VI Domenica di Pasqua
9 maggio 2010

Giovanni 16, 12-22
Riferimenti : Atti degli Apostoli. 21, 40b - 22, 22 - Salmo  - Ebrei 7,17-26

Acclamate a Dio da tutta la terra, cantate alla gloria del suo nome, date a lui splendida lode. Dite a Dio: "Stupende sono le tue opere! Per la grandezza della tua potenza a te si piegano i tuoi nemici. A te si prostri tutta la terra, a te canti inni, canti al tuo nome". Venite e vedete le opere di Dio, mirabile nel suo agire sugli uomini. Egli cambiò il mare in terra ferma, passarono a piedi il fiume; per questo in lui esultiamo di gioia. Con la sua forza domina in eterno, il suo occhio scruta le nazioni; i ribelli non rialzino la fronte. Benedite, popoli, il nostro Dio, fate risuonare la sua lode; è lui che salvò la nostra vita e non lasciò vacillare i nostri passi. Dio, tu ci hai messi alla prova; ci hai passati al crogiuolo, come l'argento. Ci hai fatti cadere in un agguato, hai messo un peso ai nostri fianchi. Hai fatto cavalcare uomini sulle nostre teste; ci hai fatto passare per il fuoco e l'acqua, ma poi ci hai dato sollievo.

Atti degli Apostoli. 21, 40b - 22, 22

In quei giorni. Paolo, in piedi sui gradini, fece cenno con la mano al popolo; si fece un grande silenzio ed egli si rivolse loro ad alta voce in lingua ebraica, dicendo: «Fratelli e padri, ascoltate ora la mia difesa davanti a voi» Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancora più silenzio. Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti. Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?”. Io risposi: “Chi sei, o Signore?”. Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti”. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: “Che devo fare, Signore?”. E il Signore mi disse: “Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia”. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco. Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi. Egli soggiunse: “Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome”. Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi lui che mi diceva: “Affréttati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me”. E io dissi: “Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nelle sinagoghe quelli che credevano in te; e quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anche io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano”. Ma egli mi disse: “Va’, perché io ti manderò lontano, alle nazioni”». Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a questo punto alzarono la voce gridando: «Togli di mezzo costui; non deve più vivere!».

Paolo ritorna a Gerusalemme dopo il suo terzo viaggio missionario e gli Atti degli apostoli, raccontando avvenimenti e incontri, si preoccupano di ricordare i molti segnali che vedono Paolo destinato alla morte per l'insurrezione degli oppositori. Paolo, tuttavia, continua a viaggiare verso la sua meta, raggiunge Gerusalemme, incontra i fratelli accoglienti, fa visita a Giacomo apostolo e viene informato di tutte le dicerie contro di lui. L'incontro però è gioioso e gli attesta la fiducia e la venerazione che a Gerusalemme i credenti hanno in lui. Nonostante le precauzioni prese, Paolo nel tempio è riconosciuto e quindi sequestrato da persone che vogliono ucciderlo. Viene salvato dai soldati romani che tentano, inutilmente, di indagare seriamente su quest'uomo che viene accusato dalla folla con accuse diverse. Sottratto tuttavia alla violenza, Paolo chiede di poter parlare al popolo (39), protetto dai soldati e proclama la sua testimonianza. Il fatto di parlare ebraico incuriosisce e sorprende la gente ostile, provocando comunque un grande silenzio. Paolo sintetizza la sua biografia che diventa testimonianza di una rivelazione che l'apostolo ha vissuto nella sua esperienza e che si è impostata tutta sulla "luce" e la "voce" (6-10). L'avere garantito la sua "osservanza scrupolosa della legge, piena di zelo, come siete tutti voi" (3), lo ha però portato, nella sua testimonianza, a doversi confrontare con onestà sulla volontà di Dio e a doversi interrogare. E la volontà di Dio si è mostrata palese, senza illusioni o fantasie, ma chiara, esigente, esauriente. E nel racconto della sua conversione ci ricorda l'apparizione e le parole di Gesù risorto che si pone come il nuovo modello di riferimento, come la voce nuova di Dio che lo indirizza. Ma questa voce, che ormai è l'unica sua guida, suggerisce di camminare oltre i confini e di evangelizzare il mondo intero. "Va', perché ti manderò lontano, alle nazioni" (21). Ma quest'ultima cosciente vocazione impaurisce l'opposizione giudaica perché vede in tale apertura la contaminazione e il crollo della "predilezione di Israele" da parte di Dio. La conclusione si consuma nella consapevolezza che Paolo è traditore, è blasfemo, è eretico e perciò degno di morte. I soldati, a questo punto, lo portano nella fortezza (24). Il Signore apre orizzonti nuovi e chiede ai suoi di rivedere i propri orientamenti. Anche qui, come per gli apostoli, l'evangelizzazione nel mondo non è affidata ai giusti, ma a coloro che credono, comunque, in Gesù. Gli apostoli erano fuggiti, Paolo aveva approvato l'omicidio di Stefano (20). Eppure proprio a coloro che hanno sofferto l'umiliazione del male, Gesù affida il racconto della Buona Novella al mondo: l'accoglienza ed il perdono di Dio passano, prima di tutto, in coloro che li hanno sperimentati nella propria carne, insieme alla parola nuova.

