I domenica di Quaresima

21 febbraio 2010

Matteo 4, 1-11
Riferimenti: Gioiele 2, 12b-18 - Salmo - Corinti 9, 24-27

Preghiera di un afflitto che è stanco e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia. Signore, ascolta la mia preghiera, a te giunga il mio grido. Non nascondermi il tuo volto; nel giorno della mia angoscia piega verso di me l'orecchio. Quando ti invoco: presto, rispondimi. Si dissolvono in fumo i miei giorni e come brace ardono le mie ossa. Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce, dimentico di mangiare il mio pane. Per il lungo mio gemere aderisce la mia pelle alle mie ossa. Sono simile al pellicano del deserto, sono come un gufo tra le rovine. Veglio e gemo come uccello solitario sopra un tetto. Tutto il giorno mi insultano i miei nemici, furenti imprecano contro il mio nome. Di cenere mi nutro come di pane, alla mia bevanda mescolo il pianto.

Gioiele 2, 12b-18
"Or dunque - oracolo del Signore -, ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. 13Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all'ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male". 14Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. 15Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. 16Radunate il popolo, indite un'assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Tra il vestibolo e l'altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: "Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti". Perché si dovrebbe dire fra i popoli: "Dov'è il loro Dio?". Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.

Gioiele è un profeta molto legato al tempio di Gerusalemme e vive, con tutta probabilità attorno al sec. V-VI a.C. Egli vuole aiutare il suo popolo a vivere la legge di Dio nella sua obbedienza e fiducia e, sullo sfondo, descrive una tragica invasione di cavallette che, unita alla siccità, devasta il paese. Egli invita a rivolgersi a Dio nella conversione del cuore e invita a fidarsi del Signore che sa accogliere. Allo stesso modo sul popolo di Giuda scendono tumultuosi eserciti pagani. Ma come le cavallette moriranno e saranno disperse, così anche gli eserciti pagani saranno sconfitti dalla forza di Dio. L’invito del ritorno a Dio è uno splendido esempio dell’Alleanza: Dio e il popolo sono liberi e Dio invita a tornare, avendo cercato di tutto per inviarci dei segni seri di avvenimenti che mettono a rischio la sopravvivenza del popolo liberato e l’Alleanza stessa. Il centro del pentimento è interiore: è il cuore e non la lacerazione dei vestiti. Il cuore si esprime con digiuni, pianti e lamenti. Ritornare a Dio che è misericordioso (ci sono 5 elementi che lo spiegano) significa incontrarlo con la sua legge che è di piena e totale accoglienza. E’ un incontro misterioso, non automatico. Egli chiede di tornare ed invita alla speranza. Darà anche la sua benedizione che è l’abbondanza agricola. Perciò tutto il popolo si muova: tutti i riti d’invito, tutta l’assemblea si costituisca e si radunino vecchi, bambini, adulti (sposo e sposa). I sacerdoti si radunino presso l’altare quindi sono tra il popolo radunato e Dio che sta nel tempio. La preghiera ha due motivi: perdonare il popolo e non permettere che sia deriso perché non ha Dèi potenti. Per il re l’eredità è la sua proprietà personale e suo tesoro. Qui il popolo viene chiamato tesoro personale di Dio e richiama le parole in Esodo 19, 4-6: “Voi sarete una mia particolare proprietà tra tutti i popoli”. Dio incoraggia a rileggere i segni dell’esistenza. Essi, spesso quelli di sofferenza, ma non solo, aiutano a scoprire l’essenziale, il valore del camminare con Dio, scoprire la nostra vocazione di speranza per tutti. La crisi di questi tempi, che conversione ci chiede?

Corinti 9, 24-27
Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! 25Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. 26Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio pugilato, ma non come chi batte l'aria; 27anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato.

