Battesimo di Gesù

10 gennaio 2010

Luca 3, 15-16, 21-22
Riferimenti: Isaia 55, 4-7 - Salmo 28 - Efesini 2, 13-22

A te grido, Signore; non restare in silenzio, mio Dio, perché, se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa. Ascolta la voce della mia supplica, quando ti grido aiuto, quando alzo le mie mani verso il tuo santo tempio. Non travolgermi con gli empi, con quelli che operano il male. Parlano di pace al loro prossimo, ma hanno la malizia nel cuore. Ripagali secondo la loro opera e la malvagità delle loro azioni. Secondo le opere delle loro mani, rendi loro quanto meritano. Poiché non hanno compreso l'agire del Signore e le opere delle sue mani, egli li abbatta e non li rialzi. Sia benedetto il Signore, che ha dato ascolto alla voce della mia preghiera; il Signore è la mia forza e il mio scudo, ho posto in lui la mia fiducia; mi ha dato aiuto ed esulta il mio cuore, con il mio canto gli rendo grazie. Il Signore è la forza del suo popolo, rifugio di salvezza del suo consacrato. Salva il tuo popolo e la tua eredità benedici, guidali e sostienili per sempre.

Isaia 55, 4-7
Così dice il Signore: «Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni. Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore, tuo Dio, del Santo d’Israele, che ti onora. Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona».

Questo capitolo conclude la seconda parte del libro del profeta Isaia (capp. 40-55) che ha, come tema, la salvezza dall'esilio, descritta come un nuovo esodo. Viene inoltre presentata la figura del servo del Signore - figura personale e collettiva allo stesso tempo - come colui che porta la salvezza in un modo tale da meravigliare le genti (Is 52,14-15). Il popolo vive ancora a Babilonia, scoraggiato dal lungo esilio e deluso che il Signore non sappia o non voglia provvedere. Ma un profeta, finalmente, inizia a riprendere riflessioni e annunci di speranza. I primi tre versetti del capitolo 55 impostano tutta la nuova situazione come un grande banchetto in cui il Signore stesso diventa, Egli stesso, colui che ospita: “A voi tutti assetati: venite all’acqua, chi non ha denaro venga ugualmente. Comprate e mangiate senza danaro e, senza spesa, vino e latte”. Via via gl’inviti sono per mangiare, per non sprecare “per ciò che non è pane…, per ciò che non sazia” e infine per “ascoltare”. Quindi, e siamo garantiti: “vivrete” (55,1-3). La prospettiva di speranza si apre su un personaggio sconosciuto, ma già promesso a Davide, “testimone tra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni”. E diventerà richiamo e speranza per i popoli che accorreranno, sorpresi d’una aspettativa che non conoscevano, ma opera di Dio che vuole onorarlo. Vengono, in tal modo, aperti gli orizzonti della pace, la novità inimmaginabile. Ma tutto questo chiede una seria collaborazione e si gioca sulla libertà, che deve avviare ciascuno verso la conversione. C’è da aprire un cammino nell’intrico dei nostri sentieri, all’interno di una interiorità che riveda, con coraggio, l’immagine di Dio. Nei nostri schemi mentali, Dio è il giustiziere che premia e castiga. E invece, qui si dice, il Dio della misericordia. Se libera, non è per il riconoscimento di una nostra giustizia, ma regalo che permette di incontrarlo davvero come misericordioso. “Convértiti”, significa, prima di tutto: “Cercami e guardami in un modo nuovo”. Così puoi ritrovarti davanti al vero volto del Signore. La grandezza di Dio squarcia gli orizzonti. I nostri pensieri sono piccoli e scontati. Quelli di Dio sono grandi, impensabili, carichi di stupore e di speranza. Nel Vangelo, dopo i miracoli di Gesù, la gente si stupisce, loda il Signore e dice: “Mai nessuno è come Lui”. Questa meraviglia esprime la novità dei pensieri di Dio.

