 VI DOMENICA DOPO PENTECOSTE
30 giugno 2013 Giovanni 19, 30-35
Riferimenti : Esodo 24, 3-18
- Salmo 49 - Ebrei 8, 6-13a |
Ascoltate, popoli tutti, porgete orecchio
abitanti del mondo, voi nobili e gente del popolo, ricchi e
poveri insieme. La mia bocca esprime sapienza, il mio cuore
medita saggezza; porgerò l'orecchio a un proverbio, spiegherò il
mio enigma sulla cetra. Perché temere nei giorni tristi, quando
mi circonda la malizia dei perversi? Essi confidano nella loro
forza, si vantano della loro grande ricchezza. Nessuno può
riscattare se stesso, o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si
paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare
|
Esodo 24, 3-18
In quei giorni. Mosè andò a
riferire al popolo tutte le parole del
Signore e tutte l'enorme. Tutto il popolo
rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i
comandamenti che il Signore ha dato, noi li
eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole
del Signore. Si alzò di buon mattino ed
eresse un altare ai piedi del monte, con
dodici stele per le dodici tribù d’Israele.
Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di
offrire olocausti e di sacrificare giovenchi
come sacrifici di comunione, per il Signore.
Mosè prese la metà del sangue e la mise in
tanti catini e ne versò l’altra metà
sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza
e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero:
«Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e
vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue
e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il
sangue dell’alleanza che il Signore ha
concluso con voi sulla base di tutte queste
parole!». Mosè salì con Aronne, Nadab, Abiu e i
settanta anziani d’Israele. Essi videro il Dio
d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un
pavimento in lastre di zaffìro, limpido come il
cielo. Contro i privilegiati degli Israeliti non
stese la mano: essi videro Dio e poi
mangiarono e bevvero. Il Signore disse a Mosè:
«Sali verso di me sul monte e rimani lassù:
io ti darò le tavole di pietra, la legge e i
comandamenti che io hoscritto per
istruirli». Mosè si mosse con Giosuè, suo
aiutante, e Mosè salì sul monte di Dio. Agli
anziani aveva detto: «Restate qui ad
aspettarci, fin quando torneremo da voi;
ecco, avete con voi Aronne e Cur: chiunque
avrà una questione si rivolgerà a loro». Mosè
salì dunque sul monte e la nube coprì il monte.
La gloria del Signore venne a dimorare sul
monte Sinai e la nube lo coprì per sei
giorni. Al settimo giorno il Signore chiamò
Mosè dalla nube. La gloria del Signore
appariva agli occhi degli Israeliti come
fuoco divorante sulla cima della montagna.
Mosè entrò dunque in mezzo alla nube e salì
sul monte. Mosè rimase sul monte quaranta
giorni e quaranta notti.
Ci
troviamo di fronte ad un testo complesso in cui
si distinguono varie operazioni avvenute con
Mosé, il popolo, i 70 anziani, il rito di
comunione con Dio e infine la salita di Mosé sul
Sinai.Con il Signore si realizza un rito che
sancisce un’Alleanza con il popolo, come si
usava fare tra popoli per garantirsi delle
alleanze. Mosè “scrive la legge” (qui v. 4 e
in 34,27) ma anche Dio scrive la legge
(24,12;31,18; 34,1).Nel Medio Oriente il
testo, scritto dai contraenti l’alleanza, è
deposto nel tempio ai piedi della statua del
Dio e poi letto periodicamente (per es.
all’inizio dell’anno).Dio si assoggetta a
questi riti perché sono segni che si praticano e
la gente li capisce. Così il Signore vuole
garantire un’alleanza con il suo popolo
attraverso il sacrificio di animali e il mutuo
consenso del popolo intero e non solo di Mosé.
Così metà del sangue è versato sull'altare
(che rappresenta Dio): Dio in tal modo esprime
il suo consenso. Un’altra metà è posta in
catini. A questo punto Mosé “prese il libro
dell’Alleanza e lo lesse alla presenza del
popolo”.Un’alleanza si compie quando per
tutti sono chiare le clausole e si sa quello che
si accetta. E qui vengono lette le leggi che
il popolo deve mantenere per stare ai patti e
quindi meritare la fiducia del Signore e la
sua protezione. Il popolo accetta e formula
la propria adesione. “Dissero: «Quanto ha detto
il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo
ascolto». Assunta l’alleanza perché c’è accordo
con le regole-leggi di Dio, Mosé versa
l'altra metà del sangue contenuta nei catini:
Con tutta probabilità si asperge il popolo
versando il sangue su dodici stele o colonnine,
probabilmente disposte incerchio (vv 4-8)
che rappresentano le 12 tribù. La medesima vita,
significata dal sangue, legai due
contraenti: Dio e il suo popolo diventano
"consanguinei". Il rito del sangue, che
conclude il patto, insieme al banchetto di
comunione, esprime adesione, comunicazione,
unità con Dio e non certo magia: unità e
intreccio inscindibile tra rito e parola. Esso
crea vincoli, ripara, difende, ristabilisce.
