
VI DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL
PRECURSORE
9.10.2016
Matteo 10, 40-42
Riferimento : primo libro dei Re 17, 6-16 - SALMO 4 - Ebrei 13,
1-8 |
SALMO 4 hi spera nel Signore, non resta
deluso. Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia!
Nell’angoscia mi hai dato sollievo; pietà di me, ascolta la mia
preghiera. Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;
il Signore mi ascolta quando lo invoco. Tremate e più non
peccate, nel silenzio, sul vostro letto, esaminate il vostro
cuore. |
primo libro dei Re 17, 6-16
In quei giorni. I corvi portavano ad Elia pane e
carne al mattino, e pane e carne alla sera; egli
beveva dal torrente. Dopo alcuni giorni il
torrente si seccò, perché non era piovuto sulla
terra. Fu rivolta a lui la parola del Signore:
«Àlzati, va’ a Sarepta di Sidone; ecco, io là ho
dato ordine a una vedova di sostenerti». Egli si
alzò e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della
città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La
chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in
un vaso, perché io possa bere». Mentre quella
andava a prenderla, le gridò: «Per favore,
prendimi anche un pezzo di pane». Quella
rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non
ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina
nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora
raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a
prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo
e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’
a fare come hai detto. Prima però prepara una
piccola focaccia per me e portamela; quindi ne
preparerai per te e per tuo figlio, poiché così
dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della
giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non
diminuirà fino al giorno in cui il Signore
manderà la pioggia sulla faccia della terra”».
Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi
mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi
giorni. La farina della giara non venne meno e
l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola
che il Signore aveva pronunciato per mezzo di
Elia. Elia sta fuggendo perché
il re Acab e la regina Gezabele lo cercano per
metterlo a morte. Il Signore stesso gli indica
posti di rifugio dove esistono una larga
vegetazione, caverne ben nascoste, un torrente
per l'acqua e un provvidenziale, strano e
inconsueto andirivieni di corvi che garantiscono
il profeta nel suo sostentamento: pane e carne
al mattino e alla sera. Si rifà
all'alimentazione del popolo d'Israele nel
deserto, nel tempo della liberazione, ricordata
nel libro dell'Esodo (16,8.12). Elia si è
spostato in una zona pagana, la terra di origine
della regina Gezabele. Se da lei può venire la
rovina, attraverso un'altra donna, questa volta
vedova e povera, viene la sopravvivenza. Zarepta
è a circa 15 km a sud di Sidone, sulla costa
Fenicia. Nelle società antiche la vedovanza era
segno di povertà e di marginalità. Eppure il
Signore sceglie una donna vedova perché diventi
sostegno al suo profeta, pur costretta ad una
vita di stenti, in tempo di carestia e di
siccità. Nel salmo 146,9 si dice "Il Signore
protegge lo straniero, egli sostiene l'orfano e
la vedova, ma sconvolge le vie degli empi". La
vedova, riconosciuta subito dall'abito di lutto,
si presta all'ospitalità, senza problemi per
l'acqua, con perplessità sul cibo. Anche nella
zona della Fenicia la siccità fa mancare il
cibo. La donna non è necessariamente una ebrea,
ma deve aver riconosciuto il profeta per il
vestito che porta e quindi, intervenendo,
richiama il nome del Dio dello straniero stesso.
Elia rassicura a nome di Dio il dono, chiedendo
perciò, insieme, un gesto di carità in un
atteggiamento di fede. Poiché la vedova
acconsente, il miracolo si compie (viene
riferito con gli stessi verbi del v. 16, usati
nella profezia al v 14). Gesù richiama
quest'episodio per rimproverare al suo popolo il
rifiuto che viene opposto ai profeti e alla
Parola di Dio (Luca 4,25-26) |
Ebrei 13, 1-8 Fratelli, l’amore
fraterno resti saldo. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni,
praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli.
Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di
carcere, e di quelli che sono maltrattati, perché anche voi
avete un corpo. Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto
nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno
giudicati da Dio. La vostra condotta sia senza avarizia;
accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto:
«Non ti lascerò e non ti abbandonerò». Così possiamo dire con
fiducia: / «Il Signore è il mio aiuto, non avrò paura. / Che
cosa può farmi l’uomo?». Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi
hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente
l’esito finale della loro vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è
lo stesso ieri e oggi e per sempre!
