II II DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
8 sett 2013
Matteo 21, 28-32
Riferimenti : Isaia. 5, 1-7 - Salmo  798  - Galati. 2, 15-20
O Dio, nella tua eredità sono entrate le nazioni, hanno profanato il tuo santo tempio, hanno ridotto in macerie Gerusalemme. Hanno abbandonato i cadaveri dei tuoi servi in pasto agli uccelli del cielo, la carne dei tuoi fedeli agli animali selvaggi. Hanno versato il loro sangue come acqua intorno a Gerusalemme, e nessuno seppelliva. Siamo divenuti l'obbrobrio dei nostri vicini, scherno e ludibrio di chi ci sta intorno. Fino a quando, Signore, sarai adirato: per sempre? Arderà come fuoco la tua gelosia?

Isaia. 5, 1-7Così dice il Signore Dio: “Vogliocantare per il mio diletto il mio canticod’amore per la sua vigna. Il miodiletto possedeva una vigna sopra unfertile colle. Egli l’aveva dissodata e sgombratadai sassi e vi aveva piantato viti pregiate;in mezzo vi aveva costruitouna torre e scavato anche un tino.Egli aspettò che producesse uva; essaprodusse, invece, acini acerbi.E ora, abitanti di Gerusalemme euomini di Giuda, siate voi giudici frame e la mia vigna. Che cosa dovevofare ancora alla mia vigna che io nonabbia fatto? Perché, mentre attendevoche producesse uva, essa ha prodottoacini acerbi? Ora voglio farvi conoscereciò che sto per fare alla miavigna: toglierò la sua siepe e si trasformeràin pascolo; demolirò il suomuro di cinta e verrà calpestata. Larenderò un deserto, non sarà potatané vangata e vi cresceranno rovi e pruni; alle nubi comanderò di nonmandarvi la pioggia. Ebbene, la vignadel Signore degli eserciti è lacasa d’Israele; gli abitanti di Giudasono la sua piantagione preferita.Egli si aspettava giustizia ed eccospargimento di sangue, attendevarettitudine ed ecco grida di oppressi”.

