Neemia 1, 1-4; 2, 1-8. 1
Parole di Neemia, figlio di Acalia.
Nelmese di Chisleu dell'anno ventesimo,mentre ero nella
cittadella di Susa,Anàni, uno dei miei fratelli, e alcuni
altri uomini arrivarono dalla Giudea. Liinterrogai riguardo
ai Giudei, i superstitiche erano scampati alla deportazione,
eriguardo a Gerusalemme. Essi midissero: "I superstiti
che sono scampatialla deportazione sono là, nella
provincia, in grande miseria edesolazione; le mura di
Gerusalemmesono devastate e le sue porte consumatedal
fuoco". Udite queste parole, misedetti e piansi; feci lutto
per parecchigiorni, digiunando e pregando davanti alDio
del cielo. Nel mese di Nisan dell'annoventesimo del re
Artaserse, appena ilvino fu pronto davanti al re, io presi
ilvino e glielo diedi. Non ero mai statotriste davanti a
lui. Ma il re mi disse:"Perché hai l'aspetto triste? Eppure
nonsei malato; non può essere altro cheun'afflizione del
cuore". Allora io ebbigrande timore e dissi al re: "Viva il
reper sempre! Come potrebbe il mioaspetto non essere
triste, quando la cittàdove sono i sepolcri dei miei padri è
inrovina e le sue porte sono consumate dalfuoco?". Il re
mi disse: "Che cosadomandi?". Allora io pregai il Dio del
cielo e poi risposi al re: "Se piace al re ese il tuo servo
ha trovato grazia ai tuoiocchi, mandami in Giudea, nella
cittàdove sono i sepolcri dei miei padri,perché io possa
ricostruirla". Il re, cheaveva la regina seduta al suo
fianco, mi disse: "Quanto durerà il tuo viaggio?Quando
ritornerai?". Dunque la cosa nonspiaceva al re, che mi
lasciava andare, eio gli indicai la data. Poi dissi al re:
"Sepiace al re, mi si diano le lettere per igovernatori
dell'Oltrefiume, perché milascino passare fino ad arrivare
inGiudea, e una lettera per Asaf,guardiano del parco del
re, perché mi diail legname per munire di travi le porte
della cittadella del tempio, per le muradella città e la
casa dove andrò adabitare". Il re mi diede le lettere,
perchéla mano benefica del mio Dio era su di me
Finalmente Il Signore fa sorgere il tempo del
ritorno a Gerusalemme. E’ come un nuovo esodoche il re Ciro,
re dei Persiani, vincitore di Babilonia, nell’anno 539 a.C.
propone pubblicando,l’anno seguente: il 538 a.C., l’editto
per cui concede di poter tornare nella propria terra di
origine e ricostruire il tempio. E’ un evento complesso che però
non coinvolge tutti gli israelitipoiché molti, avendo
accettato la raccomandazione di Geremia che ha sostenuto di
integrarsisul suolo straniero (Geremia 29,4-10 ss.), si sono
via via costituiti lavoro e alloggio e sitrovano bene anche
a Babilonia.Ritornano perciò in pochi, tra grandi
difficoltà. E’ il piccolo “resto” del popolo.Ci sono molte
tracce di fatiche e di sofferenze nei documenti che ci sono
pervenuti poiché gliabitanti del posto vedono i nuovi venuti
come degli intrusi, e che spesso accampano anchegrandi
pretese. Così il ritorno non è esaltante poiché arrivano in un
contesto che nel frattemposi è sviluppato senza di loro. In
più, quelli che tornano rivogliono le proprietà dei loro padri,
abbandonate non moltissimi decenni prima. Questo dice allora la
tensione, la lotta, la miseriae quindi la diffidenza dei
primi esuli ritornati.In un primo periodo si costruisce il
tempio, come è possibile.Del ritorno da Babilonia parlano i
due libri di Esdra e Neemia, i due grandi restauratori del
nuovo popolo, vissuti in tempi diversi. Diventa difficile capire
chiaramente i tempi della loropermanenza poiché non sembra
abbiano operato insieme. Esdra si occupa di regolare il culto, i
sacrifici del tempio e far osservare la legge; ma egli
affronterà anche il problema di unacomunità “contaminata da
matrimoni con donne straniere” dovendo sempre superare
l'ostilitàdei vicini, che fanno intervenire il re persiano a
fermare i lavori.Neemia (leggiamo nel testo di oggi) è
l’altro restauratore e ricostruttore del nuovo popolosanto
che è ritornato a Gerusalemme. E’ coppiere del re, chiede il
permesso di recarsi aGerusalemme per ricostruirne le mura e
rafforzare le porte. Una città senza mura e senza porte
diventa una città giocattolo, in preda ai nemici e ai predoni
che vi fanno il bello e bruttotempo. Egli saprà organizzare
i lavori, ma dovrà tener testa a diverse iniziative di nemici
chevogliono ostacolarlo.Il re di cui si parla sembra
essere Artaserse I nel 445 a.C. (ma esiste anche un Artaserse
II,vissuto tra il 404 e il 358 a. C. Sembra che qui si debba
collocare Esdra).L'occasione di servire alla tavola del re,
dopo circa quattro mesi dall'incontro con i viaggiatoridalla
Giudea, permette a Neemia, per una serie di circostanze, di
sviluppare un progetto diricostruzione, ottenendo l'assenso
di tutte le garanzie da parte del sovrano. Chiaramente
l'autore biblico fa intravvedere lo sviluppo degli avvenimenti
come provvidenziale dono diDio.
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Paolo ai Romani 15, 25-33.
