
III Domenica dopo Pentecoste
13 giugno 2010
Matteo1, 20b-24b
Riferimenti : Genesi. 3,
1-20 - Salmo 129 - Romani 5, 18-21
| Dalla giovinezza molto mi hanno
perseguitato, - lo dica Israele - dalla giovinezza molto mi
hanno perseguitato, ma non hanno prevalso. Sul mio dorso hanno
arato gli aratori, hanno fatto lunghi solchi. Il Signore è
giusto: ha spezzato il giogo degli empi. Siano confusi e volgano
le spalle quanti odiano Sion. Siano come l'erba dei tetti: prima
che sia strappata, dissecca; non se ne riempie la mano il
mietitore, né il grembo chi raccoglie covoni. I passanti non
possono dire: "La benedizione del Signore sia su di voi, vi
benediciamo nel nome del Signore". |
|
Genesi. 3, 1-20
In quei giorni. Il serpente era
il più astuto di tutti gli animaliselvatici che Dio aveva fatto
e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete
mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al
serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo
mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino
Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare,
altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non
morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne
mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio,
conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero
era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per
acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne
diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di
essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero
cinture. Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che
passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con
sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo
agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli
disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino:
ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese:
«Chi ti ha fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato
dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose
l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato
dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla
donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha
ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al
serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il
bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre
camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.
Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la
sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il
calcagno». Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le
tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito
sarà il
tuo istinto, ed egli ti dominerà». All’uomo disse: «Poiché hai
ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero di
cui ti avevo comandato: “Non devi mangiarne”, maledetto il suolo
per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni
della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba
dei campi. 19Con il sudore del tuo volto mangerai il pane,
finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato
tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!». L’uomo chiamò
sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.
Questo, come i primi capitoli della Bibbia, è un bellissimo
“fumetto” di profondissima riflessione teologica che vuole
rispondere alla domanda che da sempre ci tormenta: perché il
male del mondo? Perché il peccato? All'inizio tutto è
pace e il serpente non è nemico, ma uno degli animali
dell'ambiente. Il male perciò non viene dalla creazione del
mondo, ma viene dall'ambiente. Esiste solo un Dio del bene e
l'uomo è creato libero. Adamo ed Eva siamo ciascuno di noi,
creati intelligenti, capaci di scegliere, di accettare i comandi
di Dio o di trasgredirli. Dietro la figura serpente si
intravedono i riti del culto di Canaan, riti della fecondità,
che costituivano una forte tentazione. E ci sono le nostre
suggestioni di potere, di potenza, di autonomia. Solo più avanti
nella Scrittura (Sapienza 2,23-24) e nel Nuovo Testamento nel
serpente vi leggeranno Satana, il diavolo. L'albero della
conoscenza del bene e del male (2,17) garantisce ciò che è
giusto e ciò che è sbagliato. La sua conoscenza è privilegio di
Dio. L'uomo deve riconoscere la legge che Dio
gli dà e non può decidere da solo ciò che è bene e ciò
che è male. Questa autonomia è la radice di ogni
peccato e la trasgressione è la radice dello
sconvolgimento dei doni di Dio, l'inizio della morte. Con la
disobbedienza l'uomo e la donna operano per un altro ordine
morale. Ciò che viene interdetto è la pretesa di farsi Dio. La
conclusione è la scoperta della propria nudità. E dopo il
peccato, Adamo ed Eva sono ancora tentati di percorrere la via
dell'autonomia, senza affidarsi alla misericordia del Padre. Si
nascondono e, riconoscendosi nudi, intrecciano foglie di fico
per farne cinture (cfr. Gen 3,7). E’ Dio, invece, ad intrecciare
per loro una storia di salvezza, rivestendoli di tuniche di
pelle (cfr. Gen 3,21) e promettendo loro che, nella lotta contro
quel male che sempre insidia la vita umana, un
figlio di donna, stirpe della sua stirpe, conseguirà la
vittoria. «Dove sei?», domanda Dio all'uomo peccatore. La
risposta, che Adamo non sa dare, la darà Dio stesso
nell'incarnazione del Figlio: siamo in lui, nel Cristo. Essere
in Cristo è uno dei temi più cari e ricorrenti in Paolo ed
emerge anche, oltre che nel brano della lettera ai Romani, nel
brano della lettera agli Efesini: “In Dio ci ha benedetti, ci
ha scelti, ci ha fatto anche eredi...”. In Lui si fonda la
nostra speranza e per questo salgono al Padre la nostra
benedizione e la nostra lode alla sua gloria. “Dove sei?” Dio va
in cerca dell'uomo smarrito e sa del suo disorientamento. Il
Signore aveva dato a loro tutto il mondo, secondo il racconto
della Genesi, con il solo limite di mantenere una dipendenza e
quindi una dirittura morale: è il rifiuto di non essere
onnipotenti, bisognosi di un riferimento che sappia dire
“fermati, basta, ti serve di altro”. Ma la pretesa di essere
autonomo è troppo forte. E quando il Signore chiede loro conto
di ciò che hanno fatto, l'uomo rimprovera Dio della relazione in
cui è stato costituito con la donna e del dono che ha ricevuto,
scaricando su di lei la propria responsabilità. La donna
risponde di essere stata ingannata. L'uno è irresponsabile,
l'altra è incapace di riflettere sui rapporti e sulle proposte.