Nella fedeltà il sangue unisce, lo stesso sangue
garantisce. Nel tradimento il sangue é morte, é
minaccia, grida la maledizione (vedi
l’episodio della morte di Abele da parte di
Caino: "La voce del sangue di tuo fratello grida
ame dal suolo" (Gen 4,10). Anche oggi , se
nel bene é vita (trasfusione), nel male il
sangue è documento di morte: guerra di
sangue, sangue sulle strade, scempio. Si
riprende il racconto di Mosè sul Sinai: v. 9:
Mosè sale con Aronne, Nadab, Abiu e i
settanta anziani d’Israele. Essi mangiano il
loro pasto e restano in vita. Anzi, in tal caso,
viene chiarita e legittimata la loro
autorità. Poi, da solo, Mosé sale sulla montagna
(vv 12-18), dove il Signore gli consegna le
tavole di pietra, legge e comandamenti. Agli
occhi del popolo appaiono i segni della
presenza di Dio: la gloria e la nube. Quando
sarà costruito il santuario, la gloria e la nube
non abbandoneranno più questo popolo (Es
40,34- 38). |
Lettera agli Ebrei 8, 6-13a Fratelli, Gesù ha
avuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è
l’alleanza di cui è mediatore, perché è fondata su migliori
promesse. Se la prima alleanza infatti fosse stata perfetta,
non sarebbe stato il caso di stabilirne un’altra. Dio
infatti, biasimando il suo popolo, dice: Ecco: vengono
giorni, dice il Signore, quando io concluderò un’alleanza
nuova con la casa d’Israele e con la casa di Giuda. Non sarà
come l’alleanza che feci con i loro padri, nel giorno in cui
li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto;
poiché essi non rimasero fedeli alla mia alleanza, anch’io
non ebbi più cura di loro, dice il Signore. E questa è
l’alleanza che io stipulerò con la casa d’Israele dopo quei
giorni, dice il Signore: porrò le mie leggi nella loro mente
e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi
saranno il mio popolo. Né alcuno avrà più da istruire il suo
concittadino, né alcuno il proprio fratello, dicendo:
«Conosci il Signore!». Tutti infatti mi conosceranno, dal
più piccolo al più grande di loro. Perché io perdonerò le
loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati.
Dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antica la prima.
Il cap 8 inizia una parte centrale della
riflessione di questa lettera: “Il punto capitale delle cose
che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così
grande che si è assiso alla destra del trono della Maestà nei
cieli, ministro del santuario e della vera tenda, che il
Signore, e non un uomo, ha costruito” (vv1-2).In
sottofondo c’è il testo del rito della Prima Alleanza, celebrata
nel deserto tra Dio e il suo popolo, con il rito del sangue
versato sull’altare e sul popolo. Gesù sostituisce il rito
con la propria offerta di amore e di sangue. Egli è stato
glorificato e perciò inaugura un nuovo ed eterno sacerdozio,
superiore per la sua efficacia al sacerdozio levitico del popolo
d'Israele.Tutto il testo, che abbiamo letto, è una lunga
citazione del profeta Geremia (31, 31-34) in cui il profeta
intravede una nuova Alleanza. Il sacerdozio è stato
istituito, nel Primo Testamento, per offrire a Dio i sacrifici
per l’espiazione dei peccati (5,1). E’ un popolo di figli che
Dio vuole condurre alla salvezza, ma è anche popolo di
peccatori e quindi il capo e la guida alla salvezza deve essere
un sacerdote per espiare i peccati del popolo (2,17).Gesù
è sacerdote non nella linea di Aronne, il sacerdozio ebraico, ma
nella linea del sacerdozio del re di Salem, Melchisedek, come
ci dice in 5,5-6, riprendendo il salmo 110,4. Il sacerdozio di
Gesù non ha origine nella eternità, ma Il Figlio di Dio è
divenuto sacerdote per vocazione divina, quando si è
incarnato, abilitato a offrire se stesso in sacrificio.
(10,5-10). La mediazione sacerdotale di Gesù purificale
coscienze delle persone, non attraverso la ripetizione di riti e
di sacrifici esteriori, ma attraverso la sua offerta, unica e
personale, per la santificazione di ciascuno dei credenti.
Esiste una coincidenza tra l'offerente e l'offerta: Gesù, nello
stesso tempo, è colui che compie la nuova alleanza
(offerente), ed è colui che si pone come vittima (offerta) pura,
consapevole, cosciente, senza macchia, nella piena scelta di
amore di Dio e del suo popolo. L'antica Alleanza era regolata
da leggi che il popolo d’Israele era tenuto ad osservare, ma il
popolo ha rifiutato le clausole fondamentali del trattato,
che pure aveva accettato, scegliendosi altri dei e quindi
accettando l'idolatria: essa comporta stili e azioni perverse
rispetto alla legge che Dio aveva dato al popolo attraverso
Mosé. Geremia introduce l’attesa di una nuova Alleanza. In
essa sorgono una conoscenza intima e diretta della presenza
di Dio, una nuova energia, una riconciliazione con il Signore
per aderire ai suoi comandi con fedeltà. E’ Alleanza nuova, o
forse nuova creazione. Si può parlare, allora, di realtà
nuove e rapporti nuovi? Se abbiamo accolto Gesù e celebriamo
ogni domenica la “nuova ed eterna Alleanza”, accettiamo di
essere e di operare come speranza del mondo? |
 |
Basilica del S. Sepolcro.
