XIII DOMENICA DOPO PENTECOSTE
18 agosto 2013
Matteo 21, 10-16
Riferimenti : Neemia 1, 1-4; 2, 1-8. 1 - Salmop  83 - Paolo ai Romani 15, 25-33.
Dio, non darti riposo, non restare muto e inerte, o Dio. Vedi: i tuoi avversari fremono e i tuoi nemici alzano la testa. Contro il tuo popolo ordiscono trame e congiurano contro i tuoi protetti. Hanno detto: "Venite, cancelliamoli come popolo e più non si ricordi il nome di Israele". Hanno tramato insieme concordi, contro di te hanno concluso un'alleanza

Neemia 1, 1-4; 2, 1-8. 1

Parole di Neemia, figlio di Acalia. Nelmese di Chisleu dell'anno ventesimo,mentre ero nella cittadella di Susa,Anàni, uno dei miei fratelli, e alcuni altri uomini arrivarono dalla Giudea. Liinterrogai riguardo ai Giudei, i superstitiche erano scampati alla deportazione, eriguardo a Gerusalemme. Essi midissero: "I superstiti che sono scampatialla deportazione sono là, nella provincia, in grande miseria edesolazione; le mura di Gerusalemmesono devastate e le sue porte consumatedal fuoco". Udite queste parole, misedetti e piansi; feci lutto per parecchigiorni, digiunando e pregando davanti alDio del cielo. Nel mese di Nisan dell'annoventesimo del re Artaserse, appena ilvino fu pronto davanti al re, io presi ilvino e glielo diedi. Non ero mai statotriste davanti a lui. Ma il re mi disse:"Perché hai l'aspetto triste? Eppure nonsei malato; non può essere altro cheun'afflizione del cuore". Allora io ebbigrande timore e dissi al re: "Viva il reper sempre! Come potrebbe il mioaspetto non essere triste, quando la cittàdove sono i sepolcri dei miei padri è inrovina e le sue porte sono consumate dalfuoco?". Il re mi disse: "Che cosadomandi?". Allora io pregai il Dio del cielo e poi risposi al re: "Se piace al re ese il tuo servo ha trovato grazia ai tuoiocchi, mandami in Giudea, nella cittàdove sono i sepolcri dei miei padri,perché io possa ricostruirla". Il re, cheaveva la regina seduta al suo fianco, mi disse: "Quanto durerà il tuo viaggio?Quando ritornerai?". Dunque la cosa nonspiaceva al re, che mi lasciava andare, eio gli indicai la data. Poi dissi al re: "Sepiace al re, mi si diano le lettere per igovernatori dell'Oltrefiume, perché milascino passare fino ad arrivare inGiudea, e una lettera per Asaf,guardiano del parco del re, perché mi diail legname per munire di travi le porte della cittadella del tempio, per le muradella città e la casa dove andrò adabitare". Il re mi diede le lettere, perchéla mano benefica del mio Dio era su di me

Finalmente Il Signore fa sorgere il tempo del ritorno a Gerusalemme. E’ come un nuovo esodoche il re Ciro, re dei Persiani, vincitore di Babilonia, nell’anno 539 a.C. propone pubblicando,l’anno seguente: il 538 a.C., l’editto per cui concede di poter tornare nella propria terra di origine e ricostruire il tempio. E’ un evento complesso che però non coinvolge tutti gli israelitipoiché molti, avendo accettato la raccomandazione di Geremia che ha sostenuto di integrarsisul suolo straniero (Geremia 29,4-10 ss.), si sono via via costituiti lavoro e alloggio e sitrovano bene anche a Babilonia.Ritornano perciò in pochi, tra grandi difficoltà. E’ il piccolo “resto” del popolo.Ci sono molte tracce di fatiche e di sofferenze nei documenti che ci sono pervenuti poiché gliabitanti del posto vedono i nuovi venuti come degli intrusi, e che spesso accampano anchegrandi pretese. Così il ritorno non è esaltante poiché arrivano in un contesto che nel frattemposi è sviluppato senza di loro. In più, quelli che tornano rivogliono le proprietà dei loro padri, abbandonate non moltissimi decenni prima. Questo dice allora la tensione, la lotta, la miseriae quindi la diffidenza dei primi esuli ritornati.In un primo periodo si costruisce il tempio, come è possibile.Del ritorno da Babilonia parlano i due libri di Esdra e Neemia, i due grandi restauratori del nuovo popolo, vissuti in tempi diversi. Diventa difficile capire chiaramente i tempi della loropermanenza poiché non sembra abbiano operato insieme. Esdra si occupa di regolare il culto, i sacrifici del tempio e far osservare la legge; ma egli affronterà anche il problema di unacomunità “contaminata da matrimoni con donne straniere” dovendo sempre superare l'ostilitàdei vicini, che fanno intervenire il re persiano a fermare i lavori.Neemia (leggiamo nel testo di oggi) è l’altro restauratore e ricostruttore del nuovo popolosanto che è ritornato a Gerusalemme. E’ coppiere del re, chiede il permesso di recarsi aGerusalemme per ricostruirne le mura e rafforzare le porte. Una città senza mura e senza porte diventa una città giocattolo, in preda ai nemici e ai predoni che vi fanno il bello e bruttotempo. Egli saprà organizzare i lavori, ma dovrà tener testa a diverse iniziative di nemici chevogliono ostacolarlo.Il re di cui si parla sembra essere Artaserse I nel 445 a.C. (ma esiste anche un Artaserse II,vissuto tra il 404 e il 358 a. C. Sembra che qui si debba collocare Esdra).L'occasione di servire alla tavola del re, dopo circa quattro mesi dall'incontro con i viaggiatoridalla Giudea, permette a Neemia, per una serie di circostanze, di sviluppare un progetto diricostruzione, ottenendo l'assenso di tutte le garanzie da parte del sovrano. Chiaramente l'autore biblico fa intravvedere lo sviluppo degli avvenimenti come provvidenziale dono diDio.

