
VII
DOMENICA DOPO PENTECOSTE 3.07.2016
Giovanni 6, 59-69
Riferimenti : Giosuè 24, 1-2a. 15b-27 - SALMO 104 - Prima
lettera ai Tessalonicesi 1, 2-10 |
Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate
sempre il suo volto. Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i
suoi prodigi e i giudizi della sua bocca, voi, stirpe di Abramo,
suo servo, figli di Giacobbe, suo eletto. ® È lui il Signore,
nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. Si è sempre
ricordato della sua alleanza, parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo e del suo giuramento a
Isacco. |
Giosuè 24, 1-2a. 15b-27 In
quei giorni. Giosuè radunò tutte le tribù
d’Israele a Sichem e convocò gli anziani
d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed
essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse
a tutto il popolo: «Sceglietevi oggi chi
servire: se gli dèi che i vostri padri hanno
servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli
Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me
e alla mia casa, serviremo il Signore». Il
popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il
Signore per servire altri dèi! Poiché è il
Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i
padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla
condizione servile; egli ha compiuto quei grandi
segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito
per tutto il cammino che abbiamo percorso e in
mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo
passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi
tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano
la terra. Perciò anche noi serviremo il Signore,
perché egli è il nostro Dio». Giosuè disse al
popolo: «Voi non potete servire il Signore,
perché è un Dio santo, è un Dio geloso; egli non
perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri
peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete
dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo
avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi
annienterà». Il popolo rispose a Giosuè: «No!
Noi serviremo il Signore». Giosuè disse allora
al popolo: «Voi siete testimoni contro voi
stessi, che vi siete scelti il Signore per
servirlo! ». Risposero: «Siamo testimoni! ».
«Eliminate allora gli dèi degli stranieri, che
sono in mezzo a voi, e rivolgete il vostro cuore
al Signore, Dio d’Israele!». Il popolo rispose a
Giosuè: «Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e
ascolteremo la sua voce!». Giosuè in quel giorno
concluse un’alleanza per il popolo e gli diede
uno statuto e una legge a Sichem. Scrisse queste
parole nel libro della legge di Dio. Prese una
grande pietra e la rizzò là, sotto la quercia
che era nel santuario del Signore. Infine,
Giosuè disse a tutto il popolo: «Ecco: questa
pietra sarà una testimonianza per noi, perché
essa ha udito tutte le parole che il Signore ci
ha detto; essa servirà quindi da testimonianza
per voi, perché non rinneghiate il vostro Dio».
Prima delle grandi scelte, Giosuè ritiene che
sia necessario ricordare la propria storia di
popolo e, quindi, consegnare il racconto della
propria esistenza al significato della propria
consistenza e valore (Giosuè espone la storia
del popolo nei vv.3-15 qui omessi). Conoscere il
proprio passato crea unità e progetti comuni,
mentre aiuta a capire il proprio cammino e aiuta
il popolo a continuare in una linea di coerenza
e di responsabilità comune. Ma Giosuè stesso,
accompagnando passa passo la strada, il crescere
e il maturare di questo popolo si stupisce della
fedele assistenza di Dio, diventata spesso
drammatica nelle battaglie e nelle lotte, e
tuttavia coerente con le promesse fatte in tempi
lontani. Gli anni ed i ricordi si
allontanano: l'età di Giosuè ci riporta a fatti
di due generazioni indietro (Giosuè muore a 110
anni). Le nuove generazioni (allora le
generazioni erano valutate di 40 in 40 anni)
stanno dimenticando, mentre Giosuè, «ormai
vecchio e molto avanti negli anni» (Gs 23,1),
vuole richiamare il destino di questo popolo e
la sua origine da Dio. Si sono, infatti, persi o
diluiti i ricordi e la vita quotidiana. Le
difficoltà di ogni giorno hanno ridotto la
stretta adesione alla fedeltà con il Signore. Le
culture, attorno, vivaci e promettenti,
influenzano in modo continuo verso altri
riferimenti. La quotidianità e le attese si
stancano di una fedeltà coerente. Così Giosuè
vuole compiere una grande manifestazione di fede
e un grande gesto corale di culto: sa che è
l'ultimo segno di una unità coesa. Poi le tribù
si disperderanno sul territorio. Egli compie il
rinnovamento dell'Alleanza che già Mosè, ormai
vicino alla morte, aveva celebrato a Moab, prima
che il popolo, diretto da Giosuè, passasse il
Giordano. Ora, con la medesima celebrazione,
nella terra ormai conquistata, al centro del
territorio, a Sichem, viene sancita la scelta
fondamentale, di cui, a dire il vero, v'è già
stato un anticipo (Gs 8,30-35). Dio, per sua
scelta, ha posto un'Alleanza e il popolo ha
accettato questa protezione. Tutto questo ha
permesso di conquistare, da soli, la terra su
cui le dodici tribù si sono insediate.
