
Solennità della Santissima Trinità
30 maggio 2010
Giovanni. 14, 21-26
Riferimenti : Genesi. 18,
1-10a - Salmo 104 - Corinzi. 12, 2-6
Benedici il Signore, anima mia, Signore, mio Dio, quanto
sei grande! Rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce
come di un manto. Tu stendi il cielo come una tenda, costruisci
sulle acque la tua dimora, fai delle nubi il tuo carro, cammini
sulle ali del vento; fai dei venti i tuoi messaggeri, delle
fiamme guizzanti i tuoi ministri. Hai fondato la terra sulle sue
basi, mai potrà vacillare. L'oceano l'avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne. Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato. Emergono i monti,
scendono le valli al luogo che hai loro assegnato. Hai posto un
limite alle acque: non lo passeranno, non torneranno a coprire
la terra. Fai scaturire le sorgenti nelle valli e scorrono tra i
monti; ne bevono tutte le bestie selvatiche e gli ònagri
estinguono la loro sete. ] Al di sopra dimorano gli uccelli del
cielo, cantano tra le fronde. Dalle tue alte dimore irrighi i
monti, con il frutto delle tue opere sazi la terra. Fai crescere
il fieno per gli armenti e l'erba al servizio dell'uomo, perché
tragga alimento dalla terra: il vino che allieta il cuore
dell'uomo; l'olio che fa brillare il suo volto e il pane che
sostiene il suo vigore.
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Genesi.
18, 1-10a
In quei giorni. Il Signore
apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva
all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli
alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di
lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della
tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho
trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti
dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i
piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone
di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per
questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero:
«Fa’ pure come hai detto». Allora Abramo andò in fretta nella
tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina,
impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso,
Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che
si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con
il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre
egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli
mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose:
«È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa
data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».
I capitoli 18 e 19 del libro della Genesi (qui leggiamo solo
l'inizio del capitolo 18) raccontano le visite di Dio che è
protettore. Si potrebbe dire che sono visite in cui
si formulano dei giudizi, uno a favore della coppia sterile,
Abramo e Sara, l'altro contro Sodoma, la città
colpevole per cui Abramo, l'amico di Dio, intercede e da cui
vien salvato Lot. È interessante scoprire che
gl’interlocutori, nell'alternarsi del loro dialogo, si esprimono
ora al singolare ed ora al plurale.
Il racconto, tanto misterioso quanto bellissimo nel
testo di oggi e nel suo significato, unisce insieme la visita di
Dio sulla terra ad un amico e la promessa di
un figlio ad una coppia sterile. E tutto il racconto è avvolto
in un’atmosfera di stupore da parte di Abramo
che sviluppa, senza sapere l'identità di chi ha davanti, una
gratuita ospitalità offerta a tre viandanti.
Il racconto ricorda un momento particolare della vita dei
beduini. Nelle ore calde del giorno, i lavori si
sono fermati, Abramo all'ombra della tenda,
probabilmente, si riposa ed anche si addormenta, pure vigile per
ciò che accade attorno. La
premura di Abramo, senza esitazione, elenca una serie di
attenzioni che in simili circostanze, Abramo stesso, per
esperienza, ritiene indispensabili: l'invito a
fermarsi, l'offerta dell'acqua, il lavarsi i piedi e riposarsi
all'ombra di un albero. Nel frattempo prepara
"un boccone di pane" chiedendo di avere pazienza nell'attesa e
incoraggia a impastare "tre sea di fior di
farina" (il traduttore non osa tradurre la parola ebraica perché
si tratterebbe di mezzo quintale di farina)
insieme ad un "vitello tenero e buono". Tutta
l'operazione non è fatta dal servo a cui Abramo comanda il
lavoro, ma da Abramo stesso che prende panna,
latte fresco con il vitello e lo porge ai tre misteriosi
viandanti mentre si ferma sotto l'albero stando in piedi. È
l'atteggiamento di chi si mette a disposizione per
qualunque bisogno, come un servo. I padri
della Chiesa vollero identificare questi tre personaggi come la
presenza della Trinità. È tuttavia una
trasposizione indebita. Si tratta di Dio con due messaggeri, un
antico racconto parla di tre angeli. Tuttavia il narratore
vuole chiarire che veramente è il Signore che ha
visitato Abramo. Il regalo che Dio fa, come
riconoscenza dell'ospitalità ricevuta, è il superamento della
sterilità e la nascita del figlio, promesso da
anni e che sembrava ormai dimenticato per la vecchiaia che
Abramo e Sara avevano raggiunto. Veramente il
Signore dimostra la sua riconoscenza per chiunque sviluppa
ospitalità. Sarà una costante nella
riflessione ebraica e Gesù l'ha elencata tra le “sei opere di
misericordia”, capaci di diventare esperienza e presenza
misteriosa di Gesù stesso: "perché ho avuto fame e mi
avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere,
ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete
vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete
venuti a trovarmi”. (Matteo 25,35-36). |
Corinzi.