Paolo ai Romani 15, 25-33.

Fratelli, Per il momento vado a Gerusalemme, a rendere un servizio aisanti di quella comunità; la Macedoniae l’Acaia infatti hanno voluto realizzareuna forma di comunione con i poveri trai santi che sono a Gerusalemme.L’hanno voluto perché sono ad essi debitori: infatti le genti, avendopartecipato ai loro beni spirituali, sono indebito di rendere loro un servizio sacro anche nelle loro necessità materiali.Quando avrò fatto questo e avròconsegnato sotto garanzia quello che èstato raccolto, partirò per la Spagnapassando da voi. So che, giungendopresso di voi, ci verrò con la pienezzadella benedizione di Cristo. Perciò,fratelli, per il Signore nostro Gesù Cristoe l’amore dello Spirito, vi raccomando: lottate con me nelle preghiere cherivolgete a Dio, perché io sia liberatodagli infedeli della Giudea e il mioservizio a Gerusalemme sia bene accettoai santi. Così, se Dio lo vuole, verrò davoi pieno di gioia per riposarmi in mezzo a voi. Il Dio della pace sia con tutti voi.Amen.

Ormai Paolo, terminando questa sua lettera ai Romani, se per un verso si scusa “di una certaaudacia” che ha usato “per ricordarvi ciò che già sapete” (15,15), dall’altro verso spiega che loscritto vuole essere una testimonianza della propria fede e delle scelte fatte con coraggio alla luce del messaggio di Gesù. Insieme esprime una nostalgia struggente di poter arrivare aquesta comunità a cui aveva pensato molte volte, ma si è trovato in difficoltà a mantenere lapromessa. Ora deve proprio passare da Roma perché andrà ad annunciare la Parola di Gesù inSpagna. Paolo ha scoperto che questo è il suo ruolo. “e mi sono fatto un punto di onore non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo” (15,20). E’ in giocosensibilità pastorale e ci sono echi di tensioni nelle scelte: crisi, gelosie, perplessità, diffidenze, malintesi e giudizi malevoli, tanto più che Paolo osa entrare nelle culture pagane e,probabilmente, deve adattare di volta in volta, sviluppando itinerari di conversione, sapendoanalizzare e comprendere perplessità e nostalgie sempre emergenti in chi, convertendosi,ciascuno si porta dentro. Paolo è una persona profondamente fedele e profondamente libera. Ein questo frangente ci lascia scoprire anche le sue paure e i suoi timori su pericoli di malintesiche potrebbero sorgere: infatti deve portare in dono del danaro raccolto con una colletta ericevere un tal dono rischia di essere considerato una elemosina e quindi uno schiaffo allapropria dignità, tanto più che le offerte vengono alla comunità madre di Gerusalemme dacomunità originariamente pagane.Paolo è preoccupato perché vede il bisogno della comunità di Gerusalemme che si èdissanguata nel soccorrere i poveri e coloro che avevano bisogno, senza risparmiarsi ed orapotrebbero sentirsi offesi da offerte provenienti dall’esterno.Paolo assicura che questo modo di solidarietà è altamente degno di Gesù e allo stesso modo, chiede solidarietà alla comunità di Roma. In questo caso non si tratta di danaro ma dipreghiera. Alla comunità di Roma, che sa impegnata, la solidarietà più alta è che preghinoperché il suo gesto non sia equivocato. Anzi è importante che sia accolto e garantito con gioiae non susciti malumore e tensioni. E viene invocata la Trinità al v 30 perché “attraverso il Signore Gesù e attraverso l'amore dello Spirito noi arriviamo nella preghiera al Padre”.E’ molto interessante intravedere le fatiche pastorali che anche nelle prime Comunità cristiane sorgono poiché la conversione del cuore suppone poi un allenamento, una verifica attenta aipropri affetti ed una analisi spassionata e liberante dei propri sentimenti di stima, di dignità,di valutazione, di rispetto, di soggezione, e si può continuare in una serie infinita di sfumatureche possono rendere spesso irrespirabile anche una comunità cristiana.Un lavoro di rispetto, di non violenza, di coraggio e di misericordia va maturato soprattuttonel nostro tempo in cui la scarsità di sacerdoti fa emergere, per fortuna, volontari, credentiaffidabili, catechisti e catechiste aperti anche a coinvolgimenti pastorali più ampi. Quiveramente deve scattare una grande sorveglianza sulle gelosie e le tensioni. che un tempo, coni sacerdoti erano più contenute, riconoscendo loro dei ruoli insostituibili. Ed ora molti ruoli, non tutti, ma molti possono essere decentrati ai laici. Matteo 21, 10-16In quel tempo. Mentre il Signore Gesù entrava in Gerusalemme, tutta la città fupresa da agitazione e diceva: «Chi ècostui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».Gesù entrò nel tempio e scacciò tuttiquelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli deicambiamonete e le sedie dei venditori dicolombe e disse loro: «Sta scritto: Lamia casa sarà chiamata casa dipreghiera. Voi invece ne fate un covo diladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi deisacerdoti e gli scribi, vedendo lemeraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna alfiglio di Davide!», si sdegnarono, e glidissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Nonavete mai letto: Dalla bocca di bambini edi lattanti hai tratto per te una lode?».

