 I DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE
23.10.2016
Matteo 28, 16-20
Riferimenti : Atti degli Apostoli 13, 1-5a - SALMO 95 - Romani
15, 15-20 |
Annunciate a tutti i popoli le opere di Dio.
Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di
tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo alle
genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue
meraviglie. |
Atti degli Apostoli 13, 1-5a In
quei giorni. C’erano nella Chiesa di Antiòchia
profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger,
Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di
Erode il tetrarca, e Saulo. Mentre essi stavano
celebrando il culto del Signore e digiunando, lo
Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e
Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati».
Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero
loro le mani e li congedarono. Essi dunque,
inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia
e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina,
cominciarono ad annunciare la parola di Dio
nelle sinagoghe dei Giudei.
Con questo brano gli "Atti degli apostoli"
iniziano il racconto della prima missione di
Paolo da Antiochia verso l'Asia minore
(13,1-14,28). È un inizio molto importante
poiché apre la missione di Gesù non solo verso i
Giudei, sparsi fra le nazioni, ma anche verso i
pagani a cui, allo stesso modo, viene comunicata
la misericordia di Dio perché possano sentirsi
accolti allo stesso modo, nella universale
famiglia che Gesù ha salvato. Attraverso la
Chiesa, Gesù svela al mondo la luce e
l'accoglienza del Dio trinitario. La missione
comincia da Antiochia e l'elenco dei profeti e
dottori va da Barnaba (il primo) a Saulo
(l'ultimo). La missione sarà contrastata dalla
reazione dei Giudei ed anche dai pagani, ma il
messaggio e la missione nascono all'interno
della comunità cristiana, riunita insieme,
mentre "celebra il culto del Signore, digiuna, e
accoglie il messaggio dello Spirito" (vv 2-3).
Il testo esprime una grande disponibilità al
futuro: i due inviati: Barnaba e Saulo, non si
sentono obbligati dalla comunità se non ad
accogliere i suggerimenti dello Spirito. E la
comunità sa che gli inviati faranno, nella
propria responsabilità, ciò che è secondo il
volere di Gesù e il Signore li accompagnerà
verso ciò che è giusto per la missione. La
comunità cristiana sente di essere disponibile
verso ciò che il Signore chiede. Essa ha già
sperimentato, nella propria storia, il
cambiamento che è avvenuto nella rimescolanza
tra Giudei e pagani ed ha già vissuto la novità
impensabile di fiducia reciproca, di
riconoscimento, di pace. Questa comunità
continuerà a sentirsi attenta, responsabile,
solidale con il lavoro che verrà fatto, lavoro
sconosciuto, di volta in volta maturato nella
responsabilità di coloro che sono stati inviati
e riconosciuto come dono di Dio al mondo. Ma,
come comunità di Gesù, si sente matrice,
solidale e responsabile. E, infatti, conclusa la
prima esperienza, "di qui fecero vela per
Antiòchia, là dove erano stati affidati alla
grazia di Dio per l'opera che avevano compiuto.
Appena arrivati, riunirono la Chiesa e
riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per
mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la
porta della fede. E si fermarono, per non poco
tempo, insieme ai discepoli" (14,26-28).
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Romani 15, 15-20 Fratelli, su
alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per
ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è
stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le
genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di
Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata
dallo Spirito Santo. Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo
nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se
non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre
le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di
segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da
Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato
a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono
fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era
già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un
fondamento altrui.
