Domenica dopo l’Epifania del Signore
13 gennaio 2013

 Luca 3, 15-16. 21-22 
Riferimenti :Isaia 55, 4-7 - Salmo 28   - Efesini 2, 13-22

A te grido, Signore; non restare in silenzio, mio Dio, perché, se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa. Ascolta la voce della mia supplica, quando ti grido aiuto, quando alzo le mie mani verso il tuo santo tempio. Non travolgermi con gli empi, con quelli che operano il male. Parlano di pace al loro prossimo, ma hanno la malizia nel cuore. Ripagali secondo la loro opera e la malvagità delle loro azioni. Secondo le opere delle loro mani, rendi loro quanto meritano.
Isaia 55, 4-7

Così dice il Signore: «Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni. Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore, tuo Dio, del Santo d’Israele, che ti onora. Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona».

 Nell’invito a partecipare ai beni della nuova alleanza (vv 1-5), ci si ritrova ad un banchetto. immagine già nota anche nel libro dei Proverbi (Pr 9,1-6) e nel libro del Siracide (Sir 24,19-21). Là è la Sapienza che invita, qui è il Signore stesso che invita a convertirsi mentre c’è ancora tempo (vv 6-11), nella prospettiva della fedeltà al Signore, mantenendo l’Alleanza di Davide. Il popolo è ormai alla fine dell’esilio e, mentre ricorda, con i più anziani, la tragedia della distruzione di Gerusalemme di 50 anni prima, coltiva speranze nuove suscitate da un profeta anonimo (detto secondo Isaia) e vive ancor più, con impazienza e con rabbia, i tempi della lontananza, continuando a sperare che la potenza di Dio, finalmente, schiacci il popolo che li ha vinti. E il profeta dice che Dio ha compassione verso i suoi figli e li conforterà. L’immagine della compassione è il sentimento della madre che sente il bambino che piange e lo avvicina al seno per nutrirlo. Così il Signore invita a sedersi alla sua mensa e sollecita per approfittare della sua offerta gratuitamente. L’invito è per chi è assetato. “Ci sarà abbondanza, pane e acqua, vino e latte; insieme a cibi succulenti”. Dio non è avaro, ma si ricorda delle sue promesse e darà a Davide la garanzia della sua Alleanza eterna. Ma ad un popolo deportato si prospettano i popoli lontani. Sarà testimone di Dio, creatore e sovrano delle nazioni, che, al posto di una rivincita, mostra un tempo di riconciliazione e di pace; al popolo nuovo Dio offre pensieri diversi poiché Egli ha propositi e scelte diversi. Per questo va cercato, interpretato e scoperto mentre si fa trovare. L’Alleanza obbliga a ripensare l’immagine d Dio, a ricercarla per come veramente è e vuol farsi presente, a riproporla umilmente per ciò che dice. “Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie'', dice il Signore.`Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri.'' (Is 55,8-9). E’ l’anticipazione delle scelte che Dio fa in Gesù e il Natale ne è stato un saggio. Non potere o potenza, non stupore e grandiosità, ma povertà, realtà fragili e disagiate, presenza del mistero di Dio in modo assolutamente indecifrabile eppure banale. E’ anche anticipo di quello che Gesù farà e avverrà nel suo battesimo.