Paolo sviluppa e chiarisce ai cristiani di Corinto il significato del suo apostolato. Tutto il cap. 9 rivendica il suo ruolo e la sua dignità di apostolo per questa comunità che ha costituito. A questo impegno corrisponderebbe, come per tutti, il diritto di dispensarci dal lavoro. S. Paolo sostiene con tutta la scrittura, che “se noi abbiamo seminato in voi le cose spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali? (9,11), “ma non ho mai approfittato di questo diritto; anzi preferirei piuttosto morire” (9,15). “Pur essendo libero di fronte a tutti, mi sono fatto servo di tutti” (9,19), “il mio merito è predicare gratuitamente il Vangelo” (9,18). Questa è la premessa al brano di oggi, che si sviluppa nella cornice di uno stadio, luogo di eccellenza per una comunità che si diverte, che scommette e fa il tifo. Ma il brano ignora totalmente il folclore e la gloria di un avvenimento sportivo. Paolo si concentra sugli attori che vogliono raggiungere il premio: corridori, lottatori. Anche paolo si sente lottatore e corridore. E’ determinato, sa che cosa vuole, si sacrifica, sottosta all’astinenza e alla fatica perché possa gareggiare e vincere insieme. - Essere apostolo non garantisce la salvezza per sé (dopo essere stato mandato agli altri, non rimanga squalificato (9,27). - La sintesi dell’impegno, “tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù” (9,27) può essere riletto dalla parte di Paolo nella linea della gratuità. Paolo non critica nessuno, ma ha affermato che il suo merito non è nel predicare (quello è un obbedire a un comando), ma predicare “gratuitamente” (9,18). Ma tutto il richiamo allo sport è nella stessa linea: faticare perché chi corre ha scelto di correre per un premio, tra l’altro non garantito. La gratuità è la scelta di Dio, è l’essenza della fede cristiana, è la nostra risposta vera nella quotidianità. Ogni gesto fatto con amore ha sempre un profilo essenziale ed unico di gratuità, per quanto pagata da un reddito, da una compravendita.

Matteo 4, 1-11

Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane". Ma egli rispose: "Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra". Gesù gli rispose: "Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo". 8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: "Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai". Allora Gesù gli rispose: "Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto". 11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

 

Il monte della quaresima,
ove Gesù si ritirò in preghiera
e digiuno prima di iniziare
la predicazione della buona novella.

Il Vangelo di Matteo racconta le tre tentazioni che Gesù ha incontrato per tutta la sua vita pubblica, qui sintetizzate all’inizio della sua missione, dopo il suo battesimo nel Giordano per opera di Giovanni Battista, quando la voce del cielo lo chiama “Figlio Diletto in cui mi sono compiaciuto “. Le prime due tentazioni si collegano a questo appellativo per sollecitare Gesù in alcune pretese che potrebbe rivendicare di fronte a Dio. * Gesù viene sottomesso alla prova: qualcun altro lo conduce nel deserto (lo Spirito) mentre il tentatore, anch’esso esterno, è l’avversario di Dio. * Gesù usa una parola autorevole: la Scrittura; essa ci viene data, è parola viva, non limita ma libera dalla schiavitù. E’ tratta dal libro del Deuteronomio, il testo della Legge di Mosè. E di fronte a questa non si discute. Essa propone la volontà di Dio. * Se la prima tentazione nasce dal bisogno del pane, Gesù interviene mettendo al primo posto la Parola. * La seconda tentazione si imposta allora sulla Scrittura stessa e sul modo di interpretarla: “Come va usata la Scrittura? Come arma per verificare, provocare e avere ragione o come Parola a cui mi abbandono con fiducia nel Signore che mi sostiene?” Gesù sceglie questa posizione di disponibilità. * La terza tentazione è sulle autorità: chi vale di più nel mondo? Il potere è di uno che si contrappone a Dio o il potere appartiene solo al Signore? Chi si contrappone a Dio domina, si vede ed ha capacità di delega; il Signore invece non si vede e vuole la fedeltà del credente; bisogna continuare a fidarsi di Dio, unico Signore. Le tentazioni, al di là del bisogno, della interpretazione biblica, della mentalità sempre presente che pretende da Dio miracoli, pongono il problema fondamentale alla libertà dell’uomo adulto. Chi è veramente il Signore, e quanto sono disposto ad allinearmi con Lui, riconoscendolo come Gesù, abbandonandomi con fiducia, anche se il potere e il male sembrano dominanti?