 II DOMENICA DOPO PENTECOSTE
29.05.2016
Matteo 6, 25-33
Riferimenti : Siracide 18, 1-2. 4-9a. 10-13 - SALMO 135 - Romani
8, 18-25 |
Rendete grazie al Dio degli dèi, perché il suo
amore è per sempre. Rendete grazie al Signore dei signori,
perché il suo amore è per sempre. Lui solo ha compiuto grandi
meraviglie, perché il suo amore è per sempre. Ha creato i cieli
con sapienza, perché il suo amore è per sempre. Ha disteso la
terra sulle acque, perché il suo amore è per sempre. |
Siracide 18, 1-2. 4-9a. 10-13
Colui che vive in eterno ha creato l’intero
universo. / Il Signore soltanto è riconosciuto
giusto. / A nessuno è possibile svelare le sue
opere / e chi può esplorare le sue grandezze? /
La potenza della sua maestà chi potrà misurarla?
/ Chi riuscirà a narrare le sue misericordie? /
Non c’è nulla da togliere e nulla da aggiungere,
/ non è possibile scoprire le meraviglie del
Signore. / Quando l’uomo ha finito, allora
comincia, / quando si ferma, allora rimane
perplesso. / Che cos’è l’uomo? A che cosa può
servire? / Qual è il suo bene e qual è il suo
male? / Quanto al numero dei giorni dell’uomo,
cento anni sono già molti. / Come una goccia
d’acqua nel mare e un granello di sabbia, / così
questi pochi anni in un giorno dell’eternità. /
Per questo il Signore è paziente verso di loro /
ed effonde su di loro la sua misericordia. /
Vede e sa che la loro sorte è penosa, / perciò
abbonda nel perdono. / La misericordia dell’uomo
riguarda il suo prossimo, / la misericordia del
Signore ogni essere vivente.
Siracide è un
libro sapienziale scritto da Gesù ben Sira verso
il 200 a.C. Non fa parte del canone ebraico
delle Scritture, ma è stato recepito in quello
cristiano. Racchiude l’insegnamento del suo
autore, scriba a Gerusalemme, che si oppone
all’influenza della cultura ellenistica nella
Gerusalemme governata prima dai Lagidi
(egiziani) e poi dai Seleucidi (mesopotamici).
Il brano che la liturgia ci offre, in sintonia
con il vangelo, inizia con una meditazione
sapienziale su Dio in quanto creatore. Dopo
l’enunciato iniziale in forma affermativa:
creatore e giusto, l’autore – attraverso una
serie di domande retoriche– illustra la
meraviglia dell’uomo di fronte alla grande e
magnifica opera di Dio. L’autore passa poi a
considerare chi sia l’uomo (cfr. Sal 8) e ne
rivela tutta la fragilità: vive per pochi
anni a confronto dell’eternità. Eppure Dio è
misericordioso con questa piccola creatura
sparsa nell’universo. Il Signore è paziente e
perdona. L’uomo è capace di misericordia
verso i suoi vicini, ma l’amore di Dio, che è
più grande, si rivolge a ogni essere vivente.