Efesini 2, 13-22

Fratelli,in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

 La lettera agli Efesini riprende e amplifica il contenuto della lettera ai Colossesi, che pure si è riproposta una riflessione approfondita sulla persona e sul ruolo di Cristo, "capo" della Chiesa e dell'intero creato. Ne vien fuori però una nuova sintesi del pensiero paolino, centrata su Cristo e sulla Chiesa e interessata a mostrare l'impegno dei cristiani all'interno della comunità ecclesiale, della famiglia e della società. Nel cap 1, 7-10 Paolo sintetizza quello che Gesù porta, sviluppando il contenuto in due sezioni: “In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia”, sviluppato in 1,20-2,10, “Egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà”, sviluppato in 2,11-3,19. Noi oggi leggiamo la realizzazione del mistero di Dio attraverso Gesù (2,11-22); più avanti (3,1-13) il testo si apre alla diffusione universale della conoscenza della rivelazione attraverso gli apostoli e il Vangelo da essi predicato, di cui anche Paolo ne è diventato ministro. Paolo ci tiene a ricordare ( 2,11-12) che “voi, pagani nella carne… eravate senza Cristo (il Messia), senza patti della promessa, senza speranza, senza Dio nel mondo”. I pagani, anche se con molti dèi, non hanno il Dio vero e unico (1Cor 8,5s). Proprio in un mondo , prima ebraico e poi pagano, si pone l’opera compiuta da Cristo nella storia della salvezza attraverso la sua croce che ha operato questo avvicinamento: dapprima dei Giudei e quindi dei pagani (vv 14-15), insomma di tutti con il Padre (vv 16-18). La risurrezione costituisce la risposta e la conferma da parte di Dio. Proprio qui si intravede il diverso modo di intendere la vicenda di Gesù da parte del popolo ebraico. Per secoli il popolo d’Israele si è alimentato della fiducia che il giusto sarà salvato da Dio. Un testo classico è Salmo 37(36), 25ss: “Sono stato fanciullo e ora sono vecchio: non ho mai visto il giusto abbandonato né i suoi figli mendicare il pane;…27 Sta’ lontano dal male e fa’ il bene e avrai sempre una casa. Perché il Signore ama il diritto e non abbandona i suoi fedeli…29 I giusti avranno in eredità la terra e vi abiteranno per sempre;… La bocca del giusto medita la sapienza e la sua lingua esprime il diritto; ..32 Il malvagio spia il giusto e cerca di farlo morire. 33 Ma il Signore non lo abbandona alla sua mano, nel giudizio non lo lascia condannare…35-36: Ho visto un malvagio trionfante, gagliardo come cedro verdeggiante; sono ripassato ed ecco non c’era più, l’ho cercato e non si è più trovato”. La sfida giocata sulla conoscenza della Scrittura, si pone come invalicabile. “Se Dio non viene a salvarlo, non è da Dio e Dio lo rifiuta”. La morte di Gesù si svolge proprio sotto il segno della maledizione e Gesù stesso prega per il loro perdono perché non hanno capito. “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34), e non possono capire. Gli apostoli stessi, scandalizzati della morte di Gesù, scoprono solo dopo che la risposta dell’opera di Gesù, da parte di Dio, avviene nella risurrezione, alla fine di ogni speranza. In Lui, sulla croce, è stata uccisa la stirpe del primo Adamo corrotta dal peccato (Rm 5,12s; 8,3; 1Cor 15,21). In tal modo si è chiuso il conto con il male. Con la risurrezione Dio restituisce al mondo l’«uomo nuovo», prototipo della nuova umanità ricreata (2Cor 5,17), in Cristo risorto, come in un «secondo Adamo» (1Cor 15,45). Gesù è perciò la pace (Ef 2,15), e dei due, l’ebreo e il pagano, ha fatto una cosa sola (Ef 2,14). Creato «nella giustizia e nella vera santità» (4,24), è «uno» e «unico», poiché in lui scompaiono tutte le divisioni degli uomini (Col 3,10s; Gal 3,27s). Ha abbattuto il muro di separazione, alto pare 1,50 m. che simboleggiava l’odio reciproco dei Giudei e dei Gentili e che circondava l’area santa del tempio di Gerusalemme con applicate le 13 tavolette di marmo che portavano inciso, in greco e in latino, il divieto di oltrepassare l’ingresso, pena la morte. Ai pagani restano accessibili soltanto i cortili esterni. Il corpo di cui si parla è insieme il corpo di Cristo, sacrificato sulla croce (Col 1,22); ma è anche il suo corpo «mistico» in cui si raggruppano tutte le membra ora riconciliate (1Cor 12,12) che è la Chiesa. Questo è il messaggio della evangelizzazione che Gesù ha proclamato ed ha vissuto. Esso è stato affidato ai suoi apostoli,che lo hanno predicato nel suo nome. E il popolo di Gesù, con la sua vocazione ad essere costruttore di pace, riceve lo stesso Spirito che anima il corpo di Cristo nella risurrezione e di là si riversa sulle sue membra. Nella immaginata ricostruzione architettonica della casa, la Comunità di Gesù sa di essere la nuova abitazione della Trinità (2,22) e quindi opera nel mondo, superando pregiudizi, discriminazioni e caste e impegnandosi su una unità mai completa, ma sempre in costruzione, sul fondamento degli apostoli e dei profeti, animata dallo Spirito di Gesù, voluta dal Padre, suo capolavoro nel tempo e nello spazio.  