Ebrei 7,17-26

Fratelli, a Cristo è resa questa testimonianza: Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek. Si ha così l’abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità la Legge infatti non ha portato nulla alla perfezione – e si ha invece l’introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale noi ci avviciniamo a Dio. Inoltre ciò non avvenne senza giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza giuramento; costui al contrario con il giuramento di colui che gli dice: Il Signore ha giurato e non si pentirà: tu sei sacerdote per sempre. Per questo Gesù è diventato garante di un’alleanza migliore. Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore. Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli

La Lettera agli ebrei, che non si può riferire a Paolo, a dire il vero, non è neppure una lettera, ma piuttosto una lunga omelia (predica) con la sua conclusione liturgica. Solo alla fine si aggiungono alcuni versetti che sembrano un biglietto di accompagnamento per ignoti destinatari. Alcuni la ritengono scritta non dopo i 65-66 d.C. quando il tempio, che fu distrutto nel 70 d.C., era ancora in servizio ed altri la immaginano scritta da un sacerdote del tempio convertito e datano la lettera attorno agli anni 90 d.C. L'autore si preoccupa di dimostrare che il sacerdozio di Gesù è superiore al sacerdozio ebraico e mette in confronto il re Melchìsedek e il sacerdozio della tribù di Levi. Melchìsedek è una figura che fa solo una piccola comparsa nella storia di Abramo (Gen 14,18-20). La Lettera agli ebrei la richiama così: "Questo Melchìsedek infatti, re di Salem, sacerdote del Dio altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dall’avere sconfitto i re e lo benedisse; a lui Abramo diede la decima di ogni cosa. Anzitutto il suo nome significa «re di giustizia»; poi è anche re di Salem, cioè «re di pace». Egli, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio, rimane sacerdote per sempre”. Il sacerdozio, nella realtà ebraica, esclusivo della tribù di Levi, dice questo autore, non poteva essere definitivo, poiché si parla già, in un salmo, di un sacerdozio differente "secondo l'ordine di Melchìsedek" (Salmo 110,4). Il sacerdozio differente è il sacerdozio di Gesù che svolge una mediazione eterna nell'Alleanza nuova con Dio. Le caratteristiche sono nella linea di questo misterioso re di Salem a cui Abramo paga un tributo. Gesù risorto, scelto dal Padre e non sacerdote per eredità, come i leviti, è sacerdote "per sempre" (17). Egli garantisce, insieme, secondo il compito sacerdotale, le due caratteristiche fondamentali del sacerdozio: la sua intercessione eterna in nostro favore presso il Padre e la fedeltà di Dio verso di noi(25). Egli è "separato dai peccatori" (26) non perché lontano ed estraneo a loro ma, pienamente gradito a Dio, è solidale con coloro che hanno bisogno di essere salvati. Gesù garantisce un cammino nuovo di speranza ed apre sul nuovo volto di Dio che è fedele e porta salvezza. La Comunità cristiana ha ereditato questa consapevolezza per sé e per gli altri per cui, comunque, il Signore alimenta la fiducia e la speranza.

 

 

Giovanni 16, 12-22

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia.

Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. - Il messaggio di Gesù è un messaggio enorme, ma Gesù non ha detto tutto e non ha sviluppato tutto il suo pensiero. - Il messaggio di Gesù si è svolto su alcune linee, ma riescono astratte e generiche, finché noi non viviamo nella vita quelle stesse situazioni in cui Gesù ha parlato. - Allora la Storia del mondo, sarà la strada, su cui noi camminando, via via, capiremo il messaggio di Gesù. La Storia ci aiuterà, attraverso fatti, situazioni, rapporti nuovi, sconvolgimenti, speranze, paci, guerre, a scoprire davvero che cosa Gesù voleva dirci. La Parola e lo stile di Gesù saranno i filtri attraverso cui rileggere, umilmente, i messaggi e la traduzione della volontà di Dio oggi. - Non abbiamo ancora capito che il cammino religioso di Gesù non è "un museo", per cui ferme le statue, ferme le sculture e le pitture... è già tutto detto, è già tutto fatto. E se ci si rifiuta di rileggere il nostro tempo, fatto di peccato e di grazia, come luogo di rivelazione per noi attraverso lo Spirito, magari ricordando che: “Ai miei tempi si faceva in modo diverso”, non si coglie più il dono di Gesù per la Chiesa che ci sostiene e che però ci rimette in ricerca. Giovanni indica nei “discorsi di addio” di Gesù il ruolo dello Spirito Santo, come garante della verità. E' chiamato "avvocato difensore" (Paraclito: 15,26; 16,7), dono del Padre (14,16-26); capace di rendere testimonianza a Gesù (15,26), lo glorifica (16,14) e prende le sue difese di fronte al mondo (16,8). Sarà mandato da Cristo ma come comune dono di sé e del Padre (15,26). Ha, infatti, origine presso il Padre e il Figlio, viene dal cielo e nell'ora della prova non lascerà soli i discepoli. Egli, il Paraclito, rafforzerà la loro fede e li renderà capaci di una testimonianza coraggiosa. La sua missione specifica, "avvocato difensore" di Gesù, è inviato per "convincere il mondo" di essere nel peccato quando rifiuta Gesù come Cristo e Signore, di non essere nel giusto quando lo condanna a morte perché si è proclamato Figlio di Dio, ma soprattutto compito dello Spirito è di operare nella coscienza dei credenti una vera e propria revisione del processo di Gesù (16,8-11) che è vittoria dell’amore di Dio e non del principe di questo mondo. Infatti, con la morte di Gesù, "esaltato sulla croce" si realizza il giudizio del principe di questo mondo e quindi del male che è sconfitto e non la condanna di Gesù: questa è la verità di Dio che lo Spirito svela. Gesù è la manifestazione piena di Dio tra noi, tutta la verità. Poiché lo Spirito vive presso il Padre, conosce pienamente il mistero di Gesù e perciò ha come compito quello di approfondire sempre più la ricchezza misteriosa di Gesù, svelandola. Non si tratta di 'annunciare' come se ci fosse un messaggio nuovo, ma si tratta di spiegare, rendere evidente, chiarire. La parola di Gesù ha bisogno di essere liberata dalle ombre, dall'oscurità che possono renderla incomprensibile. E poiché soprattutto indecifrabile è la morte di Gesù, lo Spirito dovrà far capire ai cristiani il valore (16,21). Così tra i tantissimi che hanno profetizzato di Gesù e lo hanno annunciato, prima di tutti è lo Spirito il profeta di Gesù (16,12-15). Così ci viene presentata la Trinità: la massima espressione possibile di Amore. Essa è una realtà insondabile che origina dal Padre e che richiama generazione, prossimità, volontà di accoglienza. Il Padre vuole superare la distanza tra Sé e gli uomini e la colma attraverso il Figlio, Gesù che libera l'uomo, abbattendo morte e peccato. Ed eliminando ancor più le distanze, lo Spirito penetra nel cuore e nella vita del credente. Così questa condiscendenza verso l'umanità porta alla scoperta che possiamo godere dell'amore di Dio che ci viene messo a portata di mano. Dopo la garanzia del dono dello Spirito, Gesù parla di nuovo della sua partenza e sul suo ritorno. I discepoli non sanno capire quel "poco" che, nei testi profetici, indica l'intervento di salvezza decisivo che Dio porta nella storia (Osea 1,4; Isaia 10,25; Geremia 51,33). Gesù risponde ricordando il profilo del loro futuro prossimo: dolore e tristezza per chi crede in Lui, soddisfazione per il mondo. Ma l'afflizione dei discepoli si trasformerà in gioia. Il paragone della vita che nasce e la sofferenza della donna partoriente fanno intravedere la speranza che si profila: è come se si parlasse della nuova Gerusalemme che finalmente genera un mondo purificato. Quel "poco" non fa tanto intravedere la risurrezione ma, ancor meglio, la presenza continua dello Spirito che rende possibile l'interiorizzare la Parola, la speranza, la salvezza, la vita eterna. Poco avanti, infatti, la preghiera che Gesù fa al Padre esprime il significato della vita eterna che è già qui e si manifesta nel "conoscere il Padre e colui che ha mandato, Gesù Cristo" (17,3).