 
 
PIANTA DI GERUSALEMME DEL 30 D. C.
 Matteo 21, 10-16
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne fate un covo di ladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode?».


Matteo 21, 10-16I testi che leggiamo oggi sono un seguito dell’entrata trionfale di Gesù in Gerusalemme su unasino nell’ultima settimana di Pasqua: un ingresso, curiosamente organizzato e costruitoproprio da Gesù stesso. E’ stato un gesto immediatamente colto dalla folla che lo seguiva, venuta dal di fuori per le feste pasquali, disponibile a seguire Gesù, a differenza della gente diGerusalemme che mantiene un atteggiamento sospettoso e rigido. Si confrontano, in unaparola, due realtà di persone: la folla, che lo sta seguendo dal monte degli ulivi, e la gente di Gerusalemme. La folla per le strade si ingrossa sempre più e si esprime con gestiimprovvisati e sconcertanti: stende le proprie vesti sulla strada. La gente di Gerusalemme “fupresa da agitazione” (il verbo usato significa: “la gente si scuote come per un terremoto”) ed èun verbo che si trova altre tre volte per indicare fatti drammatici e sconvolgenti: i magi aBetlemme, la morte di Gesù e la sua risurrezione.Tutto si muove attorno ad un interrogativo: “Chi è costui?”. La risposta della folla gioca tuttele risposte più strane e le impasta in un miscuglio assurdo: è il profeta ma ha ancheproclamato che è figlio di Davide e quindi Messia. Eppure viene da un paese sperduto e dauna regione dove sono mescolate fanatismo, ignoranza e paganesimo: “Galilea delle genti”(Is 8,23b; Mt 4,15).Gesù entra nel tempio e compie due tipi di gesti che disorientano le persone. Gesù vuolepurificare il tempio ma vi si svolge una specie di mercato in cui si cambiano le monete paganein monete sacre e si acquistano animali per il sacrificio. Il tutto si svolge nel cortile detto deigentili ( o dei pagani), spazio in cui possono spingersi anche i non ebrei, ma era sempretempio e spesso avvengono abusi “degni di ladroni”. Gesù rivendica il vero significato deltempio come ”la casa di preghiera” come dice il profeta Isaia (56,7): "La mia casa saràchiamata casa di preghiera per tutte le genti". E però Matteo può dare alla Comunità cristiana anche un nuovo significato: cacciare dal tempio le pecore e i buoi destinati al sacrificio puòanche voler dire che ormai ci sarà un sacrificio nuovo e unico: quello dell'offerta della mortedi Gesù al Padre e tutti i sacrifici degli animali sono aboliti.L’altro gesto è dato dalla entrata nel tempio di ciechi e gli zoppi “Gesù li guarì" (21,14). In 2Samuele 5,7-8 un detto, che viene riferito da parte di Davide, esclude che “i ciechi e gli zoppipossano entrare nella casa". E’ sorta così l’abitudine di escludere dal tempio ciechi e zoppi ecomunque infermi e pagani. Ma ora Gesù apre le porte del tempio a tutti e il tempio restituiscedignità ad ogni persona perché la riconosce come umanità creata e amata da Dio.I sommi sacerdoti si irritano sia dell’acclamazione di Gesù profeta, sia della guarigione diciechi e storpi entrati nel tempio e sia delle urla dei bambini che gridano “Gesù, figlio diDavide” e quindi Messia. Gesù risponde alle lamentele irate dei sommi sacerdoti con un branodel Salmo 8,3: “con la bocca di bambini e di lattanti:hai posto una difesa contro i tuoiavversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli.”Qui i nemici sono i sommi sacerdoti, presi dall’ira, che si oppongono sia all’operato di Gesù esia al riconoscimento messianico che la folla gli tributa. I bambini invece sono qualificati adannunciare la misteriosa realtà del Regno (Mt 18,3).