
VII Domenica di Pasqua
dopo L' ascensione
16 maggio 2010
Giovanni 17, 1b.20-26
Riferimenti : Atti degli
Apostoli. 7, 48-57 - Salmo 26 -Efesini 1,
17- 23
| Signore, fammi giustizia: nell'integrit
ho camminato, confido nel Signore, non potr vacillare.
Scrutami, Signore, e mettimi alla prova, raffinami al fuoco il
cuore e la mente. La tua bont davanti ai miei occhi e nella
tua verit dirigo i miei passi. Non siedo con gli uomini mendaci
e non frequento i simulatori. Odio l'alleanza dei malvagi, non
mi associo con gli empi. Lavo nell'innocenza le mie mani e giro
attorno al tuo altare, Signore, per far risuonare voci di lode e
per narrare tutte le tue meraviglie. Signore, amo la casa dove
dimori e il luogo dove abita la tua gloria. Non travolgermi
insieme ai peccatori, con gli uomini di sangue non perder la mia
vita, perch nelle loro mani la perfidia, la loro destra
piena di regali. Integro invece il mio cammino; riscattami e
abbi misericordia. Il mio piede sta su terra piana; nelle
assemblee benedir il Signore |
| Atti
degli Apostoli. 7, 48-57
In quei giorni. Stefano disse: LAltissimo tuttavia non
abita in costruzioni fatte da mano duomo, come dice il profeta:
Il cielo il mio trono e la terra sgabello dei miei piedi.
Quale casa potrete costruirmi, dice il Signore, o quale sar il
luogo del mio riposo? Non forse la mia mano che ha creato
tutte queste cose? Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle
orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo.
Come i vostri padri, cos siete anche voi. Quale dei profeti i
vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che
preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete
diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge
mediante ordini dati dagli angeli e non lavete osservata.
Alludire queste cose, erano furibondi in cuor loro e
digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito
Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Ges che stava
alla destra di Dio e disse: Ecco, contemplo i cieli aperti e il
Figlio delluomo che sta alla destra di Dio. Allora, gridando a
gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti
insieme contro di lui,
Il testo che stiamo leggendo stralciato da un discorso
molto pi lungo che Stefano fa nel sinedrio, rispondendo alle
accuse del sommo sacerdote che gli rimprovera una predicazione
in cui si parla di "Ges Nazareno, che distrugger questo luogo
e sovvertir le usanze che Mos ci ha tramandato". Stefano, in
un lungo discorso, percorre la storia di Israele, riletta alla
luce di Cristo. Poich la stessa rilettura della storia
dIsraele viene fatta da Paolo (Atti 13,16-41), ci troviamo in
una operazione molto interessante, riportata da Luca, in cui ci
viene presentato un esempio di predicazione biblica in uso nella
Chiesa delle origini, particolarmente comprensibile da parte
degli ebrei. In questultima parte Stefano si sofferma sul
significato del tempio, che per il mondo ebraico il segno di
Dio che abita e cammina con il suo popolo. E quindi
pericolosissimo ridimensionarne il valore. Fu, infatti, questa,
anche per il processo di Ges, linizio delle accuse. Stefano
cita il testo di Isaia (66,1-2: atti 7, 49-50) in cui si afferma
che Dio presente ovunque, al di l di ogni "spazio sacro".
Quindi, coraggiosamente, elenca, come nuovo profeta, attraverso
citazioni del libro dellEsodo, Levitico e Geremia l'infedelt
dei capi, responsabili, e come i loro padri, uccisori di profeti
poich anch'essi hanno ucciso il Giusto e non lo hanno
accettato, invece, di seguire la legge che era stata loro
offerta. In questo caso si parla proprio della Tor (la legge
data da Dio a Mos e quindi al suo popolo). Qui si richiama una
legge data dagli angeli, ma corrisponde comunque alla stessa
legge. E se nei libri del Pentateuco non si parla di questa
mediazione di angeli tra Dio e Mos, nel popolo d'Israele si era
diffusa una tale consapevolezza. Alla rabbia di coloro che
scandalizzati lo accusano, Stefano proclama davanti a tutti:
Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio delluomo che sta
alla destra di Dio. Tale atteggiamento indica che quel Ges,
che stato trattato come delinquente e ucciso in croce, svolge
la funzione di giudice del mondo e della storia e quindi
giudice anche di quei falsi testimoni che ora accusano Stefano.
