è una fermata in Samaria e infine il rientro a Cana di Galilea (4,46 da cui era partito qualche tempo prima; 2,1-12). Che Gesù battezzasse lo si trova solo qui e più oltre (4,1-2) dove, però, addirittura lo stesso Giovanni Evangelista smentisce, garantendo che fossero i suoi discepoli a battezzare. L'episodio qui raccontato è frutto, probabilmente, di perplessità di alcuni che si rifacevano ancora alla predicazione di Giovanni Battista (Atti 19,1-7) La reazione dei discepoli del Battista è di invidia, anche perché, negli ultimi mesi, dovevano essere stati a contatto con Gesù abbastanza frequentemente. Giovanni invece accetta pienamente la superiorità di Cristo e riconosce che l'accorrere delle persone verso di lui segnava la fine della propria missione che aveva preparato la strada. Egli, la voce, aveva chiamato qualcuno che è più forte di sé. Giovanni Battista immediatamente prende posizione in difesa di Gesù, riconoscendo che a Gesù stesso è stato dato il ruolo di iniziatore del nuovo popolo di Dio e ribadisce con chiarezza di essere stato mandato semplicemente come precursore. Lo aveva sempre ribadito: "Non sono il Cristo ma uno mandato innanzi a Lui.” E, in questo caso, Giovanni manifesta con lucidità che Gesù è veramente il Messia. Poi aggiunge, anzi, che Gesù è lo sposo e gli echi si allargano ai profeti, in particolare, ad Osea 2, 2. Ma i richiami riprendono anche Isaia 64,4-5; Geremia 2,2; Ezechiele 16,8; Malachia 2,11. La piccola parabola del matrimonio, così fondamentale nell'Alleanza, fa ricorso, senza creare interferenze, all'amico dello sposo. E’ una figura particolarmente significativa nella preparazione della cerimonia nuziale (c’è anche a Cana). Persino Paolo riporta l'immagine nel suo ministero (2 Cor 11,2). La testimonianza di Giovanni Battista è, comunque, una testimonianza splendida, ma non solo nel senso dell'aver riconosciuto Gesù, ma anche nel fatto dell'aver consegnato la sposa che egli ha custodito ed ha educato. Giovanni parla della gioia che lo ha accompagnato nel sentire lo sposo che gli è riconoscente e che può raggiungere la sua pienezza di incontro con il suo popolo, chiamato dal Battista all'attesa. Ora "questa mia gioia è piena". Giovanni è consapevole che Gesù "deve crescere e io diminuire" (3,30). Questa consapevolezza è stata tradotta, in modo interessante, nel calendario liturgico che ha fissato la data del Natale al solstizio d'inverno in cui i giorni incominciano ad allungarsi e la data della nascita del Battista al solstizio d'estate in cui giorni cominciano ad accorciarsi. I versetti seguenti riflettono pensieri e consapevolezze che la prima Comunità cristiana applicava a Gesù e che qui vengono proposte come una maturazione della fede di Giovanni. In pratica si sottolinea fortemente non solo la messianicità di Gesù ma la grandezza sovrannaturale di chi, viene dall'alto, "è al di sopra di tutti, e attesta ciò che ha visto e udito". (3,31 32 a).
In conclusione:
1. Il Signore custodisce il suo popolo ed è maestro. Garante è il profeta (I lettura).
2. Paolo dice che il compito di ogni credente è quello di raccogliere la testimonianza di Dio e di portarla nel mondo degli uomini sapendo che Dio si manifesta nel volto di Gesù (II lettura).
3. Giovanni Battista è il modello di ogni testimone: egli compie gratuitamente questo itinerario verso il Signore, accoglie senza discutere ciò che il Signore compie, anche al di là della sua comprensione, ed è gioioso di averlo servito fino alla morte (Vangelo).
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