Siamo
giunti, con questo testo, alla conclusione della "lettera agli
ebrei": il capitolo 13º. Ci vengono così proposti alcuni
suggerimenti concreti per regolare il rapporto all'interno della
Comunità cristiana. Una comunità che ha sperimentato, nella
propria riflessione e nella propria esperienza, l'amore di Gesù
che salva è portata a vivere, in modo più vero e più profondo,
la somiglianza di Gesù. Prima di tutto, perciò, l'amore fraterno
non deve essere frutto di una emozione, ma di scelte e decisioni
che lo rendono saldo, allo stesso modo di come lo ha vissuto
Gesù. A questo punto vengono fatte alcune esemplificazioni. Si
inizia dall'ospitalità, richiamando probabilmente due brani
della Scrittura: i tre viandanti ospitati da Abramo (Gen 18,3) e
il compagno di Tobia, l'arcangelo Raffaele (Tobia 5,4 ss) che si
mostrerà, poi risolutore di molti drammi e di molti incidenti
familiari. L'ospitalità, suggerisce l'autore, in questi momenti,
è ancora più segno prezioso di misericordia perché si
intravedono i tempi della persecuzione e vengono richiamate
anche la visita dei carcerati e l'attenzione ai loro bisogni. Si
richiede quindi una partecipazione profonda alle sofferenze di
questi fratelli come se fossero inflitte al proprio corpo.
L'attenzione alla fedeltà e alla castità del matrimonio mette in
equilibrio una morale familiare che nel mondo pagano viene
ignorata perché esiste troppa libertà di relazione e, per
contro, in alcune sette religiose il matrimonio stesso e i
rapporti tra coniuge vengono rifiutati perché indegni di
credenti. L'autore biblico ricorda perciò il rifiuto
dell'adulterio e valorizza il rapporto di amore fedele di una
famiglia. Sono poi ricordati sentimenti di generosità, il
coraggio della gratuità, il riconoscimento della Provvidenza di
Dio nella vita di ciascuno. Come credenti è necessario mantenere
salda la fiducia: il Signore sostiene anche nei momenti della
indigenza e non abbandona nelle difficoltà. Il riferimento
fondamentale è dato dall'esempio di coloro che sono stati "i
capi della Comunità" e li hanno evangelizzati come credenti.
Hanno dimostrato, attraverso la Parola di Dio annunciata e
praticata, il valore della fede e il significato di una docilità
profonda al Signore. Così tutta la comunità cristiana è
ricondotta all'unico esempio che è Gesù: immutabile nella sua
preesistenza, nella sua presenza nella storia, nel suo ritorno
glorioso (v 8). |
Matteo
10, 40-42 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie
me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un
profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie
un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da
bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è
un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa»
Siamo al termine del secondo discorso del vangelo di Matteo (cap.10): quello
"missionario", materialmente pronunciato solo per i Dodici, ma in realtà
indirizzato a tutta la chiesa, che i Dodici rappresentano, e dunque ad ogni
cristiano. Gesù prepara a lungo i suoi alla missione, non solo impartendo
insegnamenti teorici, ma soprattutto chiamandoli a seguirLo, a vivere in
comunione con Lui, ad amarLo. Qui sono esposte senza mezzi termini le
condizioni della sequela che rende possibile la missione; le parole
pronunciate da Gesù sono molto dure: "Chi ama il padre o la madre più di me
non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me"
(v.37) La chiamata di Gesù è molto esigente: non ammette compromessi o mezze
misure. Laddove si crei una situazione di conflittualità, di inevitabile
scelta, la priorità va data a Colui il cui amore supera indubbiamente quello
dei familiari e che dunque può richiedere di essere corrisposto
adeguatamente. In particolare, nei 3 versetti della pericope odierna, Gesù
parla dell'accoglienza riservata al suo inviato e si ricollega ad una realtà
già presente nel giudaismo, dove si diceva dell'inviato ("shaliah" in
ebraico): "Chi è inviato è come colui che lo invia". Infatti un principio
giuridico riconosciuto nel giudaismo e non ignoto al diritto romano (anzi al
diritto delle genti, "ius gentium") era che il mandante considerava come
