XI DOMENICA DOPO PENTECOSTE
04 agosto 2013
Lc 16,19-31
RIFERIMENTI : 1 Re 21, 1-19 - SALMO  5- Romani 12, 9-18
Porgi l'orecchio, Signore, alle mie parole: intendi il mio lamento. Ascolta la voce del mio grido, o mio re e mio Dio, perché ti prego, Signore. Al mattino ascolta la mia voce; fin dal mattino t'invoco e sto in attesa. Tu non sei un Dio che si compiace del male; presso di te il malvagio non trova dimora; gli stolti non sostengono il tuo sguardo. Tu detesti chi fa il male,

1 Re 21, 1-19In quei giorni. Avvenne questo episodio. Nabot diIzreèl possedeva una vigna che era a Izreèl, vicinoal palazzo di Acab, re di Samaria. Acab disse aNabot: «Cedimi la tua vigna; ne farò un orto,perché è confinante con la mia casa. Al suo posto tidarò una vigna migliore di quella, oppure, sepreferisci, te la pagherò in denaro al prezzo chevale». Nabot rispose ad Acab: «Mi guardi ilSignore dal cederti l’eredità dei miei padri». Acabse ne andò a casa amareggiato e sdegnato per leparole dettegli da Nabot di Izreèl, che avevaaffermato: «Non ti cederò l’eredità dei mieipadri!». Si coricò sul letto, voltò la faccia da un latoe non mangiò niente. Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò: «Perché mai il tuo animoè tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?».Le rispose: «Perché ho detto a Nabot di Izreèl:“Cedimi la tua vigna per denaro, o, se preferisci, tidarò un’altra vigna” ed egli mi ha risposto: “Noncederò la mia vigna!”». Allora sua moglie Gezabele gli disse: «Tu eserciti così la potestàregale su Israele? Àlzati, mangia e il tuo cuoregioisca. Te la farò avere io la vigna di Nabot diIzreèl!». Ella scrisse lettere con il nome di Acab, lesigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anzianie ai notabili della città, che abitavano vicino aNabot. Nelle lettere scrisse: «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popolo. Di fronte alui fate sedere due uomini perversi, i qualil’accusino: “Hai maledetto Dio e il re!”. Quindiconducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia». Gliuomini della città di Nabot, gli anziani e i notabiliche abitavano nella sua città, fecero come avevaordinato loro Gezabele, ossia come era scritto nellelettere che aveva loro spedito. Bandirono un digiuno e fecero sedere Nabot alla testa del popolo. Giunsero i due uomini perversi, che si sedettero difronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti alpopolo affermando: «Nabot ha maledetto Dio e ilre». Lo condussero fuori della città e lo lapidaronoed egli morì. Quindi mandarono a dire a Gezabele: «Nabot è stato lapidato ed è morto». Appena Gezabele sentì che Nabot era statolapidato ed era morto, disse ad Acab: «Su, prendipossesso della vigna di Nabot di Izreèl, il quale harifiutato di dartela in cambio di denaro, perché Nabot non vive più, è morto». Quando sentì cheNabot era morto, Acab si alzò per scendere nellavigna di Nabot di Izreèl a prenderne possesso.Allora la parola del Signore fu rivolta a Elia ilTisbita: «Su, scendi incontro ad Acab, re d’Israele, che abita a Samaria; ecco, è nella vigna diNabot, ove è sceso a prenderne possesso. Poiparlerai a lui dicendo: “Così dice il Signore: Haiassassinato e ora usurpi!”. Gli dirai anche: “Cosìdice il Signore: Nel luogo ove lambirono il sanguedi Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue”».

