
II DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL
PRECURSORE
11.09.2016
Matteo 21, 28-32
riferimenti : Isaia 5, 1-7 - SALMO 79 - Gàlati 2, 15-20 |
La vigna del Signore è il suo popolo. Hai
sradicato una vite dall’Egitto, hai scacciato le genti e l’hai
trapiantata. Ha esteso i suoi tralci fino al mare, e arrivavano
al fiume i suoi germogli. Dio degli eserciti, ritorna! Guarda
dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la
tua destra ha piantato, il figlio dell’uomo che per te hai reso
forte. |
Isaia 5, 1-7 Così dice il Signore
Dio: / «Voglio cantare per il mio diletto / il
mio cantico d’amore per la sua vigna. / Il mio
diletto possedeva una vigna / sopra un fertile
colle. / Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai
sassi / e vi aveva piantato viti pregiate; / in
mezzo vi aveva costruito una torre / e scavato
anche un tino. / Egli aspettò che producesse
uva; / essa produsse, invece, acini acerbi. / E
ora, abitanti di Gerusalemme / e uomini di
Giuda, / siate voi giudici fra me e la mia
vigna. / Che cosa dovevo fare ancora alla mia
vigna / che io non abbia fatto? / Perché, mentre
attendevo che producesse uva, / essa ha prodotto
acini acerbi? / Ora voglio farvi conoscere / ciò
che sto per fare alla mia vigna: / toglierò la
sua siepe / e si trasformerà in pascolo; /
demolirò il suo muro di cinta / e verrà
calpestata. / La renderò un deserto, / non sarà
potata né vangata / e vi cresceranno rovi e
pruni; / alle nubi comanderò di non mandarvi la
pioggia. / Ebbene, la vigna del Signore degli
eserciti / è la casa d’Israele; / gli abitanti
di Giuda / sono la sua piantagione preferita. /
Egli si aspettava giustizia / ed ecco
spargimento di sangue, / attendeva rettitudine /
ed ecco grida di oppressi».
L'immagine della vigna è un prezioso impegno,
una gloria per il contadino d'Israele e il suo
capolavoro poiché richiede cura e attenzione,
competenza e sollecitudine, fatica e operosità.
Il risultato non è immediato, ma alimenta la
sorpresa che rimanda a fine stagione, quando
finalmente l'uva è stata torchiata e il vino è
raccolto. Se tutto è andato bene, se la stagione
ha mantenuto i suoi ritmi, se il lavoro si è
svolto con intelligenza e con pazienza, se si è
vigilato contro le bestie selvatiche e contro i
ladri, con l'aiuto di Dio, finalmente, il
risultato buono c'è stato. Siamo come di
fronte ad un processo. Inizia il profeta, amico
di Dio, che si presenta come amico dello sposo.
Lo sposo è Dio, tradito dalla sposa, il popolo
che viene presentato come una vigna di cui Dio
stesso si prende cura. E' il suo capolavoro ed
il suo orgoglio. Perciò Israele, particolarmente
custodita nella pace, deve diventare modello del
progetto di Dio nel mondo: "Alla fine dei tempi
nessuna nazione alzerà la spada contro un'altra
nazione... Siederanno tranquilli sotto la vite,
sotto il fico e più nessuno li spaventerà."
(Michea 4,1-4). La vigna è simbolo di pace, di
unità familiare, di festa. L'amata del Cantico
dei Cantici sogna di correre tra i filari, la
mano nella mano con il suo diletto: "Andremo
nelle vigne; vedremo se germoglia la vite, se le
gemme si schiudono, se fioriscono i melograni,
là ti darò il mio amore" (7,13). La sposa
dell'uomo benedetto da Dio è come una "vite
feconda" nell'intimità della sua casa (Ps
128,3). Un verbo importante che viene
richiamato nel lavoro della vigna è il verbo
"fare": è il lavoro di Dio per Israele. L'altro
verbo drammatico è: "aspettare", che identifica
la libertà del suo popolo e la trepidazione di
Dio per una risposta di amore. Il testo è
insieme carico di significati e drammatico
poiché rispecchia, sotto i simboli e le
immagini, il dramma della infedeltà e la
tragedia della violenza e della guerra. Il
messaggio, che ci viene dato anche oggi, è che
"li ho strappati dalla schiavitù, io li ho resi
liberi, e voi non avete maturato il significato
della pace, il rispetto per ogni persona, la
fedeltà alla mia parola che è attenzione a
ciascuno". |
Gàlati 2, 15-20 Fratelli, noi,
che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo
tuttavia che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge
ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto
anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in
Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della
Legge non verrà mai giustificato nessuno. Se pertanto noi che
cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori
come gli altri, Cristo è forse ministro del peccato?
