
VI Domenica di Avvento
(divina maternità della beata
vergine)
23 dicembre 2012
Luca 1, 26-38a
Riferimenti :
Isaia 62, 10 - 63, 3b - Salmo 71 -
Filippesi 4,4-9 |
In te mi rifugio, Signore, ch'io non
resti confuso in eterno. Liberami, difendimi per la tua
giustizia, porgimi ascolto e salvami. Sii per me rupe di difesa,
baluardo inaccessibile, poiché tu sei mio rifugio e mia
fortezza. Mio Dio, salvami dalle mani dell'empio, dalle mani
dell'iniquo e dell'oppressore. Sei tu, Signore, la mia speranza,
la mia fiducia fin dalla mia giovinezza. Su di te mi appoggiai
fin dal grembo materno, dal seno di mia madre tu sei il mio
sostegno; a te la mia lode senza fine. |
Isaia 62, 10 - 63, 3b
In
quei giorni. Isaia disse: Passate, passate per le porte,
sgombrate la via al popolo, spianate, spianate
la strada, liberatela dalle pietre, innalzate un
vessillo per i popoli». Ecco ciò che il Signore
fa sentire all’estremità della terra: «Dite alla
figlia di Sion: “Ecco, arriva il tuo salvatore;
ecco, egli ha con sé il premio e la sua
ricompensa lo precede”. Li chiameranno
“Popolo santo”, “Redenti del Signore”. E tu
sarai chiamata Ricercata, “Città non
abbandonata”». «Chi è costui che viene da Edom, da Bosra
con le vesti tinte di rosso, splendido nella sua
veste, che avanza nella pienezza della sua
forza?». «Sono io, che parlo con giustizia, e
sono grande nel salvare». «Perché rossa è la
tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia
nel torchio?». «Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo
nessuno era con me.
Siamo al canto del ritorno, della gloria del popolo
finalmente splendido e salvato, della scoperta della
bellezza della sua elezione da parte di Dio che ha scelto
Gerusalemme come sposa. I primi versetti del
capitolo 62 celebrano questa bellezza e questo splendore:
“Sarai una magnifica corona nella mano del
Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno
ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra
sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la
tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la
sua delizia e la tua terra avrà uno sposo”. (62,3-4)
E continua: “Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo
Dio gioirà per te. (62,5).
In questo splendore si formulano anche gli inviti. Ma bisogna
rendere possibili gli accessi a questa città
poiché bisogna onorare l’ospite prezioso che è il Signore, il
Salvatore sta per entrare e facilitare gli invitati,
anche “alzando un vessillo per i popoli”.
Questa Gerusalemme perciò, visitata da tutti i popoli e che
riceve, insieme, come città della pace, il Signore,
è inondata di regali e di ricompense per il progetto futuro.
Vengono dati a Gerusalemme quattro nomi
simbolici che indicano le qualità del nuovo popolo di Dio:
«“Li chiameranno “Popolo santo”, “Redenti del
Signore”, “Ricercata”, “Città non abbandonata”».
Nel voler celebrare la grandezza e la novità il profeta della
restaurazione della città liberata inserisce un
testo carico di quelle immagini di guerra che un combattente
eroe, vincitore e liberatore di Gerusalemme,
porta con sé.
Dio viene descritto come un vendemmiatore che torna dopo aver
pigiato l’uva nel tino: i suoi abiti sono
sporchi di mosto ma quel mosto è il sangue dei popoli nemici
di Israele di cui Edom è il nemico tradizionale.
Le stesse immagini e il ricordo preciso di Edom, in modi più
tempestosi e più apocalittici, vengono ricordati
in Isaia al capitolo 34 (Is.34,1-7).
Senza scandalizzarci del linguaggio culturale del tempo, il
Signore rivendica la sua giustizia, la sua forza e la
sua totale scelta personale senza interventi né
collaborazioni da parte di alcuno. E’ il suo modo per
sottolineare la pienezza di amore e quindi la gratuità. Viene
immaginato un dialogo tra questo personaggio
misterioso e vincitore e le sentinelle che invitano lo
sconosciuto ad identificarsi (63,1-6).
La risposta dà il profilo di una battaglia dove il valoroso
sconosciuto ha vinto, combattendo da solo. Perciò
la sua venuta non è per interesse, né per la volontà di
potere e di potenza, ma solo per mantenere la sua
parola e sua fedeltà alla sposa: Israele.
E’ chiaro che in una lettura cristiana colui che arriva è
Gesù, potente ma che ha battuto il peccato e la morte
nella sua vita. E’ sporco del proprio sangue e non del sangue
di altri.
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Filippesi 4,4-9
Fratelli, Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate
lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è
vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate
presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e
ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza,
custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In
conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile,
quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile,
quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode,
questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete
imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in
pratica. E il Dio della pace sarà con voi!
