III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
15 settembre 2013
Giovanni 5, 25-36
Riferimenti : Isaia. 43, 24c - 44,1-3 - Salmo  32  - Ebrei. 11, 39 - 12, 4
Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato. Beato l'uomo a cui Dio non imputa alcun male e nel cui spirito non è inganno. Tacevo e si logoravano le mie ossa, mentre gemevo tutto il giorno. Giorno e notte pesava su di me la tua mano, come per arsura d'estate inaridiva il mio vigore. Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: "Confesserò al Signore le mie colpe" e tu hai rimesso la malizia del mio peccato. Per questo ti prega ogni fedele nel tempo dell'angoscia. Quando irromperanno grandi acque non lo potranno raggiungere.

Isaia. 43, 24c - 44,1-3

Così dice il Signore Dio: Ma tu mi haidato molestia con i peccati, mi haistancato con le tue iniquità. Io, iocancello i tuoi misfatti per amore di mestesso, e non ricordo più i tuoi peccati. Fammi ricordare, discutiamo insieme;parla tu per giustificarti. Il tuo primopadre peccò, i tuoi intermediari mifurono ribelli. Perciò profanai i capi del santuario e ho votato Giacobbe all’anatema, Israele alleingiurie». Ora ascolta, Giacobbe mioservo, Israele che ho eletto. Così dice ilSignore che ti ha fatto, che ti ha formatodal seno materno e ti soccorre: «Nontemere, Giacobbe mio servo, Iesurùn cheho eletto, poiché io verserò acqua sulsuolo assetato, torrenti sul terreno arido.Verserò il mio spirito sulla tuadiscendenza, la mia benedizione sui tuoi posteri”.

Il popolo d’Israele (siamo nel sec VI a. C.) è angosciato della deportazione in Babilonia che hadistrutto ogni speranza ed ha messo in crisi ogni possibilità di riscatto. “Il Signore ci haabbandonato. Il Signore si è dimenticato di noi. Il Signore non mantiene più la sua speranza enon ascolta più il pianto dei poveri e degli schiavi. Eppure aveva promesso un regno eterno aDavide (2 Sam 7), aveva annunciato l’inespugnabilità di Gerusalemme (Is 7,6; 37,6)”. Cosìpensano i credenti d’Israele, verificando la loro situazione dolorosa.Dio si affaccia nel conflitto, garantendo attraverso il salmista: “Forse il Signore ci respingerà persempre, non sarà mai più benevolo con noi? È forse cessato per sempre il suo amore, è finita lasua promessa per sempre? Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell'ira la suamisericordia?” (77,8-10).Sorge un profeta tra i deportati a Babilonia e le sue parole sono inserite nel libro di Isaia. “Nonho rotto i miei legami con voi, non ho mutato i miei sentimenti”. E’ Israele che si è allontanata. Ei padri, qui, nella memoria, sono ricordati in una lunga processione di infedeltà Tuttavia ilSignore vuole rassicurare. “Ora ascolta.” E le immagini si sviluppano come per unarigenerazione nuova in cui il Signore garantisce. Fin dal tuo nascere (dal seno materno) ilSignore continua ad essere presente. Nel cammino ti sostiene e ti aiuta a crescere. Ti rendeagevole la fatica con l’acqua e lo Spirito. In ebraico e nella traduzione italiana viene usato lostesso verbo per l’acqua e lo Spirito: “Verserò”. Ma acqua e Spirito sono anche gli elementi dellacreazione: la fertilità e la vita. E saranno i doni della nuova creazione che la Chiesa eredita nel battesimo e che permetteranno a ciascuno di mantenere l’alleanza con la Chiesa autentica diGesù, il suo nuovo popolo che continua e sviluppa le promesse del Signore nella storia.C’è una sottile critica al culto e alla sua indispensabilità. Quello che il Signore attende sono lafedeltà e la coerenza. Il solo culto non ha costituito una linea di fedeltà. Anzi, prima dell’esilio,quando ancora esisteva la struttura del tempio, la religiosità ufficiale e gli “intermediari”(sacerdoti del tempio) offrivano il culto, persistente, obbligante, fastoso e non certo richiesto. Mahanno reso incapace il popolo di capire ed hanno “stancato Dio”. Nel periodo dell’esilio, ormai senza tempio, il popolo d’Israele non si è preoccupato di mantenere o di sostituire i riti checompiva prima e il Signore non glielo ha chiesto. Il Signore ricupera dalla sua fedeltà e dalla suamemoria la garanzia per Israele e lo chiama con un vezzeggiativo: “Iesurun” (diletto, che probabilmente significa “essere retto, fedele”).