 Dio si presenta come custode della giustizia e come difensore del debole. E questo avviene attraverso ilprofeta, oggi con Elia e, un tempo, con Natan di fronte al peccato di Davide con Betsabea (2 Sm 11) e l’omicidio del marito di Betsabea, Uria. Anche là, tutto si sarebbe svolto nell'anonimato e nel silenzio, seil Signore non avesse fatto emergere la condanna del profeta che ha denunciato apertamente a Davide ilsuo peccato e quindi il castigo che ne sarebbe venuto.Nella Scrittura i racconti di misfatti sono riferiti senza reticenze poiché sono il volto di una umanitàprepotente, sfruttatrice, debole. Il racconto non risparmia amici e nemici mentre mette sempre in luce la giustizia e la misericordia di Dio, custode di una umanità di cui è pastore.Il testo di oggi è il paradigma di come il mondo può essere sovvertito dalla prepotenza e dall'ingordigia. In tal modo chi ha potere, se non segue le leggi di Dio, può stravolgere secondo il proprio interessequello che è giusto e travolgere ogni persona debole e fragile, anche se si trova dalla parte della ragione.Il racconto della vigna di Nabot segna un esempio classico di ingiustizia e di prevaricazione per il potereche si esercita sui sudditi. Acab è re di Samaria e desidera la vigna di un contadino che confina col suo palazzo. La gestione del potere, non a caso, è governata da una regina pagana che non ha assimilato laresponsabilità del re verso i suoi sudditi, Pastore visibile del Dio invisibile. Nel mondo pagano il re èconsiderato, spesso, una divinità, comunque sottratto alla legge che è solo dei sudditi. Il potere del re èpotere assoluto (absolutus: sciolto e superiore alla legge). Per sé la proposta del re è ragionevole, ma non accetta che l’altro si rifiuti. Ed il rifiuto dipende dal valore della terra, ricevuta in eredità dai padri che dàdiritto di cittadinanza e che custodisce, spesso, la sepoltura degli antenati (1 Samuele 25,1).Problemi e spogliazioni ancora più macroscopiche avvengono oggi con i popoli poveri. Le loro terre sono depredate delle ricchezze del sottosuole senza un serio mercato che permetta di superare la fame, lamalattia, l’ignoranza e la miseria. Sono saccheggi e rapine su paesi di sfruttamento. Spesso tali territoridiventano anche discariche di rifiuti tossiciPaolo VI, nella "Populorum Progressio" (1967, n. 49) scrive: “Una cosa va ribadita di nuovo: il superfluodei paesi ricchi deve servire ai paesi poveri. La regola che valeva un tempo in favore dei più vicini deveessere applicata oggi alla totalità dei bisognosi del mondo. I ricchi saranno del resto i primi ad esserne avvantaggiati. Diversamente, ostinandosi nella loro avarizia, non potranno che suscitare il giudizio diDio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili”.In Italia si è sviluppato, in modo significativo, l’intervento del volontariato, nel mondo cattolico, certo,ma anche nel mondo laico. Per il prezioso contributo che viene offerto vanno incoraggiate le presenzeaccanto al mondo dei poveri: il volontariato ha la prerogativa, insieme con l’aiuto, il privilegio diincontrare e vivere con le persone mentre gli interventi istituzionali rischiano di diventare anonimi e burocratici. Vanno incoraggiati ad affrontare, in modo nuovo, i rapporti sociali, ma è necessaria unalegislazione che offra fiducia e facilitazioni pur mantenendo con intelligenza i controlli.Va ripensato il problema della pace, il coraggio del riconoscere la dignità di ogni persona, la volontà di individuare le culture e di intervenire senza portare guasti, ma sostenendo un cammino di crescita e dicorresponsabilità. Ci sono grandi “segni dei tempi”, come ricorda Papa Giovanni XXIII nella “Pacem in terris” (enciclicadel 1963) che incoraggiano a seguire e valorizzare cambiamenti. In questi giorni enormi manifestazioniin Brasile ci hanno sorpreso poiché il popolo, notoriamente qualificato come fanatico del calcio, maeducato da anni alla lotta contro la povertà dagli ultimi governi, si è ribellato alle prospettive di grandi spese per sport e stadi. Il popolo matura quando il cammino è ben segnato e non accetta più laprospettiva antica del “panem et circenses” (pane e sport). Esso, invece, sta chiedendo di continuare acostruire scuole ed ospedali.

Romani 12, 9-18Fratelli, la carità non sia ipocrita: detestate ilmale, attaccatevi al bene; amatevi gli uni glialtri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare ilbene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costantinella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro chevi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia;piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevipiuttosto a ciò che è umile. Non stimatevisapienti da voi stessi. Non rendete a nessunomale per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, perquanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Benedite coloro che vi perseguitano, beneditee non maledite. Rallegratevi con quelli chesono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gliuni verso gli altri; non nutrite desideri digrandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile.Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate dicompiere il bene davanti a tutti gli uomini. Sepossibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.

