
IV DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
22 settembre 2013 Giovanni 6, 51-59
Riferimenti :
Proverbi. 9, 1-61 - Salmo 33 -
Corinzi. 10, 14-21 |
Esultate, giusti, nel
Signore; ai retti si addice la lode. Lodate il Signore con la
cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate al
Signore un canto nuovo, suonate la cetra con arte e acclamate.
Poiché retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera.
Egli ama il diritto e la giustizia, della sua grazia è piena la
terra. Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio
della sua bocca ogni loro schiera. Come in un otre raccoglie le
acque del mare, chiude in riserve gli abissi. |
Proverbi. 9, 1-6
La sapienza si è costruita la
sua casa,ha intagliato le sue settecolonne.Ha ucciso
il suo bestiame, ha preparatoil suo vino e ha imbandito la
suatavola.Ha mandato le sue ancelle a proclamaresui
punti più alti dellacittà:«Chi è inesperto venga qui!».
A chiè privo di senno ella dice:«Venite, mangiate il mio
pane, beveteil vino che io ho preparato.Abbandonate
l’inesperienza e vivrete,andate diritti per la via
dell’intelligenza»
Dopo
aver sviluppato una lunga introduzione alla raccolta dei detti
sapienziali, attribuiti a Salomone, resapiente di Israele
(sec X), incontriamo, a modo di parabola, due donne che
rappresentano la Sapienza ela Follia.Già in precedenza,
l’autore ne ha parlato, ma qui colloca le due donne nella loro
casa, aperta ad ognipersona, invitata ad incontrare colei
che può dare felicità e gusto della vita.Nel testo di oggi
viene ricordata la casa ed il profilo della Sapienza. Un casa
splendida con sette colonneche ricordano la stabilità e la
perfezione: le colonne erano solo nelle case nobili per poter
avere sale spaziosee protette, il numero sette richiama lo
splendore e la completezza.La tavola è imbandita e, dai
punti più alti della città, viene proclamato il messaggio ad
ogni persona. Leancelle, poi, vanno per le strade ad
incoraggiare gli inesperti e chi si rende contro di mancare di
intelligenzae di preparazione nella vita. Perciò il
messaggio e l’invito valgono per tutti, ma, prima di tutti,
sono invitati quelli che hanno bisogno e sono poveri di
comprensione.Anche Donna Follia ha imbandito un banchetto
(9,13-18). Essa però non va in cerca, ma “sta seduta alla
porta di casa, su un trono in luogo alto della città” e invita
gli stessi passanti, rintracciati dalle ancelledella
Sapienza: “gli inesperti e i privi di senno”. La Sapienza offre
da mangiare il pane e da bere il vino.La Follia non ha vino
(il vino è la gioia messianica) ma acqua: “le acque furtive sono
dolci” e il panegustoso perché “preso di nascosto” ( si
gioca sul gusto del proibito). La Sapienza incoraggia a istruire
ededucare, tenendo presente che “principio della Sapienza è
il Timore del Signore”.Timore del Signore non è la paura ma
la consapevolezza che bisogna evitare il male, la stessa
impressioneche ci viene se sporchiamo il mondo, inquiniamo
il terreno, mentre abbiamo maturato il rispetto delcreato.
Il timore di Dio è il timore di offendere, disgustare, rovinare,
disprezzare ciò che vale.In questi giorni l’inizio della
scuola è un tempo importante per tutta la nostra comunità:
qualcuno espertoin diverse materie si prende carico delle
nuove generazioni e aiuta a superare l’inesperienza e la
mancanzadi sapienza. Ma se la conoscenza può essere data a
scuola, la Sapienza è anche frutto di interventidiversi: la
conoscenza, il saper valutare il valore di una cosa o di
un’azione, il desiderio di costruire insieme,il coraggio di
aiutare chi è in difficoltà, la forza di affrontare senza paura
la fatica in vista di unprogetto grande. Solo la scuola non
riesce a dare la Sapienza ai giovani, se non ci sono gli altri
contributidi soggetti vicini: in particolare, la famiglia,
gli amici, la Comunità cristiana, gli stessi adulti vicini o gli
adulti “modello”. La conoscenza che si riceve a scuola ha
bisogno di tanti altri collaboratori che, mentrela
valorizzano, la stimano, la cercano, la promuovono in tutto il
contesto in cui si vive.La Sapienza è personificata, è donna
che invita e richiama, è maestra che vuole istruire tutti,
uomini edonne, chiamati ad essere suoi discepoli. Essa si
preoccupa per loro, per il loro cammino e per il loro
destino. Donna Sapienza ha di che preoccuparsi, perché in città
si trova anche un'altra maestra, DonnaFollia, che pure
invita gli alunni alla sua anti-scuola, dove insegna il gusto
del proibito e il fascinodell'insensato e, così facendo,
conduce alla morte (9,13-18).
