VI Domenica dopo Pentecoste
4 luglio 2010

 Giovanni 19, 30-35
Riferimenti : Esodo 24, 3-18 - Salmo 49 -  Ebrei 8, 6-13a

Ascoltate, popoli tutti, porgete orecchio abitanti del mondo, voi nobili e gente del popolo, ricchi e poveri insieme. La mia bocca esprime sapienza, il mio cuore medita saggezza; porgerò l'orecchio a un proverbio, spiegherò il mio enigma sulla cetra. Perché temere nei giorni tristi, quando mi circonda la malizia dei perversi? Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. Nessuno può riscattare se stesso, o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare per vivere senza fine, e non vedere la tomba. Vedrà morire i sapienti; lo stolto e l'insensato periranno insieme e lasceranno ad altri le loro ricchezze.
Esodo 24, 3-18

In quei giorni. Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!». Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d’Israele. Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non stese la mano: essi videro Dio e poi mangiarono e bevvero. Il Signore disse a Mosè: «Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli». Mosè si mosse con Giosuè, suo aiutante, e Mosè salì sul monte di Dio. Agli anziani aveva detto: «Restate qui ad aspettarci, fin quando torneremo da voi; ecco, avete con voi Aronne e Cur: chiunque avrà una questione si rivolgerà a loro». Mosè salì dunque sul monte e la nube coprì il monte. La gloria del Signore venne a dimorare sul monte Sinai e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò Mosè dalla nube. La gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna. Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti.

Vv 3-8 Oggi il testo descrive il rito che sancisce l'Alleanza sul Sinai. Come per i popoli vicini, soprattutto gli Hittiti, un'alleanza comprendeva questi elementi: 1. un prologo storico in cui chi valeva di più (il contendente maggiore: Dio) si presentava al minore e gli ricordava i vantaggi già sperimentati, 2. il comandamento fondamentale: l'invito ad una adesione reciproca globale, riassunta nella formula: "Io sono il Vostro Dio e voi sarete il mio popolo", 3. le norme particolari: che specificano i termini del patto, 4. il rito sacro: per compiere l'impegno davanti alla divinità e per siglare il patto; Dio, in questo caso, è contraente e garante, 5. le benedizioni e le maledizioni legate al patto. - E’ un testo fondamentale per Israele poiché delinea l’Alleanza attraverso il rito e il mutuo consenso. Così metà del sangue è versato sull'altare (che rappresenta Dio) e l'altra metà è usata per aspergere il popolo, rappresentato da dodici stele o colonnine, probabilmente disposte in cerchio (vv 4-8). La medesima vita, significata dal sangue, lega i due contraenti: Dio e il suo popolo diventano "consanguinei". - Vi si riscontra così una specie di liturgia della Parola. "Le Parole di Dio", prima riferite da Mosè al popolo, poi sono messe per iscritto e infine diventano "libro dell'Alleanza". Inizialmente doveva essere il Decalogo che ha un prologo storico (richiamo dall'Egitto), un invito all'adorazione di un solo Dio, le norme particolari (o i Comandamenti). Intorno ad esso si sono formate le norme e i comandi. - Tre volte viene dato l'assenso dal popolo, all’inizio (in Es 19,8), una specie di dichiarazione affrettata, in bianco. Ora, per due volte (24,3.7), c’è un assenso ponderato, consapevole, poiché sono state ascoltate le richieste di Dio. - Il rito del sangue, che conclude il patto, insieme al banchetto di comunione, esprime adesione, comunicazione, unità con Dio e non certo magia: unità e intreccio inscindibile tra rito e parola. Esso crea vincoli, ripara, difende, ristabilisce. Nella fedeltà il sangue unisce, lo stesso sangue garantisce. Nel tradimento il sangue é morte, é minaccia, grida la maledizione (vedi l’episodio della morte di Abele da parte di Caino: "La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo" (Gen 4,10). Anche oggi , se nel bene é vita (trasfusione), nel male il sangue è documento di morte: guerra di sangue, sangue sulle strade, scempio. - Il popolo è chiamato a diventare sacerdotale, scelto da Dio per rappresentarlo tra le nazioni e vicino a Dio per essere segno e richiamo, ambasciatore delle nazioni. E' un popolo famoso per questo ruolo sacerdotale, rapporto per tutte le nazioni di fronte a Dio (coscienza che a tempi alterni viene richiamata dai profeti). - v. 9: Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d’Israele. Il pasto davanti a Dio non è un altro rito ma la conclusione solenne dell'alleanza che, in un certo senso, rivela che qualcosa è cambiato nel rapporto tra Dio e il suo popolo. Difatti i rappresentanti del popolo possono contemplare Dio e restare in vita. Anzi, in tal caso, viene chiarita e legittimata la loro autorità. - Vv 12-18: Mosé sale da solo sulla montagna dove il Signore dovrà consegnargli le tavole di pietra, legge e comandamenti. Agli occhi del popolo appaiono i segni della presenza di Dio: la gloria e la nube. Quando sarà costruito il santuario, la gloria e la nube non lo abbandoneranno più (Es 40,34- 38).