Paolo termina la sua
lunga lettera ai Romani, motivando il coraggio che l'ha spinto a
scrivere. Egli sa che ci sono stati altri che l'hanno preceduto
ed hanno annunciato la Parola di Gesù nella comunità romana. Per
questo motivo non ha nessuna intenzione di sostituirsi
all'azione evangelizzatrice di altri apostoli che San Paolo
riconosce e rispetta (vv 20-21). Tuttavia l'apostolo ha sentito
il desiderio di comunicare anche a questa comunità il senso del
suo ministero legato e maturato nel Vangelo di Gesù. Paolo,
infatti, è inseguito da gruppi di giudaizzanti che mettono in
dubbio la sua vocazione di annunciatore ai pagani oltre che agli
ebrei. Si presta anche il pretesto che, in fondo, Gesù stesso
non è mai stato evangelizzatore dei pagani e si è rifiutato di
avere contatti con loro, salvo in alcune rare situazioni,
considerate a suo tempo, incidentali [vedi il miracolo per la
figlia di una donna siro-fenicia: "Questa donna era di lingua
greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare
il demonio da sua figlia". (Mc 7,24)]. Paolo sa di aver detto
parole importanti che approfondiscono il rapporto tra comunità e
il Vangelo, maturato nella sua completezza dopo la risurrezione,
e sa di aver pronunciato esortazioni impegnative. Il Messaggio
che Matteo oggi ci fa leggere nel Vangelo ci garantisce che la
Comunità deve essere aperta "a tutti i popoli" (Mt 28,16-20).
Paolo, comunque ribadisce di essersi comportato con molta
discrezione poiché riconosce che i cristiani romani già sanno e
praticano la fede di Gesù (v 14). E tuttavia la grazia che gli è
stata concessa lo rende come un sacerdote che presenta
un'offerta gradita: "Adempio il sacro ministero di annunciare il
vangelo di Dio perché le genti divengano un'offerta gradita,
santificata dallo Spirito Santo". Ritorna qui la riflessione sul
"culto spirituale" di cui aveva parlato al c. 12 (1-2): la
Parola di Dio, completata in pienezza da Gesù, aiuta a scoprire
la volontà del Padre, il suo progetto di salvare il mondo, il
suo amore profondo e totale. Vivere questa consapevolezza e
operare secondo la volontà del Padre è il "culto spirituale" di
cui San Paolo si fa annunciatore. E' stato questo il grande
progetto di Gesù: obbedire in tutto al Padre e invitare i
discepoli a conoscere e a vivere, come Lui, la volontà di Dio
mostrando la sua misericordia a tutti.
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Matteo 28, 16-20 In quel tempo. Gli undici discepoli
andarono in Galilea, sul monte che il Signore Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e
disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate
dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e
del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che
vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo».
Il Vangelo di Matteo finisce con il testo della missione universale,
chiave di comprensione di tutto il libro. Si parla della Galilea: la regione
in cui Gesù ha incominciato la sua predicazione (4,23) e, secondo il profeta
Isaia, la "Galilea delle genti" doveva essere il luogo della nuova "luce
della rivelazione". E' considerata una regione di oscurità, dove si sono
mescolati ebrei e pagani (le genti), dopo la sottomissione assira dell'VIII
secolo, un luogo di peccatori dove non splende la legge. Eppure da qui
incomincia il cammino della Chiesa verso le nazioni, dal mondo dei poveri e
dei rifiutati, ma anche dal mondo della quotidianità e non dallo splendore o
dal purismo. Sul monte: è difficile identificare il monte, indicato da Gesù,
ma il monte è il simbolo di particolare vicinanza con Dio che, in cima s'è
manifestato a Mosé e ad Elia. Perciò Matteo colloca Gesù sul monte ogni volta
che insegna e compie qualche gesto particolarmente importante. Sul monte Gesù
era stato tentato sulla regalità universale (4,8-10), sul monte afferma di
avere ricevuto i pieni poteri in cielo e in terra. L'invio di discepoli è un
avvenimento fondamentale. Ma chi invia Gesù? Sono i discepoli che, però,
hanno fatto l'esperienza di Gesù risorto. Hanno tuttavia un diverso
comportamento. •Gesù parla agli undici: una piccola comunità che porta
ancora i segni del tradimento (sono rimasti in 11 e non 12). "Sul monte" ma
in Galilea, lontano da Gerusalemme: città ostile e incredula; come Mosè sul
monte Nebo che, dopo l'investitura a Giosuè, si separa dal popolo. Così Gesù
con i discepoli. •Alcuni "si prostrarono innanzi", esprimendo il
riconoscimento della dimensione divina. •Il dubbio di altri ricorda la
difficoltà a sganciarsi dall'esperienza precedente per accettare la
risurrezione come l'intervento di Dio nella storia. Probabilmente Matteo
vuole richiamare le difficoltà esistenti nelle comunità cristiane del suo
tempo che vivono insieme la fede e l'incertezza, ma questo è l'ovvio della
fede. •Di fronte al dubbio, Gesù interviene con la sua Parola per far
maturare la fede stessa. La missione: •Gesù riceve "ogni potere" dal
Padre. Egli definisce la sua relazione con il Padre e con tutto l'universo.
