
V Domenica di Pasqua
2 maggio 2010
Giovanni 13,31b-35
Riferimenti : Atti degli Apostoli 4, 32-37 - Salmo 132 -Corinti
12, 31-13,8a
Ricordati, Signore, di Davide, di tutte le sue prove, quando
giurò al Signore, al Potente di Giacobbe fece voto: "Non entrerò
sotto il tetto della mia casa, non mi stenderò sul mio
giaciglio, non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie
palpebre, finché non trovi una sede per il Signore, una dimora
per il Potente di Giacobbe". Ecco, abbiamo saputo che era in
Efrata, l'abbiamo trovata nei campi di Iàar. Entriamo nella sua
dimora, prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi. Alzati,
Signore, verso il luogo del tuo riposo, tu e l'arca della tua
potenza. I tuoi sacerdoti si vestano di giustizia, i tuoi fedeli
cantino di gioia.
|
|
Atti degli Apostoli 4, 32-37
La
moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un
cuore solo e un'anima sola e nessuno considerava sua proprietà
quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con
grande forza gli apostoli davano testimonianza della
risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore.
Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti
possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di
ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli
apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo
bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba,
che significa "figlio dell'esortazione", un levita originario di
Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il
ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.
S. Luca,
nel desiderio di commentare lo sviluppo e commentare
l’evangelizzazione che è iniziata a Gerusalemme, si ferma a
riassumere lo stile della comunità dei discepoli e che
incontriamo all’inizio degli Atti in tre brani: 2,42; 4, 32-37
(testo di oggi) e 5, 12-16. Sono detti “sommari” e hanno
sfumature diverse, che però formano un quadro ideale di Chiesa
(comunità) su cui continuamente confrontarsi.Al centro c’è la
Risurrezione del Signore Gesù che dà garanzie di valori nuovi di
vita e di presenza. La comunità cresce nel dono dello Spirito e
della Parola di Dio. Perciò c’è comunione di scelta e di
sentimenti.Il segno di questa unità è il desiderio di superare
le differenze economiche tali da creare disparità e quindi
sacche di povertà. Luca ripensa al testo del Deuteronomio,
profetico: “Non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi, perché
il Signore ti benedirà nella terra” (15,4). Il testo, attribuito
a Mosè, immagina finalmente in un futuro salvato serenità ed
equilibrio economico.Si fa accenno al “favore” nel popolo ed è
questo il cammino verso l’evangelizzazione. “Vedano le vostre
opere buone e diano gloria…” (Mt 5,16). C’è un quadro ideale che
non mostra, tanto, che la comunità si comporta sempre così,
quanto un progetto verso cui camminare, mai raggiunto, ma sempre
chiaro.Subito dopo infatti si parla della fatica di essere
fedeli, della volontà di apparire sinceri senza esserlo,
dell’ambiguità che entra anche nel cuore della comunità
cristiana. Anania e Saffira (Atti 5, 1) mentono a Pietro sul
prezzo del campo che hanno venduto, garantendo che la cifra
portata agli apostoli è l’intera somma. Generosi e garanti. Ma
Pietro smaschera l’ipocrisia. Hanno mentito! Non erano obbligati
a offrire, ma responsabili di non infiltrare l’ambiguità nella
Chiesa. Infine Luca ci invita a legare insieme unità tra
credenti, evangelizzazione e responsabilità sulla giustizia per
ogni persona. In questo momento c’è l’innesto intelligente della
DSC: l’obbligo di un’attenzione ai problemi sociali per
incominciare a risolverli: altrimenti ci si rifugia nello
spiritualismo.
|
Corinti 12, 31-13,8a
Fratelli
desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora,
vi mostro la via più sublime.Se parlassi le lingue degli uomini
e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che
rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della
profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la
conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne,
ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in
cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne
vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità
è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si
vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non
cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del
male ricevuto, 6non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della
verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8La
carità non avrà mai fine.