 L’immagine della vigna è un prezioso impegno, una gloria per il contadino d’Israele e il suo capolavoro poiché richiede cura e attenzione, competenza e sollecitudine, fatica e operosità. Il risultato non è immediato,ma alimenta la sorpresa che rimanda a fine stagione, quando finalmente l’uva è stata torchiata e ilvino è raccolto. Se tutto è andato bene, se la stagione ha mantenuto i suoi ritmi, se il lavoro si è svoltocon intelligenza e con pazienza, se si è vigilato contro le bestie selvatiche e contro i ladri, con l’aiuto di Dio, finalmente, il risultato buono c’è stato.Siamo come di fronte ad un processo. Inizia il profeta, amico di Dio, che si presenta come amico dellosposo. Lo sposo è Dio, tradito dalla sposa, il popolo che viene presentato come una vigna di cui Diostesso si prende cura. E’ il suo capolavoro ed il suo orgoglio. Perciò Israele, particolarmente custoditanella pace, deve diventare modello del progetto di Dio nel mondo: “Alla fine dei tempi nessuna nazionealzerà la spada contro un’altra nazione… Siederanno tranquilli sotto la vite, sotto il fico e più nessuno lispaventerà.” (Michea 4,1-4). La vigna è simbolo di pace, di unità familiare, di festa. L’amata del Canticodei Cantici sogna di correre tra i filari, la mano nella mano con il suo diletto: “Andremo nelle vigne;vedremo se germoglia la vite, se le gemme si schiudono, se fioriscono i melograni, là ti darò il mio amore”(7,13). La sposa dell’uomo benedetto da Dio è come una “vite feconda” nell’intimità della sua casa(Ps 128,3).Un verbo importante che viene richiamato nel lavoro della vigna è il verbo “fare”: è il lavoro di Dio perIsraele. L’altro verbo drammatico è: “aspettare”, che identifica la libertà del suo popolo e la trepidazionedi Dio per una risposta di amore. Il testo è insieme carico di significati e drammatico poiché rispecchia,sotto i simboli e le immagini, il dramma della infedeltà e la tragedia della violenza e della guerra. Il messaggio,che ci viene dato anche oggi, è che “li ho strappati dalla schiavitù, io li ho resi liberi, e voi non avete maturato il significato della pace, il rispetto per ogni persona, la fedeltà alla mia parola che è attenzionea ciascuno”. E se nella prima parte il profeta, l’amico di Dio, canta l’amore di Dio per il suo popolo e quindi per tuttinoi che lo conosciamo in Gesù; nella seconda parte Dio stesso (il padrone della vigna) interviene, inprima persona, e denuncia la "lite". La vigna viene cancellata totalmente, diventerà deserto, spontaneamentecresceranno rovi e pruni (vedi il testo della Genesi: 3,18: “spontaneamente dal terreno non nascerannoche cardi a motivo della infedeltà). Poi viene superata la parabola e si entra nel merito dell’accusa, espressa con chiarezza: “Egli aspettava diritto (mishpat) ed ecco delitto (mishpach), attendeva giustizia{tsedaqa) ed ecco lamento (se'aqa)". Il gioco di parole, in ebraico, suggerisce quanto sia facile equivocaree passare dal rispetto alla prevaricazione, dalla giustizia allo sfruttamento che provoca pianti e angosce.Nella storia i popoli della terra hanno creduto di poter raggiungere grandezza, benessere e potenza attraversol’oppressione, l’ingiustizia, la guerra. E purtroppo lo si può dire anche dei popoli che hanno accettato la fede in Gesù. Verificando la nostra storia, noi cristiani non ci siamo certo comportati meglio deglialtri. Nell’esperienza del secolo scorso, in particolare, i grandi drammi ci hanno obbligato a percorrerestrade più coerenti con la parola di Gesù, ma non ancora sufficientemente maturate a livello di popolo.Papa Francesco ci ricorda che la fede non è compatibile con la violenza. E proprio nel secolo scorso, dopo infinite tragedie, è stato fortunatamente stabilito, pur nei drammi e nelle difficoltà, il significatodella “non violenza” e il coraggio di perseguire strade di pace. Non dimentichiamo che il grande campionedella “non violenza” declinata addirittura a livello politico è stato un indù: Gandhi che pur conoscevae ammirava Gesù.“Vitigni pregiati” (v 2) fanno probabilmente riferimento a paesi esteri da cui sono stati importati (quipotrebbe essere l’Egitto). Costruire una torre piuttosto che solo una capanna come spesso si usava per passare la notte come rifugio e per fare la guardia, per tenere lontano i ladri, è il richiamo alla dinastia diDavide, a cui Dio ha fatto le sue promesse.

Galati. 2, 15-20Fratelli, Noi, che per nascita siamoGiudei e non pagani peccatori,sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato per le opere della Leggema soltanto per mezzo della fede inGesù Cristo, abbiamo creduto anchenoi in Cristo Gesù per essere giustificatiper la fede in Cristo e non per leopere della Legge; poiché per le operedella Legge non verrà mai giustificatonessuno.Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, Cristo è forseministro del peccato? Impossibile!Infatti se torno a costruire quello che ho distrutto, mi denuncio cometrasgressore. In realtà mediante laLegge io sono morto alla Legge, affinchéio viva per Dio. Sono statocrocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questavita, che io vivo nel corpo, la vivonella fede del Figlio di Dio, che miha amato e ha consegnato se stessoper me.