Altare eretto sulla vetta del Calvario.
Attraverso il foro del pavimento sotto la mensa dell'altare si può
toccare la roccia viva |
Giovanni 19, 30-35
In quel tempo. Dopo
aver preso l’aceto,Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato ilcapo,
consegnò lo spirito. Era il giorno della Parasceve e i Giudei,
perché i corpi
non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un
giorno
solenne quel sabato , chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe
e fossero portati via. Vennero dunque isoldati e spezzarono le gambe all’uno
e all’ altro che erano stati crocifissi insieme
con lui. Venuti però da
Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le
gambe, ma uno dei
soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì
sangue e
acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è
vera;
egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.
Giovanni 19, 30-35
Giovanni, e in particolare in questi testi della passione, si preoccupa di
rincorrere predizioni e profezie perché desidera garantire l’assoluta
identità di Gesù come l’ inviato,promesso del Padre. E Gesù ha compiuto
fedelmente il progetto che si è proposto nei riguardi del Padre: "Io ti ho
glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che tu mi hai dato da fare"(Gv
17,4). Questa è la consapevolezza che Gesù esprime al Padre nella preghiera
dell'ultima cena, ad alta voce, avendo a testimoni i discepoli. Ora, sulla
croce, Gesù ricorda che “tutto si è compiuto” fino in fondo. Persino la sete
spaventosa del crocifisso fa ricordare una profezia:"quando avevo sete mi
hanno dato l'aceto" si dice nel Sal. 69,22. E’ la parasceve: giorno e ora in
cui i sacerdoti stanno immolando gli agnelli pasquali. E Gesù è il vero e
unico agnello che, immolato, offre la vita per il suo popolo poiché lo salva e
lo ama, purificandolo. Gesù "consegnò lo spirito", pronto per essere
trasmesso alla sua Chiesa a Pentecoste,ricco di tutta l'accoglienza del
Padre e dell'umanità, forte di tutta la comunione del Dio Trinitario.
Giovanni sta ricordando alcune coincidenze e alcuni piccoli episodi, ma è
consapevole di rammentare grandi verità, preoccupato di ricordare che la sua
testimonianza è attendibile (v 35).Gesù è il vero agnello di Dio,
ricordato da Giovanni Battista (Gv 1,29), il vero agnello che libera dalla
schiavitù d'Egitto (Es 12,46). Ma è anche più dell'agnello perché è il“servo
sofferente”, secondo la profezia di Isaia (53): la parola "servo" e la parola
"agnello"sono identiche in ebraico e quindi Giovanni gioca sulle due
immagini, sia ricordando che le ossa del crocifisso non sono state spezzate
(come per l’agnello pasquale) e sia che il servitore,con le sue sofferenze,
espia il peccato del mondo (Sal 34,21).Attraverso la ferita del costato esce
l'ultima goccia di sangue insieme all'acqua. Il sangue rappresenta l’offerta
della vita di Dio (sangue), completamente, fino all’ultima goccia,e l’acqua
è l'inizio della vita nuova del credente, per gli esegeti anche il dono dello
Spirito Santo che santifica nel battesimo.
Il richiamo all'acqua ci
riporta al messaggio di Gesù alla samaritana: "L'acqua che io
darò diventerà
sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14). E ci ricorda anche
il rito dell'acqua nella "festa delle capanne" in cui Gesù ad alta voce, in
piedi urla: "Chi ha sete venga a me,... fiumi di acqua viva sgorgheranno dal
suo seno" (Gv 7, 37-38).Un ultimo sguardo, prima che il corpo di Gesù sia
deposto e sepolto, rimanda ad un richiamo profetico: “Guarderanno a colui che
hanno trafitto” (Gv19,37) e che fa riferimento aZac12,10. E’ una misteriosa
profezia pronunciata verso la fine del IV secolo a.C. che si
collega alla
morte di un uomo giusto, trafitto (e di questa persona non si sa altro). Ma,
subito dopo, il Signore ha suscitato un vivo dolore nel popolo: tutti si
pentono e scoppiano in pianto dirotto, mentre guardano colui che hanno
ucciso. (Zac 12,10-11).Il cadavere di Gesù è stato tolto. Sepolto,
risorgerà. Risorto, entrerà nella gloria del Padre. E Giovanni è sicuro che a
questo crocifisso tutti gli uomini guarderanno come al loro
salvatore. E noi
siamo chiamati a continuare la Parola, ricchi dello Spirito, la sua Presenza
ricchi della sua forza, i suoi doni sacramentali che continueremo a celebrare,
sapendo che Egli opera continuamente in noi e con noi.
Noi siamo la sua
Chiesa , il suo popolo disarmato, la sua novità, per quanto povera
perché
nostra e molto ricca perché in noi c’è la sua vita. |