L'intervento gratuito di Dio ha aperto gli occhi
a tutti: per cui Giosuè, per primo, insieme alla
sua gente, s'impegna di "servire il Signore",
ovvero di avere il Signore come unico punto di
riferimento, religioso, morale. E il popolo?
Anche il popolo, a sua volta, accetta di essere
destinatario, in prima persona, dei fatti
passati di salvezza che si prolungano nella
propria storia. E se Giosuè ricorda le
conseguenze impegnative, facendo presente che
tradire un'alleanza è più grave di non averla
mai sancita, il popolo accetta insieme la
propria storia e le scelte passate che
continuamente si compiono. Il brano comunque
svela che si sono infiltrate pratiche di culto
idolatrico che Giosuè vuole eliminare. A
conclusione è ormai abitudine, anche
nell'antichità, lasciare dei segni per i
posteri: qui un documento e una stele: il
documento che contiene uno statuto ed una legge
che si rifà alla legge consegnata da Mosè e
l'erezione di una pietra, simile a pietre erette
dai patriarchi (Gn12,6; 35,4), in continuità con
la fedeltà al Signore liberatore.
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Prima lettera ai Tessalonicesi 1,
2-10 Fratelli, rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi,
ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente
presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra
carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro
Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene,
fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro
Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo
della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con
profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in
mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro
esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo
a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da
diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e
dell’Acaia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore
risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede
in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno
di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo
venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a
Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo
Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci
libera dall’ira che viene. Paolo ha
ricevuto splendide notizie dalla comunità di Tessalonica che
egli, per primo, ha visitato annunciando il Vangelo di Gesù. Vi
è rimasto qualche tempo, e tutto sembrava procedere in pace, ma
poi sono iniziate le persecuzioni ed egli è drammaticamente
fuggito, obbligato, comunque, a restare lontano dalla sua
comunità (2,17-3,5). Paolo sa che, all'inizio, l'istigazione
alla folla è venuta dai giudei, numerosi ed influenti, che si
sono serviti di sfaccendati, contrari puntigliosamente a Paolo e
ai neo convertiti. Paolo fugge, ma continua a tenere fisso il
suo ricordo a loro, mai dimenticandoli, anzi pensandoli con
gratitudine e nostalgia, anche se con apprensione, mentre svolge
con coraggio il suo compito di annunciatore ovunque si trovi ad
abitare. Finalmente lo raggiungono Silvano e Timoteo. Gli
raccontano il cammino della comunità di Tessalonica, gli parlano
dei cristiani convertiti, della fedeltà e dei progressi che
hanno comunque fatto. Paolo si sente rinfrancato, ringrazia con
calore i suoi amici e scrive questa lettera, svelando le sue
preoccupazioni, le sue superate paure ed ansie. Egli li ha
tenuti "incessantemente presenti davanti a Dio" ed ha coltivato
nel suo cuore la certezza della "operosità della vostra fede, la
fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza
nel Signore nostro Gesù Cristo". E nel bilancio sorprendente
Paolo scopre e richiama la loro testimonianza, segno della
partecipazione coraggiosa e fedele alla Parola del Signore, che
si è tradotta in opere e si è sparsa in un vasto territorio con
chiarezza e lucidità, tanto che persino la parola dell'apostolo
è stata sostituita dai loro racconti. Sono questi nuovi cristiani
che, a loro volta, raccontano i cambiamenti e le rivoluzioni
interiori: la conversione dagli idoli, l'operare umilmente
servendo Dio e l'attesa fiduciosa di Gesù risorto che
sconvolgerà la terra poiché vincerà totalmente la morte. Questo
brano illumina uno stile ed una consistenza credente che viene
ripresa dal Concilio Vaticano II quando propone il mistero della
Chiesa come popolo in cammino nel tempo. Ogni credente è
missionario, è testimone ed ogni comunità sente la
responsabilità di portare la speranza e la novità di Gesù
attraverso lo stile dei credenti che, insieme, manifestano
pienezza e presenza di Gesù tra loro. Non trainati, non delusi e
pigri, non sfiduciati e frastornati, non diffidenti ed
individualisti. E' veramente il dono dello Spirito.
