2Re 25, 1-17
Nell’anno nono del suo
regno, nel decimo
mese, il dieci del mese, Nabucodònosor, re di
Babilonia, con tutto il suo esercito arrivò a
Gerusalemme, si accampò contro di essa e vi
costruirono intorno opere d'assedio. La città
rimase assediata fino all’undicesimo anno del
re Sedecìa. Al quarto mese, il nove del mese,
quando la fame dominava la città e non c’era
più pane per il popolo della terra, fu aperta
una breccia nella città. Allora tutti i soldati
fuggirono di notte per la via della porta tra le
due mura, presso il giardino del re, e, mentre i
Caldei erano intorno alla città, presero la via
dell'Araba.
I soldati dei Caldei inseguirono il re e lo
raggiunsero nelle steppe di Gerico, mentre
tutto il suo esercito si disperse, allontanandosi
da lui. Presero il re e lo condussero dal re di
Babilonia a Ribla; si pronunciò la sentenza su
di lui. I figli di Sedecìa furono ammazzati
davanti ai suoi occhi; Nabucodònosor fece
cavare gli occhi a Sedecìa, lo fece mettere in
catene e lo condusse a Babilonia.
Il settimo giorno del quinto mese – era
l’anno diciannovesimo del re Nabucodònosor,
re di Babilonia – Nabuzaradàn, capo delle
guardie, ufficiale del re di Babilonia, entrò in
Gerusalemme. Egli incendiò il tempio del
Signore e la reggia e tutte le case di
Gerusalemme; diede alle fiamme anche tutte
le case dei nobili. Tutto l’esercito dei
Caldei, che era con il capo delle guardie,
demolì le mura intorno a Gerusalemme.
Nabuzaradàn, capo delle guardie, deportò il
resto del popolo che era rimasto in città, i
disertori che erano passati al re di Babilonia e
il resto della moltitudine. Il capo delle
guardie lasciò parte dei poveri della terra
come vignaioli e come agricoltori.
I Caldei fecero a pezzi le colonne di bronzo
che erano nel tempio del Signore, i carrelli e
il Mare di bronzo che erano nel tempio del
Signore, e ne portarono il bronzo a Babilonia.
Essi presero anche i recipienti, le palette, i
coltelli, le coppe e tutti gli oggetti di bronzo
che servivano al culto. Il capo delle guardie
prese anche i bracieri e i vasi per l’aspersione,
quanto era d’oro e d’argento. Quanto alle
due colonne, all’unico Mare e ai carrelli, che
aveva fatto Salomone per il tempio del
Signore, non si poteva calcolare quale fosse il
peso del bronzo di tutti questi oggetti.
L’altezza di una colonna era di diciotto
cubiti, il capitello sopra di essa era di bronzo,
e l’altezza del capitello era di cinque cubiti;
tutto intorno al capitello c’erano un reticolo e
melagrane, e il tutto era di bronzo. Così pure
era l’altra colonna.
La sottomissione a potenze straniere veniva sempre più
considerata un affronto a Dio e alla
propria indipendenza di popolo privilegiato, scelto da Dio
stesso.
D’altra parte il quadro del medio oriente era costituito da
due potenze che si scontravano: gli
Assiri prima e i Babilonesi poi da una parte e gli Egiziani
dall’altra. Il regno d’Israele a Nord
era stato distrutto dagli Assiri nel 721 con la sua capitale Samaria e restò invece indenne
Gerusalemme nel suo piccolo regno di Giuda perché si era
alleato con gli Assiri. Ma poi, per
diffidenze e dissapori, gli Assiri avevano posto un assedio
terribile a Gerusalemme e
rischiarono la distruzione, nel 701 da parte del re Assiro
Sennacherib. Eppure,
“miracolosamente” Gerusalemme fu abbandonata in una sola
notte dagli assedianti. Questo
portò alla certezza religiosa di una sicurezza: Dio non
avrebbe permesso l’occupazione della
sua città santa. Ma tale sicurezza sarà pagata cara.
Infatti, alcuni fanatici della indipendenza e forti della
fede che Dio non avrebbe abbandonato
la sua città ai nemici, influenzarono i responsabili politici
ed il popolo e fecero esplodere, a
distanza di 7 secoli, due distruzioni totali della città, da
parte dei Babilonesi, prima (testo di
oggi), e poi, da parte dei Romani (70d.C). Ci fu, a dire il
vero, un momento che fece sperare
l’impossibile durante l’assedio dei Babilonesi. Di fatto, per
sommovimenti in Egitto, i
Babilonesi tolsero momentaneamente l’assedio a Gerusalemme (Ger
37,5.11), ma, raggiunto
e sconfitto l’esercito egiziano, ritornarono ad assediare la
città santa. Geremia, il profeta,
sempre contestato e sempre malmenato, lo aveva predetto, ma
non lo ascoltarono. Siamo,
pare, all’inizio del 588 e la città cadde nella metà del 587
(per altri dal 587 al 586 a.C), in tutto
circa 1 anno e mezzo di assedio.