Luca 3, 15-16. 21-22

In quel tempo. Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

 

 La festa del battesimo di Gesù ci narra di un evento significativo della sua vita: il riconoscimento da parte del Padre del suo essere figlio e l’inizio della predicazione del regno di Dio spinto dallo Spirito santo. E’ anche un memoriale del nostro battesimo, in cui anche noi siamo stati riconosciuti figli di Dio e inviati ad annunciare il suo regno a tutti gli uomini. La prima parte del vangelo si riferisce all’identità di Giovani battista. Egli era andato nel deserto per annunciare la venuta del Messia e la necessità di prepararsi a questo evento con una purificazione della propria vita peccaminosa, purificazione celebrata con il rito dell’immersione nelle acque del Giordano. Il popolo era in attesa del Messia e si domandava se fosse Giovanni, ma egli sa di essere solo una voce che grida nel deserto per annunciare la venuta del vero Messia. E’ anche consapevole che il suo battesimo di acqua non è paragonabile al battesimo che compirà Gesù. Battezzare significa immergere. Gesù ci immergerà tutti nel fuoco purificatore e, soprattutto, nello Spirito del Signore che rigenera a vita nuova. Inoltre Giovanni era convinto che il Messia avrebbe pronunciato il giudizio definitivo, ma Gesù non farà questo, annunciando invece un tempo di misericordia per la conversione degli uomini, spostando alla fine dei tempi il giudizio finale. Infine Giovanni sarà messo in prigione da Erode, a causa dei rimproveri rivoltigli (Lc 3,17-20). Luca ci narra con sobrietà del battesimo di Gesù, mentre si sofferma sulla sua preghiera successiva. Nel colloquio con il Padre è presente lo Spirito, che si presenta come una colomba. E’ questo un simbolo ricco, che rimanda a vari episodi dell’Antico Testamento. Quello più interessante è il racconto di Noè che, dopo il diluvio, manda una colomba fuori dall’arca per vedere se le acque si sono ritirate, segno della salvezza universale annunciata a Noè (cfr. Gen 6-9). Un altro riferimento è allo Spirito di Dio che aleggia sulle acque primordiali (Gen1,2). Infine il nome del profeta Giona significa colomba, e Giona è il profeta della salvezza annunciata anche ai pagani di Ninive. Luca ci rende presente il Padre nel suo racconto attraverso una voce dal cielo. Dio riconosce in Gesù il figlio amato, di cui gode in quanto è un figlio che si mostra obbediente al Padre e agisce secondo la sua volontà di salvezza per tutti. E’ un richiamo al Sal 2,7: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato». E’ il Messia, l’unto, il consacrato cui il Signore affida il compito di giudicare le genti. Il salmo invita poi i sovrani delle nazioni tutte a comportarsi in modo saggio e a servire il Signore. Noi cristiani, in forza del battesimo, siamo re, sacerdoti e profeti e quindi siamo chiamati a servire il Signore come ha fatto Gesù, seguendo l’invito di Paolo ad avere, con coraggio e umiltà, la stessa conoscenza e lo stesso discernimento di Gesù: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli pur essendo nella condizione di Dio…» (cfr. Fil 2,5-11). Infatti il verbo greco phroneo indica non solo un sentimento, ma anche una capacità di giudizio e di sapienza. Battezzati, immersi nella morte di Cristo, con lui risorgiamo a vita nuova (cfr. Rm 6,3-5).