Fratelli, Per il momento vado a
Gerusalemme, a rendere un servizio aisanti di quella
comunità; la Macedoniae l’Acaia infatti hanno voluto
realizzareuna forma di comunione con i poveri trai santi
che sono a Gerusalemme.L’hanno voluto perché sono ad essi
debitori: infatti le genti, avendopartecipato ai loro beni
spirituali, sono indebito di rendere loro un servizio sacro
anche nelle loro necessità materiali.Quando avrò fatto
questo e avròconsegnato sotto garanzia quello che èstato
raccolto, partirò per la Spagnapassando da voi. So che,
giungendopresso di voi, ci verrò con la pienezzadella
benedizione di Cristo. Perciò,fratelli, per il Signore
nostro Gesù Cristoe l’amore dello Spirito, vi raccomando:
lottate con me nelle preghiere cherivolgete a Dio, perché io
sia liberatodagli infedeli della Giudea e il mioservizio
a Gerusalemme sia bene accettoai santi. Così, se Dio lo
vuole, verrò davoi pieno di gioia per riposarmi in mezzo
a voi. Il Dio della pace sia con tutti voi.Amen. Ormai Paolo, terminando questa sua lettera ai
Romani, se per un verso si scusa “di una certaaudacia” che
ha usato “per ricordarvi ciò che già sapete” (15,15), dall’altro
verso spiega che loscritto vuole essere una testimonianza
della propria fede e delle scelte fatte con coraggio alla
luce del messaggio di Gesù. Insieme esprime una nostalgia
struggente di poter arrivare aquesta comunità a cui aveva
pensato molte volte, ma si è trovato in difficoltà a mantenere
lapromessa. Ora deve proprio passare da Roma perché andrà ad
annunciare la Parola di Gesù inSpagna. Paolo ha scoperto che
questo è il suo ruolo. “e mi sono fatto un punto di onore non
annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo”
(15,20). E’ in giocosensibilità pastorale e ci sono echi di
tensioni nelle scelte: crisi, gelosie, perplessità,
diffidenze, malintesi e giudizi malevoli, tanto più che Paolo
osa entrare nelle culture pagane e,probabilmente, deve
adattare di volta in volta, sviluppando itinerari di
conversione, sapendoanalizzare e comprendere perplessità e
nostalgie sempre emergenti in chi, convertendosi,ciascuno si
porta dentro. Paolo è una persona profondamente fedele e
profondamente libera. Ein questo frangente ci lascia
scoprire anche le sue paure e i suoi timori su pericoli di
malintesiche potrebbero sorgere: infatti deve portare in
dono del danaro raccolto con una colletta ericevere un tal
dono rischia di essere considerato una elemosina e quindi uno
schiaffo allapropria dignità, tanto più che le offerte
vengono alla comunità madre di Gerusalemme dacomunità
originariamente pagane.Paolo è preoccupato perché vede il
bisogno della comunità di Gerusalemme che si èdissanguata
nel soccorrere i poveri e coloro che avevano bisogno, senza
risparmiarsi ed orapotrebbero sentirsi offesi da offerte
provenienti dall’esterno.Paolo assicura che questo modo di
solidarietà è altamente degno di Gesù e allo stesso modo, chiede
solidarietà alla comunità di Roma. In questo caso non si tratta
di danaro ma dipreghiera. Alla comunità di Roma, che sa
impegnata, la solidarietà più alta è che preghinoperché il
suo gesto non sia equivocato. Anzi è importante che sia accolto
e garantito con gioiae non susciti malumore e tensioni. E
viene invocata la Trinità al v 30 perché “attraverso il
Signore Gesù e attraverso l'amore dello Spirito noi arriviamo
nella preghiera al Padre”.E’ molto interessante intravedere
le fatiche pastorali che anche nelle prime Comunità cristiane
sorgono poiché la conversione del cuore suppone poi un
allenamento, una verifica attenta aipropri affetti ed una
analisi spassionata e liberante dei propri sentimenti di stima,
di dignità,di valutazione, di rispetto, di soggezione, e si
può continuare in una serie infinita di sfumatureche possono
rendere spesso irrespirabile anche una comunità cristiana.Un
lavoro di rispetto, di non violenza, di coraggio e di
misericordia va maturato soprattuttonel nostro tempo in cui
la scarsità di sacerdoti fa emergere, per fortuna, volontari,
credentiaffidabili, catechisti e catechiste aperti anche a
coinvolgimenti pastorali più ampi. Quiveramente deve
scattare una grande sorveglianza sulle gelosie e le tensioni.
che un tempo, coni sacerdoti erano più contenute,
riconoscendo loro dei ruoli insostituibili. Ed ora molti ruoli,
non tutti, ma molti possono essere decentrati ai laici.
Matteo 21, 10-16In quel tempo. Mentre il Signore Gesù
entrava in Gerusalemme, tutta la città fupresa da agitazione
e diceva: «Chi ècostui?». E la folla rispondeva: «Questi
è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».Gesù entrò nel
tempio e scacciò tuttiquelli che nel tempio vendevano e
compravano; rovesciò i tavoli deicambiamonete e le sedie dei
venditori dicolombe e disse loro: «Sta scritto: Lamia
casa sarà chiamata casa dipreghiera. Voi invece ne fate un
covo diladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e
storpi, ed egli li guarì. Ma i capi deisacerdoti e gli
scribi, vedendo lemeraviglie che aveva fatto e i fanciulli
che acclamavano nel tempio: «Osanna alfiglio di Davide!», si
sdegnarono, e glidissero: «Non senti quello che dicono
costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Nonavete mai letto: Dalla
bocca di bambini edi lattanti hai tratto per te una lode?». |