
V Domenica di
Avvento
16
dicembre 2012
Giovanni 3, 23-32a
Riferimenti : Isaia 30, 18-26b
- salmo 145 - Corinzi 4, 1-6
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O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire
il tuo nome in eterno e per sempre. Ti voglio benedire ogni
giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Grande è il
Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può
misurare. Una generazione narra all'altra le tue opere, annunzia
le tuemeraviglie. Proclamano lo splendore della tua gloria e
raccontano i tuoi prodigi. Dicono la stupenda tua potenza e
parlano della tua grandezza. |
Isaia 30, 18-26b
In quei
giorni.
Isaia disse: “il Signore aspetta con fiducia per
farvi grazia, per questo sorge per avere pietà di
voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati
coloro che sperano in lui. Popolo di Sion, che
abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più
piangere. A un tuo grido di supplica ti farà
grazia; appena udrà, ti darà risposta. Anche
se il Signore ti darà il pane dell’afflizione e
l’acqua della tribolazione, non si terrà più
nascosto il tuo maestro; i tuoi occhi vedranno il
tuo maestro, i tuoi orecchi sentiranno questa
parola dietro di te: «Questa è la strada,
percorretela», caso mai andiate a destra o a
sinistra. Considererai cose immonde le tue
immagini ricoperte d’argento; i tuoi idoli
rivestiti d’oro getterai via come un oggetto
immondo. «Fuori!», tu dirai loro. Allora egli
concederà la pioggia per il seme che avrai
seminato nel terreno, e anche il pane, prodotto
della terra, sarà abbondante e sostanzioso; in
quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un
vasto prato. I buoi e gli asini che lavorano la
terra mangeranno biada saporita, ventilata con
la pala e con il vaglio.Su ogni monte e su
ogni colle elevato scorreranno canali e torrenti
d’acqua nel giorno della grande strage, quando
cadranno le torri. La luce della luna sarà
come la luce del sole e la luce del sole sarà
sette volte di più, come la luce di sette giorni,
quando il Signore curerà la piaga del suo popolo”.
L’orizzonte, entro cui ci si muove, è il mondo Assiro,
violento di una violenza predatoria, che vuole
combattere, vincere e saccheggiare i popoli dell’area
mediterranea. Perciò tutti sono in subbuglio, poiché la
guerra procura devastazione e morte. In Gerusalemme i
consiglieri e il re, responsabili dei rapporti con i
popolo vicini, stanno progettando alleanze con l’Egitto. Il
profeta suggerisce invece che l’unico rimedio
debba essere il ritorno a Dio, senza confidare nelle
alleanze.
Perciò tutta la prima parte del cap. 30 è una durissima
critica a questa fiducia nell’Egitto dei faraoni. Tra
l’altro l’Egitto viene chiamato “Rahab l’oziosa” (30,7) e
Rahab è il mostro marino femminile della mitologia
corrente (a Babilonia è chiamato Tiamat) che Dio sconfigge
nella creazione quando controlla e mette i
confini al mare. Scelte non fondate sulla fiducia nel Signore
comportano per se stesse tragedie e sconfitte: “Il
Signore aspetta con fiducia per farvi grazia, per questo
sorge per avere pietà di voi, perché un Dio giusto è il
Signore; beati coloro che sperano in lui“ (v 18).
Questo popolo deve mettere in conto che ci saranno sofferenze
(“Anche se il Signore ti darà il pane
dell’afflizione e l’acqua della tribolazione” v 20) e ci
saranno momenti tristi. Ma tutto questo non dimostrerà
certamente che Dio vi abbia dimenticati. Anzi il Signore vi
accompagnerà con dolcezza e vi correggerà se vi
saranno sbandamenti. (v 21). Le deviazioni sono in
riferimento a quelle accettate tentazioni dl rivolgersi agli
idoli. E il male che fa l’idolatria non è sempre compreso.
Gli dei, costruiti dagli uomini con legno e metallo,
non hanno e non propongono un orientamento morale. Allora
tutta la legge di Dio, che è stata data sul Sinai
nel deserto per conservare la propria libertà, diventa
insignificante. Quando la si dimentica, si diventa schiavi
delle proprie passioni senza verifiche e senza aiuti.
Ma se Israele si purificherà, allora ci saranno grandi doni
per il lavoro che darà frutto. Si parla di agricoltura
e di pastorizia che rappresentano i lavoro comuni e
raggiungeranno risultati floridi. Le immagini si
accavallano per raccontare l’abbondanza, la bellezza e la
bontà dei doni.
Il contrasto interessante tra le torri che cadono (le difese
sono sbriciolate) e i canali e torrenti sui monti
dicono la difesa di Dio al popolo e l’abbondanza agricola di
raccolti e di bestiame che si sviluppano perfino
su terreni inadatti all’agricoltura.