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Giovanni 6, 59-69 In quel tempo. Il Signore Gesù
disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. Molti dei suoi
discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può
ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano
riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio
dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non
giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra
voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi
erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E
diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è
concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono
indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete
andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu
hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il
santo di Dio». Tutto l'Antico Testamento è la "dimostrazione"
storica che ogni Parola di Dio è vera. Tutto il Nuovo Testamento è la
"conferma o testimonianza storica" che ogni Parola di Dio si è compiuta in
Gesù Signore. È obbligo di Dio attestare la sua verità. Lo stesso obbligo è
anche di Cristo, così come è anche di ogni suo discepolo. Dio parla e attesta
la verità di ciò che dice. Cristo Gesù parla e attesta la verità di ciò che
dice. Il discepolo parla e deve attestare la verità di ciò che dice. Se Dio e
Cristo Gesù lo hanno fatto, anche il discepolo lo deve fare. Se vuole essere
creduto, altrimenti la sua è solo parola. Tutta la vita pubblica è una
"evangelizzazione" che Cristo Gesù fa di se stesso, della sua origine dal
Padre, della sua differenza con tutti i Profeti dell'Antico Testamento. Lui
deve rendere credibile la sua Parola. Nessuna parola sarà mai creduta, senza
la fede in chi la parola proferisce. Non a caso prima della parola
sull'Eucaristia, Gesù ha compiuto ben due prodigi, o miracoli: quello della
moltiplicazione dei pani per attestare che Lui era in tutto se non superiore
a Mosè e l'altro del suo camminare sulle acque per rivelare ai suoi discepoli
che Lui era più che ogni altro profeta di Dio. Nessuno di loro ha mai
camminato sulle acque. Mosè, Giosuè, Eliseo hanno solo diviso le acque. Se
Gesù è vero profeta del Dio vivente, la sua è sempre Parola di Dio, come la
Parola di Mosè, Elia, Eliseo, Isaia, Geremia, Amos, Osea e tutti gli altri
profeti. Se vera Parola di Dio, sempre si compirà, anche se le modalità
storiche non sono attualmente rivelate. I Giudei dividono Cristo, il suo
essere Profeta, la sua missione proveniente da Dio e la sua Parola. Poiché la
sua Parola è incomprensibile, essa viene rifiutata. Non accolgono la Parola
perché la separano dal suo Autore. La separano dal loro Autore perché perdono
la fede in Lui. Prima per loro Gesù era profeta e re. Ora non è né profeta e
né re. È uno come tutti gli altri. Mai il suo discorso potrà essere creduto.
Gesù non è venuto per imporre la sua Parola, né tanto meno costringe e
violenta perché si creda in essa. Lui per amore la dona. Data per amore può
essere accolta solo dalla volontà dell'uomo. Se l'uomo non vuole - e i motivi
della non volontà possono essere molteplici - Gesù continua per la sua
strada. L'uomo rimane nella sua morte, nelle sue tenebre, nella sua non vita.
Lui ha parlato. È stato chiaro. Solo il suo pane è il pane della vita, che ci
introduce nella vita, che ci fa vivere per Lui. L'uomo non crede? Morirà per
se stesso e per gli altri. Fuori di questo pane nessuna vita sarà mai
possibile. Chi rifiuta la Parola di Gesù, rifiuta anche i beni in essa
contenuti. Pietro opera un ragionamento opposto a quello dei Giudei. Lui sa
chi è Cristo Gesù. È il Santo di Dio. Se è il Messia del Signore, mai potrà
dire una parola falsa, non realizzabile, non attuabile. La sua è Parola di
Dio, se Lui è vero Profeta di Dio. Se è Parola di Dio, essa è vera. Ad essa
si può accordare tutta la nostra fede. La logica viene in aiuto a Pietro. Ma
una fede priva di logica è non senso. Ma anche una mente chiamata al
discernimento, priva di vera argomentazione, attesta e rivela la sua
stoltezza, insipienza, ottusità. Gesù ha offerto tutte le ragioni per
credere. Il miracolo dei pani a questo serviva. Essi non hanno voluto
credere. Rimangono ciechi.
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