 DOMENICA DELLE PALME
14 aprile 2019
Giovanni 11, 55 – 12, 11
Riferimenti : Isaia 52, 13 – 53, 12 - Salmo 87 - Ebrei 12,1b-3 |
Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te
grido giorno e notte. Giunga fino a te la mia preghiera, tendi
l’orecchio alla mia supplica. Io sono sazio di sventure, la mia
vita è sull’orlo degli inferi. Sono annoverato fra quelli che
scendono nella fossa,sono come un uomo ormai senza forze. |
Isaia 52, 13 – 53, 12 Così dice il Signore Dio: /
«Ecco, il mio servo avrà successo, / sarà
onorato, esaltato e innalzato grandemente. /
Come molti si stupirono di lui / – tanto era
sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto / e
diversa la sua forma da quella dei figli
dell’uomo –, / così si meraviglieranno di lui
molte nazioni; / i re davanti a lui si
chiuderanno la bocca, / poiché vedranno un fatto
mai a essi raccontato / e comprenderanno ciò che
mai avevano udito. / Chi avrebbe creduto al
nostro annuncio? / A chi sarebbe stato
manifestato il braccio del Signore? / È
cresciuto come un virgulto davanti a lui / e
come una radice in terra arida. / Non ha
apparenza né bellezza / per attirare i nostri
sguardi, / non splendore per poterci piacere. /
Disprezzato e reietto dagli uomini, / uomo dei
dolori che ben conosce il patire, / come uno
davanti al quale ci si copre la faccia; / era
disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. /
Eppure egli si è caricato delle nostre
sofferenze, / si è addossato i nostri dolori; /
e noi lo giudicavamo castigato, / percosso da
Dio e umiliato. / Egli è stato trafitto per le
nostre colpe, / schiacciato per le nostre
iniquità. / Il castigo che ci dà salvezza si è
abbattuto su di lui; / per le sue piaghe noi
siamo stati guariti. / Noi tutti eravamo
sperduti come un gregge, / ognuno di noi seguiva
la sua strada; / il Signore fece ricadere su di
lui / l’iniquità di noi tutti. / Maltrattato, si
lasciò umiliare / e non aprì la sua bocca; / era
come agnello condotto al macello, / come pecora
muta di fronte ai suoi tosatori, / e non aprì la
sua bocca. / Con oppressione e ingiusta sentenza
fu tolto di mezzo; / chi si affligge per la sua
posterità? / Sì, fu eliminato dalla terra dei
viventi, / per la colpa del mio popolo fu
percosso a morte. / Gli si diede sepoltura con
gli empi, / con il ricco fu il suo tumulo, /
sebbene non avesse commesso violenza / né vi
fosse inganno nella sua bocca. / Ma al Signore è
piaciuto prostrarlo con dolori. / Quando offrirà
se stesso in sacrificio di riparazione, / vedrà
una discendenza, vivrà a lungo, / si compirà per
mezzo suo la volontà del Signore. / Dopo il suo
intimo tormento vedrà la luce / e si sazierà
della sua conoscenza; / il giusto mio servo
giustificherà molti, / egli si addosserà le loro
iniquità. / Perciò io gli darò in premio le
moltitudini, / dei potenti egli farà bottino, /
perché ha spogliato se stesso fino alla morte /
ed è stato annoverato fra gli empi, / mentre
egli portava il peccato di molti / e intercedeva
per i colpevoli». Isaia. 52,
13 - 53, 12 E' in questa domenica che si
celebra e si commemora, liturgicamente, la
passione di Gesù. Infatti la prossima domenica
celebreremo la Pasqua, la risurrezione del
crocifisso e non avrebbe senso se prima non ci
siamo fermati a contemplare e a struggerci sulla
sua fine e sul significato della scelta lucida
e, per Lui prevedibilissima, della sua morte.
