 SECONDA DOMENICA di Quaresima
domenica della
samaritana
21 febbraio 2016
Giovanni 4, 5-42
Riferimenti : Deuteronomio 6, 4a; 11, 18-28 -
SALMO18 - Gàlati 6, 1-10 |
Signore, tu solo hai parole di vita eterna. La
legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; il comando del
Signore è limpido, illumina gli occhi. Il timore del Signore è
puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli,sono
tutti giusti. Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore, Signore, mia roccia e mio
redentore. |
Deuteronomio 6, 4a; 11, 18-28 In
quei giorni. Mosè disse: «Ascolta, Israele:
Porrete nel cuore e nell’anima queste mie
parole; ve le legherete alla mano come un segno
e le terrete come un pendaglio tra gli occhi; le
insegnerete ai vostri figli, parlandone quando
sarai seduto in casa tua e quando camminerai per
via, quando ti coricherai e quando ti alzerai;
le scriverai sugli stipiti della tua casa e
sulle tue porte, perché siano numerosi i vostri
giorni e i giorni dei vostri figli, come i
giorni del cielo sopra la terra, nel paese che
il Signore ha giurato ai vostri padri di dare
loro. Certamente, se osserverete con impegno
tutti questi comandi che vi do e li metterete in
pratica, amando il Signore, vostro Dio,
camminando in tutte le sue vie e tenendovi uniti
a lui, il Signore scaccerà dinanzi a voi tutte
quelle nazioni e voi v’impadronirete di nazioni
più grandi e più potenti di voi. Ogni luogo che
la pianta del vostro piede calcherà, sarà
vostro: i vostri confini si estenderanno dal
deserto al Libano, dal fiume, il fiume Eufrate,
al mare occidentale. Nessuno potrà resistere a
voi; il Signore, vostro Dio, come vi ha detto,
diffonderà la paura e il terrore di voi su tutta
la terra che voi calpesterete. Vedete, io pongo
oggi davanti a voi benedizione e maledizione: la
benedizione, se obbedirete ai comandi del
Signore, vostro Dio, che oggi vi do; la
maledizione, se non obbedirete ai comandi del
Signore, vostro Dio, e se vi allontanerete dalla
via che oggi vi prescrivo, per seguire dèi
stranieri, che voi non avete conosciuto».
Mosè, con questo testo, ci offre una riflessione
sulle leggi dell'Alleanza che verranno poi
scritte nei cap 12-26. Tale riflessione conclude
alcune raccomandazioni al popolo che esigono una
chiara fedeltà alla legge e quindi alla
ubbidienza e al riconoscimento dell'unico
Signore. Se sarai fedele verso il Signore, il
Signore manterrà i suoi doni che aveva promesso
e farà fiorire questo popolo, ponendolo signore
di un vasto territorio che va "dal deserto al
Libano, dal fiume, il fiume Eufrate, al mare
occidentale". Questi confini ideali, mai
raggiunti da Israele, sono posti anche
all'inizio del Deuteronomio quando il Signore
dice a Mosè: "Avete dimorato abbastanza su
questa montagna; voltatevi, levate
l'accampamento e dirigetevi verso le montagne
degli Amorrei e verso tutte le regioni vicine...
fino al grande fiume, il fiume Eufrate" (Deut
1,6-7). "Devi ricordarti della legge" e il
popolo d'Israele prende come comando, alla
lettera, l'obbligo di legarsi alla fronte e sul
braccio sinistro piccole capsule di pelle che
racchiudono i 4 testi che interessano le
prescrizioni (Es 13,1-10. 11-16; Dt6,4-9; Dt
11,18-21). Esistono già ai tempi di Gesù: in
greco si dicono filatterie e in ebraico
tefillim. E Gesù rimprovera (Mt 23,5) coloro che
operano nel culto con esibizionismo, per farsi
vedere dalla gente: "Tutte le loro opere le
fanno per essere ammirati dalla gente: allargano
i loro filattèri e allungano le frange". Una
scatoletta è posta anche sugli stipiti delle
porte: si vuole assicurare il ricordo quotidiano
della legge per essere fedeli al Signore. C'è la
preoccupazione di vivere il presente e la
preoccupazione di preparare il futuro di questo
popolo. Il futuro è garantito dai figli e
dall'educazione data loro. Essi dovranno
maturare con la costanza e continuità di un
adulto educatore (tali sono i genitori maschi),
in 4 situazione di vita in cui ognuno è in
rapporto con loro ("in casa, in cammino, quando
vai a letto e quando ti alzi"). Il testo è molto
esemplificativo, ma anche molto ricco di
immagini. Suggeriscono la spiritualità e la
quotidianità fedele. Si elencano 5 condizioni
che si intrecciano nelle due fedeltà di Dio e
degli uomini.. Si vuol dire che non hanno senso
il fatalismo, né il destino o la vendetta e le
catastrofi inspiegabili. Si parla di 5
condizioni, come i 5 libri della "Legge": -
custodire con fedeltà tutti questi comandamenti
di Dio, - metterli in pratica, - amare
Dio, - camminare in tutte le sue vie, -
tenersi uniti a Lui. Benedizione o
maledizione, gioia o tristezza non sono stati
stabiliti da Dio ma dipendono dalla libera
volontà di ciascuno (vv26-28) |
Gàlati 6, 1-10 Fratelli, se uno
viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito,
correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso,
per non essere tentato anche tu. Portate i pesi gli uni degli
altri: così adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa
di essere qualcosa, mentre non è nulla, inganna se stesso.
Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora troverà
motivo di vanto solo in se stesso e non in rapporto agli altri.
Ciascuno infatti porterà il proprio fardello. Chi viene istruito
nella Parola, condivida tutti i suoi beni con chi lo istruisce.
Non fatevi illusioni: Dio non si lascia ingannare. Ciascuno
raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua
carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello
Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non
stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo
tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo
il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.
Una perla preziosa di questo brano: “Portate i pesi gli uni
degli altri…”. Quel “portate” può anche essere tradotto con
“sollevate” o addirittura con “levate”! Magari potessimo
eliminare, almeno qualche volta, le cause della fatica, della
sofferenza dei fratelli! E i “pesi”, cosa sono? Il vocabolario
suggerisce “cosa molesta, opprimente; sciagura, disgrazia”:
possiamo pensare alla sofferenza fisica, ma anche alla fatica
provocata dai nostri limiti, errori…, tutto ciò che induce
disagio e dolore in noi e nella vita della comunità. Alleviando
o levando queste fatiche, adempiamo tutta la legge di Cristo. –
Nei vv. 7-9, Paolo – con quella fantasia creativa che gli è
propria – cambia il tema di ieri (“camminare secondo la carne o
secondo lo Spirito”) in quello del “seminare nella carne o
seminare nello Spirito”. E’ naturale raccogliere quello che si è
seminato; perciò, chi semina nella carne, raccoglierà frutti
corruttibili; chi semina nello Spirito, raccoglierà una vita di
qualità nuova, una vita indistruttibile: “vita eterna” (v. 8).
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Samaria. Il monte Garizim visto dal pozzo di giacobbe. Cosi lo
videro Gesù e la donna samaritana. |
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Giovanni 4, 5-42 In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a
una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva
dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque,
affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno.
Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da
bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi.
Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da
bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno
rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio
e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli
ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio
e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse
più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui
con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di
quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non
avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una
sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la
donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a
venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna
qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto
bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai
ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna:
«Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo
monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».
Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a
Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi
adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene
l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito
e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è
spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli
rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli
verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In
quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con
una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli
con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla
gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto.
Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i
discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da
mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un
l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il
mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua
opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”?
Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già
biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto
per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo
infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho
mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi
siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città
credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto
tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo
pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più
credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi
discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che
questi è veramente il salvatore del mondo».
La città della Samaria di cui si parla è probabilmente l'attuale Askar, ai
piedi dell'Ebal; aveva preso il posto di Sichem, distrutta nel 128 e nel 107
a.C. e ricostruita poi dopo il 72 d.C. con il nome di Flavia Neapolis, oggi
Nablus. Ma al narratore non importa tanto la città quanto il ricordare che
Gesù si ferma in un luogo che era stato del patriarca Giacobbe. Si vedrà
subito il perché. L'evangelista parla di una fonte e ciò ci richiama subito a
quanto Gesù dirà tra pochi versetti a riguardo di una fonte che disseta per
sempre. Però l'indicazione geografica è reale. Secondo una leggenda rabbinica
Giacobbe aveva compiuto un miracolo: avrebbe fatto traboccare oltre l'orlo
del pozzo un'acqua abbondante. Ancora Giovanni ambientando un episodio vicino
a un pozzo si pone in un tema letterario biblico patriarcale. In una regione
in cui l'acqua è scarsa, i punti in cui essa sgorga diventano luoghi
privilegiati di incontro, di conflitti e riconciliazioni, di antichi ricordi
e leggende. Mosé aveva incontrato le figlie di Reuel (una di loro sarebbe poi
divenuta sua sposa); le nozze di Isacco e di Giacobbe erano state combinate
accanto a un pozzo. Anche dal punto di vista della teologia ebraica il pozzo
assume grande rilievo. Vi è una tradizione giudaica, che Paolo riprende in
1Cor 10,1-4, in cui la fonte d'acqua donata da Dio addirittura seguiva il
popolo di Israele nel deserto. Le altre indicazioni di questo versetto si
ritrovano anche in un testo di Giuseppe Flavio (autore ebreo del I secolo
d.C.) che descrive Mosè dopo la sua fuga dal faraone. Anche Mosè era stanco,
assetato e accaldato e a mezzogiorno si sedette accanto alla fonte (Antichità
Giudaiche II, 254ss). L'indicazione dell'ora sesta, mezzogiorno, potrebbe
essere in antitesi con l'incontro che Gesù ha avuto con Nicodemo al capitolo
precedente del vangelo di Giovanni. Nicodemo era venuto da Gesù di notte e
aveva avuto con lui un dialogo alquanto differente da quello della Samaritana
(cf Gv 3,2). L'ora sesta è anche un richiamo al momento in cui Gesù viene
definitivamente condannato alla crocifissione (Gv 19,14-15). Questa donna
rappresenta il suo popolo, i samaritani che hanno sete di qualcosa e vengono
al pozzo del loro padre Giacobbe. La donna stessa rivela questa attesa del
suo popolo: "Verrà il Messia che ci rivelerà tutto". Chiedendo da bere Gesù
manifesta che ha sete come un qualunque uomo che vuole assicurarsi la vita.
Però le sue parole sono le stesse che si trovano nel libro dell'Esodo, quando
il popolo chiede da bere a Mosè (Es 17,2 e Nm 21,16). Gesù, nuovo Israele,
sperimenta la sete del popolo, la sete che non è solo materiale, ma è sete
della parola di Dio, come ne hanno parlato i profeti (Am 8,11).
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