Il testo
che leggiamo nasce dalla preoccupazione di garantire ad ogni
persona, qualunque vocazione svolga nella comunità, una alta
dignità che non la marginalizza, ma la rende preziosa nella
varietà dei bisogni. La comunità può essere assomigliata ad un
corpo: un corpo è fatto di diverse membra, tutte utili e nessuna
uguale. Anzi, proprio le membra del corpo che sembrano più
deboli sono le più necessarie (12,22). Ma per ciascuno e per la
propria vocazione c’è una meta fondamentale, il carisma più alto
che è anche “la via più sublime”. Essa è dono di Dio, è strada
da percorrere, è stile credente, è coscienza operativa nella
vita, è apertura di cuore che accoglie gratuitamente l’altro,
preoccupati prima di tutto dei suoi problemi. Si utilizza la
parola greca “agape” che, poco usata, nel linguaggio cristiano
corrisponde all’amore di comunione. La meditazione di questo
primo brano (il testo sull’amore corrisponde al v 13) ci obbliga
ad una lettura attenta del messaggio perché ogni parola ci
interpella. - il parlare la lingua ti permette di essere un
evangelizzatore - la profezia, la conoscenza e la fede ti
mettono pienamente in sintonia con il Signore e le sue opere -
il dare tutti i beni e il corpo ti fanno un benefattore
splendido e unico - però se hai e fai tutto questo, ma non hai
la carità, non serve a nulla - 3 aspetti in positivo: la carità
è magnanima, è benevola, si rallegra della verità - 8 aspetti
che descrivono la carità negando il male: “non è invidiosa, non
si vanta, non si gonfia di orgoglio, non manca di rispetto, non
cerca il proprio interesse,non si adira, non tiene conto del
male ricevuto, non gode dell’ingiustizia” (vv 4- 7) - 4 aspetti
che garantiscono nella totalità: l’accoglienza, la fiducia,
l’attesa piena e la non violenza. “La carità non avrà più fine
(8) poiché è eterna come Dio che è carità” (Gv 4,8). Paolo
sviluppa questo testo che è poesia e teologia, sapendo che deve
e vuole parlare di completezza, di pienezza di vita. Egli ha
sotto gli occhi il senso della morte e risurrezione di Gesù
piuttosto che semplicemente l’insegnamento di alcuni giusti. E
pone finalmente il suggello alla legge secondo il richiamo di
Gesù in una discussione con gli scribi e i farisei (Lc 11,42).
Tale pensiero di Paolo viene riespresso con chiarezza nella
lettera ai Galati (5,14): “Tutta la legge infatti trova la sua
pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te
stesso”. |
Giovanni 13,31b-35
In
quel tempo il Signore Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato,
e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio
lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco
sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a
voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi
amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni
gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore
gli uni per gli altri".
Le parole che leggiamo
sono cariche di dramma, ma anche di fiducia, di speranza, di progetti nella
storia. Nell’ultima cena, dopo avere lavato i piedi ai discepoli e quindi anche
a Giuda, Gesù annuncia il tradimento di uno di loro. Giovanni tenta di capire e
si sente rispondere: “E’ colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò”
(13, 2-6). Il gesto di Gesù è di amicizia, anzi di predilezione, ma Giuda non si
ferma ed esce per il suo progetto. Le parole che Gesù dice, manifestano l’inizio
della sua gloria e di quella del Padre. E’ inimmaginabile che potesse essere
capita, ma Giovanni registra le parole di Gesù come la coscienza di un cammino
di gloria poiché egli esprime amore ubbidiente fino alla morte, incominciato con
un gesto di profonda amicizia con Giuda. Giovanni evangelista tiene a mostrare
che qui si svela con amore profondo, lucido, che percepisce accanto a sé
delusioni, paure, diffidenze, rifiuti. Eppure Gesù continua ad essere fedele e a
fidarsi dei suoi che lo abbandoneranno e lo tradiranno, in modo diverso da
Giuda, ma ugualmente drammatico. Eppure in tutto questo Gesù continua a parlare
di dialogo con il Padre e di gloria. E mentre garantisce che gli avvenimenti
prossimi, pur tragici, riservano il significato della pienezza e quindi della
comunione piena con il Padre che darà gloria, con tenerezza parla loro del
prossimo distacco e quindi lontananza. Ma non lascia vuoto lo spazio e il tempo.
A loro lascia il compito di una presenza misteriosa che essi individueranno e
svilupperanno. “Come ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri” (34). Gesù sa
che questa è la novità che porta e che svela il vero volto di Dio. Perciò
l’annuncio è un comando nuovo: - ha un termine da misurare - è un segno che
identifica i discepoli - comandamento nuovo non nella formulazione: c’è già in
Levitico (19,18). E’ nuovo per l’ampiezza che non deve trovare barriere né
sociali, né razziali, né culturali - il termine di misura è lo stile e l’amore
di Gesù che arriva a dare la vita - il vero segno che identifica i discepoli è
il volersi bene. Tutto il resto, fatto di simboli (crocifissi, statue), di
gesti, di luoghi sacri, di dichiarazioni, non è sufficiente ad identificarci
nella storia poiché tutto questo può diventare ambiguo. Ma da ultimo, e non è
poco, c’è la reciprocità. Amare l’un l’altro è il vero terreno di coltura della
fede, è l’inizio della fecondità dei valori cristiani nella storia. L’amore
cristiano è libero, è gratuito, è ricco ma profondamente vuole suscitare amore
reciproco poiché questo solo ci apre all’altro e costruisce una Chiesa. E’ un
grande progetto non sufficientemente capito. E’ il lavoro per il quale possiamo
veramente crescere insieme. Ed è difficile. |