Ebrei. 11, 39 - 12, 4

Fratelli,  i nostri padri, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loropromesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senzadi noi. Anche noi dunque, circondati da tale  moltitudine di testimoni, avendo depostotutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nellacorsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli,di fronte alla gioia che gli era postadinanzi, si sottopose alla croce,disprezzando il disonore, e siede alladestra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità deipeccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta controil peccato.

 La” lettera agli ebrei” sorge in un contesto di grande disagio e di incomprensione dei fatti della storia per i cristiani e quindi ciò che avviene non corrisponde alle promesse di Dio, o almenocosì sembra.E’ crollata la struttura del popolo d’Israele negli anni 70 d.C. con la vittoria dei Romani, dispersii sopravvissuti dopo la distruzione di Gerusalemme. Alcuni di questi si sono fatti cristiani, macontinuano a trovare difficoltà perché sono considerarti, dai propri fratelli d’Israele, traditori.Così sono perseguitati. Poco prima (al cap. 10, 32-35), in questa stessa lettera, si parla dellafatica che debbono sopportare i cristiani nella loro comunità civile. “Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande epenosa, ora esposti pubblicamente a insulti e persecuzioni, ora facendovi solidali con coloro chevenivano trattati in questo modo. Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di essere derubati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori eduraturi. Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grandericompensa”.Passando il tempo, sembra anzi che la situazione stia peggiorando, si dice nella lettera.E tuttavia, ricorda l’autore biblico, abbiamo alle spalle l’esperienza dei grandi testimoni dellafede, e ne fa un elenco, (ca.11,1-38), tutti i testimoni (“la moltitudine 12,1) dell’AnticaAlleanza”. Di questi i cristiani conservano il ricordo grato della loro fedeltà al Signore.La vita è come una gara sportiva: una corsa in cui siamo chiamati a correre, tenendo fisso losguardo sulla meta. Lo ha fatto Gesù e la sua meta fu l’amore di Dio che passava attraverso lacroce: “Di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce” (12,2). Siamoinvitati anche noi a fare le scelte di coerenza, di amore al Padre ed ai fratelli. Una certa vecchia spiritualità ci faceva pensare più a sofferenze cercate o a penitenze corporali. Il Signore ci chiededi essere testimoni nell’oggi, nella fatica e nella coerenza quotidiana di vita e di lavoro, peramore e con amore, anche a rischio. Ogni giorno scopriamo che il disegno di Dio noncorrisponde “al tutto e subito” ma al cammino, o alla corsa faticosa, legata al tempo, a Lui e nonal miracolismo, non alle soluzione fantastiche. Ognuno con la sua competenza, il suo compito, ilsuo cammino, cercando di non caricarsi di pesi inutili, troverà la sua fatica e la sua strada. E dallaintelligenza particolare e dalle competenze trae energia e soluzioni da mettere in gioco, con amore per il proprio prossimo, come Gesù ha utilizzato la sua forza nel guarire, la sua parola per consolare e la sua intelligenza per illuminare.

   
Giovanni 5, 25-36
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: Inverità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno lavoce del Figlio di Dio e quelli chel’avranno ascoltata, vivranno. Comeinfatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere lavita in se stesso, e gli ha dato il poteredi giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: vienel’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero ilmale per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudicosecondo quello che ascolto e il miogiudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Se fossi io a testimoniare di me stesso,la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza dime, e so che la testimonianza che egli dàdi me è vera. Voi avete inviato deimessaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egliera la lampada che arde e risplende, e voisolo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiorea quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo,testimoniano di me che il Padre mi ha mandato”.

