 III DOMENICA DOPO PENTECOSTE
5.06.2016
Matteo 1, 20b-24b
Riferimenti : Genesi 3, 1-20 - SALMO 129 - Lettera Romani
5, 18-21 |
Dal profondo a te grido, o
Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi
attenti alla voce della mia supplica. Se consideri le colpe,
Signore, Signore, chi ti può resistere? Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore. Io spero, Signore. Spera l’anima mia,
attendo la sua parola. L’anima mia è rivolta al Signore più che
le sentinelle all’aurora. |
Genesi 3, 1-2 In quei giorni. Il
serpente era il più astuto di tutti gli animali
selvatici che Dio aveva fatto e disse alla
donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete
mangiare di alcun albero del giardino”?».
Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli
alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma
del frutto dell’albero che sta in mezzo al
giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e
non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma
il serpente disse alla donna: «Non morirete
affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi
ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e
sareste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Allora la donna vide che l’albero era buono da
mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile
per acquistare saggezza; prese del suo frutto e
ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era
con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si
aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di
essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se
ne fecero cinture. Poi udirono il rumore dei
passi del Signore Dio che passeggiava nel
giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con
sua moglie, si nascose dalla presenza del
Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.
Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse:
«Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel
giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi
sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere
che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di
cui ti avevo comandato di non mangiare?».
Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto
accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho
mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che
hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi
ha ingannata e io ho mangiato». Allora il
Signore Dio disse al serpente: / «Poiché hai
fatto questo, / maledetto tu fra tutto il
bestiame / e fra tutti gli animali selvatici! /
Sul tuo ventre camminerai / e polvere mangerai /
per tutti i giorni della tua vita. / Io porrò
inimicizia fra te e la donna, / fra la tua
stirpe e la sua stirpe: / questa ti schiaccerà
la testa / e tu le insidierai il calcagno». /
Alla donna disse: / «Moltiplicherò i tuoi dolori
/ e le tue gravidanze, / con dolore partorirai
figli. / Verso tuo marito sarà il tuo istinto, /
ed egli ti dominerà». / All’uomo disse: «Poiché
hai ascoltato la voce di tua moglie e hai
mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato:
“Non devi mangiarne”, / maledetto il suolo per
causa tua! / Con dolore ne trarrai il cibo / per
tutti i giorni della tua vita. / Spine e cardi
produrrà per te / e mangerai l’erba dei campi. /
Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, /
finché non ritornerai alla terra, / perché da
essa sei stato tratto: / polvere tu sei e in
polvere ritornerai!». / L’uomo chiamò sua moglie
Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi. La tentazione, quella vera,
del serpente – simbolo del male che si insinua
con astuzianel dialogo interiore che
intratteniamo con noi stessi – è quella di farci
dubitare chela parola del Signore non sia a
favore della nostra vita, ma sia a protezione
della suavita contro la nostra, in fondo che
non ci voglia veramente bene.Il comandamento
di Gen 2,16-17: «Tu potrai mangiare di tutti gli
alberi del giardino,ma dell’albero della
conoscenza del bene e del male non devi
mangiare, perché, nelgiorno in cui tu ne
mangerai, certamente dovrai morire», serve a noi
per ricordarciche siamo creature e non
creatori della vita.Tutto ci è dato, tranne
uno, cioè quasi tutto. Abbiamo tutto, ma c’è un
limite chenon possiamo superare, causa il
nostro snaturamento e quindi la morte. E’ un
comandamento che serve ad educare il nostro
desiderio a riconoscere il limite. Ci èdata
tutta la vita, ma la totalità della conoscenza
(il bene e il male come figura deltutto) è
solo di Dio, in quanto creatore. Se diventiamo
come lui, moriamo comeuomini. Il Signore ci
mette in guardia dal nostro desiderio di
conquistare tutta laconoscenza, è un cammino
di umiltà che ci viene presentato, cammino che
ci dà lavita.Il serpente perverte questo
comandamento nel modo in cui lo presenta, la
donnaviene tratta in inganno, perché
aggiunge – oltre a non doverlo mangiare – anche
ilnon doverlo toccare, cosa che il Signore
non aveva detto. Questo è il segno che il
comando non era stato compreso bene e quindi
sostanzialmente non poteva essereaccolto. Il
serpente fa in modo che ciò che dà la vita,
l’osservanza delcomandamento, non sia
riconosciuto più come un bene dalla donna, ma si
adoperacon astuzia affinché la
trasgressione: diventare come Dio, sia vista
come un bene dadesiderare. Il male appare
come un bene e porta alla quindi alla morte.