Anche la luce della luna e del sole aumenteranno
incredibilmente e Dio stesso si fa medico che guarisce “le
piaghe del suo popolo” (v 26).
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Corinzi 4, 1-6
Fratelli, avendo questo ministero, secondo la
misericordia che ci è stata accordata, non ci
perdiamo d’animo. Al contrario, abbiamo
rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza
comportarci con astuzia né falsificando la
parola di Dio, ma annunciando apertamente la
verità e presentandoci davanti a ogni coscienza
umana, al cospetto di Dio. E se il nostro Vangelo rimane
velato, lo è in
coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio
di questo mondo ha accecato la mente, perché
non vedano lo splendore del glorioso vangelo di
Cristo, che è immagine di Dio. Noi infatti non
annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore:
quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di
Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle
tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far
risplendere la conoscenza della gloria di Dio
sul volto di Cristo.
In questa parte della lettera Paolo desidera sviluppare un
confronto tra l’Antica Alleanza con le sue
istituzioni e la Nuova Alleanza e il suo ministero che ha già
svolto nella Comunità di Corinto, ma che alcuni
cristiani, ancora molto legati all’ebraismo e alla sua
cultura (“giudaizzanti”) , gli contestano. (cap. 3).
Così Paolo, nel cap. 4, che leggiamo in parte oggi, inizia la
descrizione del ministero della Nuova Alleanza,
chiamato in precedenza, “il ministero dello Spirito”. Paolo
afferma con convinzione e consapevolezza che
centro della propria predicazione è “Gesù, Messia e Signore”
e che sua preoccupazione è quella di far
splendere nel mondo la luce divina che brilla sul volto di
Gesù.
Paolo stesso elenca le esigenze che il suo ministero
comporta: manifestare la verità alla coscienza di
ciascuno, preoccupato di non dissimularla, non nasconderla,
proposta con un coordinamento corretto e
coerente, in modo integro.
Paolo si impegna di dare un profilo alto dell’apostolo, ricco
della sua esperienza di evangelizzatore
itinerante: costanza, fortezza di spirito, sincerità,
fedeltà, umiltà, servizio.
Paolo si rammarica, ma constata che il Vangelo predicato non
è percepito nella sua genuinità e risulta
“velato”. Se non c’è chiarezza, il Dio di questo mondo
(Satana) ha accecato la mente dei suoi, rendendoli
increduli. Ma Paolo ha annunciato con correttezza “Gesù
Messia e Signore”: è la formula essenziale che
esprime l’umanità storica di Gesù (Messia) e la sua
glorificazione (Signore). Questa formula viene detta
anche “Kerigma cristiano”: è la sintesi della fede e tutto
l’insegnamento degli apostoli si orienta su questa
formula e la sviluppa. Il Vangelo, che non è sapienza di
uomini, non può essere manipolato nel suo annuncio,
né ci si può approfittare: “ noi non predichiamo noi stessi”
(v 5).
Il Dio, che ha creato la luce (Gn1,3), ha fatto splendere la
nuova luce prima di tutto nel cuore degli apostoli e
quindi nella sua manifestazione nel mondo: questa luce nuova
risplende sul “volto di Cristo” e comunicare
Gesù aiuta a intravedere questo disegno splendido di Dio che
ci ha inviato Gesù uomo e luce stessa di Dio.
Accoglierlo significa, perciò, essere trasfigurati dalla
stessa luce di Gesù.
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Giovanni 3, 23-32a
In quel tempo. Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm,
perché là c’era molta acqua; e la gente andava
a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era
ancora stato gettato in prigione. Nacque allora una discussione tra i
discepoli
di Giovanni e un Giudeo riguardo alla
purificazione rituale. Andarono da Giovanni e
gli dissero: «Rabbì, colui che era con te
dall’altra parte del Giordano e al quale hai
dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti
accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno
può prendersi qualcosa se non gli è stata data
dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io
ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono
stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui
al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello
sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia
alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve
crescere; io, invece,
diminuire». Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma
chi viene dalla terra, appartiene alla terra e
parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al
di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito.

Resti
della piscina |

Schema
della piscina |
Giovanni
ha aperto la strada a Gesù. Il brano che leggiamo riprende alcuni
aspetti della testimonianza di Giovanni il
Battista (vv 3,22-30) e si rifà alle riflessioni riguardanti il
Messia iniziate con Nicodemo (vv 3,31-36).Giovanni il Battista ha un
seguito di discepoli che si sono aggregati a lui sia con il battesimo di
penitenza esia per l’insegnamento, mentre il suo compito si svolge
prevalentemente con le folle che lo raggiungono,desiderose di ricevere
dal profeta una comprensione del tempo che si sta vivendo e di essere
aiutati per unaconversione del cuore.