fatto a se stesso il trattamento riservato al suo delegato. E poi un aforisma
rabbinico diceva: "Chi accoglie il discepolo è come se ospitasse il maestro"
Così - precisa Gesù - "chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me
accoglie colui che mi ha inviato". E' evidente che, rispetto al contesto
giudaico, qui c'è un "salto" considerevole; colui che manda non è un essere
umano, titolato fin che si voglia, bensì Dio stesso! Questa consapevolezza è
di grande conforto per l'apostolo inviato (che ha personalmente sperimentato
l'amicizia con Gesù!) e può ripagarlo anche delle difficoltà e persecuzioni
subite a causa della Parola. Parlando di "inviati", Matteo fa una triplice
distinzione; gli esegeti discutono se si tratti di diverse categorie
all'interno della comunità o semplicemente di tre denominazioni diverse per
indicare un'unica realtà. Personalmente ritengo che non si tratti di
differenze puramente nominali o formali, ma di tre "tipologie" - diciamo così
- degli inviati da Gesù, che peraltro non corrispondono ancora a vere e
proprie gerarchie nell'ambito della comunità cristiana. Chi erano i "profeti"
nel Nuovo Testamento? Ne parla S. Paolo nella 1° Lettera ai Corinti capp.12 e
14: profeta è colui che ha ricevuto il dono di parlare per ispirazione dello
Spirito Santo, dunque è il "portavoce di Dio", colui che interpreta
rettamente la Parola e la volontà di Dio; egli edifica la comunità, esorta e
consola, rimprovera e incoraggia, pronuncia parole di giudizio e di speranza;
è un missionario itinerante, che lascia ogni sicurezza per annunciare la
Parola, spostandosi di città in città. Nel 1° come nel Nuovo testamento il
"giusto" è colui che agisce in conformità ai precetti della Legge per attuare
la volontà di Dio, è l'uomo che con la sua rettitudine e sottomissione a Dio
è a Lui gradito; è colui che riconosce nella vita e nella storia l'opera del
Creatore e vi si inserisce con libertà; è uno che si distingue eminentemente
per santità e devozione alla causa di Cristo. Ora - afferma Gesù - chi avrà
accolto (nel senso non solo di ospitare, ma anche di ascoltare con fede)
profeti e giusti, riceverà una ricompensa non in relazione al gesto compiuto,
piccolo o grande che sia, ma alla dignità e importanza dei personaggi
ricevuti, perché sarà la loro stessa ricompensa. Questa promessa doveva
essere molto incoraggiante per tutti quei seguaci di Gesù che non potevano
lasciare la loro famiglia o gli impegni di lavoro, e tuttavia cercavano di
mettere al centro della vita l'annunzio del regno di Dio. Il vivere insieme
in uno stretto rapporto comunitario viene così riconosciuto come un mezzo
efficace per raggiungere le stesse mete a cui tendevano coloro che avevano
rinunziato ai loro beni per seguire Cristo più da vicino. Il movimento di
Gesù abbraccerà sempre su un piano di parità coloro che hanno abbandonato
tutto per seguirLo e coloro che con non minore impegno operano per il regno
di Dio nelle proprie famiglie e nella società in cui restano inseriti. Se è
vero che in bocca a Gesù "piccoli" ("mikroi" in greco) si riferiva ai bambini
(cfr. Marco 9,37), nel contesto di Matteo sembra invece che venga attribuito
ai missionari del vangelo; intanto era facile che gli apostoli chiamassero
«piccoli» i discepoli, perché i maestri erano chiamati Rabbi, cioè "grandi",
dall'ebraico "rab" = grande. Inoltre essi erano considerati persone umili e
poco significative agli occhi del mondo, perché privi di prestigio e di
potere. Infine, il missionario è un "piccolo", cioè un uomo comune, debole e
bisognoso, che ha lasciato la sua casa per essere un "nomade" a servizio
della Parola. Proprio per le suddette ragioni tutti costoro vanno assistiti
con premurosa sollecitudine nella chiesa a imitazione di Gesù, sempre
solidale con le persone semplici ed emarginate. Dato il clima torrido
d'estate e la scarsità d'acqua in Palestina, un bicchiere d'acqua costituiva
un gesto prezioso e anche generoso, che Dio avrebbe compensato largamente.
Oggi, in un diverso contesto, il "bicchiere d'acqua fresca" può essere il
nostro sorriso, un cenno di saluto, una stretta di mano, una battuta.
|