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1 Corinzi. 10, 14-21 Perciò, miei cari, state
lontanidall’idolatria. Parlo come a personeintelligenti.
Giudicate voi stessi quelloche dico: il calice della
benedizioneche noi benediciamo, non èforse comunione con
il sangue diCristo? E il pane che noi spezziamo,non è
forse comunione con il corpodi Cristo? Poiché vi è un solo
pane,noi siamo, benché molti, un solo corpo:tutti
infatti partecipiamo all’unicopane. Guardate l’Israele
secondo lacarne: quelli che mangiano le vittime
sacrificali non sono forse in comunionecon l’altare? Che
cosa dunqueintendo dire? Che la carne sacrificataagli
idoli vale qualcosa? O cheun idolo vale qualcosa? No, ma
dico che quei sacrifici sono offerti aidemòni e non a Dio.
Ora, io non voglioche voi entriate in comunionecon i
demòni; non potete bere ilcalice del Signore e il calice dei
demòni;non potete partecipare allamensa del Signore e
alla mensa deidemòni. Nella sua prima lettera ai Corinzi, Paolo unisce insieme verità
di fede e suggerimenti pastorali. E’ unattento osservatore
dei fatti della vita quotidiana e suggerisce che i credenti si
convertano alla vita e allaParola di Gesù. La fede, infatti,
comporta uno stile di vita coerente con le sue scelte ed obbliga
ad unarevisione non solo i pagani, che si sono convertiti,
ma lo stesso popolo d’Israele, legato alla legge diMosè. Un
problema pastorale, per noi curioso, è già stato iniziato al
cap.8: ci si interroga sul propriocomportamento in rapporto
con la carne comprata al mercato o la carne utilizzata da
parenti che nonsono cristiani e che hanno invitato a
mangiare a casa loro amici e parenti cristiani. Il problema si
poneperché tutta la carne, anche quella in vendita sul
mercato, proviene da sacrifici offerti agli idoli. Paolo
sviluppa alcune riflessioni teologiche. In fondo gli dei pagani
non esistono e quindi il mangiare carneofferta agli idoli è
inoffensivo. Ma d’altro lato l’adesione a pratiche idolatre
suppongono la fede nontanto in Dio ma ad un antagonista di
Dio che perciò è un demonio. In conclusione, se i cristiani non
debbono partecipare al culto degli idoli, tuttavia non sono
obbligati ad indagare su eventuali operazionicultuali
precedenti, qualora siano stati invitati ad un banchetto. Se non
sanno la provenienza della carne,non si preoccupino. Se
invece ne sono consapevoli, allora se ne astengano, soprattutto
se la segnalazioneviene da un fratello o una sorella nella
fede, per non offendere la debolezza della fede di qualcuno che
potrebbe scandalizzarsi (10,23-32).Ma, riprendendo la
problematica del capitolo 8, Paolo si preoccupa che non si
ritorni alla idolatria. Partecipareai banchetti idolatrici
fa conseguire una vicinanza con la divinità che l'idolo
rappresenta: attraversoil cibo noi costituiamo un incontro,
una presenza del divino nel fedele.Viene ricordata
l’Eucarestia con una formulazione già arcaica, che fa
riferimento alle iniziali descrizionisintesi,esistenti nella
prima Comunità cristiana: sottolineano i tratti comunitari e la
partecipazione: “Ilcalice della benedizione che noi
benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il
paneche noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di
Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo,benché molti, un
solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane”
(10,16-17). E’ la sintesidell’ultima Cena, maturata come
adesione piena e totale con Gesù per cui diventiamo, con Lui, un
solocorpo. E noi, insieme, siamo la Chiesa, presenza di Gesù
nel mondo. In tal modo noi ritroviamo, a livelloaltissimo,
un legame tra credenti e l’unità al Padre attraverso Gesù.