S. Paolo, nella parte finale della lettera ai Filippesi,
si preoccupa, da buon maestro, di suggerire uno stile
pieno di gioia e di amore. La comunità, evangelizzata nel 2°
viaggio missionario di Paolo (verso il 49 d.C.),
gli è molto vicina, sentendosi particolarmente amica e grata.
Così i Filippesi si sentono il dovere di
raggiungerlo fino in carcere, dove si trova, con una generosa
offerta mediante Epafrodito. Egli, nello stesso
tempo, offre e racconta i progressi di questa chiesa. E Paolo
si sente rincuorato a sua volta: "Voi siete mia
gioia e mia corona" (4,1).
La prima parte di questo testo (4,4-5) e la terza parte (4,
8-9) hanno, come riferimento, la vicinanza di Dio,
mentre, nella parte centrale (4, 6-7), la preghiera apre la
propria vita sul mondo di Dio attraverso una
comunicazione profonda di ringraziamento, di suppliche e di
intercessione. Così, concludendo la lettera,
Paolo, dopo alcune esortazioni, consigli pratici e
raccomandazioni, invita alla gioia. "Rallegratevi nel
Signore". E se può sembrare una stranezza comandare la gioia,
Paolo crede che ci si debba sforzare di
raggiungere questo sentimento poiché egli stesso sta
sperimentando la gioia in rapporto a Cristo risorto (il
Signore). Egli ha scoperto di poterla vivere con fedeltà per
la consapevolezza che il suo sacrificio può
aiutare a far crescere la fede ai credenti di Filippi.
La gioia porta amabilità con gli uomini e la vicinanza della
venuta del Signore; anzi, più che incentivare il
distacco verso questo mondo, diventa occasione di un impegno
più solido e saldo dì amore.
Il "Non angustiatevi" ricorda lo stesso verbo del discorso
delle beatitudini (Mt 6,25-34) e impegna un giusto
rapporto con le cose. Il cristiano, di fronte alle
difficoltà, non può disperarsi ma deve fidarsi di Dio
Provvidenza e deve chiedere ciò che gli serve per il proprio
mantenimento. E nel momento stesso che chiede,
secondo lo stile ebraico, deve anche ringraziare poiché il
ringraziamento è costitutivo della preghiera,
indipendentemente che si faccia una richiesta o che questa
sia esaudita.
Allora "cuore e pensieri" (dimensione profonda e interiore
della persona) saranno custoditi nella pace e
quindi in quell’equilibrio che non prova più ansia né
sgomento.
Un atteggiamento di fiducia che accetta di camminare nella
fedeltà al Signore e nella pace deve saper
scoprire i valori fondamentali da cui ogni comunità non
dovrebbe mai prescindere. Paolo elenca otto valori
che toccano il vivere morale di ogni persona, e non solo
quello della comunità cristiana. Il numero 8 è il
numero della risurrezione, e quindi fa riferimento alla fede
dei credenti in Gesù risorto che accolgono e
vivono la speranza della vita piena. A conclusione del testo
Paolo suggerisce di imitarlo poiché si è fatto per
loro accompagnatore e maestro. Così l'augurio finale passa
dalla pace di Dio (v 7) al Dio della pace (v 9). Se
c'è Dio c’è la pace, e se c'è la pace Dio agisce
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Luca 1, 26-38a
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della
Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa
di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si
chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il
Signore è con te». domandava che senso avesse un saluto come
questo. L’angelo le disse: «Non temere,
Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio,
lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà
chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide
suo padre
e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».
Le
rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza
dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo
e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua
vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che
era detta sterile: nulla è
impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga
per me secondo la tua parola».
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Luca inizia il suo Vangelo con due annunciazioni: quella di Zaccaria nel
tempio e quella di Maria,
probabilmente in casa, e con due nascite: quella di Giovanni Battista e
quella di Gesù. Sono coinvolte due donne: Elisabetta sterile, anziana, senza
figli e Maria ragazza non ancora sposata, perciò
non ancora capace di diventare madre. Le due situazioni sono simili: sono
quelle della povertà agli occhi dei
concittadini. Nel mondo ebraico, se è apprezzata la verginità prima del
matrimonio come doverosa, dopo il
matrimonio diventa un segno di disprezzo: un grembo secco, senza vita e
quindi maledetto.
Tutto il testo ci riporta ad una lettura teologica. Più che raccontarci che
cosa è avvenuto, ci troviamo di fronte
ad un lungo e profondo messaggio di Dio. E i riferimenti si ritrovano in
diversi passi dell’AT, in particolare
con l’apparizione dell’angelo a Gedeone (Gdc 6,11-24), confrontandola con
l’annuncio della nascita di
Sansone (Gdc 13,2-7). La grandezza e la dignità del bambino, invece, rimanda
a tutto il mondo dell’AT,
soprattutto in rapporto con Davide e la sua discendenza (2Sam 7,1ss).