Efesini 2, 13-22
Fratelli, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, 20edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

La lettera agli Efesini, insieme a quella dei Colossesi e a Filemone, costituisce un gruppo di testi scritti in carcere, dove e quando è difficile dire. Comunque siamo verso la fine degli anni 50 e inizio anni 60. Il capitolo potrebbe essere intitolato: "la glorificazione di Cristo nei salvati”.
- La condizione di morte dell'umanità (2,1-3)
- muove l'intervento di Dio che dona ai salvati la vita nuova (2,4-7).
- La Grazia divina della nuova creazione si realizza attraverso la fede e le opere buone (2,8-10). A questo punto, Paolo parla della realizzazione del mistero di Dio.
- Il mistero si manifesta attraverso Cristo (2,11-22): Egli è la fonte della pace.
- La conclusione di questa offerta di Dio, attraverso Gesù, porta, finalmente, alla riunione dei Giudei e dei pagani nell'unica Chiesa di Dio (vv 11-18).
- Il capitolo termina, pare, con un inno battesimale. In quattro riprese (2,14-18),
- si ricorda la condizione, precedente a Gesù, in cui si trovano ebrei e pagani,
- si schiude la riflessione sul significato di Gesù,
- si ripensa all’azione che Gesù opera,
- tale opera si realizza, visibilmente, nella Chiesa: “Possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”.
Il Signore Gesù è la nostra pace perché ha costituito un popolo solo, superando le differenze tra Giudei e pagani (vv 14-16) e perché, soprattutto, ha fatto pace tra Dio e l'umanità, attraverso la sua morte in croce e il dono dello Spirito. E’ questa la pace che dà forza e sa coinvolgere lontani e vicini. La pace (l’armonia) non è mancanza di lotta (secondo il pensiero greco e romano), ma è equilibrio, avere a sufficienza, vivere nel benessere, ringraziando Dio. Paolo ricorda spesso il tempio di Gerusalemme, e qui si affaccia la memoria di quel muro, nel tempio, che separava il cortile dei giudei da quello dei pagani e c’era il pericolo di una condanna a morte per il pagano che avesse oltrepassato quel muro. Un incidente al muro avvenne anche a Paolo stesso (At 21,28ss). Dal ricordo del muro si passa all’immagine della costruzione della casa, in cui proprio coloro che si sentono stranieri e ospiti diventano concittadini dei santi e familiari di Dio. Tale costruzione ha, come fondamento, gli apostoli e prima di loro i profeti. Ma pietra angolare è lo stesso Gesù, per cui tutti riceviamo il dono di una crescita ordinata per raggiungere il vertice: essere tempio Santo del Signore e, quindi, abitazione di Dio per mezzo dello Spirito. In queste parole si svela il progetto di Dio che vuole una costruzione via via solida, santa, capace di accettare la volontà del Padre. Ma pastori ed educatori ("costruttori") non si sono mostrati all'altezza, tanto da scartare la pietra più importante che è Gesù stesso. Tuttavia, il Padre non si è scoraggiato, ma ha allargato, anzi, il suo popolo ad altri popoli, perché crescesse la nuova abitazione in un’umanità rinnovata dallo Spirito. Anche in loro fiorisce la grande vocazione di costruire con responsabilità e di “venire edificati insieme”. Saldamente fondata, e tuttavia sempre in crescita, questa vocazione è per tutti i popoli perché maturino una fraternità. Ci stiamo accorgendo, in questi tempi di globalizzazione, di crisi, di timori e di speranze, che sta crescendo l’anelito alla pace ed alla fraternità, soprattutto tra i poveri di tutti i popoli della terra?

