
III DOMENICA DOPO PENTECOSTE
9 giugno 2013
Matteo 1,20b-24
Riferimenti :
Genesi. 3, 1-20 - Salmo 129 -
Romani 5, 18-21 |
Dalla giovinezza molto mi hanno
perseguitato, - lo dica Israele - dalla giovinezza molto mi
hanno perseguitato, ma non hanno prevalso. Sul mio dorso hanno
arato gli aratori, hanno fatto lunghi solchi. Il Signore è
giusto: ha spezzato il giogo degli empi. Siano confusi e volgano
le spalle quanti odiano Sion. Siano come l'erba dei tetti: prima
che sia strappata, dissecca; non se ne riempie la mano il
mietitore, né il grembo chi raccoglie covoni. I passanti non
possono dire: "La benedizione del Signore sia su di voi, vi
benediciamo nel nome del Signore". |
Genesi. 3, 1-20
In quei
giorni. Il serpente era il più astuto di
tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e
disse alla donna: «È vero che Dio ha detto:
“Non dovete mangiare di alcun albero del
giardino”?». Rispose la donna al serpente:
«Dei frutti degli alberi del giardino noi
possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero
che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non
dovete mangiarne e non lo dovete toccare,
altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla
donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che
il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i
vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il
bene e il male». Allora la donna vide che
l’albero era buono da mangiare, gradevole agli
occhi e desiderabile per acquistare saggezza;
prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede
anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne
mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e
due e conobbero di essere nudi; intrecciarono
foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il rumore
dei passi del Signore Dio
che passeggiava nel giardino alla brezza del
giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose
dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli
alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò
l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho
udito la tua voce nel giardino: ho avuto paura,
perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha
fatto sapere che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui
ti avevo
comandato di non mangiare?». Rispose
l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto
mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio
disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il
serpente mi ha ingannata
e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il
bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo
ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i
giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te
e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il
calcagno». Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori
e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti
dominerà». All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce
di tua moglie e hai mangiato dell’albero di cui ti
avevo comandato: “Non devi mangiarne”,
maledetto il suolo per causa tua! Con dolore ne
trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e
cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore
del tuo volto
mangerai il pane, finché non ritornerai alla
terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu
sei e in polvere ritornerai!». L’uomo chiamò
sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.
Il primo testo, che leggiamo oggi, è tratto dai primi 11
capitoli del libro della Genesi. Sono capitoli
preziosissimi poiché indicano l’inizio ed il sorgere della
vita (capp 1-2), e quindi la storia di 5 generazioni da
Adamo ad Abramo (inizio del mondo ed inizio del popolo
d’Israele) in cui si consuma una terribile
degradazione dell’umanità, dovuta all’arroganza dell’uomo che
si ribella al progetto di sviluppo e di crescita
del Creatore (capp 3-11). Con il cap. 12 compare nella
narrazione Abramo che inizia di nuovo la speranza sulla
Parola del Signore che lo chiama.
L’umanità desidera, innanzi tutto, giungere ad una autonomia
morale: “Desidera di diventare come Dio” e
decidere da sola ciò che è bene e ciò che è male” (3,1-4,27).
Passa quindi all’abuso della vita ( 5,1-9,19) e
infine all’abuso del potere (9,20-11,26).
Oggi abbiamo letto l’origine della ribellione. L’uomo e la
donna sono il simbolo dell’umanità. Debbono
affrontare la tentazione della ribellione (vv 1-5), ma sono
sconfitti e accettano, disobbedendo a Dio, di
mangiare il frutto proibito (v 6). Il risultato, avendo
rifiutato il comando del Signore, è quello di scoprire la
paura, la vergogna, il desiderio ossessivo di nascondersi
perché scoprono di essere totalmente poveri di tutto.
Avviene quindi l’esame dei colpevoli (vv 8-13), la pena (vv
14-19), la scacciata dal Paradiso in una terra
maledetta (20-24).
Tutto inizia dall’illusione di poter diventare grandi e
potenti. E questo è possibile solo disobbedendo. Le
motivazioni sono suggestive e sembrano buone: infatti vengono
contrapposte scelte e grandezze personali, in
piena autonomia in contrapposizione alla dipendenza dalle
scelte della volontà di Dio. Dio vuole
sottomissione, fiducia in lui, crescita e maturazione
possibili. Il serpente promette “che si apriranno gli occhi”
e che si potrà raggiungere la stessa sovraconoscenza di Dio,
il segreto della vita e dell’essere e quindi
l’autonomia totale.
Per gli ebrei che leggono, il serpente è il dio-serpente
delle religioni dei popoli che circondano il territorio di
Gerusalemme. E’ un Dio potente, il Dio della fecondità e
quindi della ricchezza.
All’umanità il Signore ha già offerto tutto, ma gli ha posto
la condizione etica del dover distinguere il bene ed
il male: e questo è possibile accettando la volontà e le
scelte di Dio. L’umanità, invece, non vuole sopra di sé
un limite, non accetta di ricevere da Dio il senso delle sue
scelte. L’umanità vuole poter fare tutto ciò che
vuole, senza dover dar conto a nessuno.