12, 2-6
Fratelli, voi sapete infatti
che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun
controllo verso gli idoli muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno
che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è
anàtema!»; e nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto
l’azione dello Spirito Santo. Vi sono diversi carismi, ma uno
solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il
Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera
tutto in tutti.La Chiesa
primitiva, pervasa dalla presenza dello Spirito Santo gode di
una sua molteplice manifestazione e, a volte,
di una certa spettacolarità. I Corinzi,
convertiti al cristianesimo e provenienti per lo più dal
paganesimo, conoscono analoghe manifestazioni
esaltanti nei riti pagani. Paolo, perciò, vuole diradare
possibili equivoci sull’origine di questi fenomeni, istruendo i
nuovi cristiani e non lasciandoli nell'ignoranza (v
1), anzi evidenziando la grande differenza, impreziosita dai
doni dello Spirito, "i carismi", nei riguardi
dei fenomeni analoghi del paganesimo. Il
centro della vita della Chiesa non sono gli uomini, ma lo
Spirito che suscita e sostiene la fede.
Esiste, dice Paolo, un criterio per capire il significato e
l'origine dei doni ed è la professione di fede: "Gesù è il
Signore" (v 3). Questa professione ha, come unica
fonte, lo Spirito che distribuisce i suoi doni come vuole. Lo
scopo di tali doni, siano la parola o siano i
servizi, è l'utilità della Chiesa e della sua edificazione.
Dire che “Gesù è il Signore” (viene tradotta come
“Signore” la parola ebraica "Adonay" con cui si chiamava Dio
dell'Antico Testamento) significa esprimere la
propria professione di fede nella divinità di Gesù. La
controprova è che chi è guidato dallo Spirito
non può maledire Gesù. Viene tolta, in questo
modo, ogni pretesa e ogni presunzione, spesso origine di
divisioni e rivalità. Si ricordi quanto
afferma Giovanni: «Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto
nella carne è da Dio, ogni spirito che non
riconosce Gesù non è da Dio» (/ Gv 4,1). Lo Spirito Santo è dato
innanzitutto al servizio dell’atto di fede. In
seconda istanza, l’apostolo affronta direttamente il tema della
vita comunitaria, dove, ancora una volta, è posta al
centro l’azione dello Spirito. La Chiesa è una, ma in
essa ci sono molteplicità di carismi, ministeri e operazioni.
Così, nei doni di Dio, si fondono i vari aspetti
della vita della Comunità. Tuttavia se ne vogliono evidenziare
tre, riconducendoli alle Persone della
Trinità: -i “carismi” sono doni di grazia,
- i “ministeri” sono servizi resi alla Comunità
cristiana, - le “operazioni” indicano attività
ed implicano l'azione operosa ed efficace. Le
tre espressioni, secondo l'ordine invertito, attribuibili alle
tre Persone divine, si rifanno, come “operazioni” al
Padre in quanto principale fonte di ogni attività a
cominciare dalla creazione; i ”ministeri” sono servizi e si
riferiscono a Cristo che “è venuto a servire e non ad
essere servito”; i “carismi” si riferiscono allo Spirito Santo
in quanto egli stesso è dono.Tutto questo ha
come fine l’edificazione della comunità (“utilità comune”:
v.7)). Il paragone del corpo e delle membra
che lo compongono, come Paolo ricorderà continuamente, è esempio
perché tutti si sentano responsabili, per la
propria parte, del benessere di tutto l’organismo.
Le distinzioni che provengono dall’appartenere al
mondo greco o giudeo, dall’essere schiavo o libero sono pertanto
superate dalla partecipazione all’unico battesimo
nello Spirito e non diventano pretesto per separazioni o
inimicizie. Lo Spirito, nella prospettiva
paolina, è dunque al servizio della comunione, primo e
insostituibile contenuto
dell’evangelizzazione. In una comunità divisa lo Spirito non
opera. E’ una riflessione che può avere molti
riferimenti anche per le nostre comunità ecclesiali. |
Giovanni. 14, 21-26
In
quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: Chi accoglie i miei
comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal
Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non
l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al
mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre
mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi
ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del
Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di
voi. Ma il Paràclito,lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi
insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

L'edificio detto "il Cenacolo" è l'ultima parte rimasta della chiesa
bizantina e crociata della "Santa Sion", l'erede della primitiva
comunità apostolica (At 2-15). La memoria dell'Ultima Cena di Gesù (Lc
22,7-38) e della Pentecoste (At 2,1-13) si venera al piano superiore.
