 II DOMENICA DI AVVENTO
"I figli del Regno"
22.11.2015 Marco 1,
1-8
Riferimenti : Isaia 19, 18-24 - Salmo 86 - Efesini 3,
8-13 |
Popoli tutti, lodate il Signore! Sui monti santi
egli l’ha fondata; il Signore ama le porte di Sion più di tutte
le dimore di Giacobbe. Di te si dicono cose gloriose, città di
Dio! Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono;
ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato. Si dirà di
Sion: «L’uno e l’altro in essa sono nati e lui, l’Altissimo, la
mantiene salda». |
Isaia 19, 18-24 Così dice il
Signore Dio: «In quel giorno ci saranno cinque
città nell’Egitto che parleranno la lingua di
Canaan e giureranno per il Signore degli
eserciti; una di esse si chiamerà Città del
Sole. In quel giorno ci sarà un altare dedicato
al Signore in mezzo alla terra d’Egitto e una
stele in onore del Signore presso la sua
frontiera: sarà un segno e una testimonianza per
il Signore degli eserciti nella terra d’Egitto.
Quando, di fronte agli avversari, invocheranno
il Signore, allora egli manderà loro un
salvatore che li difenderà e li libererà. Il
Signore si farà conoscere agli Egiziani e gli
Egiziani riconosceranno in quel giorno il
Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte,
faranno voti al Signore e li adempiranno. Il
Signore percuoterà ancora gli Egiziani, ma, una
volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno
al Signore ed egli si placherà e li risanerà. In
quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso
l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano
in Assiria, e gli Egiziani renderanno culto
insieme con gli Assiri. In quel giorno Israele
sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria, una
benedizione in mezzo alla terra».
Per il popolo d'Israele l'Egitto è sempre stato
il regno nemico da abbattere: immagine di una
nazione schiavista che porta alla morte, paese
di idolatria. Così Isaia, nei capitoli 19 e 20,
pronuncia un giudizio sull'Egitto che però, in
modo sorprendente, si capovolge; nel tempo della
sventura Dio soccorre e usa benevolenza per un
popolo sconfitto e in preda al terrore. Negli
anni del secolo VIII (prima del 701 a.C). i
Faraoni avevano tentato di porre resistenza
contro l'Assiria, cercando di coalizzare piccoli
stati orientali per difendersi e per fermare
l'invasione. Isaia era sempre stato in
disaccordo con tale politica. Nei primi versetti
del cap. 19 vengono predetti il giudizio di Dio
contro l'Egitto: si sarebbero scatenate lotte
civili e sarebbe giunta l'invasione straniera (
come avvenne attorno al 670 a.C.). Le predizioni
sono catastrofiche: dalla siccità del Nilo alle
piante che, perciò, si sono seccate al
territorio tutto che diventa deserto. Perdono il
loro lavoro i tessitori, i pescatori, gli
agricoltori. Poi improvvisamente lo scenario
cambia (il testo di oggi), tra i più
stupefacente del VT riguardo la conversione dei
popoli al Dio d'Israele. Si parla di 5 città
abitate da Ebrei che fondano comunità e colonie
ebraiche, che convertono il paese alla fede del
Jhwh. Di fatto c'è stata una dispersione della
popolazione ebraica che si è istallata anche in
Egitto e si parla, nei documenti di Elefantina,
di un tempio costruito in onore di Jhwh alla
prima cataratta del Nilo. Non si sono trovate le
5 città, archeologicamente, ma forse si tratta
di un numero simbolico per ricordare che qui si
stabilisce una popolazione che si appoggia alla
Legge (5 libri). Probabilmente c'è anche il
richiamo a Eliopoli, "città del sole", come si
traduce il nome della città, dove viene adorato
il Signore e si giura sul suo nome. Infatti ci
si fida di Lui e su di Lui si imposta la propria
verità. Il richiamo a un altare e ad un
obelisco (stele) documenta la fede in Jhwh che
fa superare l'esclusività di Gerusalemme e del
suo unico tempio. Anzi si ripensa ad una
salvezza di popol, in Egitto, a somiglianza
della salvezza operata da Dio attraverso Mosè.
