IV di Quaresima
DOMENICA DEL CIECO
14 marzo 2010

Giovanni 9,1-38b
Riferimenti : Es 17,1-11; Sal 35; 1Ts 5,1-11
Signore, nella tua luce vediamo la luce. Signore, il tuo amore è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi, la tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo giudizio come l’abisso profondo: uomini e bestie tu salvi, Signore. Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali, si saziano dell’abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie. È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce. Riversa il tuo amore su chi ti riconosce, la tua giustizia sui retti di cuore.
Esodo 17, 1-11
In quei giorni. Tutta la comunità degli Israeliti levò le tende dal deserto di Sin, camminando di tappa in tappa, secondo l’ordine del Signore, e si accampò a Refidìm. Ma non c’era acqua da bere per il popolo. Il popolo protestò contro Mosè: «Dateci acqua da bere!». Mosè disse loro: «Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?». In quel luogo il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?». Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk.

Il cammino del popolo, uscito dall’Egitto, si fa sempre più difficile perché gli Israeliti scoprono difficoltà d’ogni genere. Prima il pane (e mangiarono manna), poi la carne offerta da Dio attraverso le quaglie, poi l’acqua fondamentale per la vita quotidiana. Qui si inaspriscono le recriminazioni. Le difficoltà dimostrano la fatica di dover raggiungere una libertà ed anche la scoperta di una continua dipendenza da Dio. Il dramma, che non è da poco, sorge tra Mosè e il popolo, e tra Mosè e Dio. Mosè è fedele a Dio ed in Lui ha creduto. In questo caso è anche responsabile, mediatore, condottiero, custode. Nessuno lo risparmia. Anzi, proprio il racconto, che viene passato alla storia con il titolo di "Massa e Merìba", pone in una contrapposizione netta la vicenda che si sta sviluppando di disagio e privazione. Viene messa in discussione addirittura la presenza di Dio nel popolo: "Il Signore è in mezzo a noi, si o no?"(Massa); accompagnata dalle proteste di "Merìba". La scrittura non giustifica, ritrascrive le paure e le fatiche. Richiama le delusioni che rimettono in discussione i beni ricevuti. Davanti alla tragedia umana, ai drammi di guerre e terrorismo, può venire a tutti la domanda: "C’è o non c’è tra noi il Signore?". Il brano continua manifestando, invece, la costante e fedele protezione. Si manifesta nel brano della battaglia contro Amelèk. Come vincere un popolo che impedisce la conquista della Terra Promessa? Il Signore dà criteri completamente inusuali: - scegliere pochi uomini per la battaglia, - intercedere, con le mani alzate, per sostenere la loro sorte vittoriosa. Questo testo è un bellissimo richiamo al senso dell’intercessione: non è ricordare per passare ad altro, ma è presenza piena, contemporanea, sicura in Dio e nella forza della sua fedeltà.

 Tessalonicesi 5, 1-11
Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, di notte si ubriacano. Noi invece, che apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza. Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate.

Paolo si è fermato nella Comunità di Tessalonica che si è mostrata subito recettiva e attenta. La reazione obbligò Paolo e alcuni discepoli a fuggire di notte. Sempre però preoccupato dalla solidità della fede, rimanda Timoteo per sapere. Sente la vivacità e la fermezza di questi cristiani e quindi decide di scrivere una lettera, il primo testo scritto nel Nuovo Testamento (siamo nel 50/51 d.C.). Tra i molti problemi che Paolo sa di dover affrontare c’è anche il "tempo della Conclusione". Qualcuno lo riteneva vicino, e inizialmente anche Paolo. Come prepararsi? L’immagine della donna incinta richiama la certezza, ma quella del ladro l’imprevedibilità. Così i cristiani vivono queste garanzie: il tempo finisce e quindi impegna alla fede ogni giorno, ma la conclusione è imprevedibile e sono perciò fondamentali l’attenzione e la sobrietà. L’attesa e il vivere obbligano ad essere coraggiosi e combattivi, ricchi delle grandi virtù teologali che vengono pensate come difesa: l’elmo e la corazza difendevano dai colpi mortali. Il progetto di Dio, con la venuta di Gesù, si è chiarito come garanzia di salvezza che Dio stesso offre mediante Gesù. Egli ci riscatta dalla solitudine e dalla morte. Sia che vegliamo (siamo operosi) sia che dormiamo (è la nuova immagine della morte che da Gesù è garantita come vita piena con Lui) e in qualunque situazione ci possiamo trovare. La raccomandazione di comunione per la Comunità cristiana suggerisce due atteggiamenti fondamentali che si rincorrono a vicenda: - confortarsi a vicenda si rifà alla comunicazione della fede, - siate di aiuto gli uni agli altri, poiché questo offre la misura della condivisione e la garanzia di una fede operosa come quella di Gesù.