Impossibile! Infatti se torno a costruire quello che ho
distrutto, mi denuncio come trasgressore. In realtà mediante la
Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono
stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive
in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede
del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per
me. Paolo si è fermato nella regione occupata
dai Galati (attuale Turchia centrale) durante il secondo viaggio
missionario (50-52 d.C.) a causa di una malattia (4,13-14). Per
Paolo anche questa è un'occasione e un segno per parlare di Gesù
a queste popolazioni. Molti, probabilmente appartenenti a
diverse comunità, accolgono il suo annuncio e sono per lo più
pagani. Perciò si capisce il significato di rivolgersi, nella
lettera, "alle chiese della Galazia" (1,2). Il messaggio che
Paolo porta è stato, prima di tutto, sperimentato nella sua
vita. E' consapevole e si preoccupa di parlarne con grande
lucidità, pur rendendosi conto di dover dire agli ebrei che la
legge e i riti debbono definitivamente cedere il passo alla
legge di Gesù Signore. Egli conduce i suoi ascoltatori su
un'altra strada, liberandoli dalla ossessione della legge di
Mosè, carica di prescrizioni che angosciano l'esistenza e
rendono davanti a Dio ogni credente, continuamente, solo
cosciente di infedeltà. E tuttavia, alcuni ebrei, pur convertiti
alla parola di Gesù, ritengono che bisogna continuare ad essere
attenti alla legge ebraica, lo predicano e quindi creano
confusione. Molti rivedono la loro posizione, precedentemente
assunta con Paolo, e accettano la proposta di questi
ebreocristiani, probabilmente di origine farisaica, come d'altra
parte lo era stato Paolo, ma esigenti e, in mancanza di
confronto, anche convincenti. Quando Paolo viene a saperlo, si
preoccupa non solo di chiarire la propria posizione, ma anche di
richiamare i fratelli cristiani, che ha conosciuto, alla
chiarezza della fede. Così, dopo aver compreso la libertà del
Vangelo, le "Chiese della Galazia" stanno ritornando alla
schiavitù della legge mosaica (1,6-10; 3,1-5). Paolo parla,
nel suo scritto, della missione avuta da Dio, dei suoi rapporti
con gli apostoli di Gerusalemme, e ripropone, con grande
intensità, i temi centrali del Vangelo e l'assoluta superiorità
della fede cristiana sull'antica legge. Egli tuttavia mette in
guardia anche da quella mentalità che ci porta a sentirci
garantiti e protetti perché impegnati in opere giuste, giuste
oltretutto secondo i nostri criteri, costruiti sulla cultura
corrente, sul buon senso, sulle abitudini, sulla propria
sensibilità e, spesso, su luoghi comuni. La Legge di Gesù non dà
molti precetti, ma ci mette a confronto su uno stile di vita,
sulle scelte e i criteri che il Signore ha portato, e su una
sensibilità che, in fondo, deve quotidianamente essere tradotta
nel rapporto con gli altri: "Ama il prossimo tuo". Così chi è
credente in Gesù non solo rispetta la legge della convivenza, la
responsabilità del costruire insieme una società, ma vive anche
questo rapporto sempre nuovo e sempre difficile che è quello del
rivedere la propria mentalità e quindi riorganizza, ogni volta,
lo stile dell'accoglienza. |
Matteo
21, 28-32 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Che ve ne pare? Un uomo
aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare
nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò.
Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma
non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il
primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le
prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi
sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le
prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste
cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli». Il
messaggio che Gesù porta agli uomini è un mistero; anche la sua persona
venuta dal Cielo è un profondo mistero. Nel suo insegnamento però Gesù vuol
farsi capire dalla gente e dai capi del popolo. Ricorre agli esempi che sono
più efficaci. Per denunciare l'ostilità con cui i sacerdoti e degli anziani
hanno accolto la predicazione di Giovanni ricorre alla parabola dei due
fratelli. Uno tutto ossequioso verso suo padre, però non fa corrispondere
alle parole l'azione: Va a lavorare nella vigna. - Sì, padre, ma non va.
L'altro, più insubordinato e quasi ribelle, allo stesso invito, risponde
apertamente: Non ne ho voglia - ma poi, si pente, e va. Gesù rivolge una
domanda: Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Rispondono: l'ultimo.
E Gesù esplicita l'insegnamento: E' venuto Giovanni nella via della giustizia
e voi non gli avete creduto a differenza dei pubblicani e delle prostitute.
Come se dicesse: voi che vi reputate giusti, avete rifiutato la verità; i
pubblicani invece e le prostitute, che voi condannate, si convertono e
seguono la via della giustizia. Nel servizio di Dio non bastano le buone
intenzioni; occorre fedeltà pratica perché l'amor di Dio non consiste nel
dire: Signore, Signore, ma nel fare la sua volontà. Ci liberi il Signore da
una religiosità di parole priva di fatti concreti. |