Si immagina che, finalmente, si costruirà una
strada che andrà dall'Assiria all'Egitto e vice
versa e vi cammineranno i popoli, passando
attraverso Israele che "sarà Benedizione" allo
stesso modo di quella benedizione che portò
Abramo al suo popolo. C'è una splendida visione
che fa riconoscere una predilezione particolare
e un riconoscimento per i popoli pagani che,
finora, erano nemici e che finalmente sono
riconosciuti ed amati come un popolo unico di
grazia. In tutta la Scrittura non esiste una
equiparazione simile. Anche dove si parla di
riconciliazione dei popoli stranieri,
Gerusalemme ed il suo tempio hanno sempre una
loro preminenza e le genti straniere o sono
sottomesse o almeno spontaneamente portano doni
all'unico tempio di Jhwh nella città santa. |
Efesini 3, 8-13 Fratelli, a me,
che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa
grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di
Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto
da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo
della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze
dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto
eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel
quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia
mediante la fede in lui. Vi prego quindi di non perdervi d’animo
a causa delle mie tribolazioni per voi: sono gloria vostra.
Tutto il capitolo 3 ripropone la consapevolezza che il
messaggio di Dio passa attraverso lui, Paolo, per arrivare ai
pagani. In fondo Paolo, ebreo convinto, e perciò fedelissimo
custode della fede d'Israele e, quindi, della predilezione di
Dio nell'Alleanza offerta solo agli Ebrei, si stupisce di essere
stato scelto da Dio per il ruolo di apostolo "per le genti". In
pratica, ogni volta che vi ritorna a pensare, si stupisce di
questa vocazione e di questa scelta. Non si rammarica poiché,
nella sua esperienza, ha scoperto splendore di fedeltà e di
amore anche tra i pagani ed ha assistito ad una rivoluzione del
cuore dei lontani, via via che accoglievano il messaggio di
Gesù. Non si pente, anzi si sente gioioso, addirittura
orgoglioso nella sua piccolezza e umiltà, poiché, per mezzo suo,
"annuncia alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo". Si
sente tutta la sorpresa di essere tramite tra la profondità di
Cristo e l'immensità del creato. Esiste un mistero gelosamente
custodito da Dio e assolutamente impensabile. Ora Paolo sa che
quel mistero passa per le sue mani e nelle sue parole. E Paolo
sa che, attraverso lui, sono svelate la grande misericordia e la
salvezza per tutti. Questo segreto è ora affidato alla Chiesa
perché, aprendo il mondo alla "multiforme sapienza di Dio",
faccia scoprire anche ai "principati e potenze dei cieli" la
conoscenza del progetto divino sul mondo. Paolo sta suggerendo
una vocazione che il Signore ha offerto prima di tutto ai 12,
quindi a lui come annunciatore alle genti. Non si tratta di
esserne degni, si tratta di accogliere e di credere che il
Signore passa anche attraverso le nostre parole, le nostre
scelte, la nostra fede, le tribolazioni che richiedono una
fedeltà larga. Paolo conosce, perché l'ha percepito, il tesoro
che va comunque custodito, salvato e offerto: e sta dicendo a
tutti noi che siamo nella Chiesa che è il dono che possiamo fare
al mondo. Un dono gratuito è ricevuto, e va riproposto e
scambiato senza altro guadagno nel sapere che il Signore, per
mezzo nostro, ha raggiunto altri e li rende fiduciosi, portatori
di speranza e di grazia. La misericordia, che il Signore offre
ad ogni popolo, senza distinzione, ci immette sulla strada della
pace poiché ci impegna a rintracciare, noi stessi, la
misericordia di Dio con tutti, Certamente, ci dice Paolo, non
possiamo più permetterci di selezionare le persone per classi,
onore, stima ed interessi. Non possiamo riprendere i miti della
discriminazione, del razzismo, della intolleranza o del
fanatismo né accettare le paure del diverso. Il Signore ci ha
posto sulla strada nell'accoglienza, del rispetto e della
fraternità.