Tra i due drammi della vigna di Nabot e il ricco epulone questo testo fa da cerniera per incoraggiare nelmondo un criterio nuovo di rapporto con le persone. La Comunità cristiana viene invitata ad essereesempio, come novità di Gesù e quindi come il nuovo volto di Dio attraverso noi.Non si può leggere questi bellissimi testi, esemplificativi sulla "carità", senza premettere i primi dueversetti di questo capitolo che qualificano e illustrano il significato successivo del messaggio. "Vi esorto,fratelli, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro cultospirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo dipensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto." (12,1-2). Paoloincoraggia la comunità cristiana perché riscopra, nella propria vocazione, un culto vissuto nello Spirito,fatto di gesti e di scelte, di consapevolezza, di responsabilità e di attenzione, trasformandosicompletamente rispetto alla mentalità corrente.Il tempio raccoglieva e offriva preghiere e offerte sacrificali a Dio. Ora non c’è più, ma preghiere eofferte salgono a Dio da un nuovo tempio, prima quello di Gesù e poi costituito dalla nostra vita e dalnostro corpo, a somiglianza del corpo del Signore Gesù che ha riassunto in sé la pienezza della preghierae la totale offerta del suo cuore sulla croce. Noi siamo come Gesù segno e offerta con una novità tutta sua che lo rende unico agli occhi di Dio. La "carità" è l’amore di Dio e del prossimo con cui rispondoall’amore di Dio e corrisponde alla parola di Gesù che raccomanda il superamento della ipocrisia odell’amore per il proprio tornaconto “Infatti, se amate quelli che vi amano, - dice Gesù - qualericompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? (Mt 5,46). Perciò, nell’amore fraterno che cisostiene non ci si mette al primo posto ma si apprezza l’altro più di sé.I suggerimenti di Paolo nascono dalla lunga esperienza che lo ha aiutato negli incontri con le culture e ipopoli diversi. Si sentono vari richiami di parole di Gesù riportate da Matteo ( cap5). Significa che i testidelle parole di Gesù circolano e sono ormai diventato patrimonio di fede e di memoria per i cristiani nelmondo: “Benedite, rallegratevi con chi è nel pianto e piangete con chi piange”.Una preoccupazione insistente è quella della pace, che non sempre dipende dai due contendenti poiché ilvivere in pace nasce dalla fiducia reciproca, dal superamento dei pregiudizi, delle paure e delle delusioni.La prima custodia della pace verso gli altri è il proprio cuore, se la viviamo con libertà e la offriamo con sincerità. Probabilmente la pace diventa credibile nel tempo, a lunga distanza, nella continuità e nellafedeltà. Con molta esperienza Paolo dice:” Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace contutti” (12,18).

   Lc 16,19-31
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: “ C’eraun uomo ricco, che indossava vestiti di porporae di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lautibanchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola delricco; ma erano i cani che venivano a leccare lesue piaghe. Un giorno il povero morì e fuportato dagli angeli accanto ad Abramo. Morìanche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferifra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontanoAbramo, e Lazzaro accanto a lui. Alloragridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di mee manda Lazzaro a intingere nell’acqua la puntadel dito e a bagnarmi la lingua, perché soffroterribilmente in questa fiamma”. Ma Abramorispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; maora in questo modo lui è consolato, tu invece seiin mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi èstato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lìpossono giungere fino a noi”. E quello replicò:“Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro acasa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Liammonisca severamente, perché non venganoanch’essi in questo luogo di tormento”. MaAbramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti;ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padreAbramo, ma se dai morti qualcuno andrà daloro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Senon ascoltano Mosè e i Profeti, non sarannopersuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Ci troviamo di fronte ad un