Dall’idolatria come culto bisognastare attenti poiché la si
può vivere anche oggi come stile di vita e come metodo di
scelte, quando laParola di Gesù viene dimenticata nelle
nostre scelte economiche, di convivenza, di rapporti sociali
finoalle lacerazioni ideologiche che portano alla
dissoluzione di condivisioni, alla violenza, alla distruzione
della persona e dei popoli. E si vive come se Dio non esista. |
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SINAGOGA DI CAFARNAO |
Giovanni 6, 51-59 In quel tempo.
Il Signore Gesù disse:Io sono il pane della vita. I vostripadri hanno
mangiato la manna neldeserto e sono morti; questo è ilpane che
discende dal cielo, perchéchi ne mangia non muoia. Io sono ilpane
vivo, disceso dal cielo. Se unomangia di questo pane vivrà in eternoe
il pane che io darò è la mia carneper la vita del mondo».Allora i
Giudei si misero a discutereaspramente fra loro: «Come puòcostui
darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in
verità io vi dico: se non mangiate lacarne del Figlio dell’uomo e non
beveteil suo sangue, non avete in voi lavita. Chi mangia la mia carne
e beveil mio sangue ha la vita eterna e iolo risusciterò nell’ultimo
giorno.Perché la mia carne è vero cibo e ilmio sangue vera bevanda.
Chimangia la mia carne e beve il miosangue rimane in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, hamandato me e io vivo per il Padre,
così anche colui che mangia me vivràper me. Questo è il pane disceso dal
cielo; non è come quello che mangiaronoi padri e morirono. Chi mangia
questo pane vivrà in eterno».Gesù disse queste cose, insegnandonella
sinagoga a Cafàrnao.
Leggiamo, oggi, un
brano del lungo discorso che Gesù pronuncia nella sinagoga di Cafarnao, il
giorno dopoche è stato spezzato il pane per 5000 persone al di là del
lago. La gente ha tentato di sequestrarlo per farlo re,poiché hanno
ritenuto che, miracolosamente, questo anonimo profeta Galileo possa risolvere
con la sua potenzatutti i loro problemi. E’ sfuggito loro di mano,
l’hanno cercato tutta la notte, sono tornati alla riva opposta, aCafarnao
e lo trovano nella sinagoga il giorno dopo. La prima domanda che viene
spontanea: “Rabbi, quandosei venuto qui?” E Gesù risponde chiarendo loro
il senso della loro ricerca che è una ricerca ambigua e chedebbono
verificare la fede: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non
perché avete visto dei segni, maperché avete mangiato di quei pani e vi
siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo
che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di
lui il Padre, Dio, ha messo il suosigillo» (6,26-27). Così tutto il
capitolo è il tentativo di Gesù di aiutare a scoprire il segno che essi hanno
vistonella potenza di sfamare ma che hanno equivocato. Essi, infatti,
hanno bisogno di sfamarsi del pane vero.E Gesù vuol fare loro capire la
sua identità, presentandosi come “pane della vita, disceso dal cielo
(6,33-35). Aquesto punto ci si ritrova con una reazione abbastanza
scontata, frutto della loro delusione e della loro sorpresa:“Chi credi di
essere?” (6,42) Gesù non aggiusta la sua risposta sulle attese o sulla
comprensione dei suoiinterlocutori ma carica la dose: “Il pane da
mangiare non è solo la sua dottrina ma la sua carne”. Nella Bibbia“il Dio
che si fa carne” (Gv1,14) significa che si deve riconoscere la sua povertà e
limitatezza e che si rivelaattraverso un galileo, vissuto in una famiglia
semplice e conosciuta, figlio di Giuseppe il carpentiere. Ma ladomanda