Nel Vangelo di Giovanni, con il cap. 5, si inizia una nuova sezione (capp 5-12) in cui si sviluppainsieme ricerca e polemica su chi è Gesù. Praticamente si sviluppa un processo in cui Gesù,sempre nel linguaggio di Giovanni, manifesta il suo essere e irrigidisce gli interlocutori.Gesù è a Gerusalemme per la “festa”. Non si dice quale. E le feste fondamentali d’Israele sonotre: la Pasqua (ma sarebbe stata nominata), la festa di Pentecoste (o della mietitura) e la festadelle Capanne che Giovanni avrebbe citato più avanti (7,2). Siamo perciò, probabilmente, aPentecoste, quando gli ebrei celebrano il dono della legge a Mosè e al popolo. Il cap 5 inizia conla guarigione di uno sconosciuto, paralitico, che Gesù ha voluto incontrare e guarire "alla piscina, chiamata in ebraico Betzada, presso le porte delle pecore" (5,2). Aveva una paralisi chelo teneva nel letto, incapace di camminare da 38 anni (nel Deuteronomio 38 anni sonopraticamente la conclusione della vita (2,14) e quindi a un uomo in procinto di morire senzasperanza 5,5). Questo tale viene visto in giro, in giorno di sabato, con un lettino/ branda/ giaciglio sulle spalle. E suscita scandalo, ribellione e addirittura raccapriccio portare un peso: èla violazione pubblica del riposo. I Giudei fanno una piccola inchiesta e chiedono chi siaveramente il responsabile di questa guarigione e quindi di questa grave disobbedienza sul sabato.Scoprono che è Gesù l’autore sia del miracolo che del comando di prendere il proprio giaciglio edi tornare a casa. Così “i giudei cominciarono a perseguitare Gesù perché faceva tali cose disabato” (5,16).I testi che leggiamo oggi riportano solo un brano di tutta la discussione che Giovanni registra: èuna polemica durissima contro i dirigenti che perseguitano Gesù ed il suo operato.Gesù però si spiega. Egli svolge la stessa attività di Dio e ne incarna la sua volontà ed il suo disegno. Non esistono altri criteri di moralità. E il suo proposito è invitare alla pienezza della vitacoloro che sono assoggettati alla morte. E’ fondamentale capire che Il successo o la sconfittadell’uomo dipendono dalla sua condotta verso gli altri. E’ il disegno di Dio che Gesù sta vivendo in pienezza (5,25-30). Gesù opera come il Padre.C’è, in sottofondo, il rapporto di Mosè con Dio che gli interlocutori avvertono essere l’unico valido e garantito. Gesù osa porsi in una relazione con Dio più profonda e non certo come rivale.Gesù riceve tutto da Dio come un figlio riceve tutto dal padre e impara ad operare come suopadre (qui c’è l’esperienza con Giuseppe, visto che Gesù è chiamato il “figlio del carpentiere”).Ciò che irrigidisce il dialogo è questo legame stretto ed unico con Dio che gli è Padre in modosingolare. Non è difficile immaginare che cosa queste discussioni possano suscitare tra i Giudeidiffidenti, agguerriti e cultori della teologia ebraica. Si sente anche che il resoconto di Giovanni è lo sviluppo di una riflessione per le sue prime comunità cristiane e per una loro fede matura,L’opera del Padre è quella di dare la vita: i farisei credono nella risurrezione alla fine dei tempi?Bene, e qui Gesù garantisce la propria adesione alla loro fede e aggiunge che il Figlio compie lestesse opere di vita. Dio farà risorgere e Gesù ha salvato dalla morte un paralitico (da ricordare i38 anni della sua malattia). Va poi riletto il tutto alla luce della Risurrezione di Gesù stesso.Resta il problema delle garanzie: “Tu dici di essere e di fare ma chi testimonia per te?”Il testo di Deut 19,15 stabilisce che nessuno può essere giudicato colpevole sulla parola di unsolo testimone. Perciò Gesù parla della testimonianza: accetta il loro bisogno di garanzie e sirende conto che qui si gioca il destino di ogni persona e il significato profondo che solo Lui puòsvelare da parte del Padre. Siamo davanti ad una rivelazione più grande di quella del Sinai.Perciò Gesù garantisce con quattro testimonianze:- la testimonianza di Giovanni (vv 33-35),- “le opere che il Padre mi ha dato da compiere” (5,36),- il richiamo delle coscienze (vv 37-38)- le Sacre Scritture (vv 39-40).Oggi abbiamo letto il significato delle due prime testimonianze: sono le sue opere, segno diliberazione ed è la testimonianza di Giovanni il Battista. Gesù sottolinea che anche la testimonianza di Giovanni, che essi “solo per un momento” hanno accettato, ha valore, puressendo solo un uomo. La sua è luce di una lampada "che arde e risplende; e voi solo per unmomento avete voluto rallegrarvi alla sua luce" (v 35).Il messaggio che ci giunge, però, è la novità delle opere: “le opere che il Padre mi ha dato dacompiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi hamandato”.Sono garanzia per portare la vita, aperte ad ogni uomo o donna, dono di fedeltà come Gesù èfedele testimone di Dio.Coloro che seguono Gesù debbono accogliere lo stesso progetto e costruire un cammino sullastessa fiducia, nel mondo quotidiano in cui vivono.