ricco che, in fondo, non fa nulla di male. Non si dice che sfrutta i poveri, che ruba, che è disonesto nel pagare le tasse, che perseguita gli onesti con metodi mafiosi di potere. E’ unapersona che si fa gli affari suoi, nessuno gli può rimproverare qualcosa.Ma anche di Lazzaro non si dice qualcosa della sua vita, se è stato un padre amoroso, un lavoratore, un onesto o fannullone. La situazione fotografata è la irreparabile situazione di disparità tra chi ha e chi nonha e l’inesistente tentativo di superare questa lacerazione.Si sono fatti passi avanti? Ci sono stati molti tentativi di provvidenze in questi ultimi due secoli a livellopolitico. Prima, fino all’inizio del 900, salvo qualche eccezione, tutta l’attenzione alla povertà eralasciata alle provvidenze private o religiose.A livello politico sono sorti movimenti, ideologie, partiti. Ci sono stati tentativi di legislazioni sociali piùattente ai bisogni. Il mondo cattolico stesso ha fatto molti passi avanti dalla metà dell’Ottocento, quandosi è sviluppato il fenomeno rivoluzionario della industrializzazione e lo sconvolgimento di ritmi dilavoro, di vita, di ritmi, di sfruttamento. Non va dimenticato che, a dispetto del Vangelo e del coraggiodegli antichi padri della Chiesa, soprattutto nel tempo della prima industrializzazione in Inghilterra, inFrancia ed in Germania, e in qualche modo anche in Italia, i cambiamenti senza regole e quindi lo sfruttamento di uomini, donne e bambini sono saliti alle stelle con miserie infinite. E salvo qualcheeccezione di Vescovi attenti, tutta la riflessione cristiana si risolveva nello stile del: “Abbi pazienza, se soffri di qui, di là sarai ricompensato”. Una tale religiosità difficilmente ha fatto reagire il popolocristiano, salvo alcune frange e alcuni grandi santi. Così le riletture insofferenti rilessero la religionecome oppio, altri la ripensarono come nemica dei poveri, altri ancora interpretarono le scelte dellaChiesa come furba posizione di dominio delle sofferenze per aggregare a sé i sofferenti. A pensare chegià nel sec. IV sant’Ambrogio diceva: “Quando tu dai qualcosa al povero, non gli offri ciò che è tuo, ma gli restituisci soltanto ciò che è già suo, perché la terra e i beni di questo mondo sono di tutti, non deiricchi”.E’ vero che il Signore accoglie chi soffre, ma è insofferente di chi è ingiusto e indifferente. Si ritorna allaparabola. Dio è giusto e quindi giudice degli ingiusti e degli indifferenti. Chi può cambiare le cose èl’umanità con la sua intelligenza, la sua sensibilità, il rispetto di ogni persona che soffre, la valorizzazione degli strumenti che possiede e, prima di tutto, la responsabilità personale e la politica. Ese si guarda l’impegno politico, oltre che la realtà scientifica, tecnica, legislativa, il nostro tempo non può che rallegrarsi che si siano fatti grandi cambiamenti, uno per tutti, l’impegno per lo “Stato sociale”(welfare), oggi, in tempo di crisi, purtroppo in arretramento.Come risposta ai bisogni, si è impostata per tutti l’assistenza sanitaria, la pubblica istruzione, l‘l’indennità di disoccupazione, i sussidi familiari, in caso di accertato stato di povertà o bisogno, laprevidenza sociale (assistenza d'invalidità e di vecchiaia). l‘accesso alle risorse culturali(biblioteche, musei, tempo libero), la difesa dell'ambiente naturale.E poiché tutto questo costa molto e quindi aumentano i “conti pubblici” poiché la “spesa sociale”richiede ingenti risorse finanziarie, le soluzioni provengono, in buona parte, dal “prelievo fiscale” chedovrebbe, nei Paesi democratici, proporre un sistema di tassazione progressivo, proporzionalmente alcrescere del reddito. Da qui il non evadere le tasse ci sottrae al destino del ricco epulone allo stesso modo che il rispetto del danaro pubblico che non deve arricchire chi lo gestisce. Certamente tutto deveessere fatto con il maggior scrupolo e responsabilità possibile, altrimenti si rientra nella categoria degli sfruttatori dei poveri. Un’ultima osservazione sui 5 fratelli che andrebbero avvisati, nella parabola.Probabilmente rappresentano la Comunità cristiana nel linguaggio evangelico. Nella riflessione e sullascorta della Parola di Dio tale comunità dovrebbe capire il valore della responsabilità. In tutto questo sipuò cogliere meglio, allora, che “la politica, diceva Paolo VI, è una delle forme più alte di amore”.