Nella comunit cristiana la morte di Stefano ha un particolare
significato. Mentre nella mentalit ebraica corrente, e quindi
anche nella comunit cristiana, il malvagio viene punito
(episodio di Anania e Saffira: Atti 5,5. 10; la morte di Erode:
Atti 12.23), si parla per anche della morte di Stefano come la
fine di una persona buona. E il tema ritorna ancora negli Atti
quando viene ricordata la morte di Giacomo, fratello di Giovanni
(12,2). Questi episodi di fatica e di persecuzione maturano una
feconda riflessione sul significato della morte di Ges: il
giusto maledetto. Muore in croce ed innalzato alla destra di
Dio. |
Efesini
1, 17- 23
Fratelli, il Dio del Signore nostro Ges Cristo, il Padre
della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione
per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del
vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha
chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredit fra i
santi e qual la straordinaria grandezza della sua potenza
verso di noi, che crediamo, secondo lefficacia della sua forza
e del suo vigore. Egli la manifest in Cristo, quando lo
risuscit dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni
Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo
nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli
ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo
su tutte le cose: essa il corpo di lui, la pienezza di colui
che il perfetto compimento di tutte le cose.
Paolo, che si fermato per un lungo tempo ad Efeso (At 19),
e dove ha vissuto un'intensa stagione di evangelizzazione e di
riflessione teologica (1 Cor 16,9), mantiene nel cuore un grande
ricordo ed una grande affezione. Questa lettera, per il brano
che stiamo leggendo, garantisce una profonda intercessione per
questa comunit perch Dio conceda lo spirito di sapienza e di
rivelazione per conoscere il mistero della sua volont Paolo,
contento della maturazione della fede e dell'amore in questa
comunit (1,15), esprime il significato del suo "rendere grazie
per voi. Daltra parte iniziare dalla garanzia della preghiera
(15-23) un tratto abituale all'inizio delle sue lettere. E
molto interessante coglierne i contenuti perch ci viene offerto
l'essenziale e ci fa intravedere la ricchezza di ci che una
comunit ha ricevuto e sta vivendo: "Vi ricordo nelle mie
preghiere perch" (1,16) - ci sia uno spirito di sapienza e di
rivelazione per la conoscenza pi profonda di Dio, - e
illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere - a
quale speranza vi ha chiamati, - quale tesoro di gloria
racchiude la sua eredit tra i santi (tra i santi ci sono i
battezzati che ormai fanno parte del popolo santificato da Dio),
- quale straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi
credenti. La misura della potenza di Dio in Ges si pu
verificare nel seguito degli avvenimenti che hanno coinvolto la
sua vita terrena: la risurrezione dai morti e lascensione al
cielo come possesso e verifica della comunione e della missione
di Ges con il Padre e la sua Chiesa. Questa stessa
straordinaria grandezza della potenza di Dio rivolta verso
di noi (19). Richiamando l'esaltazione di Ges (e non
dimentichiamo che agli occhi della prima comunit cristiana Ges
sempre quell'uomo che stato ucciso e crocifisso dalle
autorit religiose e civili), Paolo ricorda che colui che
stato sconfitto sulla croce, ora esaltato e il Padre "ha
sottomesso ai suoi piedi (ai piedi di Ges) tutte le cose"
(22).Cos tutta la realt si deve misurare sulla fedelt di
Ges, tutta la storia sulla sua non violenza, tutti gli uomini
sulla sua speranza, tutti i fatti sul riscatto dal male. A
questo punto Paolo garantisce che Ges capo della Chiesa
(comunit) e addirittura un tutt'uno con i credenti, a
somiglianza di un corpo che nella sua pienezza e integrit si
riconosce in tutte le sue membra, collegate insieme con la testa
in armonia di operosit e di collaborazione. Paolo
consapevole, e lo ripeter spesso, che la pienezza di Dio
comunicata a Ges (Giovanni 1,14. 16) donata, attraverso Lui,
alla creazione e all'umanit. Fermento e lievito di questa
consapevolezza e di questo dono la sua comunit a cui,
essenziale, sono la conoscenza di Ges e lo sviluppo apostolico
nel mondo. Si apre cos un grande orizzonte per la vocazione
cristiana: la conoscenza di Ges e lofferta della sua pienezza
a tutti gli uomini. |
|
Giovanni 17, 1b.20-26
In
quel tempo. Il Signore Ges, alzati gli occhi al cielo, disse:
Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in
me mediante la loro parola: perch tutti siano una sola cosa;
come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anchessi in noi,
perch il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu
hai dato a me, io lho data a loro, perch siano una sola cosa
come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perch
siano perfetti nellunit e il mondo conosca che tu mi hai
mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che
quelli che mi hai dato siano anchessi con me dove sono io,
perch contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato;
poich mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre
giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e
questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto
conoscere loro il tuo nome e lo far conoscere, perch lamore
con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro.
