
Decima domenica dopo pentecoste 24 luglio
2016 Luca 18, 24b-30
Riferimnti : Lettura del primo libro dei Re 3,
5-15 - SALMO 71 - Prima lettera ai Corinzi 3, 18-23 |
SALMO 71 Benedetto il Signore, Dio d’Israele.
Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio di re la tua
giustizia; egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i
tuoi poveri secondo il diritto. Le montagne portino pace al
popolo e le colline giustizia. Ai poveri del popolo renda
giustizia, salvi i figli del misero e abbatta l’oppressore.
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Lettura del primo libro dei Re 3,
5-15 In quei giorni. A Gàbaon il Signore
apparve a Salomone in sogno durante la notte.
Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti
conceda». Salomone disse: «Tu hai trattato il
tuo servo Davide, mio padre, con grande amore,
perché egli aveva camminato davanti a te con
fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso
di te. Tu gli hai conservato questo grande amore
e gli hai dato un figlio che siede sul suo
trono, come avviene oggi. Ora, Signore, mio Dio,
tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di
Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un
ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è
in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo
numeroso che per quantità non si può calcolare
né contare. Concedi al tuo servo un cuore
docile, perché sappia rendere giustizia al tuo
popolo e sappia distinguere il bene dal male;
infatti chi può governare questo tuo popolo così
numeroso?». Piacque agli occhi del Signore che
Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli
disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non
hai domandato per te molti giorni, né hai
domandato per te ricchezza, né hai domandato la
vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il
discernimento nel giudicare, ecco, faccio
secondo le tue parole. Ti concedo un cuore
saggio e intelligente: uno come te non ci fu
prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo
anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e
gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta
la tua vita. Se poi camminerai nelle mie vie
osservando le mie leggi e i miei comandi, come
ha fatto Davide, tuo padre, prolungherò anche la
tua vita». Salomone si svegliò; ecco, era stato
un sogno. Andò a Gerusalemme; stette davanti
all’arca dell’alleanza del Signore, offrì
olocausti, compì sacrifici di comunione e diede
un banchetto per tutti i suoi servi.
Dopo Davide sale al trono Salomone, non certo
pacificamente poiché nella stessa famiglia di
Davide sono sorti drammi e congiure. Già in
questa esperienza, terribile e non facile nel
districarsi delle successioni tra fratellastri,
figli tutti di Davide ma di diverse madri,
emergono per Salomone i pericoli di un governo
violento e di una giustizia lacerata. In più
Salomone si sente incerto, nel governare un
popolo molto numeroso, anche per la sua giovane
età. Salomone chiede aiuto a Dio perché gli dia
una saggezza capace di governare con giustizia.
In lui sorge la consapevolezza del ruolo del re:
rappresentare Dio nel fare giustizia al suo
popolo. Il racconto del sogno che avviene
nell'occasione di una preghiera e il rito di
insediamento a Gabaon, una "altura", una delle
tante, ereditate dalle tradizioni cananee. Si
ritiene che sulle alture Dio abiti, e si
utilizzano quelle tradizionali del posto, non
essendo ancora costruito il tempio di
Gerusalemme sull'altura del monte Sion. Quando
sarà costruito, diventerà la dimora stabile del
Dio di Israele, e saranno eliminate le altre.
"Chiedimi ciò che vuoi". Nel sogno, un modo
utilizzato spesso per l'incontro e la
comunicazione con Dio, Salomone dialoga con il
Signore e chiede: "Dammi un cuore docile ( cioè
un cuore capace di ascoltare)". Per la Bibbia il
cuore non è tanto la sede dell'amore e dei
sentimenti come suggerisce la nostra cultura
occidentale, ma la sede del pensiero, della
conoscenza e della volontà, il centro delle
energie dell'uomo che lo spingono a decidere e
ad agire. Ciò che il re chiede è la capacità di
compiere con sapienza il proprio compito nel
reggere il popolo. "O Signore, fa' che sappia
governare con giustizia, facendo emergere
visibilmente, la tua stessa giustizia per il
bene di un popolo che tu ami". E Dio si compiace
di questa scelta poiché Salomone ha messo al
primo posto il suo compito sociale e politico e
non gl'interessi e i desideri personali di
potenza e di potere. Ma, in tal modo, il Signore
darà tutto il resto, non chiesto, in sovrappiù.
