III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
18.09.2016
Giovanni 5, 25-36
Isaia 43, 24c - 44, 3SALMO 32Ebrei 11, 39 - 12, 4
Cantate al Signore un canto nuovo, con arte suonate la cetra e acclamate, perché retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera. ® Beata la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità. Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore. ® L’anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. È in lui che gioisce il nostro cuore, nel suo santo nome noi confidiamo.

Isaia 43, 24c - 44, 3
Così dice il Signore Dio: «Tu mi hai dato molestia con i peccati, / mi hai stancato con le tue iniquità. / Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, / e non ricordo più i tuoi peccati. / Fammi ricordare, discutiamo insieme; / parla tu per giustificarti. / Il tuo primo padre peccò, / i tuoi intermediari mi furono ribelli. / Perciò profanai i capi del santuario / e ho votato Giacobbe all’anàtema, / Israele alle ingiurie». / Ora ascolta, Giacobbe mio servo, / Israele che ho eletto. / Così dice il Signore che ti ha fatto, / che ti ha formato dal seno materno e ti soccorre: / «Non temere, Giacobbe mio servo, / Iesurùn che ho eletto, / poiché io verserò acqua sul suolo assetato, / torrenti sul terreno arido. / Verserò il mio spirito sulla tua discendenza, / la mia benedizione sui tuoi posteri».


Il popolo d'Israele (siamo nel sec VI a. C.) è angosciato della deportazione in Babilonia che ha distrutto ogni speranza ed ha messo in crisi ogni possibilità di riscatto. "Il Signore ci ha abbandonato. Il Signore si è dimenticato di noi. Il Signore non mantiene più la sua speranza e non ascolta più il pianto dei poveri e degli schiavi. Eppure aveva promesso un regno eterno a Davide (2 Sam 7), aveva annunciato l'inespugnabilità di Gerusalemme (Is 7,6; 37,6)". Così pensano i credenti d'Israele, verificando la loro situazione dolorosa. Dio si affaccia nel conflitto, garantendo attraverso il salmista: "Forse il Signore ci respingerà per sempre, non sarà mai più benevolo con noi? È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre? Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell'ira la sua misericordia?" (77,8-10). Sorge un profeta tra i deportati a Babilonia e le sue parole sono inserite nel libro di Isaia. "Non ho rotto i miei legami con voi, non ho mutato i miei sentimenti". E' Israele che si è allontanata. E i padri, qui, nella memoria, sono ricordati in una lunga processione di infedeltà Tuttavia il Signore vuole rassicurare. "Ora ascolta." E le immagini si sviluppano come per una rigenerazione nuova in cui il Signore garantisce. Fin dal tuo nascere (dal seno materno) il Signore continua ad essere presente. Nel cammino ti sostiene e ti aiuta a crescere. Ti rende agevole la fatica con l'acqua e lo Spirito. In ebraico e nella traduzione italiana viene usato lo stesso verbo per l'acqua e lo Spirito: "Verserò". Ma acqua e Spirito sono anche gli elementi della creazione: la fertilità e la vita. E saranno i doni della nuova creazione che la Chiesa eredita nel battesimo e che permetteranno a ciascuno di mantenere l'alleanza con la Chiesa autentica di Gesù, il suo nuovo popolo che continua e sviluppa le promesse del Signore nella storia. C'è una sottile critica al culto e alla sua indispensabilità. Quello che il Signore attende sono la fedeltà e la coerenza. Il solo culto non ha costituito una linea di fedeltà. Anzi, prima dell'esilio, quando ancora esisteva la struttura del tempio, la religiosità ufficiale e gli "intermediari" (sacerdoti del tempio) offrivano il culto, persistente, obbligante, fastoso e non certo richiesto. Ma hanno reso incapace il popolo di capire ed hanno "stancato Dio". Nel periodo dell'esilio, ormai senza tempio, il popolo d'Israele non si è preoccupato di mantenere o di sostituire i riti che compiva prima e il Signore non glielo ha chiesto. Il Signore ricupera dalla sua fedeltà e dalla sua memoria la garanzia per Israele e lo chiama con un vezzeggiativo: "Iesurun" (diletto, che probabilmente significa "essere retto, fedele").

Ebrei 11, 39 - 12, 4
Fratelli, i nostri padri, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi. Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato


La" lettera agli ebrei" sorge in un contesto di grande disagio e di incomprensione dei fatti della storia per i cristiani e quindi ciò che avviene non corrisponde alle promesse di Dio, o almeno così sembra. E' crollata la struttura del popolo d'Israele negli anni 70 d.C. con la vittoria dei Romani, dispersi i sopravvissuti dopo la distruzione di Gerusalemme. Alcuni di questi si sono fatti cristiani, ma continuano a trovare difficoltà perché sono considerarti, dai propri fratelli d'Israele, traditori. Così sono perseguitati. Poco prima (al cap. 10, 32-35), in questa stessa lettera, si parla della fatica che debbono sopportare i cristiani nella loro comunità civile. "Richiamate alla memoria quei primi giorni: dopo aver ricevuto la luce di Cristo, avete dovuto sopportare una lotta grande e penosa, ora esposti pubblicamente a insulti e persecuzioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo. Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di essere derubati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e duraturi. Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa". Passando il tempo, sembra anzi che la situazione stia peggiorando, si dice nella lettera. E tuttavia, ricorda l'autore biblico, abbiamo alle spalle l'esperienza dei grandi testimoni della fede, e ne fa un elenco, (ca.11,1-38), tutti i testimoni ("la moltitudine 12,1) dell'Antica Alleanza". Di questi i cristiani conservano il ricordo grato della loro fedeltà al Signore. La vita è come una gara sportiva: una corsa in cui siamo chiamati a correre, tenendo fisso lo sguardo sulla meta. Lo ha fatto Gesù e la sua meta fu l'amore di Dio che passava attraverso la croce: "Di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce" (12,2). Siamo invitati anche noi a fare le scelte di coerenza, di amore al Padre ed ai fratelli. Una certa vecchia spiritualità ci faceva pensare più a sofferenze cercate o a penitenze corporali. Il Signore ci chiede di essere testimoni nell'oggi, nella fatica e nella coerenza quotidiana di vita e di lavoro, per amore e con amore, anche a rischio. Ogni giorno scopriamo che il disegno di Dio non corrisponde "al tutto e subito" ma al cammino, o alla corsa faticosa, legata al tempo, a Lui e non al miracolismo, non alle soluzione fantastiche. Ognuno con la sua competenza, il suo compito, il suo cammino, cercando di non caricarsi di pesi inutili, troverà la sua fatica e la sua strada. E dalla intelligenza particolare e dalle competenze trae energia e soluzioni da mettere in gioco, con amore per il proprio prossimo, come Gesù ha utilizzato la sua forza nel guarire, la sua parola per consolare e la sua intelligenza per illuminare.