E tuttavia il Signore non abbandona. Pur nella fatica, resta la
lotta contro il male fino alla vittoria, il dono della vita e di
una discendenza, l'impegno del lavoro e quindi dello sviluppo
pur con le spine. Nella fatica del dover maturare la propria
libertà su scelte etiche, Dio garantisce la speranza. |
Romani
5, 18-21
Fratelli, come dunque per la caduta di uno solo si è riversata
su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta
di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione,
che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo
tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per
l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. La
Legge poi sopravvenne perché abbondasse la caduta; ma dove
abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. 21Di modo che, come
regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia
mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù
Cristo nostro Sign ore
Paolo riprende nella interpretazione
dei rabbini la figura di Adamo come il capostipite, individuato
come il responsabile di ogni male dell'umanità e ne utilizza
l'immagine per contrapporla a Cristo e quindi spiegare che per
la fedeltà e "l'opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli
uomini la giustificazione che dà la vita". Adamo ha preteso di
essere signore del bene e del male e ottenne come risultato la
morte. Cristo riconobbe invece la propria dipendenza da Dio,
fedele e obbediente al Padre e divenne il
Signore della vita. Tutti coloro che seguono e imitano
l'obbedienza di Gesù vengono costituiti giusti e diventano
testimoni per coloro che incontreranno. "Per la disobbedienza di
un uomo tutti sono costituiti peccatori, per l'obbedienza di uno
solo tutti saranno costituiti giusti". Inoltre Paolo richiama la
sua concezione sulla legge di Mosé. Essa chiarì la
consapevolezza che ognuno uomo porta dentro di sé il male, ma
nello stesso tempo dimostrò di non essere capace di sanare il
male interiore di ciascuno. Per questo non è la legge che ci
libera dal male, ma la grazia che Gesù che ci ha portato. In
conclusione, Paolo ci richiama la responsabilità del male nel
mondo e la possibilità di cambiare questo mondo, nella fedeltà a
Cristo, superando ogni fatalismo e ogni rassegnazione. |
Matteo1, 20b-24b
In
quel tempo. Apparve in sogno a Giuseppe un angelo del Signore e gli disse:
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa.
Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà
alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo
dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato
detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla
luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del
Signore.
Il centro di questo testo è la nascita di Gesù mentre Dio
cerca dei collaboratori. Maria si trova in quel periodo di
tempo che va dal fidanzamento al matrimonio. E il fidanzamento
è già il primo momento della celebrazione del matrimonio quando
la donna viene "consacrata" all'uomo e due giovani possono già essere
chiamati marito e moglie. La violazione del fidanzamento è
considerato adulterio (Deuteronomio 22,23-27). Così, già
promessa, Maria non vive ancora insieme a Giuseppe poiché tra
il contratto nuziale e la convivenza sotto lo stesso tetto passa
circa un anno. Le ragazze si sposano molto giovani:
14 o 15 anni. Quel periodo di attesa è veramente un corso
accelerato di apprendistato per la conduzione della casa e di
perfezionamento di ciò che già fanno; molto presto, infatti, i bambini iniziano
ad aiutare i genitori. Giuseppe è "giusto"
secondo la giustizia di Dio che esprime l'ubbidienza alla
volontà del Signore. Non si dice se la Madonna avesse parlato dell'incontro con
l'angelo a Giuseppe, prima di partire per la casa di Elisabetta, ma
certamente Giuseppe, quando il problema gli si pone, scopre un
grave interrogativo morale. Più che il sospetto su Maria, c’è
la domanda: "Che significato posso avere, ormai, io in questa
nascita”? E poiché la sua giustizia non è quella della legge
("Se sospettasse un adulterio, sarebbe obbligato a denunciare
Maria"), egli è alla ricerca di un comportamento personale
coerente, avendo escluso un sospetto di male. Per quello che può e sa,
riflette e decide: "Non sono ormai all'altezza di alcun ruolo e,
nello stesso tempo, non posso denunciarla, perché la
sottoporrei ad una condanna che non può meritare". Perciò
"pensa di rimandarla in segreto ". “Non temere. Il Figlio
nascerà per lo Spirito Santo". Ella è la madre: "darà alla
luce un figlio", ma tu gli farai da padre perché "tu gli darai il nome di Gesù:
il Signore salva". Dare il nome è compito e dovere del padre
che si prende cura e che protegge. Anzi, dovrà impegnarsi a
rendere credibile quel nome e ad educare Gesù ad avere il
coraggio di salvare gli altri. Così Giuseppe si fida di Dio e
accetta di sviluppare i progetti imperscrutabili, camminando,
passo passo, con Maria e con Gesù che alleverà con cura e
responsabilità. In questo cammino, Dio mostrerà di essere l’Emanuele, "il Dio
tra noi". |