Luca 3, 15-16, 21-22

In quel tempo. Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

 

Il battesimo di Gesù e la sua rivelazione mostrano una novità imprevedibile poiché, mentre Cristo prega, si apre il cielo su di lui per manifestare un intenso movimento di comunione con Dio e lo Spirito. La scena é visibile ed ha una funzione profetica di investitura per ricollegarsi ai profeti antichi che parlavano di Spirito sul Messia (ls.11,2). Si chiude cosi la vita privata per incominciare la vita pubblica, e ciò avviene nel segno dello Spirito e nella Parola del Padre che comunica e rende palese la dignità e la vocazione del Figlio. Il Vangelo (3,15) presenta qui due personaggi: la figura di Giovanni Battista e quella di Gesù. Giovanni Battista é grande, ma resta nella sfera dell'Antico Testamento, parola che annuncia, presenza che opera segni di conversione e di richiamo, ma presenza debole rispetto a chi è più forte, debole di fronte a chi battezza in Spirito Santo e fuoco. Luca ricorda il battesimo di Gesù più sullo stile di Giovanni (1,32-34) che non nella versione di Marco (1,9-11) o di Matteo (3,13-17). In quest'ultimo si insiste sull'immersione di Gesù nell'acqua. Luca invece si preoccupa di parlare di Gesù immerso nella folla e riceve, anche lui come tutti, il battesimo per il perdono dei peccati (3,3). Gesù, certo, non ha peccato, ma si mescola con i peccatori. Non disdegna la loro compagnia, divide la mensa (5,2.9; 15,1; 19,5). Egli non approva il peccato, ma vuole ricuperare il peccatore (5,31-32; 9,10). Adesso, finalmente, una presenza a cui far riferimento c'é sulla terra: Dio lo garantisce e gli uomini lo sanno. La voce del Padre ricorda altri testi dell'Antico Testamento: Isacco, figlio della promessa, era "figlio unico e amatissimo" (Gen. 22,2) quando fu richiesto per iI sacrificio. Dio incorona il Messia re nel Salmo 2: 'Tu sei mio figlio". Isaia ricorda il servo di Jahvé con le parole: "Ecco il mio servo che io sostengo, il mio diletto di cui mi compiaccio”.' Con queste parole il Padre presenta Gesù al mondo, ma sta, anche, delineando al Figlio il cammino umile del Servo, che accoglie e vive solo nella forza dello Spirito. Luca riprende il richiamo della preghiera subito dopo il battesimo. Tutta la vita di Gesù è avvolta nella preghiera (5,16), ma l'evangelista la ricorda in particolare nei momenti più importanti del suo ministero: la scelta dei dodici (6,12), la moltiplicazione dei pani (9,16), prima della professione di Pietro che rivela l'identità messianica di Gesù (9,18), alla trasfigurazione (9,28), quando viene crocifisso (23,34), nel momento della morte (23,46). Si parla di colomba, "in apparenza corporea" (v 22). Luca tenta di materializzare l'evento per sottolineare il dato realistico e concreto: non una immaginazione, ma un fatto che interessa la storia. Non si riesce a capire "il come", ma Gesù è portatore, in modo pieno e definitivo, dello Spirito (4,16-21). La colomba può richiamare la situazione primordiale di Gen 1,2: “lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque”) e quindi può aiutare a capire che, con Gesù, inizia una nuova creazione. Gesù è il Figlio "prediletto" (v 22) e la parola, che ci rimanda al libro della Genesi (22,2) e ad Isacco come l'unico figlio amato da Abramo, delinea il legame esclusivo tra Gesù e il Padre. Solo il Padre lo riconosce, lo accredita, solo il Padre sa arrivare alla profondità di Gesù: nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre (10,22).
In conclusione:
1. Ci viene presentato direttamente dal Padre il suo vero volto, attraverso un testimone (I lettura).
2. Colui che viene, Gesù, porta la pace tra gli uomini e garantisce che ogni uomo è grande e chiamato da Dio (II lettura).
3. Gesù, che testimonia il Padre, va in cerca di ogni uomo ed abita con chi è lontano da Dio, perché, ritrovi proprio la misericordia del Padre. Noi siamo chiamati a seguire Gesù in questo stile di rapporto e di vita (Vangelo)