Perciò la liturgia ha proposto la scelta di
questi testi che teologicamente sono i più
drammatici ed insieme i più nitidi sulla
preparazione e sul significato della croce di
Gesù sul Golgota. Il brano di Isaia, il
Secondo Isaia, è un urlo esterrefatto di dolore
che vuole insegnarci i parametri di verità su
cui scorrono gli avvenimenti del mondo e
l'umanità in cerca di significati. E' scritto al
ritorno da Babilonia, dopo il secolo VI a.C.,
dopo l'esperienza della deportazione. Isaia
vuole inaugurare una visione nuova sul Messia,
non più trionfante, guerriero e potente, ma
pastore, maestro, sofferente, re mansueto su un
asino. Gesù valorizza queste immagini, anche se
nel suo tempo non verranno sufficientemente
maturate, poiché sconvolgono i parametri della
grandezza di Dio e della sua potenza. Perciò
restano sospese a interpretazioni misteriose gli
stessi testi di Isaia, di Ezechiele, di Zaccaria
ma anche quelli di Geremia a cui Gesù fa spesso
riferimento. Così il testo di Isaia,
stupefacente per il VT, viene interpretato come
immagine della tragedia del popolo vinto e
distrutto, deportato e abbandonato. Resta,
tuttavia misteriosa questa sostituzione del
peccatore e dei violenti, questo prendersi sulle
spalle i peccati degli altri per portare la
pace. Il Servo sofferente, in faccia al mondo,
ha accettato il disonore di una maledizione.
I vv 52,13-15: E' Dio stesso che parla e che
anticipa l'esperienza del Servo e la gloria
finale. I vv 53,1-6 identificano il "noi" di
un popolo che fatica a comprendere il senso
della sofferenza del Servo. I vv 53,7-11b.
Espressioni di un "solista" annunciano la morte
del Servo e la sua glorificazione inattesa. I
vv 53,11c-12 Ritorna l'intervento di Dio che
garantisce la esaltazione del Servo. Quello
che si svolge è impensabile poiché la potenza di
Dio (il suo braccio), qui, si manifesta nella
umiliazione. Ma, nella esperienza e nella storia
umana, tutto questo non è evidente. Eppure, si
dice, il mondo nuovo nasce da chi spezza il
cerchio dell'odio e del male con l'amore,
lasciando che su di sé si scarichi la violenza.
E lo sconcerto aumenta poiché la vittima non si
lamenta, ma vive questo dramma nel silenzio.
Radice e terra arida si rifanno alla dinastia di
Davide ormai detronizzata e dimenticata. La
conclusione sarà la risurrezione, la vita piena,
raccontato per come si può raccontare nel Primo
Testamento che non ha ancora maturato, in questo
tempo, il significato della risurrezione dai
morti. Ci ritroviamo così davanti
all'agnello, che accetta volontariamente di
essere portato ovunque, mite e paziente. Un
agnello, mattino e sera, viene ucciso nel
tempio, ad espiazione, e Giovanni Battista
intravede in Gesù "l'agnello di Dio, colui che
toglie il peccato del mondo" (Gv1,29). Giovanni
Battista, probabilmente, pensa agli agnelli del
tempio, all'agnello pasquale, al servo di JHVH
e, forse, anche all'agnello offerto da Abramo a
Dio, inviato perché fosse sacrificato al posto
di Isacco (Gen 22).
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agli Ebrei 12,1b-3 Fratelli,
avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci
assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta
davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine
alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia
che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando
il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate
attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così
grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate
perdendovi d’animo. Ebrei. 12, 1b-3 La
"Lettera agli ebrei" vuole aiutare ad approfondire la fede in
Gesù sviluppando, in modo particolarmente ricco, la teologia
precedente del Primo Testamento per far intravedere la pienezza
di Gesù e il significato drammatico della sua morte. La prima
parte, dottrinale (1,5-10,18), precede quella esortativa
(10,19-13,21) da cui è stato tratto questo breve testo. I
credenti, a cui l'autore si rivolge, hanno nostalgia del tempo
dei Patriarchi e timore ad affrontare la fede in Gesù che
risulta drammatica, disorientante e persino pericolosa poiché
suscita diffidenze attorno e persecuzioni. L'immagine cara
all'autore di questa lettera, e facile da comprendere, è quella
sportiva della corsa negli stadi. Già presente in altri
contesti (1Corinzi 9:24-26; Filippesi 3:12-14) di Paolo, si
adatta a significare lo sforzo e la concentrazione nel dover
affrontare la fede che è una conquista, ma anche una rivoluzione
della propria esistenza. Il vivere la fede, come Gesù ci ha
proposto, cambia lo stile e rigenera una comunità credente.