Giovanni 9, 1-38b

In quel tempo. Passando, il Signore Ges vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: Rabb, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perch sia nato cieco?. Rispose Ges: N lui ha peccato n i suoi genitori, ma perch in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finch giorno; poi viene la notte, quando nessuno pu agire. Finch io sono nel mondo, sono la luce del mondo. Detto questo, sput per terra, fece del fango con la saliva, spalm il fango sugli occhi del cieco e gli disse: Va a lavarti nella piscina di Sloe che significa Inviato. Quegli and, si lav e torn che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perch era un mendicante, dicevano: Non lui quello che stava seduto a chiedere lelemosina?. Alcuni dicevano: lui; altri dicevano: No, ma uno che gli assomiglia. Ed egli diceva: Sono io!. Allora gli domandarono: In che modo ti sono stati aperti gli occhi?. Egli rispose: Luomo che si chiama Ges ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: Va a Sloe e lvati!. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista. Gli dissero: Dov costui?. Rispose: Non lo so. Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Ges aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo. Allora alcuni dei farisei dicevano: Questuomo non viene da Dio, perch non osserva il sabato. Altri invece dicevano: Come pu un peccatore compiere segni di questo genere?. E cera dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?. Egli rispose: un profeta!. Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finch non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?. I genitori di lui risposero: Sappiamo che questo nostro figlio e che nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha let, parler lui di s. Questo dissero i suoi genitori, perch avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano gi stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: Ha let: chiedetelo a lui!. Allora chiamarono di nuovo luomo che era stato cieco e gli dissero: Da gloria a Dio! Noi sappiamo che questuomo un peccatore. Quello rispose: Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo. Allora gli dissero: Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?. Rispose loro: Ve lho gi detto e non avete ascoltato; perch volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?. Lo insultarono e dissero: Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mos! Noi sappiamo che a Mos ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia. Rispose loro quelluomo: Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volont, egli lo ascolta. Da che mondo mondo, non si mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla. Gli replicarono: Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?. E lo cacciarono fuori. Ges seppe che lavevano cacciato fuori; quando lo trov, gli disse: Tu, credi nel Figlio delluomo?. Egli rispose: E chi , Signore, perch io creda in lui?. Gli disse Ges: Lo hai visto: colui che parla con te. Ed egli disse: Credo, Signore!.

Piscina di Siloe, nel suo stato attuale

Il Vangelo di Giovanni ci ricorda uno dei "segni" (miracoli) di Ges che rappresentano il significato della sua presenza: qui Egli si rivela come luce di quell'uomo che tenta di interrogarsi sulla sua sofferenza ("Chi ha peccato"?) e non trova nel dolore che parole di dolore. Ges risponde che persino nel dolore, anzi nel fondo della desolazione dell'uomo, Egli viene a manifestare le opere di Dio. Egli fa le opere di Dio, poich la luce del mondo. Il contesto la festa delle capanne che, da ricordo del tempo del deserto, diventa figura del Regno messianico. Il sacerdote, quel giorno, attingeva acqua alla piscina di Siloe per versarla sull'altare, mentre la sera, torce e bracieri, sulle mura del tempio, illuminavano la citt a giorno. Luce ed acqua di Siloe ,a cui inviato il cieco, segnano il passaggio dal mondo antico dell'attesa a quello nuovo del compimento. E' giorno pieno, c' la luce (9,5) e il cieco il modello di coloro che camminano e crescono nella fede come coloro che si preparano al battesimo. In questo testo sono stati registrati i vari momenti. Il primo grado di questo itinerario il riconoscimento del Cristo uomo. A Siloe Ges si presenta come l'inviato"; il cieco scoprir in Ges il "profeta", poi lo riconoscer come Colui che viene da Dio" e infine lo confesser "Figlio dell'uomo e Signore", prostrandosi ai suoi piedi nell'atto di culto del fedele. A questo accostarsi progressivo a Ges c' un progressivo accecamento dei Giudei, simbolo dell'incredulit e del rifiuto della fede (Ravasi). La riflessione sul battesimo (in antico era chiamato photismos: illuminazione) ci aiuta a riprendere seriamente questo cammino che va ripercorso nella vita, nella Chiesa, con i propri figli, consapevoli che possiamo ancora cedere e vedere rompersi questo vaso di creta in cui custodiamo la luce (6 volte si dice che l'uomo era nato cieco e che ora ci vede). Quanto cammino dobbiamo fare per rendere pi solida la fede, ma anche quanto dobbiamo approfondire per non abbandonare quelli che ci chiedono aiuto per credere! Spesso invece lasciamo soli quelli che cercano.