
I domenica di Quaresima
17 febbraio 2013
Mt 4,1-11
Riferimenti :
Gioiele 2, 12b–18 - Salmo 50
Corinti 9,24-27 |
Parla il Signore, Dio degli dei, convoca
la terra da oriente a occidente. Da Sion, splendore di bellezza,
Dio rifulge. Viene il nostro Dio e non sta in silenzio; davanti
a lui un fuoco divorante, intorno a lui si scatena la tempesta.
Convoca il cielo dall'alto e la terra al giudizio del suo
popolo: "Davanti a me riunite i miei fedeli, che hanno sancito
con me l'alleanza offrendo un sacrificio". Il cielo annunzi la
sua giustizia, Dio è il giudice. |
Gioiele 2, 12b – 18
"Or
dunque - oracolo del Signore -,
ritornate a me con tutto il cuore, con
digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore, vostro Dio, perché
egli è misericordioso e pietoso, lento
all'ira, di grande amore, pronto a
ravvedersi riguardo al male".
Chi sa che non cambi e si ravveda e
lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libagione per il Signore, vostro
Dio. Suonate il corno in Sion,
proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra.
Radunate il popolo, indite
un'assemblea solenne, chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca
lo sposo dalla sua camera e la sposa dal
suo talamo.
Tra il vestibolo e l'altare piangano i
sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
"Perdona, Signore, al tuo popolo e non
esporre la tua eredità al ludibrio e alla
derisione delle genti".
Perché si dovrebbe dire fra i popoli:
"Dov'è il loro Dio?". Il Signore si mostra
geloso per la sua terra e si muove a
compassione del suo popolo.
Il libro di Gioiele sviluppa una nuova prospettiva di
speranza, partendo dalla desolazione
della natura sconfitta. Infatti si apre con un lamento sulla
devastazione del paese, invaso da
cavallette (1,2-12). Ma perché la situazione abbia una via
d’uscita, sono necessarie penitenza e
preghiere per affrontare i drammi del giorno del Signore.
(1,13-2,17).
Non è Dio che gode a mandare castighi, ma la vita comporta
spesso drammi e sconfitte.
Proprio questi avvenimenti obbligano a scendere in profondità
nella nostra vita e ci
impegnano a ritrovare i sentimenti veri, i pensieri più
profondi e sinceri. E se la tradizione e la
disperazione ci fanno “lacerare” i vestiti che nascondono
malattie e piaghe per mostrarci a Dio
nella nostra nudità senza infingimenti, né ipocrisie, il
profeta ci invita a “lacerare il cuore”.
Infatti il Signore è generoso, sa leggere i nostri pentimenti
e le nostre paure. “Laceratevi il
cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso,
lento all'ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo
al male". Quello che va fatto è il
prendere tutti coscienza del bisogno del cambiamento. Vi si
debbono impegnare i vecchi e i
giovani, i fanciulli ed i bambini lattanti, gli sposi e le
loro famiglie.
Anche i sacerdoti, che stanno continuamente nel tempio e,
disorientati piangeranno sulle
tragedie che si compiono, anch’essi debbono pregare e
supplicare il Signore per il male che
verifica e per i peccati che compiamo ogni giorno.
Senza questa apertura di cuore e questa preghiera, tutto il
paese, che è sotto la protezione di
Dio, viene condannato alla derisione ed al ludibrio. Resta
infatti nel giudizio dei popoli
perfino il sospetto che non ci sia un Dio attento a questo
popolo. Eppure Dio ama questo
popolo e lo ha dimostrato. E’ amato più di tutti, fino alla
gelosia e nessuno può permettersi di
mettere in dubbio questa predilezione e questa grandezza.
Il peccato che viene imputato è, in ogni caso, l’opacità
dello sguardo che non è più puro e sa
apprezzare solo lo star bene, il danaro ed il potere. Il
benessere porta con sé l’allontanamento
da Dio. E’ la raccomandazione che Mosè fa al suo popolo,
prospettando il tempo
dell’insediamento e della stabilità: “Quando avrai mangiato e
ti sarai saziato, quando avrai
costruito belle case e vi avrai abitato, quando avrai visto
il tuo bestiame grosso e minuto
moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento e il tuo oro e
abbondare ogni tua cosa, il tuo cuore non
si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore, tuo Dio,
che ti ha fatto uscire dalla terra
d’Egitto, dalla condizione servile;” (Deut8,12-14).
|
1Corinti 9,24-27
Non sapete che, nelle corse allo
stadio, tutti corrono, ma uno solo
conquista il premio? Correte
anche voi in modo da
conquistarlo! Però ogni atleta è
disciplinato in tutto; essi lo fanno
per ottenere una corona che
appassisce, noi invece una che
dura per sempre. Io dunque
corro, ma non come chi è senza
mèta; faccio pugilato, ma non
come chi batte l'aria; anzi tratto
duramente il mio corpo e lo
riduco in schiavitù, perché non
succeda che, dopo avere predicato
agli altri, io stesso venga
squalificato.