Era stato tentato sul potere da satana nel deserto in cambio dell'adorazione.
Ora riceve realmente il potere dopo aver sconfitto satana: pienezza dì potere
che gli viene dal Padre attraverso la risurrezione. Così Gesù, Signore e
Giudice, genera la sua Chiesa nella Pasqua, offrendo il suo stesso potere
perché continui la sua opera. Ma il potere, esercitato e che conferisce, si
definisce come servizio, non come dominio. •4 verbi sintetizzano la
missione: - "andate": suppone il superamento delle barriere geografiche
perché il messaggio di Gesù sia a portata di tutti; - "fate discepole tutte
le nazioni": per Matteo il messaggio corrisponde a: "Fatele entrare in una
esperienza viva con me, simile a quella che avete vissuto voi, e che sia
universale"; - "battezzate": trasformate, immergendo nell'acqua ogni
credente: vita e purificazione. Con la potenza ("nome") del Dio Trinitario.
Il battesimo è segno della comunità, segno dell'unità con Dio, segno visibile
dell'insegnamento degli apostoli; - "mantenete un insegnamento costante", in
modo che ci sia una testimonianza autentica sulla Parola e nello stile di
Gesù. Difatti Matteo, nel Vangelo, si preoccupa di riportare cinque discorsi
(Mt cc 5-7; 10; 13; 18; 23- 25). Il numero 5 richiama i "libri della Legge":
qui c'è una nuova legge che accoglie e perfeziona l'antica. •A conclusione
Gesù garantisce la sua presenza. Nell'Antico Testamento Dio si manifestava
attraverso uomini da Lui scelti, attraverso la legge e attraverso il tempio.
Ora questa vicinanza è preannunciata da Matteo all'inizio, nel nome che si
attribuisce a Gesù, in un simbolismo carico di significati: Emanuele, il Dio
con noi (1,23). Essa si attuerà nella garanzia della presenza del Signore
risorto e il compito della Chiesa indica la vocazione di tutta la comunità e
di ciascuno di essa. Poiché nella vita, accanto alla fede, si verifica spesso
la paura, Gesù dice: "Non temete, io sono con voi tutti i giorni". A
Giacobbe, in viaggio verso la terra ignota, Dio garantisce: "Io sono con te e
ti proteggerò ovunque andrai, non ti abbandonerò" (Gn 28,15); al popolo
d'Israele, deportato a Babilonia, dichiara: "Tu sei prezioso ai miei occhi e
io ti amo. Non temere perché io sono con te" (Is 43,4-5); a Mosé che obietta:
"Chi sono io per andare al faraone e per fare uscire gli israeliti
dall'Egitto?" Dio risponde: "Io sono con te" (Es 3,11-12); a Paolo, a
Corinto, tentato di scoraggiarsi, il Signore dice: "Non aver paura perché io
sono con te e nessuno cercherà di farti del male" (At 12,9-10). Così: - C'è
la presenza misteriosa e viva di Gesù fino "alla fine del mondo". - C'è una
presenza sacramentale: il battesimo trasmette all'uomo la potenza divina e
vitale che a sua volta Gesù ha ricevuto dal Padre. - C'è una presenza
ecclesiale attraverso l'insegnamento e la predicazione della Chiesa.
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