 BATTESIMO DEL SIGNORE
Domenica dopo l’Epifania 10.01.2016
Luca 3, 15-16. 21-22
Riferimenti :Isaia 55, 4-7 - SALMO 28 - Efesini 2,
13-22 |
Gloria e lode al tuo nome, Signore. Date al
Signore, figli di Dio, date al Signore gloria e potenza. Date al
Signore la gloria del suo nome, prostratevi al Signore nel suo
atrio santo. La voce del Signore è sopra le acque, il Signore
sulle grandi acque. La voce del Signore è forza, la voce del
Signore è potenza. |
Isaia 55, 4-7 Così dice il
Signore Dio: / «Ecco, l’ho costituito testimone
fra i popoli, / principe e sovrano sulle
nazioni. / Ecco, tu chiamerai gente che non
conoscevi; / accorreranno a te nazioni che non
ti conoscevano / a causa del Signore, tuo Dio, /
del Santo d’Israele, che ti onora. / Cercate il
Signore, mentre si fa trovare, / invocatelo,
mentre è vicino. / L’empio abbandoni la sua via
/ e l’uomo iniquo i suoi pensieri; / ritorni al
Signore che avrà misericordia di lui / e al
nostro Dio che largamente perdona».
Ho riportato il testo completo, a cominciare dal
primo versetto del cap. 55 per inquadrare
l'annuncio profetico che inizia, nella liturgia,
dal versetto 4 (testo di oggi). Il Signore,
attraverso il profeta (in questo caso è ancora
la parola del Secondo Isaia), invita ai beni
della nuova alleanza (vv1-5) e quindi incoraggia
a convertirsi (vv 6-11) mentre i primi due
versetti (1-2) portano ancora all'immagine del
banchetto della sapienza ( come in
Proverbi.9,5-6 e Siracide 24,19-21). Il Signore
sta proponendo scelte e realtà nuove che vanno
capite. Sta avvenendo come una rivoluzione nella
vita dei deportati e debbono sentirsi preparati
a scegliere. All'orizzonte si intravede la
possibilità di ritornare a Gerusalemme, ma il
profeta capisce che ormai la situazione degli
ebrei a Babilonia non è così drammatica come
poteva sembrare all'inizio. Anzi, via via, pur
con i disagi di una popolazione straniera, ci si
è abituati a una linea vita, tutto sommato,
soddisfacente. La maggior parte si è adattata,
si è stabilita ad una vita passabile. Non pensa
affatto a trasferirsi. Con un po' di
sacrifici hanno fatto dei risparmi ed ora si
preoccupano anche di comprare terreni e case che
stanno crollando di prezzo. E' gente, dice il
profeta, che non ha né fame e né sete; ma
spendere per rimanere è come comprare ciò che
non sazia. Di fatto quelli che tornano non
trovano le strade lastricate, né il trionfo dei
reduci. Trovano miseria e difficoltà di ogni
genere, compresa l'ostilità dei presenti a
Gerusalemme che li vedono come intrusi e pieni
di pretese. E' il dramma di chi deve
intravedere una strada di libertà che non è
splendida e rassicurante, ma piena di fatica.
Dio non illude, chiede fiducia e il coraggio di
guardare l'essenziale. Solo dopo molto tempo le
difficoltà si scioglieranno lentamente. Colui
che viene, però, ha un progetto molto più ampio
delle attese del popolo d'Israele. Egli chiamerà
tutti i popoli e non si impegnerà a sconfiggere
ed a cacciare. Egli porterà la misericordia e la
speranza per i popoli. E i deportati, che
potrebbero tornare, sappiano rivedere i propri
pensieri e le proprie attese. Il popolo che
ritorna sappia capire e scopra il nuovo volto di
Dio poiché è accogliente. Se non sei accogliente
tu, rischi di diventare empio ed iniquo.
"Convertiti anche tu". Poiché, il testo di Isaia
continua, "I miei pensieri non sono i vostri
pensieri, e le mie vie non sono le vostre vie.
Quanto il cielo sovrasta la terra,, tanto le mie
vie sovrastano le vostre vie e i miei pensieri i
vostri pensieri" (55,8-9). Questo testo ci
prepara all'immagine di Gesù: "il solo giusto"
che si mette in fila tra la gente che chiede
perdono e domanda di essere battezzato.
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Efesini 2, 13-22 Fratelli, in
Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati
vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra
pace, / colui che di due ha fatto una cosa sola, / abbattendo il
muro di separazione che li divideva, / cioè l’inimicizia, per
mezzo della sua carne. / Così egli ha abolito la Legge, fatta di
prescrizioni e di decreti, / per creare in se stesso, dei due,
un solo uomo nuovo, / facendo la pace, / e per riconciliare
tutti e due con Dio in un solo corpo, / per mezzo della croce, /
eliminando in se stesso l’inimicizia. / Egli è venuto ad
annunciare pace a voi che eravate lontani, / e pace a coloro che
erano vicini. / Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci,
gli uni e gli altri, / al Padre in un solo Spirito. Così dunque
voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei
santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli
apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso
Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per
essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite
edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo
dello Spirito. Era famosa e drammatica
l'esclusione che gli stranieri dovevano accettare, qualora
volessero entrare nel tempio di Gerusalemme. Un muro, alto circa
un metro e mezzo, circonda tutta l'area sacra del tempio ed è
vietato l'ingresso ai pagani, pena la condanna a morte. Lo
ricordano 13 piccole lapidi con una scritta in greco e latino.