Ebrei 8, 6-13a

Fratelli, Gesù ha avuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, perché è fondata su migliori promesse. Se la prima alleanza infatti fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un’altra. Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice: Ecco: vengono giorni, dice il Signore, quando io concluderò un’alleanza nuova con la casa d’Israele e con la casa di Giuda. Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri, nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto; poiché essi non rimasero fedeli alla mia alleanza, anch’io non ebbi più cura di loro, dice il Signore. E questa è l’alleanza che io stipulerò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino, né alcuno il proprio fratello, dicendo: «Conosci il Signore!». Tutti infatti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro. Perché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati. Dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antica la prima.

Questo testo è centrale nella lettera agli Ebrei. La glorificazione di Gesù inaugura un nuovo ed eterno sacerdozio, superiore per la sua efficacia al sacerdozio levitico del popolo d'Israele. La mediazione sacerdotale di Gesù permette di purificare le coscienze delle persone, non attraverso la ripetizione di riti e di sacrifici esteriori, ma attraverso l'offerta unica e personale che Cristo ha compiuto per la santificazione di ciascuno dei credenti. Esiste una coincidenza tra l'offerente e l'offerta: Gesù, nello stesso tempo, è colui che compie la nuova alleanza (offerente), ed è colui che si pone come vittima (offerta) pura, consapevole, cosciente, senza macchia, nella piena scelta di amore di Dio e del suo popolo. Il servizio liturgico di questo nuovo ed unico Sommo Sacerdote glorificato appare differente da quello levitico per una mediazione ed un'alleanza più alta. La prova è nella citazione di un testo di Geremia (31,31-34) riportato completamente da Ebrei vv. 8,8-12. L'antica Alleanza era regolata da leggi che il popolo d’Israele era tenuto ad osservare, ma risultò difettosa perché il popolo rifiutò le clausole fondamentali del trattato, allontanandosi dal Signore. Il fondamentale peccato iniziò dalla scelta di altri dei equindi dall'idolatria che comportò stili e azioni perverse rispetto alla legge che Dio aveva dato attraverso Mosé. A questo punto, ricorda il profeta Geremia in una prospettiva futura e l'autore della lettera agli Ebrei nella concretizzazione del tempo presente, Dio ha superato completamente la proposta iniziale fatta a Mosé, introducendo una nuova Alleanza. In essa sorgono una conoscenza intima e diretta della presenza di Dio, una nuova energia, una riconciliazione con il Signore per aderire ai suoi comandi con fedeltà. Si parla di Alleanza nuova. Si potrebbe parlare di nuova creazione. Si può parlare, allora, di realtà nuove e rapporti nuovi. La fiducia reciproca piena si unisce insieme a conoscenza e accoglienza profonde: perciò un popolo nuovo si collega, attraverso Gesù, al Padre, creatore di tutto.

 
 

Giovanni 19, 30-35

In quel tempo. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 

"Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che tu mi hai dato da fare" (Giovanni 17,4). Questa è la consapevolezza che Gesù esprime al Padre nella preghiera dell'ultima cena, ad alta voce, avendo a testimoni i discepoli. Ora, sulla croce, Gesù ricorda che “tutto si è compiuto” fino in fondo. Persino "quando avevo sete mi hanno dato l'aceto" (Sal 69,22). Così Gesù "consegnò lo spirito", pronto per essere trasmesso alla sua Chiesa a Pentecoste, ricco di tutta l'accoglienza del Padre e dell'umanità, forte di tutta la comunione del Dio Trinitario. Giovanni sta ricordando alcune coincidenze e alcuni piccoli episodi, ma è consapevole di rammentare grandi verità e quindi preoccupato di ricordare che la sua testimonianza è attendibile (v 35). - La morte di Gesù avviene nel giorno della “preparazione” (versetto 31): e nell'ora in cui sulla spianata del Tempio i sacerdoti stanno immolando gli agnelli pasquali. In tal caso Gesù è il vero agnello di Dio, ricordato da Giovanni Battista (Giovanni 1,29), il vero agnello che libera dalla schiavitù d'Egitto (Es 12,46). Ma è più dell'agnello perché è il “servo sofferente”: la parola "servo" e la parola "agnello" sono identiche in ebraico e quindi Giovanni gioca sulle due immagini, sia ricordando che le ossa del crocifisso non sono state spezzate (come per l’agnello pasquale) e sia che il servitore, con le sue sofferenze, espia il peccato del mondo (Sal 34,21). - Gesù è anche lo sposo, quindi il pastore (Ap 21,9) nella sua fondamentale vocazione ricevuta dal Padre e, quindi, in Gesù è iniziato il tempo del fidanzamento della sposa. Con un banchetto di nozze si chiuderà la storia del mondo. - Attraverso la ferita del costato esce l'ultima goccia di sangue insieme all'acqua. Rappresentano l’offerta della vita di Dio (sangue) e l'inizio della vita nuova del credente (acqua). Il richiamo all'acqua ci riporta al messaggio di Gesù alla samaritana: "L'acqua che io darò diventerà sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna (Giov 4,14). E ci ricorda anche il rito dell'acqua nella "festa delle capanne" in cui Gesù ad alta voce, in piedi urla: "Chi ha sete venga a me,... fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno" (Giov 7, 37-38). Il cadavere di Gesù è stato tolto. Sepolto, risorgerà. Risorto, entrerà nella gloria del Padre. Ma a noi resteranno la sua presenza, il suo Spirito, la sua Parola, i suoi doni sacramentali che continueremo a celebrare, sapendo che Egli opera continuamente in noi e con noi. Egli costruisce la Chiesa, e la Chiesa è per il mondo.