Nazareth è una città della Galilea, abitata da ebrei ma anche da pagani
(“Galilea delle genti” Mt 4,15) e
quindi ben lontana dalla santità e purezza di Gerusalemme. A Gesù questa sua
origine fu fatta pesare spesso.
Così, in una povertà di luogo e di persone un annuncio stupefacente viene
rivolto a Maria: “Rallegrati o
favorita da Dio, il Signore è con te”. Il saluto ritrova le parole di Sofonia
e Zaccaria, due profeti che vogliono
consolare la “figlia di Sion” ed apre orizzonti di novità e di sorpresa su
una Gerusalemme angosciata dalle
rovine e dalla sconfitta. Maria si sente identificata con l’amata di Dio, la
sposa, il popolo d’Israele che riceve
speranza e gioia.: “Gioisci, figlia di Sion” (Sof3,14; Zac 9,9). E’ una gioia
grande, che si orienta ad una
promessa e ad una presenza enorme: “Il Signore ( il Creatore, il Liberatore,
il Santo dei Santi) è con te".
Così il saluto è rivolto a Maria, ma anche a tutto Israele. E come è amata
Israele è amata Maria e vice vera.
Il saluto è sconcertante ed ha bisogno di chiarificazioni. Maria conosce le
Scritture e la rivelazione è strana.
In tal modo segue una spiegazione. “Dio ti chiede di diventare madre di colui
che è atteso da sempre, e che
riassume in sé la grandezza del popolo, la santità di Dio, la pienezza
dell’Altissimo. Accetti?” Dio vuole
salvare il mondo con una presenza impensabile, ma ha bisogno della
disponibilità di una giovane donna.
Tutto il passato e il futuro si ferma in questo attimo presente: “Non temere
Maria”.
Chi è Colui che nasce? Luca esprime la consapevolezza della Comunità
cristiana che è maturata dopo la
risurrezione. Alla Madonna è prospettata una richiesta di Dio che sembra la
domanda di una elemosina.
Maria risponde chiedendo spiegazioni: ma è una richiesta carica di
intelligenza e di lucidità. Non suppone né
contrarietà né dubbio. “Dimmi che cosa debbo fare, non essendo sposata. Il
significato ebraico del
«conoscere», cf.Gen 4,1, è nella prospettiva di rapporti sessuali all’interno
di un matrimonio.
“Lo Spirito scenderà su di te” (Lc1,35). E’ un annuncio particolarmente grave
e solenne. “Scendere su
qualcuno” è usato poche volte nella Scrittura. Ci riporta
- ad una nuova creazione (Is. 32,15: “Infine in noi sarà infuso uno spirito
dall’alto; allora il deserto diventerà
un giardino e il giardino sarà considerato una selva”;
- al rinnovamento e trasformazione di una Comunità cristiana a Pentecoste
(Atti 1,8);
- all’inizio del tempo e del mondo (Gen 1,2).: una realtà completamente
imprevedibile, somigliante alla
novità di un universo nuovo;
- alle ali dell’uccello, simbolo della potenza protettrice (Sal
17,8;57,2;140,8).
“La potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra": è la nube della
presenza di Dio presso il popolo
durante il cammino del deserto (Es.40,35; Num. 9,21). E se protegge per un
cammino tra le tante difficoltà
della vita, è luce di Dio, che si fa ombra, e quindi richiama, insieme, la
povertà, la tenerezza e l’umiltà del
Figlio di Dio (Fil. 2,6-7).
Maria accetta di essere "serva di Dio", disponibile a fare quello che Dio
vuole. Ma bisogna stare attenti a
questa qualifica. Infatti “servi del Signore” sono stati i grande del VT:
Samuele, Davide, i profeti, i sacerdoti
del tempio che giorno e notte benedicono Dio (Sal 134,1-2) e mai è detto di
una donna. Probabilmente è la
prima Comunità cristiana che attribuisce questo nome a Maria, avendola avuta
come testimone di santità ai
suoi inizi di vita e di fede.
“ Avvenga” ha un significato di gioia, non di rassegnazione. C’è l’ansia di
vedere realizzato il progetto di
Dio. Così l’annunciazione inizia con l’invito alla gioia e si conclude con la
gioia di voler accogliere l’invito
dell’Onnipotente. Così il Signore mantiene le sue promesse ma ha avuto
bisogno di qualcuno che accettasse
il suo progetto e il suo dono, senza riserve. Allora la pienezza di Dio entra
nella nuova casa. E’ il mondo di
Maria che vive nel mondo. Dio nasce nel suo cuore, prima e, attraverso il suo
dono, nasce al mondo.
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