La suggestione passa attraverso la donna, il dono dato ad
Adamo. Nel suo cuore inizia a consumarsi il male per
il desiderio e la curiosità di osare. Così il mondo si
presenta diverso: “.buono da mangiare, gradevole agli occhi
e desiderabile per acquistare saggezza ” e cioè capace di
sostentare la vita, seducente per gli occhi, attraente
per avere successo. Sono sintetizzate le dinamiche che si
scatenano e che fanno perdere il senso della misura e
il senso della dipendenza (l’accumulare, la seduzione, il
potere).
Il seguito del processo (poiché il tutto è impostato come un
processo) ha una condanna secondo le
responsabilità. La vita si deforma nella prospettiva della
morte futura. E se non viene impedita la possibilità di
generare la vita e di sviluppare il mondo (tutto questo fa
parte dell’immagine di Dio che resta nell’umanità), il
cammino si svolge nella fatica del nascere, nelle lacerazioni
delle relazioni nella famiglia e nella società, nella
durezza di poter strappare risultati nel lavoro. Il Signore
ha offerto loro tutto il mondo, secondo il racconto
della Genesi, con il solo limite di mantenere una dipendenza
e quindi una dirittura morale: è la strada della
sapienza, il rifiuto della onnipotenza, la ricerca di
riferimenti che indirizzino e suggeriscano, al momento
buono, a ciascuno: “fermati, basta, ti serve altro”.
Viene così riletta la nostra realtà quotidiana. Dove manca il
rapporto responsabile e coerente con la Parola di
Dio, il male continua a lacerare faticosamente la vita e crea
drammi.
C’è il pericolo della maledizione e della disperazione.
Eppure Dio lascia una promessa di vittoria alla umanità per
la stirpe della donna.
«Dove sei?» domanda Dio all'uomo peccatore. La risposta, che
Adamo non sa dare, la darà Dio stesso
nell'incarnazione del Figlio: siamo in lui, in Cristo. Essere
in Cristo è uno dei temi più cari e ricorrenti in Paolo
ed emerge anche, oltre che nel brano della lettera ai Romani,
nel brano della lettera agli Efesini: “In Dio ci ha
benedetti, ci ha scelti, ci ha fatto anche eredi...”. In
Lui si fonda la nostra speranza e per questo salgono al
Padre la nostra benedizione e la nostra lode alla sua gloria.
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Romani 5, 18-21
Fratelli,
come dunque per la caduta di uno
solo si è riversata su tutti gli uomini la
condanna, così anche per l’opera giusta di uno
solo si riversa su tutti gli uomini la
giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la
disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati
costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza
di uno solo tutti saranno costituiti giusti. La Legge poi
sopravvenne perché abbondasse la caduta; ma dove abbondò il
peccato,
sovrabbondò la grazia. Di modo che, come
regnò il peccato nella morte, così regni anche la
grazia mediante la giustizia per la vita eterna,
per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.
Secondo le usanze interpretative dei rabbini, Paolo
contrappone alla disobbedienza del primo uomo
l’obbedienza del Figlio di Dio. Nella sua obbedienza alla
volontà del Padre, Gesù ha giustificato l’umanità che
Dio ha sempre amato, mentre essa ha continuato a sentirsi
lontana, imprigionata nella sua condizione di
peccato e di morte. L’opera di Gesù è giustizia e conduce
l’umanità nella pienezza della vita.
Gesù ci ha liberato dalla condanna, dal destino di una
consunzione e di una perdizione. Gesù ci ha liberato
anche dalla Legge che ha moltiplicato la coscienza del
peccato. E tuttavia tale consapevolezza non ha aiutato a
liberarci. Piuttosto ci ha reso sempre più certi di una
nostra incapacità ad uscire dal tunnel del rifiuto e dalla
disperazione che ci rende improponibile il cammino verso la
giustizia.
Paolo ne fa esperienza con la sua puntigliosa aderenza alla
legge nei tempi precedenti la sua conversione. Egli
ha vissuto in quella atmosfera di tensione verso la totale
ubbidienza alla legge e il disprezzo del popolo che,
rassegnato ed ignorante, non sa essere coerente alle infinite
sfumature della legge di Mosè. “Questa gente che
non conosce la legge è maledetta” (Gv7,49) dicono i farisei.
Così, nella tensione alla perfezione, anche Paolo
ha disprezzato quel “popolo maledetto”, incapace di piena
ubbidienza.
La ricerca di Gesù lo ha liberato e lo ha fatto discepolo di
un Salvatore che ama il popolo povero e peccatore e
che libera dalla maledizione della legge e dalla
disobbedienza di Adamo perché finalmente in cammino verso
il Padre. Gesù lo ha manifestato, essendosi fatto garante
presso Dio e presso di noi con il suo amore e la sua
morte.