Il crollo fu commemorato poi ogni anno. A partire del II
secolo d.C. il 9 di Av (luglio-agosto),
nella stessa data, saranno ricordati diversi avvenimenti
drammatici della storia d’Israele: il
giorno in cui fu deciso che i Padri non sarebbero entrati
nella terra promessa, il giorno in cui
fu distrutto il tempio di Gerusalemme da Nabucodonosor nel
587 a.C. e da Tito nel 70 d.C., il
fallimento della seconda rivolta giudaica nel 135 d,C.. E’
giorno di lutto e di digiuno.
Il re di Babilonia si vendica, seguendo gesti di crudeltà del
mondo assiro, per cui l’ultima
realtà guardata dagli occhi del re sconfitto di Gerusalemme
fu la morte dei figli uccisi mentre
poi lui stesso fu accecato.
Il racconto del saccheggio del tempio ha un significato
simbolico e indica che il tempio ha un
carattere transitorio. Dio ha abbandonato la sua dimora, il
luogo scelto per il suo nome
(1Re8,16.29) e nel quale i giudei avevano posto tale fiducia
da non preoccuparsi più della loro
condotta (Ger7,1-11). Così Dio non ha fissato la sua presenza
in quel luogo in maniera
perpetua e incondizionata. Egli esigeva una fedeltà che non
c’è stata. Per questo crebbe via
via sempre più la convinzione che la salvezza non sarebbe
venuta dal tempio ma dall’Inviato:
il Messia.
Il lamento del Salmo 74, bellissimo, dopo il saccheggio del
tempio esprime tuttavia ancora la
speranza che il Signore non si dimentichi di Israele. “Non
dimenticare mai la vita dei tuoi poveri” (Sal74,19).
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Romani 2, 1-10
Perciò chiunque tu
sia, o uomo che giudichi,
non hai alcun motivo di scusa perché, mentre
giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che
giudichi, infatti, fai le medesime cose.
Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio
contro quelli che commettono tali cose è
secondo verità. Tu che giudichi quelli che
commettono tali azioni e intanto le fai tu
stesso, pensi forse di sfuggire al giudizio di
Dio? O disprezzi la ricchezza della sua
bontà, della sua clemenza e della sua
magnanimità, senza riconoscere che la bontà
di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però,
con il tuo cuore duro e ostinato, accumuli
collera su di te per il giorno dell’ira e della
rivelazione del giusto giudizio di Dio, che
renderà a ciascuno secondo le sue opere: la
vita eterna a coloro che, perseverando nelle
opere di bene, cercano gloria, onore,
incorruttibilità; ira e sdegno contro coloro
che, per ribellione, disobbediscono alla verità
e obbediscono all’ingiustizia. Tribolazione e
angoscia su ogni uomo che opera il male, sul
Giudeo, prima, come sul Greco; gloria
invece, onore e pace per chi opera il bene, per
il Giudeo, prima, come per il Greco
Paolo ha completato la missione nell'area nord orientale del
Mediterraneo (15,19. 23), è
pronto a partire alla volta di Gerusalemme (15,25) per
portare soccorso ai fratelli bisognosi
con danaro che aveva raccolto nelle chiese della Macedonia e
della Acaia e quindi spera di
continuare la missione che il Signore gli ha affidato,
continuando il suo impegno nella
Spagna. Siamo verso il 57-58 o anche 55-56 d.C. e il luogo di
composizione sembra possa
essere stata la città di Corinto.
Paolo non ha predicato per primo il Vangelo a Roma, ma sente
i cristiani di Roma fratelli e
sorelle e desidera presentarsi a loro, offrendo la sintesi
del messaggio che egli porta nel
mondo. Dopo l’indirizzo e il saluto (1,1-7), e dopo il
ringraziamento, la preghiera e
l’argomento della lettera (1,8-17), Paolo sviluppa il tema
della salvezza mediante la fede
(1,18-4,25).
Tutta l'umanità è bisognosa di salvezza: i pagani ed i
Giudei. E se in un primo momento,
Paolo traccia a grandi linee la situazione del mondo pagano
(1,18-32), parla di seguito del
mondo giudaico nel testo di oggi (2,1-3,8). Egli, ovviamente,
conosce bene questo mondo e
perciò si preoccupa di sviluppare la riflessione del teologo
che mostra la misericordia di Dio
aperta al mondo, sia pagano che ebraico. Certamente agli
occhi di un ebreo il mondo pagano
fa inorridire per la immoralità imperante e tuttavia- dice
Paolo- i giudei non debbono farsi
giudici, forti della propria posizione di privilegio come
popolo di Dio. Ma se ci si verifica
davvero, molte colpe che noi giudichiamo immorali negli
altri, poi, sono le stesse nostre
colpe.
Se non si usa misericordia e non si resta profondamente
fedeli, “ perseverando nelle opere di
bene, e in tal modo cercano gloria, onore, incorruttibilità”,
il giorno dell'ira è per tutti, così
come il giorno del riconoscimento e della speranza per chi è
fedele. Dio, con il suo giusto
giudizio, renderà a ciascuno secondo le sue opere: vita
eterna per chi persevera nelle opere di
bene, ira e sdegno per chi disobbedisce alla verità (vv.
6-8). E questo avverrà "sul giudeo
prima, come sul greco" (vv.9-10).
Il fatto che si sia ebrei o greci è ininfluente e non ci sono
privilegi o raccomandazioni. Il
giudizio di Dio è giusto per ognuno.
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