Paolo sta sviluppando un suo pensiero che nasce da problemi
di comunità e che lo portano a dover
inventare comportamenti impensabili solo qualche anno prima.
Al cap 8 affronta, infatti, il
problema della carne di animali offerti agli idoli e il
comportamento dei cristiani. Dice: “Gli idoli
non esistono” e quindi è possibile mangiare carne offerta
agli idoli senza problemi, a meno che ci
si trovi di fronte ad una persona “ debole” che si possa
scandalizzare, non capendo il tuo
comportamento. “Per questo, se un cibo scandalizza il mio
fratello, non mangerò mai più carne, per
non dare scandalo al mio fratello” (1 Cor8,13).
Per il bene del fratello bisogna rinunciare anche ai propri
diritti personali. La carità non cerca il
proprio benessere ma il bene degli altri (13,5). E per
aiutare a capire, Paolo porta, in una sua
testimonianza personale, l’applicazione di questi principi.
Infatti egli non si avvale del diritto che
gli compete, come apostolo, di essere mantenuto a spese della
comunità e questo avviene per
l’edificazione della Comunità stessa, “per non essere
intralcio al Battesimo” (v 12). Del resto è
quello che avviene nel mondo greco. Il maestro riceve uno
stipendio e viene servito dai discepoli.
In conclusione, quando si fanno delle scelte, bisogna
guardare all’essenziale. Come nello stadio.
Spesso Paolo utilizza esempi sportivi poiché lo sport
entusiasma un po’ tutti e, quando era giovane,
probabilmente si allenava in qualche esercizio. A Corinto si
svolgono i giochi dell’Istmo in onore
di Poseidone. Molto famosi, secondi solo ai giochi Olimpici
di Olimpia. Le gare dello stadio
diventano un interessante termine di paragone. Per Paolo
corrispondono all’astensione volontaria di
cose per se lecite (come le carni agli idoli o come il suo
mantenimento nella Comunità) per poter
raggiungere il fine più alto a cui tiene di più:
l’edificazione dell’altro. Paolo si rende conto di aver
operato con lealtà e con giustizia nel suo ruolo di
apostolato: “Pur essendo libero di fronte a tutti,
mi sono fatto servo di tutti” (9,19), “il mio merito è
predicare gratuitamente il Vangelo” (9,18).
Eppure lui stesso sente di aver bisogno della misericordia di
Dio poiché, essere apostolo non garantisce la salvezza per sé.
“Dopo aver predicato agli altri, io stesso non venga
squalificato”
(9,27).
In sintesi l’impegno di Paolo, “tratto duramente il mio corpo
e lo riduco in schiavitù” (9,27), può
essere riletto nella linea della gratuità. L’esempio dello
stadio comporta allora.
-la scoperta di uno stile quale l’atleta inaugura e che lo
obbliga ad abbandonare tutto, essendo
“disciplinato in tutto” (v 25);
-per l’atleta la sua fatica non garantisce una vittoria
sicura ma la méta è tale che merita di essere
inseguita seppure per una corona che appassisce” (v 25). Ma a
noi il Signore garantisce una corona
che dura sempre;
-il coraggio di operare “gratuitamente” per un premio che è
il benessere e il vantaggio degli altri.
Questo deve restare al vertice dei propri pensieri.
Attenzione, premura, gratuità per il prossimo: superano e,
nello stesso tempo, garantiscono la
parola di cui siamo stati portatori.
|
Mt 4,1-11
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel
deserto, per essere tentato dal diavolo.
Dopo aver digiunato quaranta giorni e
quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il
tentatore gli si avvicinò e gli disse: "Se
tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre
diventino pane".
Ma egli rispose: "Sta scritto: Non di solo
pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che
esce dalla bocca di Dio".
Allora il diavolo lo portò nella città
santa, lo pose sul punto più alto del
tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di
Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai
suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
ed essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una
pietra".
Gesù gli rispose: "Sta scritto anche: Non
metterai alla prova il Signore Dio tuo".