Ma i suoi discepoli incominciano a veder calare la frequenza della
folla che si assottiglia mentre voci
insistenti di pellegrini comunicano che molta più gente va in cerca
di Gesù che battezza non molto lontano
(ma proprio l’evangelista, qualche versetto dopo, chiarisce che sono
i discepoli di Gesù che battezzano, non
Gesù stesso: Gv 4,2).
Giovanni il Battista viene avvisato delle iniziative di Gesù e del
suo seguito, ma il racconto è venato di
irritazione: questo comportamento viene giudicato dai discepoli come
un grave segno scorretto di
concorrenza e di mancata lealtà. Giovanni allora chiarisce con una
splendida testimonianza.
Giovanni garantisce che quello che avviene è corretto perché era in
previsione e li aveva anche avvertiti: ”Io
non sono il Cristo, ma sono mandato davanti a Lui” (v.28).
«Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo» (v
27).
Per spiegare egli utilizza una immagine, familiare a tutti, che
rappresenta anche una brevissima parabola:
quella del matrimonio. Tale immagine restituisce il riconoscimento
della identità e della vocazione di Gesù
che è lo sposo e a Giovanni viene, per le sue stesse parole, affidato
il ruolo dell’amico dello sposo. E
l’amico dello sposo è incaricato di domandare la mano della sposa e,
preparate le feste nuziali, di introdurla
dallo sposo.
Perciò Giovanni gioisce perché lo sposo sta incontrando la sposa che
si è preparata per Gesù. Essa, il popolo
del Signore, è stata iniziata da lui stesso alla purificazione con la
parola e l’invito alla conversione. Giovanni
dichiara perfetta la sua gioia perché Gesù cresce e lui diminuisce
(vv 29-30).
Le riflessioni successive (vv 31-36), di cui noi oggi leggiamo solo
due versetti, sono pensieri dell’evangelista
che accoglie la testimonianza di Giovanni Battista e garantisce che
la Parola di Gesù è grande, viene dall’alto
e testimonia ciò che ha visto e udito (v32a), a differenza delle
molte altre parole che vengono da uomini della
terra. Queste non sono necessariamente cattive, ma non svelano il
volto di Dio come invece può e sa fare
Gesù che viene dal cielo.
La testimonianza di Giovanni come la coerenza di Paolo e l’invito
alla fedeltà del popolo di Dio
incoraggiano ad uno stile di pienezza e di verità, lucido e
trasparente, coerente con i propri valori e
continuamente impegnato a non tradire la luce che il Signore ha
voluto offrirci.
Il mondo ha bisogno di testimoni.
Non a caso, ai discepoli che debbono tornare da Giovanni a riferire
la risposta al suo interrogativo
angoscioso e profondo: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo
aspettarne un altro?” Gesù ha risposto:
“Andate a riferire ciò che avete visto e udito” (Lc 7,20-22). Prima è
necessario “vedere”, e il testimone,
dovendo manifestare ciò che ha visto, non può manipolare la sua
testimonianza, ma è chiamato solo a dare
garanzia di ciò che è avvenuto. Il vedere ci mette nella linea del
conoscere, del verificare, del giocarsi come
garanti. Poi è necessario “udire”, e il testimone riporta il
significato, il valore, l’innesto alla vita. Di fronte a
ciò che il Signore ci fa vedere e quindi ci dice, è necessario non
strumentalizzare, non deformare, non
utilizzare per i propri interessi e comodi, non deteriorare, non
manipolare.
Siamo in un periodo di crisi, di difficoltà in cui la sofferenza
maggiore è la mancanza di lavoro.
Il grave disagio esistente si fa sempre più forte quando si constata
la disparità di condizione sociale, e,
insieme, l’arroganza di chi ha, l’incompetenza di chi è responsabile,
la voracità di chi cerca solo il profitto,
l’attaccamento al danaro che lo posta al furto, all’appropriazione
indebita, al sottrarre al fisco i propri beni
particolarmente vistosi, l’approfittarsi di un ruolo per guadagnare
anche illecitamente.
In questi tempi la pace si gioca su una testimonianza gratuita, e
allo stile della gratuità si dà ancora credito,
salvo le malignità, le perplessità, le diffidenze. Ma il vero
gratuito lo si chiarisce a distanza, a secondo della
intelligenza, della passione, dell’accoglienza che viene offerta,
della fedeltà.
La pace, quindi, si regge sulla collaborazione e condivisione, matura
nel far emergere il valore di leggi giuste
e l’importanza di una società coesa, si solidifica quando ci si
preoccupa di riconoscere la dignità di ogni
persona, incoraggiandola allo sviluppo, alla crescita, al
coinvolgimento in opere comuni.
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