Siamo nel Regno che non ha confini, aperto ad ogni uomo, a
partire dal popolo eletto, discendente da Abramo
che ha una grande gloria, custode della promessa di un
Salvatore per tutti. Per questo ogni persona, uomo o
donna, è amata e scelta, santificata se accoglie, garantita
da una gratuità che, attraverso Gesù, si manifesta a
ciascuno che la voglia accogliere.
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Basilica dell'Annunciazione a Nazareth |
Matteo 1,20b-24
In quel tempo. Apparve in sogno a Giuseppe
un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe,
figlio di Davide, non temere di prendere con te
Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è
generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella
darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù:
egli infatti salverà il suo popolo dai suoi
peccati». Tutto questo è avvenuto perché si
compisse ciò che era stato detto dal Signore per
mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà
e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il
nome di Emmanuele, che significa Dio con noi.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece
come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
Con questo testo di Vangelo ci troviamo alla conclusione della riflessione
iniziata con il peccato di Adamo ed
Eva. L’umanità ha peccato e non ha risorse né capacità né prospettive di
risollevarsi. Ma Dio è il Dio di amore
e, se accetta di vedere un suo capolavoro lacerato e disperso per la libertà
che l’umanità si vuole gestire su
interessi, voglie, presunzioni, potenze, violenze e poteri, Egli continua ad
inseguire e a proporre progetti di vita
e di speranza. Alla fine la salvezza verrà dal grembo della sua pienezza, dal
Figlio che manderà nel mondo. Il
Figlio accetta questo ruolo di uomo fedele, disarmato e amorevole. Il Figlio
entra nella cultura di un popolo, in
una famiglia, in un corpo generato da donna, nelle strutture del popolo che
ha mantenuto il richiamo e ha
custodito le promesse.
Il Vangelo di Matteo racconta sull’inizio di questa presenza alcuni fatti che
vanno letti come messaggi teologici
più che come cronaca e ci mettono sulle tracce di questa promessa che si
sviluppa tra noi. Una coppia di
giovani sposi sta vivendo, secondo le usanze d’Israele, quell’anno di attesa
tra promessa e convivenza. Non
possono frequentarsi e tuttavia, già sposati, attendono con trepidazione
l’incontro definitivo e ufficiale della
nuova famiglia. Per dare una ragione plausibile bisogna ricordare che le
ragazze sono promesse a 12-13 anni,
e i ragazzi a 14-15 anni.
In questo periodo la coppia è coinvolta nelle scelte di Dio. Luca racconta il
messaggio dell’angelo a Maria e gli
interrogativi sul suo futuro, Matteo racconta il messaggio di Dio nel sogno a
Giuseppe sulle scelte che egli
non sa prendere, probabilmente riflettendo sul proprio ruolo in questo
frangente misterioso in cui si sente
totalmente estraneo. Probabilmente è questo il motivo delle perplessità più
che i sospetti e le diffidenze su
Maria.
Si parla di un messaggio di Isaia per l’annuncio della nascita del figlio del
re Acaz in un momento drammatico
della storia di Gerusalemme ( siamo nel sec VIII a.C.). E’ stato veramente un
segno di Dio in quel momento,
un “Emanuele” (un Dio con noi) che visita il popolo. Ma non tutte le vicende
di questo re, diventato adulto,
hanno risposto alle attese riposte in lui. Matteo sta dicendo che Dio avrebbe
mandato un nuovo ”vero
Emanuele”. Anzi racchiude tutto il suo Vangelo tra due citazioni
dell’Emanuele: questa, all’inizio (1,23),
l’abbiamo letta oggi; l’altra si trova alla fine del Vangelo dopo l’invio per
la missione degli apostoli nel
mondo.(28,20) «Ed ecco, io sono con voi ( l’Emanuele) tutti i giorni, fino
alla fine del mondo».
Un’ultima citazione va fatta sulla parola “Vergine” che, nel nostro
linguaggio, ha un significato di ”donna
ammirevole, degna di stima”; ma, nel linguaggio ebraico, colei che rimane
vergine per tutta la vita mostra solo
l’incapacità di attirare su di sé lo sguardo di un uomo. Degna di lode, in
Israele, è la donna sposata che ha figli.
La vergine è considerata un albero senza frutti, meritevole di commiserazione
(Is 56,3-6).
Quando ci parla della “Vergine Sion”, Geremia non vuol dire “Gerusalemme
pura, immacolata e senza
macchia” ma ”Povera, disprezzata, priva di vita” (Ger 31,4; 14,13).
Maria parla di sé come se fosse la “Vergine Sion”: “Ha guardato la bassezza,
la povertà della sua serva” (Lc
48-49).
Ma “vergine” ha anche un significato particolare: l’amore totale per il
Signore”. Ne parla s. Paolo: “Vi ho
promesso ad un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo” (2
Cor 11,2). Ma qui siamo già nei
parametri del Nuovo Testamento e nelle prospettive nuove che Gesù ha portato. |