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san
Giovanni Battista ( di Leonardo da Vinci) |
Marco 1, 1-8 Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di
Dio. Come sta scritto nel profeta Isaia: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio
messaggero: / egli preparerà la tua via. / Voce di uno che grida nel deserto:
/ Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri», / vi fu
Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione
per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e
tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume
Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di
cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette
e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di
me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi
ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
L'evangelo interpella il credente su come accogliere nella propria esistenza
il Signore che viene. Anzitutto con l'ascolto della parola di Dio contenuta
nella Scrittura. L'inizio del vangelo è nell'Antico Testamento (Mc 1,1-3) e
Giovanni è anzitutto colui che compie nella sua carne e nella sua vita la
parola profetica. La Scrittura ci conduce a Cristo. Ma la parola di Dio
conduce anche a riconoscere i propri peccati (Mc 1,5). Di fronte al Signore
che viene, noi riconosciamo che le nostre vie non sono le sue e siamo spinti
a conversione, a cambiare strada, a mutare direzione di vita per ritornare al
Signore. Poi si tratta di ritrovare l'essenziale. Giovanni è figura di
essenzialità e semplificazione: di lui si dice la sobrietà del cibo e la
povertà del vestire. L'essenzialità del suo messaggio spirituale è connessa
all'essenzialità del suo vivere, del suo essere corpo, voce, attesa. Egli può
chiedere di convertirsi e di preparare la strada al Signore perché vive in
prima persona tali realtà. Giovanni non si limita a preparare una strada al
Signore, ma la diviene nel suo corpo, nella sua persona. La traiettoria della
sua vita diventa la parabola che Gesù stesso seguirà. Giovanni è il
«precursore» non solo nel senso che viene prima di Gesù, ma anche nel senso
che il percorso esistenziale che egli vive sarà anche quello, con tutte le
grandi differenze legate alle due persone, che Gesù conoscerà. Infine
Giovanni è presentato nell'umiltà, ulteriore realtà che consente l'incontro
con il Signore. Il ministero del Battista è riferito a colui a cui egli apre
la strada, è tutto teso a lui: egli è il messaggero di fronte al Veniente, la
voce di fronte alla Parola, il servo di fronte al Signore, colui che battezza
con acqua di fronte a colui che battezzerà con lo Spirito santo.
Quest'ultimo aspetto suggerisce un ulteriore spunto: Giovanni, figura
essenziale per Gesù secondo la comune testimonianza dei quattro vangeli,
rinvia anche alla necessaria mediazione di un uomo per poter preparare la
strada al Signore. Giovanni, che precede Gesù e nella cui scia Gesù si porrà,
è figura di accompagnamento spirituale.. Il vangelo di Marco inizia nel
deserto. È nel deserto che Giovanni grida e annuncia. Nel luogo marginale e
decentrato, di solitudine e silenzio, di ascesi e di ritiro. Eppure la sua
voce trova nel deserto lo spazio per farsi sentire e proprio nel deserto
manifesta la sua forza profetica: lontana dai centri del potere (politico e
religioso), la parola ritrova la sua limpidezza e genuinità, la sua forza e
autorevolezza, la sua capacità di aprire strade e orizzonti, di dare senso e
speranza, ovvero, di essere profetica. Nel deserto la parola può purificarsi
e liberarsi dalle mistificazioni e smascherare con chiarezza gli idoli, può
decongestionarsi dai luoghi comuni e dalle frase fatte, dai conformismi e
dagli accomodamenti.
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