III giorno dell’ottava di Natale
27.12.2015
Giovanni 21, 19c-24
Riferimenti : Giovanni 1, 1-10 - SALMO 96 - Romani 10, 8c-15
I tuoi amici, Signore, contempleranno il tuo volto. Il Signore regna: esulti la terra, gioiscano le isole tutte. Nubi e tenebre lo avvolgono, giustizia e diritto sostengono il suo trono. ® I monti fondono come cera davanti al Signore, davanti al Signore di tutta la terra. Annunciano i cieli la sua giustizia, e tutti i popoli vedono la sua gloria.

Giovanni 1, 1-10
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena.
Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato.
Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi.

Romani 10, 8c-15
Fratelli, questa è la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato». Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!».



 

Nell'Antico Testamento, Cafàrnao non è mai menzionata; il sui nome significa "villaggio di Nahum" o forse "villaggio della consolazione". All'epoca di Gesù, era un importante centro abitato sulla sponda nord-occidentale del lago di Galilea, i suoi abitanti vivevano della pesca nelle acque del lago. Probabilmente era sede di un importante avamposto militare. Gesù vi soggiornò durante la sua attività in Galilea; li abitavano anche Pietro, suo fratello Andrea e Matteo, che era esattore delle tasse. Gesù compi a Cafàrnao alcuni miracoli: risuscitò la figlia di Giairo, il capo della sinagoga, e guarì il servo di un centurione romano, che aveva contribuito a edificare la sinagoga.

Giovanni 21, 19c-24
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a Pietro: «Seguimi». Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.

“Seguimi” (v. 19): è un invito alla sequela rivolto a Pietro, a Giovanni e a ciascuno di noi, l’invito ad una sequela che non si identifica necessariamente col martirio in senso stretto, ma che si fonda sull’amore di Dio che ci precede. Non è importante, dunque, morire o subire il martirio o vivere fino alla parusia, sposarsi o fare il monaco, l’unica chiamata per tutti è quella di seguire il Signore. Il brano si chiude con la conclusione del quarto vangelo, il “vangelo testimoniale”: “Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera” (v. 24). Il “vangelo testimoniale” è inquadrato tra la testimonianza di Giovanni Battista e quella del discepolo amato. All’inizio quella di Giovanni Batista, alla fine quella del discepolo amato: “Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?»” (1, 19); “Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte…” (21, 24). Il segreto che rivela l’identità senza nome del “discepolo che Gesù amava” è racchiuso in queste parole di Gesù: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (14,21). Nell’insieme del racconto, il discepolo amato emerge come il testimone privilegiato dei momenti più importanti dell’annuncio cristiano: l’ultima cena, la croce, il sepolcro vuoto. Ciò sottolinea l’affidabilità della sua testimonianza. Tuttavia, in tre occasioni, egli è presentato anche come l’interprete privilegiato del Cristo. Presentando, nell’ultima cena, il discepolo amato adagiato contro il seno di Gesù, l’autore vuole indicare che egli occupa in rapporto a Cristo lo stesso posto che il Cristo, secondo il prologo, ha in rapporto al Padre (cf 1, 18). Così come il Figlio è per gli uomini il rivelatore e l’ermeneuta del Padre, così il discepolo amato è per i credenti il testimone e l’interprete del Cristo. Questo ruolo è accentuato nella scena ai piedi della croce, una scena di alta portata simbolica, dove il discepolo amato è invitato dal Cristo a prendere il suo posto di figlio presso sua madre (19, 26-27). Infine, nel racconto della corsa al sepolcro, non soltanto il discepolo amato arriva prima di Pietro, ma anche, a differenza di Pietro, scopre il senso del segno pasquale (20, 8-9). Il capitolo 21 aggiunge due elementi. Da una parte, il discepolo amato, in quanto testimone privilegiato, è posto nella sua legittimità e nella sua originalità a fianco di Pietro. Dall’altra, le parole finali di Cristo a Pietro svelano che il discepolo amato, che pure soccomberà alla morte, è però destinato a dimorare – “Se voglio che egli [il discepolo amato] rimanga [nel testo greco ménein , “dimori”] finché io venga, a te [Simon Pietro] che importa?” - tra i credenti per mezzo della sua testimonianza ormai at-testata nel libro che costituisce così il documento letterario che autentica la sua testimonianza7.