
V di Quaresima
DOMENICA DI LAZZARO
13.03.2016
Giovanni 11, 1-53
Riferimenti : Deuteronomio 6, 4a;
26, 5-11 - SALMO 104 - Romani 1,18-23a |
Lodate il Signore, invocate il suo
nome. Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere. A lui cantate, a lui
inneggiate, meditate tutte le sue meraviglie. L’ha stabilita per
Giacobbe come decreto, per Israele come alleanza eterna, quando
disse: «Ti darò il paese di Canaan come parte della vostra
eredità». |
Deuteronomio 6, 4a; 26, 5-11
In quei giorni. Mosè disse: «Ascolta, Israele: tu pronuncerai
queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un
Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero
con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e
numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci
imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio
dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la
nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione;
il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con
braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci
condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono
latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del
suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al
Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio.
Gioirai, con il levita e con il forestiero che sarà in mezzo a
te, di tutto il bene che il Signore, tuo Dio, avrà dato a te e
alla tua famiglia».Mosè
suggerisce una sintesi della storia d'Israele che diventi
consapevolezza e memoria di ogni israelita, iniziando dalla
consapevolezza di una origine umile e povera: "Mio padre era un
Arameo errante". Quando ciascun ebreo deve richiamare la propria
identità, non dimenticherà mai di essere poi parte di un popolo
che il Signore ha voluto, ha liberato, ha condotto in uno spazio
proprio e gli ha dato consapevolezza di aver ricevuto terra e
doni della terra: frutti e animali che sono il risultato di una
predilezione e di una benedizione. I doni sono gratuiti, perciò
suppongono alcune clausole di gradimento. Sono di ciascuno, ma
le primizie vanno offerte: il ricevere deve aprire il cuore per
poter riconoscere, gradire e offrire. I doni, poi, che dovranno
essere elemento di gioia e di ringraziamento, vanno vissuti e
condivisi. Si ricordano due categorie di persone che non hanno
la possibilità facile di possedere: i leviti e i forestieri. I
leviti sono discendenti di Levi, uno dei figli di Giacobbe. Sono
collegati, spesso ai sacerdoti, ma hanno funzioni distinte. I
sacerdoti nel tempio sacrificano a Dio e offrono incenso. I
leviti svolgono compiti di servitori, organizzatori degli
aspetti esterni del culto e cantori. Pur parlando di 48 città
affidate ai leviti, essi non possiedono e quindi vivono di
carità, ricevendo dagli altri ebrei la possibilità di vivere. La
stessa cosa va detta per gli stranieri che hanno spesso una
precarietà di lavoro. Perciò il popolo, che possiede e che porta
l'offerta al Signore, deve mantenere la memoria di questa
rivoluzione storica che il popolo ha vissuto e di cui è
consapevole e ringrazia. Va ricostituita la gioia piena della
liberazione insieme con il levita e il forestiero. Così, alla
fine, sicuramente ci si contrappone alla schiavitù, alla
solitudine, all'abbandono. Le risorse ricevute, e che vengono
offerte nella gioia, possano essere partecipate anche alla
realtà povera.
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Romani 1,18-23a
Fratelli, l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e
ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità
nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro
manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue
perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità,
vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo
attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun
motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno
glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro
vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata.
Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno
scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una
figura di uomo corruttibile.