Alla conclusione dei discorsi delladdio dell'ultima cena,
l'evangelista Giovanni riporta la preghiera che Ges innalza al
Padre. E il vertice della fiducia e della fedelt che Ges
porta a Dio. La sua supplica si allarga - sul suo prossimo
destino di morte e di gloria (1-5), - sulla vocazione e il
compito dei discepoli (6-19), - sulla Chiesa che avr ricevuto
la testimonianza da chi ha conosciuto Ges e che si esprimer in
tutto lo spazio del mondo e del tempo (20-26). Il testo di
questa liturgia si richiama alla Chiesa che ha ricevuto la
testimonianza dei discepoli, e perci a questultima parte. Il
centro di tutta la preghiera il Padre e l'unit con il Padre.
Tutti noi, che abbiamo creduto in Ges mediante la loro parola"
(20), siamo chiamati alla pienezza dell'unit. Non si dice come
questa unit si esprime fattivamente, ma si parla di un amore
profondo e circolare tra il Padre, Ges e i credenti. Tale amore
manifester al mondo l'origine divina di questa presenza. La
riflessione viene ripetuta in altre parole mentre Ges prega
perch "siano perfetti nell'unit" (23)" e ci rimanda al compito
affidatoci alcuni versetti prima: "Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate gli uni gli altri... da questo sapranno che siete
miei amici: se avrete amore gli uni per gli altri" (13,34-35).
La consapevolezza, che l'impegno morale deve legarsi allamore
reciproco, in nome della fede in lui e quindi nel Padre, ora
diventa consapevolezza che proprio questo amore il grande dono
di Dio che bisogna continuamente chiedere e per cui necessaria
lintercessione di Ges. Via via la parola di Ges al Padre non
pi: "ti prego" (20), ma "voglio" (24) poich sa che la
propria volont un tutt'uno con la volont del Padre che
conosce da sempre e da cui si sente amato gi "prima della
creazione del mondo". La conclusione di questa splendida
preghiera che svela la consapevolezza di Ges e l'amore del
Padre fa riferimento alla conoscenza e all'amore. Per cinque
volte viene richiamato il significato del conoscere nei due vv
25-26. Conoscere Ges significa aprirsi all'azione misteriosa ma
presente del Padre. E l'amore del Padre, che si svela attraverso
la conoscenza, matura via via nella fiducia e nella speranza di
una comunit nuova. Si parla continuamente della conoscenza di
Ges nei discorsi dellultima cena, tempo carico di parole
ultime, di gesti di umilt e tenerezza, di urgenze e di
essenzialit. Ges continua a riproporre il suo rapporto con il
Padre, la sua disponibilit e unit a Lui ed ai fratelli e
insiste in tutti i modi. Si sente che questo lelemento unico
ed essenziale che ci mette in contatto con Lui e ci fa scoprire
il suo mistero. Ci dovrebbe far pensare molto questa insistenza.
Troppo facilmente si d per scontata la nostra conoscenza e si
riempiono le nostre preghiere di richieste, di parole, di
interferenze che possono alimentare, a volte, la devozione ma,
spesso, si elimina via via il silenzio, la meditazione,
l'approfondimento su Ges. Sull'amore del Padre e quindi di Ges
che si pone a modello di comunione necessario riflettere
lungamente perch diamo per ovvia la fede (ma con quali
contenuti?) e decliniamo come amore la fatica del nostro
quotidiano. Ma il problema dell'amore richiede molta pi
lucidit, analisi, umilt e tentativi del superamento di ci che
ci sembra ovvio o naturale. L'amore difficile, cos come ce lo
presenta Ges e tuttavia un progetto che come credenti il
Signore ci affida. Anzi, il cambiamento e lo stile di questo
mondo dovranno trovare, nelle parole di Ges, la garanzia di un,
almeno, iniziale possibile amore reciproco nuovo. Con le parole:
"Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo far conoscere..."
(26) si conclude la preghiera dell'ultima cena. Ma bellissima
la garanzia che Ges continuer ad aiutarci a conoscere la
pienezza, la grandezza, la potenza ("il tuo nome") del Padre:
Lo far conoscere. La storia del mondo viene allora ricordata
cos. L'opera di Ges continuer a farci conoscere il Padre ogni
giorno. Il tentativo della comunit cristiana continuer a
credere e ad osare per la possibilit di un amore reciproco
concreto e visibile.
|
|