Altre memorie, tra cui la "Tomba di Davide", si trovano al piano
terreno. Nella foto: ingresso al complesso di epoca ottomana. |
Nei versetti precedenti, Giovanni ricorda i discorsi di Gesù dell'ultima
cena, ove il maestro ha tracciato l'itinerario di una nuova
umanità che cammina per incontrare il Padre. C’è la garanzia di un incontro,
perché, insieme, i discepoli sono solidali nella fede in Gesù
(14,1-14). "Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi
prenderò con me" (3). "E del luogo dove io vado, conoscete la via"
(4). “Gesù disse: Io sono la via, la verità e la vita" (6).
Nel testo di oggi viene come ripreso il cammino dell'Esodo: un
popolo, liberato dal suo Dio, cammina nel deserto e questo Dio
garantisce con la sua presenza l'itinerario poiché lo accompagna. Anzi, in
questo caso, Dio diventa una cosa sola con la sua comunità e
con ogni suo membro. Questa comunione si costituisce attorno
all'obbedienza ai "comandamenti di Gesù". E Gesù continuerà a manifestarsi
e quindi a riproporre profondamente i rapporti nuovi nel mondo.
L'altro Giuda pone una domanda a Gesù che è frutto, probabilmente, di
delusione perché, nelle parole del maestro, viene esclusa ogni
manifestazione di trionfo e di grandezza sul mondo. Sembra che
Gesù non risponda direttamente alla domanda. Eppure Gesù esprime il suo progetto
non come ostentazione di potere, ma come dialogo e accoglienza
della sua parola: cioè libertà e conversione di cuore. Ogni
cambiamento che Gesù ipotizza parte dall'ascolto di un messaggio nuovo che Lui
stesso ha suggerito e vissuto. Questo aprirà la possibilità di
incontro con il Padre, il quale non solo visita, ma anche si ferma insieme con
Gesù, in un contesto dove lo Spirito Santo continuerà a
sviluppare il messaggio che il Padre ha consegnato a Gesù e Gesù ai
suoi. E Gesù, d’altra parte, rivendica il contenuto
del suo messaggio come parola del Padre. E’ perciò una
particolare riflessione che Gesù dedica ai discepoli: “La parola che voi
ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato”. Il che
significa che Gesù ha recuperato quel messaggio che le autorità religiose non
hanno conservato, messaggio ricevuto nell'Antico Testamento come
amore ad ogni uomo, come la difesa dell'oppresso, come
liberazione dello schiavo. Bisogna stare molto attenti a non
spiritualizzare troppo il messaggio di Gesù che, da una parte, propone un
cammino di amore, di nonviolenza, ma dall'altra si preoccupa
della libertà, della dignità, della grandezza di ogni uomo e di
ogni donna perché figli di Dio. Gesù riconosce che
la comprensione del suo messaggio, l'interiorizzazione nello Spirito, la
conversione di cuore rispetto alle attese messianiche che,
tutto sommato, anche negli apostoli corrispondevano a quelle dei Giudei, hanno
bisogno di chiarezza, di revisioni, di ricerca nuova. Perciò è
provvidenziale questa garanzia dello Spirito, “che il Padre
manderà nel il mio nome ". I due elementi fondamentali,
interscambiabili ma fortemente essenziali l'uno all'altro, sono: "insegnare e
ricordare tutto ciò che io vi ho esposto".
Il solo “insegnare” potrebbe non avere dei riferimenti e quindi potrebbe
distorcere la comprensione, nella storia, di ciò che Gesù,
attraverso il suo Spirito, vuole comunicare. “Ricordare”
supporre che ci riferiamo continuamente alla parola e alle scelte di Gesù che
fanno da paradigma alle situazioni diverse che i credenti e la
loro comunità dovranno affrontare lungo la storia. "Insegnare
ricordando" obbliga ad una fedeltà che si rigenera continuamente nel presente.
"Ricordare insegnando" supera il romanticismo o la poesia di tempi
andati e irrecuperabili per accettare, nel presente, la
responsabilità di riproporre la presenza sapienziale di Gesù e il mondo
continuamente nuovo del Dio Trinitario che abita tra noi e in
noi. |