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un
monte altissimo e gli mostrò tutti i regni
del mondo e la loro gloria 9e gli disse:
"Tutte queste cose io ti darò se,
gettandoti ai miei piedi, mi adorerai".
Allora Gesù gli rispose: "Vattene,
Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio
tuo, adorerai:
a lui solo renderai culto".
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco,
degli angeli gli si avvicinarono e lo
servivano.
Col suo battesimo da Giovanni Gesù è entrato a pieno titolo nel popolo di Dio
che aspetta la
novità promessa e si è messo in fila per ricevere il segno della
purificazione che inizia con il
Battista l’attesa. Nella umiltà e nell’anonimato Gesù ha accolto la proposta
del tempo nuovo e Dio
manifesta su di Lui la sua bellezza e il suo intervento. I cieli che si
aprono, lo Spirito che scende e
le parole della voce («Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il
mio compiacimento») sono i
tre segni di annuncio. Così Gesù è strappato dall’anonimato. Il tempo si
compie in Lui ed è lo
Spirito che lo inizia nel nuovo cammino di uomo, profeta e annunciatore,
mentre maturerà in
pienezza anche attorno a sé la coscienza dell’essere “il Figlio, l’amato”.
E lo Spirito lo conduce nel deserto (4,1).
Ci sono tutti gli elementi per ritrovare un nuovo popolo in Gesù: il deserto
, i 40 giorni: tempo della
vita nella fiducia del Signore e richiamo del cammino dell’Esodo di Israele,
la tentazione nella
dimensione quotidiana dell’uomo a confronto con i propri istinti e tensioni e
in difficoltà
nell’accettare l’armonia della volontà di Dio. Si può dire che al vertice c’è
il comando di Mosé nel
Deuteronomio (6,5): “Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con
tutta l’anima e con tutte
le forze” secondo la tradizione ebraica. Così le tentazioni incoraggiano:
1. a non sottomettersi alla volontà di Dio (“cuore”),
2. a non amare con tutto se stessi il Signore fino alla morte (“anima”),
3. a non amare con quanto si possiede, con i propri beni (“forze”).
Gesù è presentato come l’uomo nuovo, il giusto, il santo, la novità in
pienezza. Il vero significato
di “Figlio di Dio” sarà maturato dopo la risurrezione nella Comunità
cristiana e corrisponderà alla
divinità del Figlio rispetto al Padre, Sapienza eterna e Parola creatrice.
Le risposte di Gesù alle tentazioni non si fermano a ragionamenti umani o a
scelte di convenienza,
ma si aggrappano alla Parola del Signore.
Sta scritto: il ricorso alla Scrittura, in genere, è argomento decisivo
per ogni discussione tra i
rabbini, ma per Gesù è la garanzia del suo orientarsi nella esistenza. Quanto
lo è per noi?
. * Non di solo pane (vedi Deut 8,3): alla tentazione della fame,
comprensibile nel deserto, Gesù
offre la ferma fiducia che hanno i figli di Dio nell'Onnipotenza provvidente
della Parola del
Signore. Ma significa anche che di fronte al bisogno immediato bisogna
lasciare spazio per
motivazioni e ricerche più coraggiose.
. * Non tenterai (Deut 6,16): dalla mancanza di fiducia nella
Provvidenza il tentatore passa al lato
opposto, suggerendo una eccessiva fiducia tale da mettere alla prova Dio,
(severamente condannata
nella Bibbia). Il cammino nella vita obbliga ad affrontare con le proprie
forze problemi e difficoltà,
senza pretendere che debba essere il Signore a risolvere ciò che non sappiamo
o non vogliamo
fare.
* Adorerai (Deut 6,13): Gesù risponde al tentatore, che vuole indurlo
ad un messianismo terreno,
richiamando il grande principio della fede ebraica che riconosce solo a Dio
il culto, come unico
sovrano del mondo e unico Signore. E siamo consapevoli che, continuamente,
accanto sorgono
idoli o potenze che vogliono toglierci la libertà di decidere o vogliono
ingolosirci con le loro
promesse.
* Per servirlo: gli angeli sono simbolo della riconquista del Paradiso
terrestre da cui l'uomo era
stato cacciato. Gesù, finalmente, apre orizzonti di novità piena.
Così questa domenica inizia con la garanzia che il Signore è accogliente e
misericordioso.
Continua con l’esperienza forte di Paolo che ricorda il valore della libertà
e della responsabilità.
Conclude con la coscienza della fatica e degli ostacoli in cui il Signore non
ci lascia soli, poiché ci
offre il suo Spirito e la sua Parola. |