Giovanni 5, 25-36
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato».

"Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce". Giovanni Battista ha testimoniato la presenza di Gesù e ha scaldato il cuore di coloro che aspettavano la salvezza. Prima del Battista "una moltitudine di testimoni" (Epist.), credenti nel futuro Messia, hanno sostenuto una attesa e un bisogno di Dio. Ora che è venuto Gesù, lo sguardo è su di lui, "colui che dà origine alla fede e la porta a compimento", cioè colui che è la radice e il contenuto della nostra fede in Dio e ne è il testimone pieno e definitivo, comprovato dalle stesse opere divine che compie
1) LA TESTIMONIANZA SU GESU'
"Una moltitudine di testimoni" prepara l'arrivo del Messia. Sono testimoni dell'amore di Dio per il suo popolo, della sua premura salvifica e della promessa di un compimento futuro: "Verserò il mio spirito sulla tua discendenza, la mia benedizione sui tuoi posteri" (Lett.). Tutto il Primo Testamento prepara il Nuovo. E' necessario ripercorrere queste pagine, conoscere i segni posti da Dio: "Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio" (Epist.), appunto il Cristo. "Ignorare le Scritture - diceva san Girolamo - è ignorare Cristo". Scrive sant'Ambrogio: "Bevi per prima cosa l'Antico testamento, per bene poi anche il Nuovo Testamento. Se non berrai il primo, non potrai bere il secondo. Bevi dunque tutt'e due i calici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, perché in entrambi bevi Cristo". "Giovanni - dice Gesù - dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera". Quelli che l'hanno ascoltato "hanno voluto solo per un momento rallegrarsi alla sua luce". "Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato". Un giorno Giovanni, nel dubbio, gli aveva chiesto: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". Gesù gli rispose: "Riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano.." (Mt 11,3-5). "Se non altro, credetelo per le opere stesse" (Gv 143,11). Le opere di Gesù sono quelle del Padre, di Dio. "Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato". E' questa sintonia piena col Padre, anzi l'identità stessa del Figlio, come Figlio di Dio, che è la radice (morale, cioè libera, e ontologica, cioè di natura: "Io e il Padre siamo una cosa sola", 10,30) delle opere divine che Gesù compie. "Tutto è stato dato a me dal Padre mio" (Mt 11,27). E' la stessa vita del Padre che defluisce nel Figlio: "Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso", quasi suo distinto ma identico prolungamento visibile della divinità tra noi. "Chi ha visto me, ha visto il Padre" (Gv 14,9).
2) LA TESTIMONIANZA DI GESU'
La vita che ha ricevuto Gesù è la vita divina, la vita eterna, che è venuto a offrire a tutti gli uomini: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10,10). "Viene l'ora - ed è questa - in cui i morti udranno la voce dl Figlio di Dio e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno". Si tratta di una vita che rinasce dopo la morte, con la risurrezione del corpo: "Viene l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno". A lui il Padre ha dato "il potere di giudicare", così che "quanti fecero il bene" avranno "una risurrezione di vita" e "quanti fecero il male una risurrezione di condanna". Veramente tutto l'agire di Gesù come Figlio di Dio traduce il disegno del Padre, e ne è pienamente consapevole. "Il mio giudizio è giusto". D'altra parte Gesù è "il Figlio dell'uomo" che "messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato" (Eb 4,15), ci sta davanti come il fratello maggiore che in un modo esemplare esprime il massimo della obbedienza al Padre a nome nostro e per noi. "Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio" (Epist.). L'esempio - e la forza (sacramentale) - che ne viene, è perché anche noi impariamo "a sopportare una così grande ostilità dei peccatori, senza stancarci perdendoci d'animo". E' unendoci - oggi nella messa - alla sua croce che attingiamo "il compimento" anche della nostra fede. "Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato" (Epist.). Parola che ci inquieta. Cosa ci è costato finora il nostro seguire Gesù? Ogni volta che incontriamo un martire - e oggi, purtroppo, è ancora cronaca giornaliera! - ci vien da vergognare del nostro pulito perbenismo borghese, pieno di compromessi o per lo meno di comodità, fino a divenire magari omologati ad una cultura che.. vive come se Dio non fosse! Per fortuna abbiamo un Dio che ha pazienza, anzi che addirittura ci permette e invita a trovare scuse: "Io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati. Fammi ricordare, discutiamo insieme; parla tu per giustificarti" (Lett.). Il nostro Dio è un padre tenero, sempre pronto al perdono: "Così dice il Signore che ti ha fatto, che ti ha formato dal seno materno e ti soccorre: Non temere, Giacobbe mio servo, Iesurun (caro) che ho eletto".