E per mostrare la ricchezza dei doni, questo "I
Libro dei Re" riporta altri brani interessanti
di giustizia e di grandezza per descrivere la
sapienza e la grandezza di Salomone (3,16-28;
5,9-14; 10,1-10 e la famosa visita della regina
di Saba). Anche per noi si pone un interrogativo
parallelo su ciò che chiediamo a Dio,
fondamentalmente nella preghiera. Chiediamo di
saper svolgere bene il nostro compito? Chiediamo
di sviluppare con responsabilità la nostra
vocazione? Chiediamo di saper vedere i bisogni
delle persone per soccorrerle con intelligenza e
creatività? Chiediamo di saper lavorare con
sapienza?
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Prima lettera ai Corinzi 3, 18-23
Fratelli, nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un
sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare
sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti
a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo
della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei
sapienti sono vani». Quindi nessuno ponga il suo vanto negli
uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la
vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi
siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Paolo
ripensa al suo metodo di predicazione e allo stile che ha
sviluppato nelle sue comunità, in particolare, in questo caso,
nella comunità di Corinto e sta ripensando ai risultati, a
distanza di qualche anno, sulla scorta di notizie che gli sono
riportate da questa comunità. "Vi ho dato da bere latte poiché,
all'inizio, vi ho trattati come neonati del Signore, preoccupato
di aiutarvi a crescere, ma voi avete continuato a vivere come
esseri carnali, non "come uomini spirituali" (3,1-2). Anche ora
"siete ancora carnali. Dal momento che vi sono tra voi invidia e
discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in
maniera umana?" (3,3). Il significato del giudizio è drammatico.
Lo cogliamo meglio se leggiamo un brano di Paolo nella lettera
ai Galati dove riporta un lunghissimo elenco di "opere della
carne": "Sono ben note le opere della carne: fornicazione,
impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie,
discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie,
ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi
preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il
regno di Dio" (Gal 5,19-21): Come ci si comporta per non
essere carnali? Esistono particolari criteri della fede
cristiana e Paolo li sintetizza ancora una volta: sono i criteri
di una sapienza diversa rispetto alla sapienza del mondo a cui
ci siamo abituati. E' la sapienza di Gesù, quella della
stoltezza della croce che sola ci porta ad unirci a Cristo.
Non si è carnali quando non si pretende di voler vincere
sull'altro a tutti i costi, quando non si spera di schiacciare
gli altri. Non si è carnali quando si smettono le divisioni, i
contrasti, le pretese che ci danno l'illusione del potere, della
comprensione migliore, di più brillanti successi. Certo Paolo
non combatte la ragione umana. Ma bisogna stare attenti che la
ragione non pretenda di erigersi a principio unico della vera
salvezza. Gesù ci dice che di fronte alla salvezza l'uomo è
veramente impotente. Si riprendono allora i termini che hanno
dato spunto a questa prima lettera ai Corinzi (1,12): «Ciascuno
di voi dice: "Io sono di Paolo", "Io invece sono di Apollo", "Io
invece di Cefa"». È esattamente il contrario. Gli apostoli sono
a servizio dei cristiani e tutte le realtà sono messaggi della
volontà di Dio e segno del suo amore. Dice Paolo: "Voi non
appartenete a quegli uomini; sono loro ad essere vostri servi.
Essi non sono condottieri per costruire roccaforti e fare guerra
tra voi. Essi sono al vostro servizio, come tutta la creazione".
Tutto deve essere strumento per arrivare a Cristo e glorificare
Dio, comunione di amore, sostenendovi l'un l'altro. Voi, a
vostra volta, diventate di Cristo, come Cristo è di Dio Padre".
Viene sviluppata qui, in breve, una interessante rilettura
pastorale della Chiesa: tutti figli di Dio, fratelli e sorelle
di Gesù, tutti chiamati alla santità di Gesù, tutti operosi come
adulti che costruiscono un popolo e lo rafforzano, tutti
responsabili nella Chiesa. E quelli che debbono governarla sono
particolarmente a servizio. Ce lo sta ripetendo Papa Francesco,
orientandoci verso una Chiesa che apre le porte al mondo,
impegnata a servire.