 Paolo si è fermato nella regione occupata dai Galati (attuale Turchia centrale) durante il secondo viaggio missionario (50-52 d.C.) a causa di una malattia (4,13-14). Per Paolo anche questa è un’occasione e unsegno per parlare di Gesù a queste popolazioni. Molti, probabilmente appartenenti a diverse comunità,accolgono il suo annuncio e sono per lo più pagani. Perciò si capisce il significato di rivolgersi, nella lettera, “alle chiese della Galazia” (1,2). Il messaggio che Paolo porta è stato, prima di tutto, sperimentatonella sua vita. E’ consapevole e si preoccupa di parlarne con grande lucidità, pur rendendosi conto didover dire agli ebrei che la legge e i riti debbono definitivamente cedere il passo alla legge di Gesù Signore.Egli conduce i suoi ascoltatori su un’altra strada, liberandoli dalla ossessione della legge di Mosè,carica di prescrizioni che angosciano l’esistenza e rendono davanti a Dio ogni credente, continuamente,solo cosciente di infedeltà. E tuttavia, alcuni ebrei, pur convertiti alla parola di Gesù, ritengono che bisognacontinuare ad essere attenti alla legge ebraica, lo predicano e quindi creano confusione. Molti rivedonola loro posizione, precedentemente assunta con Paolo, e accettano la proposta di questi ebreocristiani,probabilmente di origine farisaica, come d’altra parte lo era stato Paolo, ma esigenti e, in mancanza di confronto, anche convincenti. Quando Paolo viene a saperlo, si preoccupa non solo di chiarirela propria posizione, ma anche di richiamare i fratelli cristiani, che ha conosciuto, alla chiarezza dellafede. Così, dopo aver compreso la libertà del Vangelo, le “Chiese della Galazia” stanno ritornando allaschiavitù della legge mosaica (1,6-10; 3,1-5). Paolo parla, nel suo scritto, della missione avuta da Dio,dei suoi rapporti con gli apostoli di Gerusalemme, e ripropone, con grande intensità, i temi centrali delVangelo e l'assoluta superiorità della fede cristiana sull'antica legge. Egli tuttavia mette in guardia ancheda quella mentalità che ci porta a sentirci garantiti e protetti perché impegnati in opere giuste, giusteoltretutto secondo i nostri criteri, costruiti sulla cultura corrente, sul buon senso, sulle abitudini, sulla propria sensibilità e, spesso, su luoghi comuni. La Legge di Gesù non dà molti precetti, ma ci mette aconfronto su uno stile di vita, sulle scelte e i criteri che il Signore ha portato, e su una sensibilità che, infondo, deve quotidianamente essere tradotta nel rapporto con gli altri: “Ama il prossimo tuo”. Così chi ècredente in Gesù non solo rispetta la legge della convivenza, la responsabilità del costruire insieme unasocietà, ma vive anche questo rapporto sempre nuovo e sempre difficile che è quello del rivedere la propriamentalità e quindi riorganizza, ogni volta, lo stile dell’accoglienza.

 
   
 Matteo 21, 28-32
In quel tempo. Il Signore Gesù disse:«Che ve ne pare? Un uomo avevadue figli. Si rivolse al primo e disse:“Figlio, oggi va’ a lavorare nellavigna”. Ed egli rispose: “Non neho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò.Si rivolse al secondo e disse lo stesso.Ed egli rispose: “Sì, signore”.Ma non vi andò. Chi dei due hacompiuto la volontà del padre?».Risposero: «Il primo». E Gesù disseloro: «In verità io vi dico: i pubblicanie le prostitute vi passano avantinel regno di Dio. Giovanni infattivenne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani ele prostitute invece gli hanno creduto.Voi, al contrario, avete visto questecose, ma poi non vi siete nemmenopentiti così da credergli.