In tal modo viene garantita la separazione e la lacerazione
dell'umanità. Il popolo d'Israele è convinto che la differenza e
la esclusione fosse voluta da Dio: d a una parte l'elezione e
dall'altra l'esclusione. "Un tempo voi- e Paolo si rivolge ai
greci di Efeso - eravate morti a causa dei vostri peccati". Ma
poi fa riferimento anche al suo popolo: "Anche noi, per le
nostre passioni carnali eravamo per natura meritevoli d'ira"
(2,1-3). "Ma Dio, che è ricco di misericordia, da morti che
eravamo ci ha fatto rivivere con Cristo; per grazia siete stati
salvati" (2,4-5). Il pensiero viene ripreso: "Ricordatevi che in
quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza
d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e
senza Dio nel mondo. Voi esclusi dal popolo di Dio, siete
diventati vicini grazie al sangue di Cristo" (2,12-13). In
questa lettura viene sviluppata, si può dire, la teologia della
memoria: il prima e il poi del mondo pagano, il prima e il poi
del mondo ebraico. Tra il presente e il passato, si stabilisce
la pienezza della chiesa. E al v 12, riportato sopra, sono
elencati 5 privilegi tradizionali, attribuiti al popolo di Dio,
dei quali il popolo pagano è sprovvisto: avere il Cristo ( ma
andrebbe chiarito se qui si parla della funzione del Messia o
precisamente di Gesù), appartenere alla stirpe d'Israele, essere
destinatari dell'alleanza conclusa da Dio, avere una speranza,
avere la convinzione di conoscere il vero Dio e di non essere
considerati come dei "senza Dio" (in greco atheos). "Gesù è
la nostra pace": colui che abbatte i muri di separazione e lo
farà sempre più, fino a raggiungere tutti i popoli nel presente
e nel futuro. Dio ha creato tutta l'umanità e sente che ciascuno
è suo figlio. Il male che ci circuisce e ci inganna commuove
anche il cuore di Dio poiché ogni persona viene truffata. Così
Dio ha abrogato la legge giudaica e, con la sua venuta tra noi,
ha abolito la distanza tra cielo e terra, annunciando la pace.
Nel brano di oggi, Paolo richiama l'universalità di questa
chiamata e il superamento della separazione tra giudei e pagani,
realizzato, nella storia, attraverso l'annuncio della pace
portata da Gesù ai lontani e ai vicini (2,17).Poiché l'impero ha
goduto di circa cinquant'anni di pace, al tempo di Cesare
Augusto, tutti si sono accorti del valore della serenità nella
convivenza, dopo le lunghe guerre civili del secolo precedente.
Ora quel richiamo, fattosi sempre più esperienza impellente,
dovrebbe poter entrare nelle coscienze di ciascuno per
costituire una attesa, una responsabilità ed una fraternità. Ma
la pace di Gesù è ancor più capace dell'impero di portare frutti
e va annunciata ai vicini ed ai lontani, superando le
lacerazioni, le diffidenze, le esclusioni. Così "possiamo
presentarci insieme al Padre nell'unico Spirito" (2,18).
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Luca 3, 15-16. 21-22 In quel tempo. Poiché il popolo era in
attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse
lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua;
ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci
dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre
tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo,
stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo
in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il
Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Dopo il Battesimo Gesù prega (!) e, nella preghiera fa esperienza di essere
abitato dallo Spirito Santo e tutti sentono la voce del Padre: "Tu sei il mio
figlio bene-amato, in te mi sono compiaciuto". Tutti noi veniamo educati a
meritarci di essere amati, a compiere delle cose che ci rendono meritevoli
dell'affetto altrui; sin da piccoli siamo educati ad essere buoni alunni,
buoni figli, buoni fidanzati, buoni sposi, buoni genitori, buoni amici, o
bravo parroco... il mondo premia le persone che riescono, che sono capaci...
e s'insinua l'idea che Dio ci ama, certo, ma a certe condizioni. Dio, invece,
mi dice che io sono amato bene, dall'inizio, prima di agire: Dio non mi ama
perché sono buono ma - amandomi - mi rende buono. Dio si compiace di me
perché vede il capolavoro che sono, l'opera d'arte che posso diventare, la
dignità di cui egli mi ha rivestito. Allora, ma solo allora, potrò guardare
al percorso da fare per diventare opera d'arte, alle fatiche che mi frenano,
alle fragilità che devo superare. Il cristianesimo è tutto qui, Dio mi ama
per ciò che sono, Dio mi svela in profondità ciò che sono: bene-amato. È
difficile amare "bene", l'amore è grandioso e ambiguo, può costruire e
distruggere, non si tratta di adorare qualcuno, ma di amarlo "bene", renderlo
autonomo, adulto, vero, consapevole. Così Dio fa con me. |