Sapere chi si è aiuta ad avere una giusta
considerazione di sé, l’umiltà è alla fonte
della gratitudine riconoscente per il Signore
misericordioso che ci ha creati. |
Romani 8, 18-25 Fratelli, ritengo
che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla
gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa
della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei
figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla
caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha
sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà
liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella
libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che
tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto
fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie
dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a
figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti
siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è
più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come
potrebbe sperarlo? Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo
attendiamo con perseveranza. Paolo sta concludendo la prima parte della lettera (capp. 1-8)
in cui illustra ai romani chi è Dio e come si è realizzata la
salvezza in Gesù Cristo. Resi figli dallo Spirito (8,1-17)
Paolo non si sottrae all’obiezione di coloro che vedono ancora
operante il male ela sofferenza. Le sofferenze presenti
dovute all’incomprensione e alla persecuzione – che ci
accomunano alla passione di Gesù – sono poca cosa alla gloria di
Gesù con cui saremo in comunione alla fine dei tempi. Tutta
la creazione aspetta la liberazione dal peccato (corruzione)
e dalla morte (caducità). E anche noi uomini aspettiamo il
compimento della salvezza. La storia è come un parto, che
procura dolore ma che fa nascere la vita. La speranza
nella salvezza, che si è realizzata in Gesù, ci sostiene nelle
traversie della storia. Ancora non la vediamo compiuta, ma
sappiamo che si realizzerà. Per questo possiamo perseverare
nelle fatiche umane attendendo con fiducia il Signore che
verrà nella gloria. Paolo qui sottolinea il tema della
speranza, altrove parla però della presenza di Cristo Nella
storia e nella vita della comunità. I due temi, la speranza
del futuro e la presenza attuale, vanno sempre tenuti
presenti contemporaneamente. L’accento sull’uno o sull’altro
dipende, per Paolo,da quello che la comunità cui si rivolge
sta vivendo. Per noi oggi è importante non perdere di vista
entrambe le prospettive, perché siamo chiamati a viverle fino in
fondo per poter essere validi compagni dell’umanità in cammino
verso Dio. |
Matteo 6, 25-33
In quel tempo. Il Signore Gesù ammaestrava
le folle dicendo: «Io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di
quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che
indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei
granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di
loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la
propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come
crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che
neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se
Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno,
non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque
dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di
tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti,
sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua
giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta».
Sempre questo testo evangelico allarga il cuore, perché ci fa
spaziare nella infinita e sconfinata ‘provvidenza’ di Dio, nella sua cura
affettuosa perché le sue creature,tutte, abbiano di che alimentarsi e
rivestirsi di bellezza. E’ il dono di Dio, che veste i gigli del campo e
nutre gli uccelli del cielo. E voi, uomini,non valete più di loro? Perché
vi affannate e rincorrete le vostre ansie, attestando in questo modo la
vostra sfiducia nel Padre?Così sembra richiamarci Gesù.Ovviamente non
si tratta di rimanere con le mani in mano ad aspettare dal cielo quanto
serve per vivere; ovviamente qui Gesù sta parlando dell’affanno, della
cupidigia, dell’ansia di accumulo, che distoglie lo sguardo dalla generosità
di Dio eda un più profondo richiamo di Gesù.In realtà, qui sembra di
sentir risuonare un rimprovero ben più significativo: è proprio
l’accaparramento di beni e di risorse, di ricchezze e di superfluo da parte
di alcuni che crea il dislivello nei confronti di chi non ha di che
vivere, dei milioni di bambini e di poveri che muoiono di fame, di chi si
trascina tra stenti e malattie. Per non parlare delle guerre e dei
disastri inerenti. Come se Gesù si preoccupasse di ristabilire per tutti
la parità di diritto a vivere, la dignità e bellezza, la gioia della vita
e la possibilità di sognare, riuscendo a condividere e a farsi carico gli
uni degli atri. Dovremmo sentire la portata rivoluzionaria di questo testo
e sentirci inquieti finchè sulla terra, che è di tutti, vi sono tante
disuguaglianze e prevaricazioni. Accontentatevi –sembra dire Gesù- di una
semplicità di vita che permetta di condividere con tutti, a partire da chi
vediamo nel bisogno e nel disagio vicino a noi,i doni del Signore. Che
cosa, altrimenti, vogliono dire le parole “Cercate invece, anzitutto, il
regno di Dio e la sua giustizia?”Infatti il regno di Dio è la nuova
umanità riconciliata in un sistema di relazioni paritarie, in cui ciascuno
si prenda la responsabilità dell’altro, perché l’altro il debole, il
trascurato, l’oppresso- gli sta a cuore. E la ‘sua giustizia’ è quella che
vuole tutti fratelli, perché figli dello stesso Padre. E fratelli si
diventa nella misura in cui ci accorgiamo e ci rendiamo conto che l’altro è
amato da Dio come te. Cercate: Dio non ama la bacchetta magica, non ci
vuole inerti e passivi, ma vuole che tutti si diano da fare, perché solo
così si diventa consapevoli dell’altro, degli altri che ti interpellano
sulla stessa terra donata da Dio a tutti. |