"Deporre ogni peso, correre con perseveranza, tenere gli occhi
fissi alla meta senza distrarsi": sono atteggiamenti propri di
chi corre per ottenere una corona ed un riconoscimento di
gloria, sapendo che tutta la corsa è orientata verso Cristo,
origine di quella fede che in Lui viene condotta a compimento.
L'autore ricorda che, per affrontare questo nuovo cammino,
bisogna utilizzare e sviluppare una intelligenza tattica, la
stessa che usa lo sportivo: si libera di ogni peso, addirittura
di vestiti che intralciano poiché decide un risultato e questo
diventa orientamento, consapevolezza e criterio di tutte le
proprie scelte. Gesù stesso ci ha dato l'esempio poiché
l'obiettivo di pienezza, che voleva raggiungere nella volontà
del Padre, e quindi nella conclusione della gioia e gloria, gli
ha fatto scegliere la croce e il suo disonore, di conseguenza.
Noi siamo abituati alla croce e non capiamo più il significato
di distruzione e di infamia che ha nel I° secolo questo
supplizio, quando Gesù è giudicato ed ucciso con il più assurdo
dei supplizi romani. Egli è abbandonato ai margini del disonore
e della abiezione, assolutamente indegno di qualunque
considerazione e dignità.

Ampolle di vetro iridescente dei tempi di Gesù ritrovata a Betania. Gli unguenti preziosi erano contenuti in simile
ampolle |
Giovanni 11, 55 – 12, 11 In quel tempo. Era vicina la
Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della
Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano
tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». Intanto i capi dei
sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si
trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo. Sei giorni prima
della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva
risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro
era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro
nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi
capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda
Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non
si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai
poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un
ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno
della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre
avete me». Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si
trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli
aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere
anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano
in Gesù. Giovanni. 11, 55 - 12, 11 Il Nel Vangelo di
Giovanni l'atmosfera dell'ultima Pasqua di Gesù è già cupa e tragica
all'inizio della settimana precedente. Siamo a sei giorni, prima della
Pasqua, e la data è particolarmente importante poiché esiste l'obbligo di
celebrare puri la Pasqua. E poiché la purità può essere persa se ci sono
stati contatti con pagani o si è toccato un morto o la carogna di un animale,
bisogna purificarsi per almeno sette giorni. Così si anticipa la venuta a
Gerusalemme e ci si può preparare a celebrare in tranquillità la Pasqua
(altrimenti la legge obbliga di aspettare il mese dopo). La molta gente,
in giro, commenta fatti e fa previsioni. Si occupa anche di Gesù e scommette
che non oserà avvicinarsi a Gerusalemme per la festa poiché il cerchio delle
autorità religiose si stringe sempre di più ed si sente feroce la
determinazione di distruggerlo. Il racconto sui temi della morte e della
vita, cominciato nel cap. 11 nel Vangelo di Giovanni con la risurrezione di
Lazzaro, continua qui con l'unzione da parte di Maria, sorella di Lazzaro.
"Sei giorni prima di Pasqua" fa identificare per Giovanni un calendario in
cui Gesù, ucciso il giorno prima di Pasqua, risuscita il giorno dopo
(l'ottavo giorno). Giovanni ripropone qui "il richiamo alla settimana della
nuova creazione" come all'inizio del suo Vangelo. Là si accennava ad una
settimana culminante, nel settimo giorno, con le nozze di Cana: il canto
della gloria e della manifestazione di Dio tra i suoi. Qui una settimana di
sofferenza si conclude nell'ottavo giorno, oltre il tempo, con la vittoria
definitiva sul peccato e sulla morte. Ormai la presenza di Gesù è troppo
ingombrante poiché si è fatto sempre più preciso e sempre più esigente.
Egli chiede una religiosità non fatta di formalismi ma di misericordia, di
responsabilità, di attenzione ai piccoli ed ai poveri. Gesù vuole una
comunità di persone secondo il desiderio di Dio. Il contesto ebraico in cui
Gesù entra in occasione delle feste, in particolare, è, invece, sempre più
formale, sempre più lontano dalla Parola del Signore Gesù, giunto a
Betania, è invitato ad una cena di ringraziamento per la vita restituita a
Lazzaro. Maria apre, con un gesto di amore profondo e gratuito, un vasetto
preziosissimo di profumo, stupefacente per il suo prezzo, per il profumo che
spande, per il clima che si ricostruisce surreale. |