continua sconcertata: “Come possiamo mangiare una persona?” Gesù parla anche
di “bere il suosangue” (6,52). In Israele è severamente proibito bere il
sangue di una animale perché la vita degli animali eancor più la vita
delle persone è nel sangue e la vita dell’uomo e degli animali appartiene a
Dio (Lev17,10-11). L’incontro con Gesù si completa in un gesto
misterioso: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sanguedimora in me e
io in lui” (Gv. 6,54). Nessuno lo può capire a Cafarnao né lo capiscono gli
apostoli che tuttavia,a parte qualche reazione spesso bloccata da Gesù,
sanno fidarsi di Lui e della sua verità. Sarà dopol’ultima Cena e quindi
dopo la Pentecoste (l’immersione nello Spirito santo) che riusciranno a
cogliere il significatodi quelle parole di Cafarnao nel “segno”:
ritrovarsi insieme e ripetere le parola di Gesù sul pane e sulvino. Essi,
allora, colgono la possibilità del segno (sacramento) che è mistero e
rivelazione della presenza particolaredi Gesù tra i suoi. Così ce lo
hanno trasmesso, allo stesso modo, e con la stessa fede che hanno di domenica
in domenica celebrato.L’Eucarestia richiama la fede di Gesù ed una
particolare presenza nella sua Chiesa. Quando ci si raduna e sicelebra il
segno della sua cena, noi celebriamo la presenza di Gesù che muore, per noi e
per tutti. “Il pane cheio darò è la mia carne per la vita del mondo”
(6,51), poiché Gesù dà la vita per il mondo.L’Eucarestia è assoluta e
indispensabile? E chi non può accostarvisi? “Chi mangia la mia carne e beve
il miosangue, ha la vita eterna” (6,54) e corrisponde al versetto detto
poco prima sulla fede: “Chi crede ha la vitaeterna” (6,47). Questo
significa che pur quelle tante comunità, che non hanno la messa la domenica,
per scarsitàdi preti, e che tuttavia si radunano a leggere e a meditare
la Parola del Signore, raggiungono lo stesso risultatoper la presenza
dello Spirito di Gesù. E così quelli che non escono di casa, i malati, i
separati, i divorziatiche non possono ricevere l’Eucarestia. Allora la
Messa che significato ha? E’ l’incontro della pienezza per laChiesa: essa
accoglie questo dono. Ci fosse solo una la messa del mondo, ci sarebbe tra
noi il miracolo dellapresenza di Gesù. Così nella messa sempre si legge
prima la Parola di Dio e poi si celebra il gesto di Gesù chesegna la
garanzia che ci ha voluto dare per crescere, per maturare. Ed è una
identificazione straordinaria, meravigliosa,questa presenza del Signore
Gesù in noi, nel nostro corpo perché noi ci assimiliamo in Lui mentreEgli
si assimila in noi.Certamente la comunione non va presa come una pillola
che guarisce né il fare molte comunioni ci rende piùsanti. Non è scritto
nei Vangeli di fare tante comunioni. C’è scritto di mangiare la carne di Gesù
e di bere il suosangue. Con tutti i significati che propone nei suoi
segni ogni volta accettiamo di accoglierlo, di far propri isentimenti e
le scelte di Gesù, di imparare a spezzare il pane come viene significato
prima della comunione, diassumerci il bisogno di perdono avendo ascoltato
la Parola di Gesù che non ci permette più di dire: “non hopeccati sulla
coscienza”, di offrire pane e vino, e cioè il lavoro quotidiano e la vita di
tutti i giorni perché diventinosegni di amore per tutti, pur nella nostra
povertà e insignificanza.Allora Gesù è la nuova e vera Sapienza che offre
una banchetto e invita tutti, si preoccupa che ognuno abbia lapossibilità
di scoprirlo e invita ognuno di noi ad essere una persona che invita al
banchetto come le ancelle alconvito della signora Sapienza. |