Da qui il coinvolgimento di Adamo nella
trasgressione, si vuole condividere un bene,
e ci si accorge però del proprio limite – la
nudità – non come di qualcosa di buono,ma
qualcosa da cui difendersi con delle foglie di
fico.Il Signore, tuttavia, vigila sull’uomo
e la donna, va oltre il loro “scarica barile”
sulserpente e mostra loro che vuole ancora
il loro bene, riproponendo la questione del
limite in un’altra forma, più dolorosa: il
lavoro nei campi e le doglie del parto. Limiti
che si manifestano proprio là dove la vita si fa
presente: il lavoro e la nascita di un
figlio. Il dolore e la fatica ci aiutano a
ricordarci che la vita non viene da noi stessi,
maviene da Dio. |
Lettera Romani 5, 18-2 Fratelli,
come per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli
uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si
riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita.
Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono
stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno
solo tutti saranno costituiti giusti. La Legge poi sopravvenne
perché abbondasse la caduta; ma dove abbondò il peccato,
sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella
morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la
vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.
Paolo propone ai romani un
parallelo tra Adamo e Gesù, il primo peccatore e coluiche
salva dal peccato. Se la morte (la condanna) è entrata nella
vita di ciascuno acausa del peccato di Adamo, la vita è
entrata nella vita di ciascuno a causa dellamorte di Gesù,
che ci rende giusti perché lui ha obbedito al comandamento del
Signore.La Legge è stata data per indicare la via della
vita, ma il desiderio infantile ditrasgredirla per metterla
alla prova e vedere se è per il nostro bene oppure no, ha
fatto sì che il peccato si moltiplicasse. Ma dove si moltiplica
il peccato, la graziamisericordiosa del Signore è più
abbondante, perché Dio non abbandona la suacreatura nella
morte in quanto l’ha creata per la vita.La giustizia di
Gesù, che ha obbedito fino in fondo e così ha trovato la vita
nellaresurrezione, restituisce alla vita eterna tutti noi,
mostrandoci che l’obbedienza alcomandamento dà la vita. |

Matteo 1, 20b-24b
In quel tempo. Apparve in sogno a
Giuseppe un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non
temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato
in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo
chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto
questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per
mezzo del profeta: / «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:
/ a lui sarà dato il nome di Emmanuele, / che significa Dio con noi». Quando
si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del
Signore. La liturgia ambrosiana delle
domeniche dopo Pentecoste ripercorre gli episodi piùsignificativi della
storia della salvezza, quasi a voler proporre una meditazionerinnovata e
più approfondita di quanto il Signore sia presente all’umanità e dicome
le indichi le tappe di un cammino e di un’alleanza che vorrebbe condivisa e
sostenuta dal suo popolo.Nei testi del vangelo, in particolare quello di
oggi, la manifestazione dell’angelo aGiuseppe vuole ricordare la svolta
che la nascita di Gesù opererà nella storia: Eglisarà, è il salvatore di
tutta l’umanità, senza preclusioni.Occorre il “si” anche di Giuseppe; e
il “si” di Giuseppe è, in un certo senso, piùimportante di quello di
Maria perché inserisce a pieno titolo Gesù nella storia delsuo popolo, e
quindi dell’umanità intera. Lo rende legittimo, in piena parità e dignità
di un popolo di appartenenza.E’ bello pensare che Gesù, l’Emanuele (“il
Dio con noi”) dipenda non soloprimariamente dal dono di Dio, ma anche, se
posso dire, a pari titolo, da questi due“si”; sono i “si” di due sposi
che si amano e che accolgono il dono di Dio, pur forsenon comprendendone
subito appieno il significato, perché si manifesta in questomodo
straordinario e inaspettato per due persone semplici come loro.Ma
ascoltano l’invito dell’angelo a non temere: si fidano di Dio.E Giuseppe
si assume la responsabilità di accogliere con tutti i crismi della legalità
religiosa e pubblica Maria, sua sposa, e il bambino, di proteggerli e di
formare unafamiglia.Questo brano evangelico su Giuseppe invita a
trovare (o ritrovare) la semplicità dei |