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Luca 18, 24b-30 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Quanto
è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. È
più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un
ricco entrare nel regno di Dio!». Quelli che ascoltavano dissero: «E chi può
essere salvato?». Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a
Dio». Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo
seguito». Ed egli rispose: «In verità io vi dico, non c’è nessuno che abbia
lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che
non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che
verrà». E' il dramma radicale quello che si gioca nella
vita: tra chi crede unica e definitiva questa nostra esistenza temporale e
chi crede ad una vita eterna e quindi al regno di Dio da.. ereditare. La
scelta è tra la sicurezza che deriva dai soldi, o la vita eterna regalata da
Dio a chi si affida solo a lui! "Quanto è difficile - sentenzia Gesù - per
quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio". "Quelli che
ascoltavano dissero: E chi può essere salvato?". Ci inquieta sempre questa
posizione di Gesù. Sono due "sapienze" diverse - dice Paolo: "La sapienza di
questo mondo è stoltezza davanti a Dio" (Epist.). Dei soldi abbiamo bisogno
sempre, per vivere. Coi soldi - si pensa - c'è sicurezza e prestigio. Per cui
non sono mai a sufficienza. Anzi. Da qui l'affanno. Che può distogliere dal
pensare che "non di solo pane vivrà l'uomo" (Mt 4,4). Il seme non può
crescere dove "la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza
soffocano la Parola ed essa non dà frutto" (Mt 13,22). La sentenza di Gesù
oggi è spietata: "E' più facile per un cammello passare per la cruna di un
ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio". E' una concezione sbagliata
della vita, una stoltezza, perché "il Signore sa che i progetti dei sapienti
sono vani" (Epist.). L'attaccamento al denaro diviene allora idolatria:
"Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro,
oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e
la ricchezza" (Mt 6,24). Diversa è la sapienza di Salomone. Chiede "un cuore
docile, ..che sappia distinguere il bene dal male e il discernimento per
giudicare". Non ha chiesto una lunga vita né ricchezze per sé né la morte dei
nemici; per questo Dio gli ha dato anche "tutte queste cose in aggiunta" (Mt
6,33). "Ti concedo un cuore saggio e intelligente; ti concedo anche quanto
non hai domandato, cioè ricchezza e gloria,.. e prolungherò anche la tua
vita". E' una sapienza umana che dice già molto, frutto certamente di un
cuore ben educato alla Parola di Dio e ai suoi Comandamenti, con una
coscienza che vive la responsabilità di una missione per gli altri. Ma frutto
anche di un dono di Dio che con umiltà Salomone chiede a Lui. "Io sono solo
un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che
hai scelto, popolo numeroso..". Senza un fondamento morale, cioè senza il
riferimento a Dio, ogni scelta rischia sempre l'egoismo, l'interesse, e
magari il prevalere del potere. E' la sapienza umana ben identificata nella
sete del guadagno, denunciata anche oggi come la profonda causa di ogni
crisi, ben oltre analisi e rimedi di tipo economico-finanziario. Mai come
oggi costatiamo che "il Signore fa cadere i sapienti per mezzo della loro
astuzia". E anche "Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani"
(Epist.). Un giorno si presentò a Gesù un notabile, un adulto ‘navigato nella
vita': "Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" -
"Tu conosci i comandamenti". - "Tutte queste cose le ho osservata fin dalla
giovinezza". - Una cosa ancora ti manca: Vendi tutto quello che hai,
distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, e vieni! Seguimi!".
"Udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco" (Lc
18,18,23). C'è subito un salto di qualità: la sequela radicale di Gesù
implica il distacco da tutto ciò che non è Lui. "Amerai il Signore tuo Dio
con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente" (Mt
22,37). "Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la
propria vita per causa mia, la troverà" (Mt 16,25). Pietro è uno di quelli
che ha fatto la scelta radicale: "Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti
abbiamo seguito". La risposta di Gesù assicura contro il timore di essere
"senza rete", cioè che ci manchi qualcosa per la vita (- "divenne triste" -),
ma poi va ben al di là, perché Dio non si lascia vincere in generosità: "In
verità io vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o
fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più
nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà". In forme diverse la
sequela richiede i suoi rischi, ma non è mai un salto nel buio. Anche Gesù
fece il suo salto radicale d'obbedienza sulla croce: "Padre, nelle tue mani
consegno il mio spirito" (Lc 23,46). Ne ha avuta la risurrezione. Se è così..
chi è mai capace di tale rischio? "Ciò che è impossibile agli uomini, è
possibile a Dio". Non può essere frutto della logica umana, tanto più
inquinata com'è dal sospetto che Dio sia nostro contendente in fatto di
felicità (cf. Gen 3). Capire e seguire il Signore è puro dono di Dio:
"Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato" (Gv
6,44); e anche: "Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me" (Gv
12,32). Opera di Dio che ci precede, ma che vuole poi una risposta
coraggiosa. Classico è l'episodio di Zaccheo: "Zaccheo, scendi subito, perché
oggi devo fermarmi a casa tua". E la risposta è straordinaria: "Ecco,
Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a
qualcuno, restituisco quattro volte tanto" (Lc 19,1-10).
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