Paolo si rifà alla esperienza del suo popolo e riscopre che
l'intervento di Dio si sviluppa, inizialmente, nella sua ira per
l'empietà raggiunta. E' la reazione di Dio che è giusto e vuole
un mondo giusto e buono. Ma l'ira di Dio può essere considerata
un preludio necessario alla salvezza. Tutti gli uomini sono
peccatori, e Paolo stabilisce una situazione generale: essi, pur
avendo una conoscenza iniziale di Dio attraverso le opere - la
natura per i pagani gl'interventi nella storia per gli ebrei-
non hanno agito di conseguenza e hanno smarrito quel barlume
iniziale di sapienza, cadendo nella immoralità e nella
idolatria. Dio, pur nella sua invisibilità e inaccessibilità dei
suoi attributi, si rende visibile "per mezzo delle opere da lui
fatte", sia dalle creature del mondo sia dai fatti di
liberazione verso il popolo di Dio nella storia. Gli attributi
di Dio che generano opere particolarmente significative sono "la
sua eterna potenza e divinità" che muovono il creato e hanno
liberato il popolo d'Israele. Il non saper intravedere questa
formidabile presenza e armonia nel mondo rende gli uomini
"inescusabili" poiché non lo hanno "glorificato né ringraziato
come Dio". Sono diventati stolti poiché non hanno saputo
approfondire questa presenza e si sono fermati a "figure di
uomini corruttibili". Il messaggio arriva anche a noi, nella sua
drammaticità. Paolo lamenta che non si sviluppa né si matura il
senso delle cose, ci si ferma all'immediato, alla vanità, alle
apparenze e non si verifica ciò che conta davvero. In tal modo
non si scopre la profondità e non si sa ringraziare veramente e
gioire della pienezza e della grandezza. Iniziando da qui, si
può riprendere a rileggere i segni dei tempi che si susseguono
nel tempo, segni anonimi per chi non li sa guardare e
interpretare, segni non firmati eppure proposti dal Signore per
chi li vuole leggere. Il Vangelo ci riporta uno splendido testo:
" I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova
e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo. Ma egli
rispose loro: «Quando si fa sera, voi dite: «Bel tempo, perché
il cielo rosseggia»; e al mattino: «Oggi burrasca, perché il
cielo è rosso cupo». Sapete dunque interpretare l'aspetto del
cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi? Una
generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le
sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona». Li lasciò e se
ne andò (Mt 16,1-5).
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Giovanni
11, 1-53
In quel tempo. Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua
sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli
asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle
mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire
questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria
di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù
amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due
giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in
Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di
lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore
del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di
questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è
addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli:
«Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di
lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse
loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere
stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato
Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».Quando
Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània
distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da
Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva
Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù:
«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so
che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo
fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione
dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi
crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in
eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il
Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò
a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti
chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato
nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.
Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi
in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi
dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!».
Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti
con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete
posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto.
Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero:
«Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non
morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al
sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù:
«Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda
già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che,
se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora
alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io
sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno,
perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce:
«Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il
viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo
andare».Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli
aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e
riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i
farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie
molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i
Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro,
Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla!
Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il
popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se
stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva
morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire
insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di
ucciderlo
Quando Gesù scoppiò in pianto ci furono alcuni che dissero: "Guarda come gli
voleva bene!", ma subito altri (perché le voci stonate ci sono sempre): "Ma
Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva fare anche si che questi non
morisse?". Noi uomini siamo sempre qui a suggerire a Dio quello che deve fare!
Siamo qui a pregare il Signore perché faccia quello che noi abbiamo pensato di
fare, dimenticandoci che siamo dei "poveretti" con la testa "piccolina", con un
cervello, al confronto di quello di Dio, molto poco sviluppato. Noi ci
lamentiamo in continuazione: "Perché Il Signore di qui..., perché il Signore di
là..., non poteva il Signore?...". Il discorso diventa maggiormente complicato
se teniamo presente che Marta, Maria, Lazzaro e Gesù erano amici, amici stretti:
nel Vangelo si dice: "Che Gesù voleva molto bene...". Molto bene, non solo bene,
quindi amici intimi. Analizziamo l'amicizia di Gesù verso la famiglia di questi
ragazzi che Lui aveva conosciuto fin da piccolo quando con Giuseppe e Maria era
dovuto fuggire in Egitto. La famiglia di Gesù, in Egitto, aveva conosciuto
Eleazar (anche lui fuoriuscito) con i suoi tre figli (Marta, Maria e Lazzaro), e
da loro erano stati ospitati in casa. Nell'amicizia di Gesù con Marta, Maria e
Lazzaro, amicizia che durava fin dall'infanzia, vediamo delle connotazioni
importantissime che dobbiamo cercare di analizzare per poter fare l'esame di
coscienza sulle nostre amicizie. Abbiamo visto nelle domeniche precedenti i
diversi aspetti di quello che è il rapporto con gli altri: la suocera, l'amore,
il volersi bene tra due persone...
Vediamo ora l'amicizia.
L'amicizia presuppone l'amore, dove amare vuol dire dare senza esigere il
contraccambio. Si può desiderare il contraccambio: certo, psicologicamente si
desidera il contraccambio, ma non lo si può esigere, altrimenti non è più amore
ma semplice egoismo camuffato di amore. L'amore si diversifica dall'amicizia in
quanto poco alla volta, per sua natura, diventa esclusivo. L'amore in genere
diventa esclusivo quando sboccia tra un uomo e una donna, un ragazzo e una
ragazza: quando si formano questi "momenti" di amore i "due" tendono a staccarsi
dal gruppo per stare per conto loro e non nella "massa".
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