Matteo racconta, in quest’ultima parte del suo Vangelo, alcuni episodi di Gesù nella settimana precedentela Pasqua che lo porterà alla morte e alla risurrezione. Nel primo giorno, a Gerusalemme vengonoricordati due episodi (Matteo 21,1 e ss): l’ingresso messianico che Gesù stesso organizza a partire dalMonte degli ulivi e la scacciata dal tempio dei venditori, sostituendo la loro presenza con ciechi e sordiche guarisce e con i bambini in festa. Tutto questo crea sconcerto, scandalo, rifiuto dei responsabili deltempio. Il giorno seguente Gesù, che ha passato la notte con i suoi apostoli a Betania, ritorna nel tempiodopo aver simbolicamente provocato la sterilità di una pianta di fichi poiché porta solo foglie e non frutti(vv 18-22). Per tutto il giorno è rimasto nel cuore dei discepoli l’interrogativo di una maledizione per unalbero che non è nella stagione dei frutti. E intanto Gesù nel tempio insegna e i capi dei sacerdoti e gli anziani lo contestano con una domanda precisa: “Con quale autorità fai queste cose? Chi ti ha datoquest’autorità?” Matteo allora riporta tre parabole: la parabola di due figli (21,28-32), la parabola deivignaioli malvagi (21,33 46) e la parabola degli invitati alle nozze (22,1-14). Tutt’e tre queste parabolehanno, come tema, l’accoglienza del regno, la storia d’Israele nella sua essenziale vocazione e il comportamentodelle autorità e degli onesti in Israele. Le tre parabole richiamano il rifiuto di fronte alle propostedi Dio, siano esse espresse dai profeti, o proposte da Giovanni Battista o suggerite dallo stesso Messia.La parabola di oggi ha sempre, come riferimento, la vigna, grande amore di un contadino, esperto e orgogliosodel proprio lavoro, che sa operare con intelligenza e può ottenere benessere e pace. “Invitare ilsuo vicino sotto la sua vite e sotto il suo fico” è il sogno coltivato da ogni Israelita (Zac 3,10). La vigna èil grande progetto e il grande amore di Dio a cui non vuol far mancare persone sagge, competenti e fidateche impegnino il proprio tempo e le proprie risorse. Così il padrone (si capisce immediatamente che il padrone è Dio) chiede aiuto ai suoi due figli per la sua vigna. La proposta è fatta a tutti e due. E già questoè strano poiché nella riflessione d’Israele si parla di un unico figlio che è Israele stesso: “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Osea 11,1) e al faraone viene dichiarato: “Israele è il mio figlio primogenito”(Esodo 4,22). Ma la provocazione si allarga. Il primo rifiuta, poi va a lavorare. Il secondo non èd’accordo con il progetto del padre, ma il padre va rispettato e quindi immagina che siano sufficientiparole ossequiose. Ma le parole non bastano. Lo ha già detto Gesù: “Non chiunque mi dice: “Signore,Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt7,21). Gesù mette in luce un pericolo diffusissimo in ogni religione: quello del formalismo, per cui si garantisceogni rispetto, non ci si schiera mai contro Dio, non lo si rifiuta assolutamente, né lo si rinnega. Magariil Signore è sempre al vertice dei nostri pensieri. Ma poi avvengono segni e fatti nuovi, imprevedibili:e noi ci rendiamo conto che si stanno aggiungendo messaggi diversi da quelli a cui siamo abituatieppure sufficientemente chiari. Restiamo disorientati ma non ci decidiamo a pensare e scegliere. Facilmenteritorniamo ai nostri “si” formali e dimentichiamo i richiami nuovi.La religiosità dei frutti (Mt 21,18-22: la sterilità del fico) ci farà ripensare alla coerenza della vita, maanche alla imprevedibilità che la Parola del Signore, facendosi presente, ci obbliga umilmente a ripensare:a cammini, progetti e segni. Per la gente del suo tempo il segno è Giovanni Battista, seguito dai peccatori(il mondo ebraico elenca come categorie di infedeli “i pubblicani e le prostitute”, uomini e donneche hanno rifiutato il Signore). Ma Gesù si preoccupa di richiamare i responsabili religiosi del suo tempo,obbligandoli a misurarsi sul messaggio di Giovanni Battista, se non proprio sul suo. “Gesù risposeloro: «Anch'io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch'io vi dirò con quale autorità faccio questo.Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?» (21,24-25).Essi non osano rispondere poiché non hanno accettato la parola del profeta e pubblicamente non lo voglionoammettere. Né osano dire il loro perché. Allora Gesù dice: «Neanch'io vi dico con quale autoritàfaccio queste cose». Matteo scrive, circa 50 anni dopo, il suo Vangelo. Si sono aggiunti i pagani convertiti che, nella Comunità cristiana, rappresentano la maggioranza. Allora come oggi il problema si pone:fare la volontà di Dio significa preoccuparsi della vigna, renderla bella e accogliente, e trasformare questanostra realtà in un mondo di pace. Accogliere il Signore e seguirlo non è prima di tutto la preoccupazionedel proprio paradiso ma la disponibilità di operare secondo il suo disegno di pace e di amore nelmondo.Resta sempre, come un macigno, l’avvertimento di Gesù a noi, credenti nella sua parola: «In verità io vidico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio” (21,31).